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Autore: Ornamental Nonsense    13/04/2010    5 recensioni
Claire è decisa ad aiutare a distruggere una rediviva Umbrella, ma quando ruba un virus a Wesker ottiene più di quanto si aspettasse. Come si comporterà la giovane donna ribelle?
Genere: Drammatico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albert Wesker, Claire Redfield
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nota di Ornamental Nonsense: La breve citazione è tratta da King Lear di William Shakespeare. Amo profondamente il bardo. Ma, in ogni caso, sto cercando di dare a Claire Redfield profondità e un background che nei giochi è stato quasi del tutto inesplorato, in modo da renderla un personaggio più complesso e realistico. Buona lettura!

Nota di bluemary (traduttrice): L’autrice ringrazia tutti per i commenti e mi ha affidato il compito di rispondervi singolarmente, mentre lei sarà felice di intervenire di persona in caso di domande sulla trama o sui personaggi.
Armonia: Felice che tu abbia ritrovato l’ispirazione. Da amante di Wesker, come ormai saprai fin troppo bene, non posso che assicurarti sulla resa di questo cattivo per cui alla fin fine tifiamo tutte. Una Claire decisa a tenergli testa (o almeno a provarci) e per nulla incline ad arrendersi o a piagnucolare è la ciliegina sulla torta di questa storia. Grazie mille del commento!
hunterd: Ciao, sono onorata del fatto che ogni tanto rileggi la mia shot^^ Il prequel arriverà, sto solo aspettando la giusta ondata di ispirazione, ma nel frattempo sono riuscita ad aggiornare la traduzione; quindi ecco a te una nuova comparsa del cattivo con gli occhiali da sole! E vedrai che questa storia non ti deluderà! Ti ringrazio per il commento, un bacio.
Lotiel: Felice di averti trascinato in questo fandom! E sono ancora più felice che tu abbia deciso di partecipare in prima persona per rimpinguare l’esiguo numero di storie italiane su Resident Evil. Mi auguro che questo secondo capitolo ti piaccia. Baci, ti ringrazio del commento!
Waanzin: Capisco in pieno il tuo scetticismo, Wesker è il mio personaggio preferito in Resident Evil e ho faticato a trovare una storia che non lo stravolgesse; questa saga è stata la fortunatissima eccezione in un mare di OOC e assurde redenzioni, e mi fa piacere che tu la stia apprezzando già dal primo capitolo. Spero che questo capitolo sia di tuo gradimento, grazie mille del commento!




Capitolo 2: Modello di collettivo residenziale


Claire arrivò tardi all’università, quella notte, ed entrò nel negozio di bricolage lì vicino attraverso una finestra. Nell’oscurità, riuscì a trovare una sega e cominciò cautamente a occuparsi del lucchetto della valigetta. Il metallo alla fine cedette e lei si ritrovò a fissare un interno imbottito contenente tre fiale, tutte con dentro un liquido color porpora. Con attenzione ne rimosse una e la avvolse in numerosi strati di imballaggio protettivo, sufficienti per dieci pacchi diversi. Quindi la infilò in una scatola e la sigillò con del nastro adesivo. Scrisse l’indirizzo che le era stato detto, dove gli altri si sarebbero trovati durante la settimana successiva. Nel caso in cui lei non ce l’avesse fatta, almeno ce l’avrebbe fatta uno dei campioni.

Dopo una notte trascorsa in macchina, Claire si incontrò con i suoi professori per dir loro che suo fratello aveva avuto un’emergenza medica e quindi lei avrebbe dovuto assentarsi per un po’. Sarebbe andato tutto bene se non fosse stato per il Dr. Bartle, il quale insistette perché rimanesse per la breve lezione che sarebbe cominciata quindici minuti più tardi. Era la lezione di drammaturgia e quel giorno lei avrebbe dovuto esporre un monologo. Se l’avesse fatto i suoi voti non avrebbero sofferto per un’assenza prolungata. I compiti potevano sempre essere spediti via mail da lontano. Che male avrebbe potuto fare un’esposizione di quindici minuti? Chi le diceva che Wesker sarebbe mai venuto a sapere che lei aveva i suoi campioni?

