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Autore: Ninfea Blu    28/06/2010    22 recensioni
Storia che avrà al massimo tre capitoli. Una Rosalie più dura, un po' diversa dall'originale (spero), testimone della vita di Oscar e Andrè.
Rosalie è vissuta con loro, ma cosa può avere intuito di quello che legava i nostri eroi?
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Rosalie Lamorlière
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Amore, ricordi e rimpianti'
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Dopo tanti anni sereni passati in quella casa era giunto il momento di andarmene

3 – Qualcosa rimane sempre (Epilogo)

 

 

Dopo anni sereni passati in quella casa che era diventata un po’ anche mia, era giunto il momento di andarmene. Lo avevo deciso consapevolmente e non sarei mai tornata sui miei passi.

Bisogna avere il coraggio di andare avanti e sopravvivere, ragazzo mio, anche quando sull’orizzonte che si profila lontano, non sembra esserci nulla, tranne i ricordi che ti accompagnano fedeli verso quella linea che non raggiungi mai.

Ricordi più preziosi di un qualsiasi tesoro, serbati gelosamente nel cuore; mi scaldano nelle serate fredde, addolciscono i momenti un po’ tristi della vita e domani sarà bello poterli condividere con te, figlio mio, e non solo attraverso i fogli di questo diario. Perché tante cose non riuscirò a scrivere qui, e altre le ometterò, perché la mia mano tremante, non sempre riuscirà a vergare segni neri così dolorosi sulla carta. Ma forse la mia voce avrà il coraggio e la forza che adesso, manca alle mie dita, e se un suono o un profumo, un colore o un sapore verranno a sollecitare certe immagini, la mia mente saprà ritrovarle.

Come in questo preciso istante, che rigiro tra le dita della mano sinistra, la catenina con la piccola croce che mi regalò lei, quel giorno che me ne andai.

 

Abbracciai Oscar tra le lacrime, grata per tutto quello che aveva saputo fare per me: per avermi accolto quando non avevo più una casa né una famiglia, per l’affetto, l’amicizia, la fiducia, la gioia di giorni luminosi e pieni di risate, musica, danze, corse a cavallo sulla pianura accarezzata dal vento leggero dell’autunno.

Oscar capì certamente che era accaduto qualcosa di grave, ma fu discreta e non mi fece domande.

Rispettò la mia scelta. Si augurò soltanto la mia felicità. So che in quel momento le diedi un grosso dispiacere.

Se io mi ero legata a lei in maniera quasi morbosa, lei si era legata a me altrettanto profondamente, quasi fossi stata una sorella, o sarebbe più giusto dire una figlia.

Per il bene che le volevo, avrei fatto qualsiasi cosa per difenderla dalle minacce della Polignac.

La ricordo, appoggiata contro la grande vetrata che dava sull’esterno; con lo sguardo amareggiato seguiva la carrozza che mi portava via. Mentre dal finestrino della vettura osservavo il viale alberato del parco e il cancello della tenuta che si chiudeva alle mie spalle, una pesante malinconia scendeva sul mio animo; era pieno pomeriggio e le ombre degli alberi si allungavano scivolando sul paesaggio attorno, eppure con sgomento mi assaliva la sensazione di assistere al tramonto di un tempo che stava per finire, come se i miei occhi percepissero una luce diversa attorno a me. Con quella strana impressione, come di un presagio funesto, lasciai Palazzo Jarjayes, con l’acuta consapevolezza che non vi sarei più tornata.

Comunque restai poco anche a casa dei Polignac, giusto il tempo di ricevere un messaggio da Oscar dove mi diceva che mia sorella era morta nell’incendio del convento dove si era nascosta. Jeanne, decisa a non lasciarsi riportare in prigione, non si fece catturare viva.

Stracciai la lettera, gettandola poi nel fuoco e piansi di rabbia, ma solo pensando all’ostinazione di mia sorella, alle sue parole, - bisogna lottare per ciò che si vuole, per la propria vita - trovai il coraggio di fare la scelta giusta: non sarei mai stata una marionetta nella mani di quella donna che aveva fatto il solo sforzo di generarmi, e che si era subito liberata di me. Oscar, tra le tante cose che aveva fatto, mi aveva insegnato a essere libera nelle idee e nelle azioni, in un mondo che non concedeva libertà.

Tornai a Parigi appena capii le reali intenzioni della contessa.

Stava perdendo molto del suo potere a corte e le serviva un matrimonio facoltoso per rinsaldarlo. Tentò di costringermi a sposare un duca molto più anziano di me, ma che aveva un consistente patrimonio. Non ero altro che una merce di scambio. In realtà, dovevo prendere il posto della piccola Charlotte, la sorella undicenne morta suicida qualche anno prima, che non avevo fatto in tempo a conoscere e ad amare.

 

Era giunto il momento di riprendere in mano le redini della mia vita.

Avrei ricominciato da zero e per questo, dovevo tornare a Parigi.

In fondo stavo meglio lì, tra gente più simile a me, che in mezzo ai nobili. Uomini e donne coi calli sulle mani e la schiena spezzata dalla fatica, che spesso non veniva ripagata, abituati a sudarsi il pane quotidiano col lavoro duro. Come loro, avrei desiderato vivere di cose semplici.

Dissi la stessa cosa anche a madamigella Oscar, pronta a riaccogliermi nel lusso della sua casa, un giorno che la trovai ferita e svenuta davanti alla mia porta.

Stava dando la caccia all’uomo che in seguito, sarebbe diventato mio marito e poi tuo padre.

Ma questa è un'altra storia e forse un giorno sarà proprio lui a raccontartela.

 

 

Tempo dopo a Parigi incontrai Bernard, tuo padre. Mi ricordavo di lui, un fugace incontro prima che Oscar cambiasse la mia vita. Ci sposammo quasi subito.

Già all’epoca, era un collaboratore di Robespierre, ma aveva da poco chiuso la sua parentesi come cavaliere nero e ripreso la sua attività di giornalista.

Oscar lo aveva catturato, poi aveva deciso di lasciarlo andare, non so bene per quale motivo. Neppure tuo padre è riuscito a essere più chiaro su questo punto; mi disse però che Andrè aveva messo una buona parola, perché se fosse dipeso da Oscar, lei lo avrebbe consegnato alle autorità. Credo che per questo, Bernard abbia sempre nutrito verso Andrè una profonda riconoscenza, velata però dal rimorso per averlo ferito a un occhio.

Io intanto, avevo trovato lavoro al mercato.

