CAPITOLO UNO
Non so perché attendessi la gita, o,
per usare un termine tecnico, il viaggio d’istruzione, con così tanto
entusiasmo. Probabilmente mi sentivo così eccitata all’idea di partire perché
era la gita di quinta, quella che sarebbe stata destinata a diventare una
leggenda, per la nostra classe; quella che mi sarei portata per sempre nel
cuore anche negli anni a venire e al cui ricordo avrei riso con i miei compagni,
in occasione di future ed improbabili rimpatriate.
Forse non stavo più nella pelle perché
la meta di quel viaggio era Parigi, città in cui non ero mai stata e che avevo
sempre desiderato visitare. Quale occasione migliore di quella, quindi?
Presumibilmente, però, in quella gita
vedevo inconsciamente un’occasione per avvicinarmi a Marcello, che era
l’accompagnatore della nostra classe. Perché no, dopotutto? Avremmo passato sei
giorni in un contesto del tutto diverso da quello scolastico, senza
valutazioni, verifiche ed interrogazioni, né campanelle a scandire le lezioni.
Non mi facevo troppe illusioni, però. Non
pensavo certo di dichiarargli il mio amore o di supplicarlo in ginocchio di
concedermi un’opportunità, durante la gita. Nulla di tutto questo. Avevo una
dignità, dopotutto.
Semplicemente volevo avvicinarmi a lui
come amica, per quanto il rapporto professore-alunna mi permettesse. Mi rendevo
conto da sola che era un’idea molto stupida, ma ero troppo accecata da quella
mia cotta per darvi peso. Volevo tentare il tutto per tutto.
- Ehi, Dani, sei ancora su questo
pianeta? – mi chiese Alessia, seduta di fianco a me sul treno.
Io distolsi lo sguardo dal finestrino
ed annuii distrattamente. Ero ancora un po’ assonnata, dato che quel lunedì
mattina eravamo partiti molto presto, per poter essere a Parigi nel primo
pomeriggio.
- Non si direbbe, sai? – mi rimbeccò
lei, con un sorriso canzonatorio.
- Perché? – domandai, sulla difensiva.
- Beh, Bassi è appena passato per
andare in bagno e te lo sei persa. – mi rispose Alessia, con noncuranza.
- Cosa? – esclamai, delusa. Avevo perso
un’occasione per poter ammirare il magnifico fondoschiena di Marcello, che sotto
questo punto di vista era fortemente venerato dalle mie compagne. Non per
niente si era guadagnato il soprannome di ‘Marcello-Culo-Bello’. Ogni volta che
in classe si alzava dalla cattedra e ci dava le spalle per scrivere qualcosa
alla lavagna, difatti, l’attenzione della popolazione femminile della mia
classe, me stessa in primis, raggiungeva l’apice, mentre i maschi roteavano gli
occhi, disgustati.
Sbuffai, sprofondando nel sedile per il
disappunto.
– Ragiona, su. – mi incitò Greta,
seduta di fronte a me. - Non starà certo in bagno in eterno, no?
Mi diedi della stupida per non averci
pensato prima. Mi misi nuovamente composta e attesi il ritorno di Marcello al
proprio sedile, godendomi la visuale. Mi rifeci gli occhi, ma con una punta di
amarezza. Avevo sempre saputo che non sarebbe mai stato mio, fin dal giorno in cui l’avevo
visto per la prima volta.
Lo ricordavo bene; a Giugno il nostro
professore di storia e filosofia era andato in pensione, così la sede era
rimasta vacante fino alla fine di Settembre, quando finalmente era arrivato
Marcello, al suo primo incarico da insegnante.
Non appena aveva varcato la soglia
della nostra classe, avevo pensato che era davvero carino e avevo iniziato a
contemplarlo con aria trasognata, ma non vi avevo dato troppo peso. In quel
periodo stavo infatti insieme a Valerio, e quindi ero molto concentrata su di
lui; paragonavo la cotta per Marcello a quelle che avevo per i miei attori
preferiti.
Tuttavia quando a fine Novembre Valerio
mi aveva lasciata, con la scusa che era confuso e che voleva starsene un po’ da
solo, avevo iniziato a guardare il mio professore con occhi diversi, forse per
reazione alla batosta ricevuta. Continuavo però a ripetermi di stare con i
piedi per terra, mi ponevo quei paletti che il suo essere professore mi
intimava di collocare e cercavo di non farmi troppe illusioni: per lui ero
un’alunna come tutti gli altri, e così sarebbe rimasto, che la cosa mi piacesse
o meno.
I primi due giorni trascorsero tutto
sommato in modo abbastanza tranquillo, tra visite a musei e monumenti,
spostamenti in metropolitana e pranzi dove capitava. Ogni sera eravamo esausti,
ma ciò non ci impediva di stare alzati fino a tardi, tutti riuniti in un’unica
camera.
L’hotel in cui alloggiavamo non era
male, considerato il fatto che eravamo in gita scolastica, con trattamento a
mezza pensione. Non era certo in centro città, ma distava due minuti di cammino
da una stazione della metropolitana.
Le camere erano da tre, ed io ero con
Alessia e Greta.