“Oh, non ragionar l’azione!” Cominciò distrattamente da King Lear. Era una lamentazione di Lear riguardante la follia e la commiserazione della sua vita. Presto si perse in essa, le parole che sgorgavano dalle sue labbra come fili dorati e tutte le persone nell’aula intente a fissarla. Lei aveva quell’effetto quando recitava, in quanto la sua energia e le sue emozioni davano vita alle parole come solo poche persone erano capaci di fare, e tutto ciò le piaceva immensamente. Al terzo verso i suoi occhi erano chiusi, ma le sue mani continuavano la loro mimica. “Oh, Folle, pazzo diventerò!”
Ci fu una pausa, e poi la classe applaudì. Claire aprì gli occhi e sorrise.

“Chi vorrebbe mai seguire a ciò?” scherzò il professore. “Può andare, Miss Redfield.” Lei lo ringraziò e si volse per andarsene, notando che la porta stava per chiudersi, ma senza darci alcuna importanza. Sfilò baldanzosa verso il corridoio, di buonumore per la sua esposizione. Si girò per scendere in direzione dell’atrio, ma un sonoro applaudire la fermò. Era un lento, misurato battito di mani che rompeva la pace dell’ambiente altrimenti silenzioso. Veniva da dietro le sue spalle, e si bloccò, voltandosi in preda al terrore per un’intuizione improvvisa.

“Davvero delizioso, Miss Redfield,” scandì la voce di Wesker. Stava camminando verso di lei con passi controllati sotto il suo lungo soprabito nero. “Non avevo idea che studiassi letteratura. Quanto sei acculturata e del tutto diversa da tuo fratello,” la derise. La sua voce era intrecciata a quel connubio di autorità e sarcasmo che lo caratterizzavano in maniera così distintiva. Claire non attese altro. Cominciò subito a correre, ma Wesker era dotato di una rapidità sovrumana. La prese per il gomito e la imprigionò contro il muro. Lei gli lanciò un’occhiata feroce e sentì un brivido di terrore risalirle lungo la spina dorsale. “Dobbiamo parlare.”

“Non ho idea di cosa tu stia parlando, Wesker,” protestò lei, enfatizzando con disprezzo il suo nome mentre cercava di liberare il braccio. Tutto ciò ebbe come unica conseguenza quella di spingerlo a rafforzare la presa, facendola sussultare per il dolore.

“Mi stai dicendo che un’altra ragazza con i capelli rossi e vestita con una giacca rosa ha rubato i miei campioni?” L’uomo troneggiò su di lei e invase il suo spazio. “Andiamo ad affrontare questa conversazione in un posto più privato.”
Claire provò a dargli un calcio, inducendolo a sbatterla contro il muro.
“Non sfidare la mia pazienza,” la ammonì.
Proprio in quel momento, diversi professori svoltarono l’angolo e li scorsero.
“Non fare scenate o potresti forzarmi la mano nei confronti di qualche innocente spettatore.” Disse, prima di lasciarla andare. Claire sapeva di non poter fare affidamento sulla speranza che lui non avrebbe fatto del male o perfino ucciso qualcuno che provasse a interferire. L’uomo s’incamminò, sfidandola a disobbedirgli. La ragazza si sentì all’improvviso del tutto indifesa e lo odiò ancora di più, per questo.

Si mise al passo al suo fianco e assieme camminarono in silenzio fuori dall’edificio e lontano dagli studenti e dai professori beatamente ignari della sua situazione critica. Provò a lasciargli guadagnare alcuni metri di vantaggio nei propri confronti, ma lui non glielo permise. Eguagliava sempre il proprio ritmo al suo e sorrise freddamente ai suoi tentativi di svignarsela. Claire sapeva che avrebbe dovuto provare a fare qualcosa, man mano che la folla si assottigliava.

“Da questa parte, Miss Redfield,” affermò Wesker, dirigendosi verso una panchina soleggiata distante dalle altre persone. Claire si fermò, non del tutto certa che lui fosse serio, mentre lo guardava sedersi. Rimase in piedi, fissandolo. L’uomo rimarcò l’ordine precedente scrutandola al di sopra dei suoi occhiali. Le sue iridi rosse la trovarono e accesero i ricordi del combattimento tra lui e Chris in Antartica.