Resa molle dalla vita agiata e troppo comoda che si conduceva nella società aristocratica, ricominciare a vivere in modo più spartano, fu un po’ dura.

Dovevo alzarmi all’alba, cosa che avevo smesso di fare da anni, ma mi adattai. Vivevamo di poco, ma comunque dignitosamente.

Facilitata dall’istruzione che avevo ricevuto presso i Jarjayes, qualche volta aiutavo Bernard a rivedere le bozze dei suoi articoli; le ricopiavo in bella copia perché fossero pronte per la stampa vera e propria.

Mi piaceva ed era gratificante fare qualcosa di costruttivo, contribuire anche con poco, alla diffusione di quelle idee che avrebbero dovuto creare una nuova coscienza nel popolo francese. Era davvero tanto il nostro entusiasmo e lo mettevamo in tutti i nostri progetti, avevamo una fede profonda nelle nostre idee, in quello che facevamo ed eravamo convinti che saremmo riusciti a mutare le sorti e l’aspetto di un paese avviato al disastro.

C’era una grande aspettativa per il domani, che ci animava, che scaldava le coscienze e i cuori di tutti.

 

Di Oscar, per molto tempo non seppi più nulla, finché un pomeriggio invernale, con la neve che si mischiava impastata al fango delle strade, tuo padre tornò a casa da uno dei suoi comizi, portando con sé anche André.

“Rosalie, guarda chi ho trovato ad ascoltarmi!!”

Fui felice di rivederlo e di ricevere finalmente notizie di Oscar.

Appresi con sorpresa, che aveva lasciato le Guardie Reali e che adesso, comandava un reggimento dei Soldati Della Guardia di Parigi.

Mi parve davvero strano e nell’immediato, non seppi che pensare.

Ignoravo le ragioni di quel cambiamento, ma qualcosa di sconvolgente doveva essere certamente accaduto nella sua vita, che l’aveva spinta a lasciare la Guardia Reale e la regina, cui era pur sempre molto devota.

Mentre Andrè sorseggiava il caffè caldo che avevo preparato per dargli il benvenuto, Bernard lo invitò a unirsi alla nostra lotta.

“André, perché non ci dai una mano anche tu? Io sono convinto che tu abbia le nostre stesse idee.”

“Vedi Bernard, a dispetto delle mie idee, il mio dovere più importante è un altro, ed è qualcosa a cui non posso sottrarmi.”

A mio marito quel discorso risultò oscuro, ma io capii immediatamente a cosa si riferisse: stava parlando di Oscar. Era lei il centro costante dei suoi pensieri e delle sue ansie. L’avrebbe seguita anche in mezzo al fuoco delle fiamme eterne. Qualcosa in quelle parole, forse l’inflessione amara della frase, mi indusse a indagare.

“Andrè, che mi dici di Oscar? Non riesco a immaginare perché abbia lasciato le Guardie Reali: non sarà accaduto qualcosa di grave? È caduta in disgrazia presso la regina?”

Stavo pensando al peggio di quello che poteva accadere in quel mondo di intriganti opportunisti: uno scandalo, una voce diffamatoria, bastava un niente, per distruggere la reputazione di qualcuno. Anche di una persona intransigente e onesta come Oscar.

“No, Rosalie, ma che vai a pensare? Sai com’è fatta lei: è sempre pronta a sfidare se stessa. Non preoccuparti… la regina tiene sempre in gran conto Oscar, forse oggi più di ieri… In realtà, non è cambiato nulla e nessuno.”

Ma io sapevo che non era così: qualcosa stava cambiando attorno a noi, cresceva velocemente come l’acqua di un fiume che sale dopo le piogge, e avrebbe investito e rovesciato il vecchio sistema.

Sentivo aumentare a Parigi l’odio per i nobili. Lo percepivo nei discorsi della gente tra i banchi del mercato, per strada, Bernard me ne parlava nei suoi aneddoti, mi raccontava delle tensioni all’interno della varie fazioni politiche.

Anche tra gli stessi seguaci di Robespierre c’era chi voleva lo scontro aperto, chi cercava il terrore, e chi era favorevole al dialogo.

Tutto stava rapidamente cambiando; il malcontento generale dilagava, come la cancrena che corrompe la carne infetta.

Avevo paura per Oscar, per quello che si sarebbe trovata a dover affrontare, e temevo che ci saremmo trovate su barricate opposte e nemiche, ma sapevo anche, che nulla, l’avrebbe fatta desistere da come aveva deciso di vivere: come aveva sempre vissuto, combattendo e lottando per un ideale che credeva giusto.

Ma per come avevo imparato a conoscerla, potevo credere e sperare che avrebbe compreso l’onestà della nostra lotta.

 

 

Era l’inizio del 1789.

Per far fronte alla crisi dello stato, il Re decise l’apertura degli Stati Generali.

Quell’anno fu tumultuoso e decisivo per le sorti future della Francia. Nell’aria dilagavano le idee di libertà, uguaglianza e fraternità, concetti che riempivano la bocca di tutti e alla luce dei fatti, le aspettative sono state puntualmente deluse.

Ma in quel momento tutti noi ci credevamo. Forse anche Oscar aveva finito per crederci, lei che di fatto apparteneva alla parte avversa che il popolo attaccava all’Assemblea Nazionale.

Per settimane i rappresentanti discussero animatamente senza arrivare mai ad un accordo.

Si cercava di dare una Costituzione alla Francia, ma il Terzo Stato era ostacolato dal clero e dalla nobiltà che non volevano perdere i loro privilegi vecchi di secoli, che appartenevano all’Ancien Regime. [1]

Mio marito mi portava sporadiche notizie di Oscar; sapevo che il suo reggimento aveva ricevuto l’incarico di sorvegliare la sala dell’assemblea dove avvenivano le riunioni dei rappresentanti dei tre ordini.

Per giorni non successe nulla di eclatante.

Gli aristocratici e il clero cercarono di osteggiare ripetutamente i lavori dell’assemblea e i rappresentanti del Terzo Stato; li ostacolarono in ogni modo, ma l’orgoglio di rappresentare la nazione, una nuova Francia senza disuguaglianza sociale, era più forte di qualsiasi umiliazione, e le parole di uomini come Robespierre, Danton, lo stesso conte di Mirabeau, bastavano ad accendere gli animi, a dare speranza.

Fu solo dopo il Giuramento della Pallacorda, che gli aristocratici e il Re cominciarono a temere la forza crescente che il Terzo Stato, sostenuto dal popolo, stava acquistando. 

