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Autore: Akrois    13/06/2010    15 recensioni
- Largo, mie belle ochette, il vostro barista deve consegnare il carburante per questi bei fanciulli ~♥- chioccia la vocina allegra di Feliciano, mentre la sua figura snella si fa largo fra le giovincelle in abito da sera.
Ludwig si ferma incantato a osservarlo (per la cento milionesima volta, probabilmente), mentre sorridendo si avvicina a loro, fasciato da un gilet nero e con le lunghe gambe coperte dai pantaloni neri. – Herr Vargas!- esclama suo fratello, dipingendosi un sorriso a trentadue denti sul viso (Ludwig sa bene che il suo caro fratello non nasconderà mai un certo debole per l’italiano. Sebbene la cosa lo faccia rosicare un po’.) – Buonasera!Venite, venite, sedetevi con noi!- Feliciano sorride, poggiando i due bicchieri e la bottiglia di acquavite sul tavolo – Sono spiacente, Herr Hauptsturmführer Beilschmidt, ma il dovere mi chiama, mi reclama e mi ama.-
Genere: Triste, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Autore: Akrois
- Titolo:  die Krähe
- Titolo del Capitolo:  03 “Della fuga, dell’errore, del dolore.”

- Personaggi:

- Genere: Triste, Sentimentale, Storico.
- Rating: giallo.
- Avvertimenti: One-short, AU.

- Conteggio parole:  349
- Note: Ultimo capitolo. Anche se a notare i commenti ho sconvolto tutte le mie lettrici con questa storia dei “tre capitoli” xD purtroppo non ce la faccio a farla durare di più ç.ç mi sembrerebbe di allungare troppo il brodo, comprendetemi ç.ç

AH, una nota: sì, in effetti mi piacerebbe svilupparla come originale (*-*). In realtà il mio desiderio sarebbe vedere un film su una storia simile. Non proprio la mia, ma comunque una storia così. Solo io penso che sarebbe davvero un bel film?

Comunque questo capitolo è una merda. Non mi piace il finale. Ed è troppo drammatico. Sembra il tipico finale giapponese (avete presente quando tutto và male? Peggio.).

Tschau: è la forma germanizzata di “Ciao”.

Julleuchter : è un candelabro rituale che veniva dato agli uomini delle SS per il solstizio d’inverno.

 

 

 

 

03

Della fuga, dell’errore, del dolore.

 

 

 

Chiude gli occhi. Inspira. Espira.

Bene, i polmoni vanno. Apre lentamente gli occhi, aspettando che essi si abituino al buio, cercando di definire i contorni della cella.

Si puntella al muro dietro di sé ignorando il dolore alle braccia e alle spalle, alzandosi molto lentamente. Riesce a sentire il calore del sangue che cola lungo le gambe nude, gocciolando a terra. C’è anche altro che macchia le sue gambe, ma è meglio che non ci pensa.

Mettersi dritto non gli mai sembrato così difficile, nemmeno quando lui e Ludwig sono sbronzi e cercano di tenersi su a vicenda e invece cadono a terra come idioti e ridono e si baciano e…

No, non deve pensare a Ludwig. Sicuramente quei tizzi là sono in grado di leggere il suo nome nei suoi pensieri e lui non ha sopportato una settimana di tutto quello per fargli sapere il suo nome così facilmente.

 

 

 

 

Suona di nuovo il campanello. Bussa alla porta. Suona il campanello. Bussa alla porta. Campanello. Porta.

Bestemmia.

Sbatte il pugno con forza contro la porta, sbraitando ingiurie contro Feliciano cheèdaunasettimanachequellostronzoèsparitoenonglihadettonullasaràandatoadivertirsiconlospagnoloneèsicuro.

Si volta furibondo, marciando fuori dell’edificio con gran clangore degli stivali chiodati. La sua tanto agognata vacanza sta andando a farsi fottere per colpa di Feliciano e la cosa lo fa giustamente imbestialire.

Sbraita qualcosa al portiere dell’edificio, sputacchiandogli in faccia che quando quello stronzo d’un Vargas tornerà a casa dovrà dirgli che Ludwig l’ha cercato e che quando torna gli spezza le ossa.

Non ascolta neanche le parole timorose dell’uomo ed esce dal palazzo col viso paonazzo, fumando di rabbia.

 

 

 

 

Cammina calmo per il corridoio, pregustandosi una seratina divertente. È sempre divertente estorcere confessioni ai prigionieri.

Poi gli hanno detto che quel prigioniero è particolarmente coriaceo: sono dieci giorni che cercano di fargli sputare fuori il nome dell’amante e ancora non ci sono riusciti.