Le stanze del resto dei nostri compagni
e dei componenti delle altre due classi, tra cui malauguratamente figurava
anche Valerio, erano sullo stesso piano della nostra, mentre quelle dei
professori erano situate in fondo al corridoio, purtroppo, dato che ogni sera si
trasformavano in carabinieri, per accertarsi che fossimo al sicuro nelle nostre
camere. Noi, però, eravamo più furbi e riuscivamo sempre ad eludere la loro
sorveglianza. Era cosa risaputa, d’altronde, che in gita si dormisse ben poco e
si passasse la notte in bianco a parlare, giocare a carte, mangiucchiare
schifezze e divertirsi.
I professori potevano farci ben poco, a
riguardo. Potevano fare i sorveglianti quanto volevano, ma noi eravamo più
forti di loro, che prima o poi crollavano a letto esausti, e a quel punto noi
agivamo.
Tra i quattro professori
accompagnatori, solo Marcello non faceva il controllore. Ci raccomandava
soltanto di non fare troppo rumore, altrimenti i responsabili dell’hotel
avrebbero preso seri provvedimenti, dopodiché si ritirava nella propria stanza,
probabilmente a leggere un libro o più semplicemente a dormire, dato che la tv
trasmetteva solo canali francesi. Qualche mio compagno gli aveva chiesto se
voleva unirsi a noi, ma lui aveva gentilmente declinato l’offerta.
- Verrei volentieri, ma devo mantenere
almeno un minimo di serietà con i miei colleghi... – diceva ogni volta, a metà
tra il coscienzioso e il divertito, provocando in me dispiacere. In quelle
parole vedevo infatti non solo un rifiuto alla proposta dei miei compagni, ma
un’ulteriore riprova del fatto che lui fosse totalmente irraggiungibile, e che
avrei fatto bene a guardarmi intorno alla ricerca di qualcun altro.
Ovunque mi girassi, però, continuavo ad
incrociare Valerio, e la cosa mi dava enormemente fastidio. Non gli rivolgevo
più la parola fin dal giorno in cui mi aveva lasciato. Dopo averlo ricoperto di
insulti mi ero allontanata da lui in lacrime, e da allora avevo ignorato ogni
suo tentativo di riavvicinarsi a me. Nei messaggi che mi mandava, infatti, c’era
scritto che gli mancavo e che aveva bisogno di me, ma come amica. In quel momento
diceva di aver bisogno di qualcuno che gli stesse vicino, non di una ragazza. Per
quello che mi riguardava, poteva benissimo andare al diavolo e volgersi altrove
per cercare conforto. Tra tutti gli amici che aveva, possibile che avesse
bisogno proprio di me, la sua ex-ragazza?
Lì a Parigi, poi, continuava a
guardarmi con quell’espressione da cucciolo affranto capace di intenerire le
mie amiche, che avevano sempre nutrito una gran stima per lui, ma non me. Era stato
lui a lasciarmi, dopotutto. Doveva assumersi le conseguenze della sua azione. Io
avevo sofferto, e non avevo intenzione di stare di nuovo male per causa sua,
visto che si definiva ‘confuso’.
Io avevo voltato pagina, in un certo
senso. Certo, non nel migliore dei modi, ma lo avevo fatto. C’era Marcello nei
miei pensieri, ora. Peccato, però, che sarebbe rimasto solo e soltanto lì. E che
dovessi mandarlo via a forza dalla mia mente.
Forse era davvero il momento che mi
lasciassi alle spalle quella stupida cotta, ed era quello che stavo tentando di
fare. Quei primi due giorni di gita mi erano serviti a capirlo, ora si trattava
solo di mettere in pratica. Non era facile, ma nemmeno un’impresa impossibile.
Non sapevo, però, che il terzo giorno
si sarebbero rimescolate le carte in tavola.
Note dell’autrice
La mia vena ispiratrice ha preso il
sopravvento. Sto infatti rivedendo ed ampliando questa storia, per la sfortuna
di voi lettori… xD
Per il concorso infatti vi era un
limite di lunghezza, e dunque avevo dovuto ridurre di molto la storia che mi
era venuta in mente. Ora, però, questa sta tornando a fare capolino nei miei
pensieri, così, per quanto mi sarà possibile, ho deciso di ampliarla e di
conformarla a quello che era il progetto originale.
Spero che vi faccia piacere^^
Fatemi sapere il vostro parere,
comunque, così se qualcosa non va cercherò di migliorare…
Passiamo ora ai ringraziamenti:
EmoGirl91:
Grazie dei complimenti e degli incoraggiamenti! =) Comunque ti sarà facile
capire perché non ho avuto successo… Il concorso a cui ho inviato questa storia
era niente popò di meno che il Premio Campiello… Oltre a me, avranno
partecipato persone sicuramente molto più brave di me, per cui pazienza. Almeno
ci ho provato^^ Spero che continuerai a seguirmi e che questo capitolo ti sia
piaciuto… Baci, Pikky91
Fataflor:
Anche io come te adoro gli amori impossibili… Per questo cerco di cimentarmi nella
scrittura di essi, e questi sono i risultati… xD Ti ringrazio per la recensione
e per i complimenti, spero che continuerai a seguirmi…^^ Baci, Pikky91