 

Ricordo giornate uggiose che tuo padre passava a scrivere le bozze per i suoi articoli di carattere politico, resoconti di ciò che accadeva all’assemblea, mentre la gente riunita per strada, sotto la pioggia battente, continuava a manifestare il sostegno ai suoi portavoce.

Un pomeriggio, Bernard tornò a casa con un’espressione tesa e preoccupata sul volto stanco; mi raccontò che, al tentativo del sovrano di sciogliere l’Assemblea Nazionale e di separare i tre ordini, i rappresentanti del Terzo Stato avevano reagito ribellandosi, occupando la sala e sfidando le guardie del Re che erano venute per allontanarli con l’uso della forza. A quel punto inaspettatamente, Oscar era intervenuta e aveva impedito alle Guardie Reali di fare irruzione nella sala occupata da Robespierre e i suoi seguaci.

Immaginai subito quali potevano essere le conseguenze di quel gesto.

Oscar, che in passato, aveva servito e giurato fedeltà alla Corona, aveva volutamente disobbedito a un ordine del Re di Francia; poteva essere accusata di tradimento, magari finire in carcere o peggio, affrontare il tribunale militare e la conseguente sentenza.

L’ansia e la paura per la sua sorte, mi abbandonarono solo un paio di giorni più tardi, quando lei in persona, venne a bussare alla nostra porta. Appena me la trovai davanti, sentii il bisogno di abbracciarla.

Era da tempo che non la vedevo, forse per questo lo percepii subito; a un primo sguardo non si notava, ma osservandola, sembrava che in lei, qualcosa fosse cambiato.

Era dolorosamente bella come la ricordavo; sobria nei suoi abiti borghesi indossati per passare inosservata, lunghe onde bionde uscivano da sotto la tesa di un cappello. Ma aveva un’ aria un poco stanca e il suo colorito di pesca aveva lasciato il posto a un pallore insolito su un viso affilato: la vita che faceva doveva essere dura, perché sembrava più magra.

Forse per contrasto, i suoi occhi cerulei brillavano più intensi di quanto ricordassi, sembravano accesi da una luce nuova, forse sconosciuta fino a quel momento. Parevano animati da una scintilla che pulsava impazzita. Era difficile credere che fosse solo l’ostinazione in un proposito personale. Avrei dovuto riconoscere quella luce. Era la luce che viene dal cuore, quando questo si apre a una nuova, forse ignota speranza.

Ma c’era anche dell’altro, qualcosa d’inquietante; una sorta di febbre che rendeva lucido il suo sguardo.

“Madamigella ero così in ansia per voi… Bernard mi ha detto cosa avete fatto per noi; ho temuto il peggio…” sospirai.

“Anch’io, ed ero pronta ad accettare le conseguenze, ma la regina mi ha perdonato Rosalie, e ha fatto in modo che non fossi punita per la mia azione, ma ora sono qui per parlare con tuo marito. Ho assolutamente bisogno del suo aiuto per liberare i miei soldati accusati di tradimento…”

“Sì, certo… Oscar, ma… cosa avete? Siete sempre la stessa, eppure… mi sembrate diversa…”

“Diversa?” Colsi nella sua voce un moto di lieve sorpresa, o forse era timore.

“Sì, non so… avete un’aria stanca, sembrate affaticata… probabilmente, sono una sciocca. Non vi vedo da tempo e così…”

“Non sei sciocca. Sono stata poco bene di recente, ma nulla di grave. Può essere che io sia diversa… Sai, le persone a volte cambiano… Capita, quando si svegliano di colpo… anche tu, non sei più la ragazzina che viveva a palazzo Jarjayes: sei diventata una donna forte e coraggiosa adesso…”

“Sì, forse… Però una cosa è certa: quella ragazzina vissuta a Palazzo Jarjayes non esiste più...”

Che cosa era accaduto nella sua vita? Perché avvertivo la sensazione che mi nascondesse qualcosa?

Perché aveva detto di essersi svegliata di colpo? A cosa si stava riferendo? Alla situazione della Francia?  A qualcosa di più personale, intimo? Si era forse accorta di Andrè? Lui aveva detto che niente era cambiato… non era così?

Non sapevo più nulla di loro, di come fosse proseguita la loro vita dopo che ero andata via. Sapevo solo che lei aveva cambiato reggimento e Andrè l’aveva seguita e in questo doveva esserci una ragione profonda, che forse, neppure lei poteva più ignorare.

 

Oscar aveva un piano per ottenere la liberazione dei suoi soldati, ma le serviva l’intervento del popolo in piazza. E Bernard, con la sua oratoria, poteva aiutarla in questo.

“Mi piacerebbe aiutarti Oscar, ma quello che mi chiedi non è possibile. La prigione dove sono rinchiusi, è una fortezza inespugnabile.”

“Se la folla chiedesse la libertà dei miei uomini, per evitare disordini e mantenere l’ordine pubblico, potrei sollecitare la loro liberazione al comando centrale. Non potrebbero negarmela.”

“Capisco. Sì, è una cosa che si può fare. Ma cosa faresti se dovessero scoppiare dei tumulti? Quali ordini daresti?”

“Mi stai mettendo alla prova? D’accordo, capisco i tuoi timori. Ti posso assicurare che non ci saranno morti né feriti tra la folla che si radunerà davanti alla prigione, e se non fossi in grado di mantenere questa mia promessa, farò tutto ciò che mi chiederai, Bernard.”

“Mi basta la tua parola, Oscar.”

Così, dietro suo suggerimento, tuo padre convinse una nutrita folla di persone a marciare davanti alla prigione per chiedere a gran voce la liberazione dei soldati.

Ricordo quell’ultimo giorno di giugno; era una giornata afosa e il sudore colava sotto i vestiti che si appiccicavano alla pelle accaldata. Gli animi parevano altrettanto caldi.

Alla fine, Oscar riuscì nel suo intento; ottenuta la grazia dal Re, si aprirono le porte del carcere contro lo sfondo di un cielo tinto di rosso dalla sfera del sole che tramontava; quei dodici uomini che avrebbero dovuto essere fucilati per tradimento, furono accolti dalle grida di giubilo e dall’entusiasmo della folla, che si sentiva come se avesse vinto una battaglia importante.

 

Si entrò così nel mese di luglio.

La tensione in città cresceva col passare dei giorni. Il popolo manifestava sempre più apertamente il proprio malcontento; i Borboni allarmati dalla situazione che si faceva critica e non sapevano gestire, richiesero l’intervento di truppe straniere in Francia.