Sorride allegro, pensando a quale metodo potrà usare per fargli sputare quel nome. Potrebbe usare il classico metodo delle tenaglie. O magari il bastone spezzato (ma a quanto gli hanno detto gliene hanno servito in abbondanza per tutto il tempo). O magari qualcosa di più raffinato, tipo quel suo collega che affama le persone per giorni e poi le riceve davanti ad un piatto di stufato fumante, promettendo loro di farli mangiare se parleranno.

In genere mangiano una pallottola, però.

Apre la porta sorridendo - Buongiorno!- esclama tutto allegro muovendo un passo nella stanza.

Allegria che muore all’istante quando si trova davanti il volto contuso di Feliciano – Vargas!- oh, nella foga si è dimenticato l’”Herr”, pazienza. Chiude la porta con un tonfo, avvicinandosi al corpicino sottile buttato in un angolo della cella (ma quanto puzza poi quella cella? Sembra una stalla per maiali) allunga le mani verso di lui, bloccandosi a pochi centimetri dal suo corpo – Vargas, Vargas, ma cosa vi è successo? Cosa ci fate qui?- domanda tremante, inginocchiandosi accanto a lui. Feliciano volta lentamente il viso– Tschau, Herr Hauptsturmführer Beilschmidt.- sussurra con tono tremante, stendendo le labbra martoriate in un sorriso – Cosa ci fate qui?

 

 

 

 

 

 

Ludwig tira un pugno al muro e impreca quando l’intonaco del soffitto gli cade sulle spalle. Sulla parete ci sono i segni rossastri del sangue delle sue nocche, a perpetua memoria della sua idiozia.

Non si doveva fidare dell’italiano. Glielo avevano detto che gli italiani sono una razzaccia, gente fifona di cui non ci si può fidare.

Cade a terra e si scompiglia i capelli con le mani, blaterando a mezza voce insulti.

- Dove sei?- sussurra poggiando la fronte contro il muro – Dove sei?

 

 

 

 

 

- Non c’e la faccio più. - sussurra Feliciano steso al centro della cella. Gilbert resta inginocchiato accanto a lui, stringendone la mano – Dovete sopportare, Herr Vargas.- sussurra l’uomo carezzando la mano pallida e ferita.

- Presto smetteranno di farvi del male. Intercederò io, vi farò liberare…- - Ma non smetteranno di cercare il mio amante, non è vero?- sussurra Feliciano guardando il soffitto.

- Hanno di sicuro trovato lo Julleuchter a casa mia. Sanno che è dei vostri. Non avranno pace finché non avranno ucciso me- una lacrima gli scivola sul viso – e trovato lui.

Gilbert lo guarda. Vorrebbe dirgli che lui sa, sa tutto. Che lui ha sempre saputo, ma non ha mai detto nulla.

Che sapeva di lui e Ludwig, che era spesso ubriaco ma non stupido.

Vorrebbe dire al piccolo italiano steso a terra che gli ha voluto bene, tanto bene da morirne e voler fa finta di non sapere, proteggere quella piccola bolla di cristallo in cui loro due volevano vivere. Una lacrima gli si blocca tra le ciglia, mentre pensa a cosa farà il fratello. Ludwig non riuscirebbe a sopravvivere a una cosa simile.

- Portatemi fuori di qui.- sussurra Feliciano stringendo appena la sua mano – Fatemi uscire di qui. – dice con le lacrima che rigano il viso – Altrimenti io… Lui… Vi prego…-.

Gilbert trema e annuisce, ricacciando indietro le lacrime – Vi farò uscire, Herr Vargas. Vi farò uscire questa notte stessa. - promette baciandogli la fronte.

 

 

 

 

Entra nel palazzo con passo incerto, dondolando pericolosamente da una parte all’altra. Si avvicina al portiere a capo chino, cercando di non far vedere la faccia disastrata – Herr Vargas…- mormora piano – è tornato?

L’uomo scuote la testa.– La ringrazio. Hail Hitler.- sussurra Ludwig allungando stancamente un braccio in una parodia di saluto, battendo i tacchi senza troppa convinzione. L’uomo lo imita.

Si volta, dirigendosi verso la porta e sente la voce incerta del portiere – Non credo che tornerà mai. - alza gli occhi al cielo – E come mai? È tornato in Sicilia? Il francese è venuto a prenderlo? S’è n’è andato con lo spagnolo?- domanda con un ghigno sbieco sul volto – No, Mein Herr.- balbetta l’uomo – Circa dodici giorni fa è stato portato via dalla Gestapo.-.