Di solito mi piaceva sedermi qui,” affermò lei, in una piccola esternazione di sfida, mantenendo il maggior spazio possibile tra loro. Wesker sembrava di buonumore, perché sorrise appena al suo commento. “Che vuoi?”

“Sei smemorata come tuo fratello, tesoro? Rivoglio i miei campioni.” Claire non stava guardando lui, ma gli altri studenti, sperando che qualcuno di sua conoscenza li interrompesse, tuttavia non arrivò nessuno.

“Mi ucciderai una volta che li avrai riavuti indietro?” Wesker si appoggiò allo schienale della panchina e allungò pigramente un braccio lungo il bordo, con le dita dietro le spalle della ragazza.

“Potrei,” rifletté, solo per minacciarla. “Ma stavo comunque pianificando di farti visita in un prossimo futuro. No, Miss Redfield, tu mi sei più utile da viva, ma sei tu a dover scegliere se andremo avanti con le buone o con le cattive.” Claire avrebbe voluto strappargli gli occhi dalle orbite in modo da cancellargli quell’aria compiaciuta dalla faccia. Non aveva alcuna possibilità di sfuggirgli, e ne era consapevole.

“Sono nella mia macchina.” Wesker guardò silenziosamente la gente che passava, senza parlare, fino a quando lei non poté più sopportarlo. “Se non siamo di fretta mi vado a prendere una granita.” Wesker volse la testa verso di lei e Claire ebbe la sensazione che in un posto più isolato sarebbe stata punita per questo. Con sua sorpresa l’uomo mantenne un’espressione neutra. Sembrava così dannatamente normale, seduto a oziare al sole. Aveva pronunciato quel commento solo come un sarcastico scherzo per rompere la sua stessa tensione. Quando la situazione si faceva difficile non sopportava l’inattività.

“Fai veloce. Hai esattamente tre minuti prima che io venga a prenderti.”
Stordita, Claire tornò in piedi e si allontanò lentamente, aspettandosi a ogni istante che lui la riportasse indietro, trascinandola dolorosamente per la sua coda di cavallo. Ma lui non lo fece. Aveva ormai raggiunto una distanza considerevole quando cominciò seriamente a considerare di scappare. Si fermò e si volse per guardare Wesker. L’uomo stava ancora oziando, fissandola con un sorriso. Le si formò un nodo allo stomaco. Non aveva davvero ottenuto una possibilità di fuga, con quel commento. Si sarebbe messa in fila, avrebbe preso lo snack e poi sarebbe tornata da lui come un cucciolo obbediente, perché tre minuti non le bastavano per scappare via. Si sentì nauseata quando lo realizzò. Andava contro ogni logica dei Redfield. Sarebbe stato meglio se lui l’avesse semplicemente picchiata. Bastardo, pensò finché ordinava.

Tornò indietro con lo zaino pieno di cibo e la granita in mano. Non se la stava nemmeno godendo, ma la sorseggiò comunque mentre Wesker si alzava per raggiungerla.

“È ora di partire.” Claire voleva dirgli di andare all’inferno, ma stava già sfidando la fortuna, e lo sapeva. Quell’uomo aveva ucciso e tradito un sacco di persone. Non poteva nemmeno immaginare cosa le avrebbe fatto se lei si fosse spinta troppo lontano. Per ora preferiva tenere la bocca sigillata e guidarlo verso la sua vecchia e ammaccata Chevrolet Cavalier. Quando la raggiunsero, si accinse a sciogliere il nodo sul baule. Da un buco arrugginito nel portabagagli fuoriusciva una corda che era legata al paraurti. Non sapeva per quale motivo, considerando che era del tutto incorreggibile riguardo ai suoi guadagni, ma si sentiva vagamente imbarazzata nello slegare un bagagliaio di fronte a un uomo così ovviamente benestante come Wesker.

“Sarà meglio che ci sia ancora,” minacciò lui, squadrando le sue misure di sicurezza. Claire tirò fuori la valigetta e gliela consegnò.

“Se sembra privo di valore, la gente lo lascerà stare,” rispose, appoggiandosi al bagagliaio con le braccia conserte. “Hai avuto quello che volevi.” Quindi lasciami andare. Non aggiunse nulla, ma continuò a fissarlo in attesa. Non aveva la minima idea di cosa sarebbe successo ora. Wesker avanzò fino ad afferrarle il mento, crudelmente, attirandola a sé.