Parigi era piena di reggimenti che imperversavano, controllavano le strade e arrestavano chiunque era sospettato di fomentare disordini. Mio marito che si faceva portavoce delle idee di Robespierre, aveva rischiato lui stesso l’arresto; nelle piazze e negli angoli delle strade, esortava il popolo a resistere e ad opporsi all’esercito che occupava Parigi.

Il popolo ormai era avviato alla rivolta, non si sarebbe fermato davanti a nulla e nessuno.

L’Assemblea Nazionale chiedeva il ritiro delle truppe da Parigi, ma Luigi XVI, troppo debole e indeciso, influenzato secondo alcuni dalla regina ostile all’operato dell’assemblea, non ascoltava neppure i saggi consigli del suo ministro delle finanze Necker, che pochi giorni dopo fu destituito, generando così altro malcontento.

 

Arrivarono i giorni decisivi che precedettero di poco la presa della Bastiglia.

La gente cercava di armarsi e assaltava i depositi di armi.

Iniziarono i primi scontri tra le truppe e la popolazione. Ci furono i primi morti che accesero la miccia della rabbia di gente ormai esasperata.

Io aiutavo mio marito come potevo, più di una volta scesi in piazza al suo fianco. Speravo solo di non incontrare Oscar come nemica, che non dessero anche a lei l’ordine di affrontare la folla con le armi.

 

Fu proprio in quei giorni decisivi che rividi Oscar e André per l’ultima volta.

Fu una sorpresa per me vederla arrivare la mattina del 13 luglio a Parigi alla testa dei suoi soldati, per unirsi al popolo in rivolta.

Era passata dalla nostra parte, aveva abbandonato tutto, il suo nome, il suo casato, stava tradendo la Corona che aveva servito fedelmente per tanti anni, per abbracciare la causa popolare. Diede prova di grande coraggio, quella forza che le conoscevo; per dimostrare al popolo che poteva fidarsi dei Soldati della Guardia che lei comandava, parlò esponendosi disarmata davanti ai fucili dei cittadini che erano nella piazza. E io rimasi a guardarla, nascosta in mezzo agli altri, affascinata dalle sue parole e spaventata a morte per il rischio che aveva deciso di correre, circondata dalle baionette pronte a sparare, a trapassarla da parte a parte.

“È vero: io sono nobile di nascita…” iniziò. Potevo sentire le loro dita fremere sui grilletti, mentre io sentivo il sudore freddo della mia paura.

Era tipico di lei esporsi in quel modo; la gente si sentiva minacciata, e non era disposta a credere che soldati dell’esercito francese volessero combattere dalla loro parte.

“Voi potreste uccidermi ora, e io non avrei alcun rimpianto… ma tutti i soldati al mio comando sono diversi da me. Sono figli del popolo, nati in mezzo a voi, e hanno lasciato il loro reggimento per unirsi ai cittadini di Parigi, per sostenere questa vostra lotta che credono giusta. Io ero il loro comandante e li ho seguiti. Voi potete non credere a me, ma dovete credere a loro…”

Oscar riuscì a far sorgere in loro il dubbio, che avesse ragione.

Alla fine tuo padre si mosse per andarle incontro e darle il benvenuto, tra il mormorio della folla che si apriva e concedeva la sua fiducia agli uomini di Oscar.

Fui felice e sorpresa della sua decisione e la abbracciai nella piazza fra le lacrime.

La decisione di Oscar però non dipendeva semplicemente da un ideale di giustizia o senso del dovere, me ne resi conto soltanto quando colsi lo sguardo d’intesa con André. Ci fu un attimo come se il tempo si fosse congelato, dove c’erano solo loro due, uniti e quasi estranei a tutto ciò che li circondava. Nella confusione tra la gente e i soldati che si scambiavano strette di mano e saluti confidenziali, il loro abbraccio puramente fatto di sguardi era intimo e riservato.

Andrè era sceso da cavallo; io ero a poca distanza, e vidi Oscar avvicinarsi a lui.

Parlottarono un po’ tra loro, con i visi quasi a sfiorarsi, il cavallo scuro che faceva da scudo e li proteggeva da sguardi indiscreti, e improvvisamente, i miei occhi si sgranarono di stupore, quando colsi la mano di Andrè alzarsi e posarsi sulla guancia di Oscar in modo intimo, delicato ma quasi possessivo, come fosse la carezza di un amante. Oscar coprì la mano di Andrè con la propria.

Restai come folgorata.

Pensai che avrebbe potuto anche baciarla, da tanto mi parve sensuale e carico di sottintesi, quel gesto. Mi sembrò quasi di violare un segreto, come se un velo fosse stato squarciato. Avvertivo la stessa sensazione provata spesso in passato e mi tornarono alla mente le immagini in casa Jarjayes, di loro due stesi sul divano davanti al camino e non ebbi più alcun dubbio su ciò che li univa, su ciò che li aveva sempre uniti.

L’amore, alla fine li aveva portati su quella piazza, l’amore aveva spinto Oscar a seguire André.

Alle mie inevitabili domande, mi rispose con una semplicità disarmante.

“Oscar, se voi siete qui è perché…- esitai imbarazzata - Andrè… Lui centra qualcosa?”

“Lui c’è sempre stato, Rosalie… solo e sempre lui, nonostante tutto… ho fatto l’unica cosa giusta… ma forse è troppo tardi anche per questo…”

Non mi spiegò nulla, niente di quello che era accaduto tra loro, di come erano arrivati a quella scelta, di come aveva scoperto di amare l’amico di sempre, il fratello, quell’uomo fedele e meraviglioso che non aveva mai smesso di seguirla, che l’amava da una vita e forse, allo stesso modo era stato riamato da lei. Il mio cuore sentì una grande gioia per loro, ma ebbi un triste presentimento; forse stavo assistendo all’epilogo di una storia dolorosa, un riconoscersi che era costato amara sofferenza e incertezza.

Purtroppo solo varie ore dopo, verso la fine di quel giorno denso di violenza che era parso interminabile, i miei sospetti si rivelarono fondati.

 

****

 

Da qui in poi, figlio mio, i ricordi diventano troppo penosi perché io abbia la forza di scrivere ancora.

Preferisco stendere un velo discreto e pietoso sulle ore che seguirono, su quelle immagini, sul sangue versato, sulle lacrime più salate e amare, sullo strazio, l’angoscia che attanagliava il cuore e spezzava il respiro.

Ti dico solo che tutto è fortemente vivido nella mia mente e ogni cosa brucia intensamente, come un fuoco inestinguibile. So che nulla e nessuno potrà mai rubarmi una tale ricchezza. Neppure lo vorrei, in realtà.