- Ah.- sussurra Ludwig – Dalla Gestapo.- il mondo si fa nero all’improvviso. L’ultima cosa che sente è il grido del portiere e il duro impatto del pavimento contro la sua nuca. Poi, un rilassante oblio.

 

 

 

Lo afferra un braccio, caricandoselo sulla spalla – Siete scuro che funzionerà?- sussurra Feliciano coprendosi col cappotto dell’altro – Certamente. - afferma Gilbert fingendo una totale sicurezza in sé. Figuriamoci, persino il suo cervello di gallina arriva a capire che come piano fa acqua da tutte le parti. Ma è la migliore –ed unica-idea che gli è venuta, quindi tanto vale chiudere gli occhi e sperare che vada tutto bene.

Feliciano gli sorride – Vi ringrazio. - sussurra. Gilbert sorride e sposta il viso da una parte avvertendo le lacrime scorrere lungo le guance – Figuratevi. Dovevo farlo.- dice tentando un risolino stridulo – Per voi e mio- si blocca. Feliciano lo guarda – Per vostro?- - Niente!- esclama Gilbert trascinandolo lungo uno stretto corridoio (ecco, la porta, la porta è laggiù, manca così poco davvero pochissimo) – Per vostro fratello?- Feliciano stringe una mano sulla stoffa della divisa di Gilbert, reprimendo un singhiozzo – Voi sapevate tutto, vero?-.

- Non è che avete fatto molto per non farvi beccare. - sussurra Gilbert tremando - La prossima volta state più attenti.- si raccomanda sorridendo – Se mai ci sarà una prossima volta.- dice Feliciano abbassando il capo e lasciandosi trascinare fuori della porta.

Ah, l’aria della notte è fresca e frizzante e sembra quasi ripulire le sue ferite. Respira e sorride – Certo che ci sarà!- esclama Gilbert – Adesso ti porto da lui, così potrete andarvene in Svizzera e lì-

Feliciano si butta di lato, alzando le mani nel tentativo di evitare quella pioggia di schegge d’osso e sangue e robaccia viscida che salta ovunque. Cade a terra sulle ginocchia e davanti a lui Gilbert sembra cadere a una lentezza inverosimile.

Arranca fino a lui piangendo – Gilbert- pigola allungando le mani e cercando febbrilmente di raccogliere tutto quel Gilbert sparso sulla terra polverosa – Gilbert, mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace…- ripete quel “mi dispiace” come un mantra. È talmente impegnato in quello che quasi non si accorge della bocca di un fucile puntata al suo collo – Idioti.- sibila una voce.

Lo sparo riecheggia nella Berlino notturna, infilandosi come un gas malefico nella finestra dell’ospedale in cui il povero Beillschmidt è stato ricoverato per accertamenti.

Ludwig sgrana gli occhi alzandosi di scatto dal lettino, voltandosi verso la finestra.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Voi chi diavolo siete?- sbotta l’uomo abbronzato con aria scocciata – No, anzi, non me lo dite, non me ne frega nulla. Siete qui per mio fratello? Che ha combinato quel cretino?- dice l’uomo incrociando le braccia sul petto nudo. Ludwig sorride quasi – Ecco, vede, quo fratello è…- la gola si secca all’improvviso e la lingua non

sembra volersi muovere per pronunciare quelle poche parole.

- Vostro fratello è…- si porta una mano al cuore, respirando affannosamente. Ma è sicuramente il sole, già, il caldo sole della Sicilia.

Anche se gli sembra di provare un curioso déjà-vù. Non si era sentito così anche quando gli avevano detto che Gilbert era morto nel tentativo di far evadere il prigioniero Vargas? O anche quando gli avevano detto che Feliciano era stato portato via dalla Gestapo?

Tenta di essere serio, sorridere e far finta di nulla, ma nessuna delle tre gli riesce particolarmente bene e sembra solo pazzo – Morto.

Si accascia a terra con un rantolo, la mano stretta a livello del cuore.

L’italiano corre verso di lui gridando assieme agli altri uomini sparsi in mezzo alle spighe. – Oddio, è morto, è morto!- esclamavano gli uomini e le donne torcendosi le mani, terrorizzati all’idea di dover spiegare cosa ci fa un tedesco morto nel loro campo – È morto di crepacuore. – dice Lovino fissandolo con gli occhi appannati dalle lacrime. Ah, quello stupido di Feliciano.

Perlomeno non sarebbe stato troppo solo.

 

 

 

   
 
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