“Ti consiglio di ascoltare attentamente,” disse cupo. “Finora sono stato molto paziente riguardo ai tuoi commenti, ma non sono famoso per accettare un comportamento strafottente da nessuno. Tu verrai con me e farai esattamente come dico. Ora prendi il tuo zaino. Ce ne andiamo.” La condusse in un altro parcheggio, dove c’era un’Audi nera. Risultava totalmente fuori posto in mezzo alle macchine degli altri studenti e Claire, se fosse stata un’osservatrice esterna, avrebbe trovato divertente il pensiero di Wesker in piedi in mezzo agli squattrinati studenti universitari. Ma, vista la situazione in cui si trovava, era nervosa e spaventata. Una volta salita in macchina, le sue possibilità di scappare sarebbero state molto ridotte. Andare al macello senza ribellarsi non era qualcosa che rientrasse nelle sue corde, e tuttavia aveva paura di reagire. Ciò che temeva maggiormente era l’eventualità che lui la utilizzasse come cavia da laboratorio.

Insinuò cautamente la mano nella tasca dei pantaloni e attese il momento opportuno. Il parcheggio era deserto e le offriva un’opportunità che prima non avrebbe potuto cogliere. Wesker aprì la portiera sul suo lato e si volse per farle cenno di entrare in macchina. Non appena si girò, vide balenare un coltello a scatto e sollevò il braccio per fermarlo appena in tempo. L’arma rimase sospesa in aria, a soli cinque centimetri dal suo viso. Poi rafforzò la presa sul polso di Claire fino a quando lei urlò di dolore e lasciò cadere il coltello.

“Le cattive, allora,” commentò, mentre il suo pugno impattava contro la tempia della ragazza. La vista le si oscurò all’improvviso e Claire si accasciò tra le sue braccia. Wesker la sollevò di peso e la mise in macchina, abbassando lo schienale in modo da non farla cadere in avanti. Lo zaino venne lanciato sul sedile posteriore assieme alla valigetta. Poi si prese un momento per studiarla. Aveva lo stesso aspetto di quando l’aveva incontrata a Rockfort. Il suo respiro era regolare e alcune ciocche di capelli si erano liberate dalla sua coda di cavallo e ora le ricadevano sul viso. La perquisì e trovò un altro coltello nello stivale. Gli orrori della Umbrella non ci avevano certo messo molto a spingerla a ricorrere alla violenza, rifletté. Era audace proprio come Chris e ugualmente imprudente. Si sedette al posto di guida, e la macchina nera sgommò via.

*************************

Forse erano trascorsi dei minuti, forse intere ore. Claire non ne era sicura mentre i suoi occhi lentamente si spalancavano. La sua testa le doleva come se avesse festeggiato in maniera distruttiva tutta la notte precedente, ma sapeva che non era quello il caso. Il suo corpo s’irrigidì quando comprese dove si trovasse, e lei rimase immobile, intenta a esaminare l’ambiente circostante. Era in una stanza vuota, con lampade fluorescenti sopra la sua testa. In realtà la branda era comoda e la sua testa era affondata in un soffice cuscino. Una coperta le avvolgeva il corpo ed era completamente sola. Si sedette, appoggiandosi al muro. Il suo zaino era sparito. Faceva freddo. Si esaminò e prese nota di non aver subito alcun danno a parte il segno rosso di una puntura all’interno del gomito. Per un terrificante secondo prese in considerazione l’ipotesi di essere stata infettata con qualcosa, ma no, non si sarebbe trovata in una normale cella in quel caso.

Raggiunse la porta solo per trovarla chiusa a chiave. Frustrata, diede alla maniglia un ultimo rabbioso strattone prima di tornare al letto. Si buttò di peso sul materasso e sospirò. Cos’avrebbero pensato Chris e Leon? Era di nuovo riuscita a farsi catturare da Wesker. Aveva di nuovo bisogno di essere salvata. Probabilmente a questo punto l’avrebbero giudicata per sempre inadeguata. Beh, non incapace o inadeguata nel vero senso della parola, ma probabilmente come una persona abbastanza imprudente da cacciarsi nei guai. Non si considerava imprudente, forse ostinata, ma non imprudente. Perché hai voluto prendere quella valigetta? Si sgridò per non aver indossato un travestimento o almeno qualcosa di non così ovviamente tipico di Claire Redfield.