Perché il dolore anche il più grande è comunque prezioso, quando è legato ad altrettanto amore. Le ultime parole che si scambiarono, sono scolpite nel mio cuore e lì resteranno; parole d’amore e di speranza in un futuro migliore che potesse cancellare anni di solitudine.

Parole vane, pietose bugie che avrebbero dovuto essere consolatorie, ma in realtà non lo furono.

Sofferenza, odio, senso di colpa, tutto è parte della vita, come il rimpianto, come il perdono e l’amore.

E tutto serve, figlio mio.

Anche a diventare migliori.

Oscar e André hanno avuto la loro stagione, il loro tempo per amare e voglio credere che nulla sia andato sprecato. Che ogni sogno o desiderio sia stato soddisfatto. Che ogni preghiera sia stata ascoltata.

Anche l’ultima di Oscar, dopo che André era morto; una preghiera silenziosa lunga una notte, accolta e poi esaudita nell’alba del giorno che rinasce.

Voglio credere che loro non sono passati di qui senza lasciare tracce.

Perché qualcosa rimane sempre.

La loro vicenda, il loro amore a tutti noi ha lasciato qualcosa; Alain, che era uno dei soldati al suo comando, un uomo di carattere, forgiato dalla vita, ne fu turbato e impressionato. Alain, che conosceva in parte la loro storia, era stato un buon amico per André, ne conosceva i sentimenti profondi e aveva imparato a stimare il suo comandante donna.

Con la loro vita mi hanno fatto capire che il tempo che ci viene dato, è il solo che abbiamo e non va sprecato, ma gli uomini troppo spesso dimenticano questa verità profonda. Sprecano il tempo della loro breve ed effimera esistenza, a inseguire non si sa bene cosa e non si accorgono di quello che hanno già. E spesso soffrono per questo.

È una lezione da imparare, figlio mio…

Mi auguro che tu non debba mai sprecare nulla della tua vita; sappi cogliere le cose belle che essa ti darà, soprattutto quelle che ti renderanno migliore… spesso saranno quelle che ti faranno soffrire di più.

Non ti perdere… e ama, ama con tutto il cuore, metti la passione in ogni cosa che farai, in ogni scelta che la vita ti chiamerà a fare, quindi non aver mai paura di vivere, perché l’amore è la sola cosa che fa sentire vivi.

Oscar e André mi hanno insegnato questo.

Tutto il resto conta poco.

Davvero poco.

Compresi questa verità nello stesso istante in cui sentii la raffica dei colpi di fucile, straziare Oscar a morte.  Forse, di quella giornata, fu l’ultima cosa che sentii davvero. Un suono sinistro, che mi rimbombò nelle orecchie per diversi giorni e cancellò ogni altro rumore. Dopo fu solo silenzio.

Silenzio di voci, di cuori che cessarono di battere.

I nostri insieme al suo.

E in quel silenzio fatto di vuoto, compresi che quella che sembrava l’ingiustizia di due vite sprecate, unite eppure divise dal destino, destinate ad amarsi, ma costrette a non poterlo fare per assurde leggi umane, era in realtà il percorso di due anime che si erano cercate, inseguite, raggiunte e alla fine, trovate.

Ma non nego che per capire tutto questo, qualcosa ho dovuto perdere.

E la morte ridimensiona tutto.

 

Con la morte di Oscar, qualcosa dentro tutti noi morì con lei.

Non ci importava più nulla di quello che stava accadendo, col tempo ci saremmo risollevati andando avanti per la nostra strada, ma in quel momento ci sentivamo svuotati di tutto.

Forse fu la fiducia nel domani ad abbandonarci.

Alcuni giorni dopo, io e tuo padre lasciammo Parigi sotto i colpi della rivolta popolare, dirigendoci verso Arres.

Portammo laggiù i loro corpi, in quei luoghi dove erano stati felici. Dove anch’io ero stata felice con loro.

Adesso riposano vicini su una collina; lì, forse, in passato l’erba fu calpestata dai loro passi.

 

 

*****

 

 

Arres, 1818.

 

 

Torna qui ogni anno a portare il suo saluto a due anime amate e mai dimenticate.

Suo figlio François è accanto a lei; è un giovanotto che si affaccia alla vita adesso.

La accompagna sempre quando viene qui.

Una volta sola da bambino, ricorda di averla vista piangere e si era molto turbato. Adesso lei ha imparato a trattenere il pianto. O forse non ha più lacrime da versare.

Il giovane posa sulle lapidi i fiori che hanno portato.

È una splendida giornata, luminosa e frizzante.

Una farfalla bianca vola accanto a loro e si posa su una delle croci.

Una brezza leggera agita i riccioli biondi di suo figlio.

Ha gli occhi di suo padre, ma il colore dei capelli le ricorda l’oro del grano maturo.

Le ricorda un altro biondo dorato.

Resta sempre in silenzio quando è qui e lui, all’inizio, si stupiva di questo.

Ma adesso sa perché lei non parla.

In realtà, nel silenzio, lei parla con i suoi ricordi e ascolta unicamente quello che essi hanno da dire.

 

Ricorda di aver deposto sulla tomba di Oscar, la rosa bianca di stoffa che la regina aveva fatto nella solitudine della sua cella. Prima di salire sul patibolo, Maria Antonietta l’aveva pregata di tingerla con il colore preferito da madamigella Oscar.  Era rimasta molto sorpresa perché non sapeva proprio quale fosse.

André avrebbe detto le rose bianche… Così le aveva detto Alain.

 

Bianche come i fiori che François ha posato qui.

 

Lui non le ha ancora chiesto nulla. Accompagna la madre sulla collina è resta in silenzio accanto a lei, come se non volesse essere indiscreto. Ma oggi, da come la guarda, capisce che non tratterrà ancora molto le sue domande. E lei, non sempre gli risponde.

 

“Mamma… cos’hai provato davvero per Oscar?” chiede serio.

“Che domanda strana. Lo sai, era una persona speciale, per me.”

Lui sembra riflettere su qualcosa.

“Sì, immagino… ma perché speciale? Perché era una donna fuori dall’ordinario, o perché ti ha aiutato? Se odiavi i nobili, se hai condiviso le idee di papà, perché sei restata da lei per tanto tempo?”

“Mi ha aiutato; la mia vita la devo a lei, come avrei potuto odiarla Françoise? Io l’amavo…e non saprei dirti esattamente perché… non era solo gratitudine la mia…”

Il giovane lascia vagare il suo sguardo attorno, prima di tornare a posarsi sui nomi incisi sulle lapidi.

“Scusa, ci sono cose che mi sfuggono di Oscar François… Anche il suo rapporto con Andrè… forse erano amanti e tu non te ne sei mai accorta… erano cose che accadevano in quella società corrotta…”

“È un modo facile di vedere le cose, e tu forse, sei troppo giovane per capire… ma l’amore molto spesso è più complicato e complesso di quello che sembra, assume svariate forme, si camuffa per non farsi riconoscere; la verità è che l’amore è il vero mistero della vita… l’amore li aveva uniti in un modo che per tanti sarebbe incomprensibile…”

“Ma… non so, mamma. Forse è come dici tu. Io non potrò mai conoscerla davvero, nonostante abbia letto il tuo bellissimo diario tante volte… ti ricordi quando da bambino mi sono sorpreso di portare il suo secondo nome?” esclama un po’ divertito.

“Sì…” Rosalie sorride per la prima volta.

Per un momento François resta in silenzio a contemplare le croci.

“Mamma, tu porti qui solo fiori e rose bianche… mai un colore diverso, perché?”

 

Già… perché?

 

“Perché a Oscar piacevano le rose bianche.”

 

Forse…

 

“A una donna soldato, piacevano le rose?!”

“Cosa c’è di strano? Era una donna in fondo…”

“Una donna affascinante, senza dubbio, ma con inclinazioni poco femminili…”

“Avresti dovuto vederla…”

 

La rosa della regina è rimasta bianca perché così dovevano essere le rose preferite di Oscar, ma lei non lo sa con certezza. Sono tante le cose che non ha conosciuto di lei.

Le è vissuta accanto, ogni giorno per anni, ma non le ha mai chiesto di che colore preferisse le rose, non le ha mai chiesto quali fossero i suoi sogni, e anche quel giorno sulla piazza, non le chiese se finalmente avesse trovato la felicità. Solo André saprebbe rispondere a queste domande.

 

La felicità…

Quanti uomini la inseguono senza trovarla mai… quanti non sanno riconoscerla…

E loro?

Nonostante tutto lei spera di sì.

Forse fu un breve attimo, forse solo poche ore, o forse tutta la vita, ma vuole credere che l’abbiano trovata nel cuore, negli occhi, nelle parole e nelle braccia di uno dell’altro.

 

C’è pace e silenzio su questa collina. Suo figlio osserva i caratteri del nome dell’uomo inciso sull’altra lapide.

“André… Chi eri in realtà? - poi si rivolge alla madre – Sei sempre molto silenziosa quando veniamo qui; ci sono cose di questo posto che non mi hai ancora detto…”

“È vero… forse un giorno te ne parlerò…” risponde rassegnata.

“Quanti segreti… venivi qui con loro, vero? Non sa niente neppure papà?”

Gli accarezza i riccioli ribelli prima di rispondere.

“No, lui non sa molto di quel tempo della mia vita… ne parlo poco in verità…”

 

Si allontanano lungo il sentiero, per tornare alla carrozza che li aspetta a poca distanza; la raggiungono e suo figlio sale per primo e poi le tende una mano per aiutarla.

Prima di salire anche lei sulla vettura, si volta per guardare il paesaggio che si è lasciata alle spalle: un prato verde punteggiato da piccoli fiori di campo gialli, bianchi e azzurri sul dolce pendio della collina, alberi dalle chiome rigogliose che in primavera si ricoprono di fiori bianchi e rosa, e sullo sfondo due croci bianche contro l’azzurro limpido del cielo.

Poi le croci scompaiono.

Allora, le sembra di vedere sotto gli alberi due figure che danzano sull’erba, mentre incrociano le spade in un duello che li lascia sfiniti e sudati, e alla fine si arrendono esausti. Ridono quando crollano vicini, quasi abbracciati sull’erba. Quando il sonno li coglie le loro mani sono intrecciate.

Rosalie non sa dire se è un sogno, o se è accaduto per davvero, lì su quella stessa collina, tanti anni prima.

Si guarda attorno, mentre un senso di quiete la pervade, e torna il breve istante di un ricordo.

Un altro tempo e un altro luogo.

Li rivede, seduti vicini, sguardi carichi di parole non dette, magari appena sussurrate. Sorrisi segreti, sciolti davanti al fuoco di un camino. E capisce che qualcosa si svela; forse, era quella la loro felicità, e lei ne è stata la sola fortunata testimone.

 

 

 

Fine 

 

 

Qui si chiude la mia storia e spero che vi sia piaciuta.

 

Due parole sul figlio di Rosalie: non è un personaggio del tutto inventato, perché nel manga “Eroica” della Ikeda, che racconta le gesta di Napoleone, Rosalie ha un figlio con questo nome, se non sbaglio. La scena finale all’inizio presentava Françoise ancora bambino all’età di circa otto anni, ma il colloquio che avevo scritto tra madre e figlio non mi convinceva fino in fondo. In realtà ho poca dimestichezza con i bambini e non ero certa di aver scritto qualcosa di convincente. Così il bambino è diventato un ragazzo di circa vent’anni poco più.

 

Io debbo ringraziarvi tutte, per l’attenzione che avete dato a questa storia, che avete accolto in un modo che nemmeno speravo. Grazie per tutte le vostre belle parole, per chi ha seguito in silenzio, per chi ha messo questa storia nelle sue preferenze o la ricorda soltanto. Ma un grazie speciale va a chi ha commentato e come ho fatto in precedenza, ci tengo a rispondervi singolarmente. Quindi qui sotto trovate le mie risposte alle vostre recensioni.

 

Kira91 – Non ho fatto in tempo a salvare la tua recensione, allora ti rispondo così. Ma che vai a pensare? Non mi sono offesa assolutamente. I gusti sono gusti e non a tutti piacciono le stesse cose. Sulla storia di Twilight ho anch’io le mie perplessità, e non sono un’ amante dei vampiri, che siano classici o meno in generale.

Ma con la mia storia di Carlisle potevo affrontare altre tematiche che mi interessavano e mi sono buttata: la ricerca di se stessi, l’accettazione di sè, i rapporti famigliari.

Tutte cose che poi potrebbero valere anche per la nostra eroina, ma si trattava di farlo in un modo diverso. Per la proposta che mi hai fatto sulla ff: sì, è una bella idea, chissà magari domani, ma non ora, ho troppe cose in sospeso.

Sono contenta che questa storia ti sia piaciuta e spero che sia di tuo gusto anche questo finale. Hai colto perfettamente il legame con il manga, a quella scena in particolare. Sono contenta che la mia interpretazione ti sia piaciuta.