Si mise supina a fissare il soffitto. Realizzò di essere davvero assetata, ma non c’era acqua. Non c’era nemmeno un modo per chiederne un po’ e comunque lei non voleva chiedere nulla a Wesker. Fu quando comprese di essere totalmente impotente che cominciarono le lacrime. Pianse contro il cuscino mentre la consapevolezza della sua situazione la colpiva in pieno. Wesker aveva il pieno potere su di lei e probabilmente l’avrebbe usata ancora. Usava sempre le persone come meri strumenti per i suoi fini, ma non poteva immaginare quale sarebbe stato il suo scopo in questo caso.

“Vedo che sei sveglia,” la voce di Wesker interruppe il flusso dei suoi pensieri mentre la porta si apriva. Claire si sedette e sospettosamente lo guardò entrare e chiudere la porta. Aveva smesso di piangere, ma sapeva che i suoi occhi dovevano essere gonfi e arrossati. Lui le diede una lunga occhiata, notando il suo aspetto scompigliato. “Assetata, tesoro?” Claire gli lanciò uno sguardo feroce e si strinse nelle spalle. Poi lo vide sollevare una bottiglietta d’acqua e agitarla verso di lei. “Molto bene.” Wesker abbassò la bottiglia e poté vedere riflessa sul volto della ragazza la sua battaglia interiore.

“Per favore, lasciala,” disse Claire, odiando quanto la sua voce suonasse debole. “Per dopo”. Lui gliela lanciò e parve divertito dal fatto che lei la mettesse da parte sul pavimento. “Perché sono qui, Wesker? Non ti sono di alcuna utilità. Non ho idea di cosa stiano facendo le forze anti-Umbrella e non ti dirò dov’è Chris.”

“So già dov’è il tuo caro fratello,” rispose lui compiaciuto. “Ma tu mi sarai comunque di grande utilità, Miss Redfield, più di quanto tu creda. Sono venuto per offrirti una scelta. Puoi rimanere chiusa in questa stanza o comportarti bene e uscire.” Claire sentì un’ondata di speranza. Forse sarebbe sorta una possibilità di fuga. “Tuttavia devo avvertirti. Posso metterti in posti di gran lunga peggiori rispetto a questo, se ti dovessi mostrare stupida.” Il suo volto impenetrabile sembrava attendere una risposta, tuttavia Claire non avrebbe mai potuto essere certa di cosa lui volesse.

“Siamo d’accordo, allora,” accettò. Questo sembrò soddisfarlo, visto che lasciò la stanza ma la porta rimase aperta. Claire bevve freneticamente tutta l’acqua l’attimo successivo alla sua scomparsa e si tenne la bottiglia vuota in caso trovasse dove riempirla. Uscì dalla camera e si ritrovò in un corridoio con diverse stanze simili alla sua. La porta alla fine del corridoio conduceva a un locale più grande, con una ridotta area dove sedersi. Due divani erano posizionati attorno a un tavolo al centro della stanza. Lì vicino si poteva accedere alla cucina, che era collegata all’area dove si trovava anche da un ampio passavivande. C’era una porta larga ma chiusa a chiave, e una scala di metallo portava a un pianerottolo da cui si poteva guardare la stanza dall’alto. Lì si trovavano altre due porte. Una era chiusa, l’altra era un bagno.

“Tipico modello di collettivo residenziale,” sospirò. Dovunque andasse trovava solo cose grigie e bianche. Intrappolata e frustrata, si lasciò cadere su uno dei divani. Notò una telecamera nell’angolo superiore della stanza. Fantastico. Odiava essere guardata.

Entrò in cucina nell’utopistica speranza di trovare un coltello, ma non ce n’erano. Gli armadietti erano completamente vuoti tranne che per diverse confezioni di tagliolini istantanei. Di nuovo sul divano. Sarebbe stato un giorno davvero lungo. Si adagiò sullo schienale e cominciò a parlare a bassa voce tra sé e sé, ripetendo parole da qualunque cosa avesse letto e potesse ricordarsi. Le sue palpebre si chiusero.
  
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