Lo so, non è a lieto fine, ma per come avevo impostato la storia non era previsto.

Comunque volevo porre l’accento anche su altre cose e spero di esserci riuscita. A presto e fammi sapere che ne pensi.

 

 arte [Contatta]

 22/06/10, ore 14:30 - Capitolo 2: Ricordi: due vite, un'estate fa.

È sempre con estremo piacere che leggo le tue recensioni e quest’ultima era cosi dettagliata, così precisa nella sua analisi che sono rimasta molto sorpresa, tanto che io non saprei cos’altro aggiungere. Hai già detto tutto tu, perfettamente.

Anche quello che intendo io per felicità, ho cercato di spiegarlo anche in questo capitolo alla fine. Per me, ci sono attimi della vita che sono unici e irripetibili e che non si presentano mai due volte e per questo sono preziosi.

Ci sono momenti diversi che danno felicità diverse perché anche le persone lungo il tempo cambiano, maturano, accumulano esperienze e sentono le cose in modo diverso.

Hai colto veramente tutto quello che volevo dire, le più tenui sfumature che ho cercato di dare ai vari personaggi, da Rosalie, passando per Oscar e Andrè, fino alla perfida Jeanne, che per come è costruito nell’anime è un personaggio affascinante, nonostante sia fortemente negativa; nel mio piccolo ho cercato di giustificare, di trovare una ragione alle sue azioni, senza per questo dire che sia giusto quello che ha fatto, assolutamente.

Ma come hai detto tu, perfettamente, la vita a volte è molto dura e difficile e le persone l’affrontano in maniera diversa. Hai saputo leggere oltre le righe e questa è la caratteristica di una lettrice attenta. Concordo con tutto quello che hai detto su Oscar e Andrè, sul fatto che lei forse sapeva o aveva intuito qualcosa dei sentimenti di lui, ma riconoscerli davvero per lei poteva essere più difficile, per tutta una serie di ragioni morali e forse pratiche, forse aveva paura di mettere in discussione tutto quanto; leggendo il manga ho avuto questa sensazione almeno un paio di volte, la scena del bacio è eloquente, ma c’è anche un’altra frase/pensiero di Oscar che mi ha sempre insospettito che lei dice poco prima del ballo con Fersen…

Sono veramente felice che la storia continui a piacerti e spero che quest’ultimo capitolo non ti abbia deluso.

Grazie infinite per tutto, ciao.

 Leia345 [Contatta]

 17/06/10, ore 17:26 - Capitolo 2: Ricordi: due vite, un'estate fa.

Ciao, pensavi che fosse finita?

Sono felicissima che la storia ti sia piaciuta e spero che l’ultimo capitolo non ti abbia delusa. I dialoghi tra Oscar e Andrè? Beh, ho cercato di dosarli quel tanto che bastava a far capire la dinamica, l’alchimia del loro rapporto, l’ambiguità, ma non volevo perdermi in insulsaggini senza senso. Volevo che ci fossero sottintesi, qualcosa di non detto tra le parole, ma ho esagerato i gesti, non senza qualche dubbio, almeno ci ho provato. Spero che ti piaccia anche la fine, qui di dialoghi ce ne sono ancora meno, non potevo inserirli senza snaturare il senso di tutto. Fammi sapere.

 jenny123 [Contatta]

 15/06/10, ore 22:38 - Capitolo 2: Ricordi: due vite, un'estate fa.

Ciao! Ti ringrazio tantissimo per la tua recensione e mi fa piacere che la storia ti piaccia e che risulti convincente e non forzata. Direi che anche tu, hai colto tutto perfettamente, quello che volevo suggerire del rapporto tra Oscar e Andrè, del sentimento sotterraneo, non dichiarabile, come dici tu. Molto spesso ci si dimentica di quanto l’educazione maschile, forse le stesse convenzioni sociali limitassero Oscar stessa. Tu la vedi benissimo; anch’io credo che Rosalie abbia una sorta di infatuazione per Oscar e nel manga è molto più evidente che nell’anime. Ma io non ho voluto calcare troppo la mano su questo. E perché Rosalie non si sia infatuata di Andrè… beh, non lo so, ma forse è meglio così… in fondo è stata Oscar ad accoglierla, quindi lei s’invaghisce della sua benefattrice, il che ha un suo senso…  sarebbe però una teoria interessante: Oscar potrebbe diventare gelosa di Rosalie oppure no? A parte queste mie cavolate, spero che questo finale ti soddisfi. Fammi sapere.

 Tetide [Contatta]

 15/06/10, ore 22:12 - Capitolo 2: Ricordi: due vite, un'estate fa.

Grazie davvero tanto per la tua recensione, mi fa sempre molto piacere. Sono contenta che ti piaccia questa mia Rosalie un po’ diversa (non troppo, in fondo) e mi piace che tu abbia apprezzato anche Jeanne, un personaggio comunque affascinante per come ci viene presentato nell’anime. Un personaggio che io mi sento di comprendere e che preferisco alla contessa di Polignac, ad esempio, che è solo un’intrigante per me. Che ne pensi di questo finale? Spero ti piaccia. Ne approfitto per rispondere alla tua mail: ho iniziato a lavorare sul capitolo nuovo di ‘Carlisle’. Ora che ho finito questa storia, potrò concentrarmi meglio su quello, ma dovrai avere ancora un po’ di pazienza, sono solo all’inizio. Alla prossima.

 crissi [Contatta]

 14/06/10, ore 20:01 - Capitolo 2: Ricordi: due vite, un'estate fa.

Ciao! Grazie anche a te. Sei una delle mie autrici preferite e mi fa piacere ricevere una tua recensione. Cercherò di rispondere a tutte le tue domande. Sì, io credo che Oscar un po’ paura di scoprire la verità l’avesse. Io credo che lei potesse intuire qualcosa, ma riconoscere la verità di certe cose, è un altro paio di maniche, e lei non si è mai sentita pronta a mettere in discussione tutta la vita, per rovinare un rapporto comunque bellissimo e che lei non voleva perdere. "il sapore di un angelo sulle mie labbra…” - "Sei il mio custode, Andrè…”

Supponi giusto. Con questa frase io faccio riferimento a una scena precisa del manga, (non so se lo hai letto) dove Andrè, dopo la scazzottata nel locale a Parigi, praticamente bacia una Oscar semincoscente, che pare accorgersi di qualcosa. Anche per questa scena io ho spesso supposto che Oscar sapesse la verità sui sentimenti di Andrè. O almeno, li avesse intuiti. Spero che questo finale ti piaccia, fammi sapere.

 Shirin [Contatta]

 14/06/10, ore 18:04 - Capitolo 2: Ricordi: due vite, un'estate fa.

Anche tu hai colto tutto molto bene. Io ho tentato di mettere l’accento su di un amore presente, ma nascosto ai più, qualcosa che Rosalie ha potuto intuire, quasi vedere. E dici bene che neppure Oscar poteva uscire da certi schemi dell’epoca; non si potrebbe amare il proprio servo, non è legittimo, anche se lui ha diviso la sua vita con te, anche se c’è un legame profondo che lega le due persone. Sonno davvero contenta che questa storia ti piaccia e spero che ti piaccia anche questo finale. Fammi sapere, ciao.

 baby80 [Contatta]

 14/06/10, ore 17:57 - Capitolo 2: Ricordi: due vite, un'estate fa.

Semplicemente meravigliosa la tua recensione. Ti ringrazio infinitamente.

Mi piacerebbe sapere chi è lo scrittore di cui parli, magari piace anche a me.

Forse questo ultimo capitolo, lo troverai meno intenso, per ovvie ragioni, ma non potevo fare diversamente, per cercare di mantenere una coerenza con la storia e il vissuto di Rosalie.

Non so se è davvero merito mio, ma tu sei un’ottima lettrice se hai saputo cogliere tutte queste cose “non dette” che volevo trasmettere. In realtà il sentimento che lega questi due, noi tendiamo più a immaginarlo, ma anche a me piace pensare che fosse così, sotterraneo, nascosto, ma pronto a esplodere, come lo è di fatto per Andrè.

Non so quando tornerò ancora a scrivere su Lady Oscar, non escludo che lo farò, ma dovrai attendere. Grazie ancora per le tue parole e spero di avere il tuo parere su quest’ultimo capitolo.

 patrizialasorella [Contatta]

 14/06/10, ore 16:41 - Capitolo 2: Ricordi: due vite, un'estate fa.

Sono contenta che la storia ti sia piaciuta e che tu abbia apprezzato i dialoghi. Ma non farti mai problemi a dirmi quello che credi su un qualsiasi personaggio. Non è che Jeanne sia uno dei miei personaggi preferiti, ma trovo che per quanto sia negativa, abbia il fascino tipico delle anime nere delle storie. Per questo mi piace per come è stata sviluppata, non per quello che fa: è complessa, contorta e non facile. È la versione più negativa di Oscar. Ho cercato di riscattarla, di dare un senso alle sue azioni, perché preferisco sicuramente lei a un personaggio detestabile e “falso” come la contessa di Polignac, e perché comunque ha un legame con Rosalie che ha il suo peso.

Per il discorso sulla felicità, vale quello che ho già detto ad Arte: nella vita ci sono momenti diversi e si vivono felicità diverse, perché le persone cambiano, e Rosalie sicuramente cambia negli anni. Ma credo che certe situazioni particolarmente serene non possano tornare spesso.

Dimmi se ti piace il finale e non farti problemi. Alla prossima.

 pry [Contatta]

 14/06/10, ore 13:57 - Capitolo 2: Ricordi: due vite, un'estate fa.

Oramai ho capito i tuoi gusti, ma in una storia come questa ci voleva anche un po’ di romanticismo per non farla andare tutta in tragedia. Altrimenti, sai che tristezza?!!

Già così, per qualcuno potrebbe essere deprimente.

Il bellissimo devi leggerlo in chiave un po’ scherzosa: avranno avuto dei momenti d’ilarità, no? A parte certe parti, spero che ti piaccia questo finale. Fammi sapere, ciao.

 Heart of Rose [Contatta]

 14/06/10, ore 13:19 - Capitolo 2: Ricordi: due vite, un'estate fa.

Grazie anche a te. Capisco che non ti piaccia Jeanne, ma come ho già detto, io ho cercato di trovare un senso alle sue azioni, che non giustifico assolutamente, sia ben chiaro, ma che ho tentato di leggere sotto l’ottica di una donna che cerca una rivalsa alla vita miserabile che ha sempre fatto.

Per quanto riguarda le sensazioni che Rosalie ha nei confronti del rapporto tra Oscar e André, io ho pensato che lei abbia potuto notare qualcosa che esisteva ed era latente, nascosto alla maggior parte delle persone.  Per quanto riguarda la scena della fontana, anch’io mi sono chiesta se non fosse eccessiva, ma dovevo suggerire una specie di intimità tra loro, una libertà che normalmente non hanno, ma che lontano da Versailles avrebbero potuto prendersi. Ho pensato a una possibile reazione di Andrè che perde la pazienza come non fa mai, e sono riuscita a pensare solo alla scena dello strappo. Andrè non si arrabbia mai, ma quando lo fa, perde ogni freno. Spero di averti chiarito un po’ le idee, o comunque come sono arrivata a concepire quell’azione. Comunque, grazie per il tuo commento e se ti va, dimmi ancora cosa pensi di questo finale. Ciao.

 Beatrix_ [Contatta]

 14/06/10, ore 13:13 - Capitolo 2: Ricordi: due vite, un'estate fa.

Grazie anche a te per le tue parole, che ho davvero apprezzato.

Rosalie personaggio scomodo. Sì, probabilmente lo è, per molte di noi.

E forse hai ragione anche sulla questione della presunta intimità tra Oscar e Andrè. Cioè è più immaginata che reale. Ma è dall’immaginazione che nascono le ff, quindi… anch’io ho dovuto immaginare tutto il non detto, il non visto tra loro.

Spero che ti sia piaciuto anche questo finale. Alla prossima.

 fighterdory [Contatta]

 14/06/10, ore 12:57 - Capitolo 2: Ricordi: due vite, un'estate fa.

Ti ringrazio tantissimo per il tuo bellissimo commento. Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto e spero che ti piaccia altrettanto anche quest’ultimo, anche se risulterà più triste per l’inevitabile conclusione. Ho cercato di far vedere l’affetto profondo, che è poi un'altra sfumatura dell’amore che univa Oscar e Andrè, al di là delle convenzioni sociali che li separavano. Mi sono sforzata di rendere meno piagnona Rosalie, spero di esserci riuscita. Attendo il tuo commento e grazie ancora. Sei sempre gentilissima.

 

 

 



[1] Non sono sicura di averlo scritto correttamente. Perdonatemi, ma non conosco il francese, io l’ho trovato scritto così su Wikipedia. Se qualcuno lo sa, mi corregga.

   
 
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