La Dannazione del Diamante
Non c'è che dire. Ero proprio un'adolescente con idee
strane... e totalmente stupide.
Sai cosa desideravo più di ogni altra cosa?
Diventare una creatura della notte,
si... hai capito no? Un...Un..un vampiro.
Scusa se rido,
non posso farci niente. Il suono di quella parola mi crea ancora, dopo tanto tempo, una sorta di
nostalgiche lacrime e allegro disprezzo...
Volevo diventare un demone, con tutta la forza che avevo in corpo... con tutta me stessa.
Volevo essere... come definire quel sentimento?
Onnipotente.
Certo, io, Eleonoire Lacroix, volevo essere onnipotente.
Qualcosa che
potesse comandare ed elevarsi sopra i comuni mortali.
~
Speravo il bene, ma m'incolse il male, aspettai la luce - ma venne il buio.
Le mie viscere si agitano senza posa
mi vengono incontro giorni di miseria.
In vesti di lutto m'aggiro senza sole, mi alzo fra la turba e grido.
Fratello son diventato agli sciacalli,
e compagno agli struzzi.
La mia pelle annerita mi si stacca, e le mie ossa bruciano dall'arsura
E' diventata lutto la mia cetra; e il mio flauto la voce dei piangenti.
-Giobbe 30: 26-31
~
Che sciocca...
Potevo
pensare ad una dea? No, io pensavo ai demoni... ero attratta dal male.
Mi
comportavo come se lo conoscessi... il male...
Come se ne dipendessi e l'avessi baciato...
Ma io potevo sapere? Potevo sapere cosa si prova mentre ci si spegne nella morte?
Cosa significa non poter sfiorare più un raggio di sole?
Potevo sapere...che cos'era...la schiavitù del... sangue?
Adesso mi trovo qui, seduta sullo stesso muretto di quando
sognavo l'eternità.
In questa città così grande, in questo punto, cresceva forse il male primordiale?
Mi fa schifo definirlo in questo modo...
Ma altre parole... credo di non riuscire a trovarle...
Dopotutto è così che sono stata definita...
il male primordiale...
Mi trovavo ad appena due metri da lei, appoggiata al parapetto
del ponte.
Cercavo di non guardarla, spaziando con lo sguardo verso il celo.
L'idea che fossi lì... vicino a quel...
vampiro.
Era così eccitante e nello stesso tempo irreale, che avrei potuto urlare da un momento all'altro.
La paura, quella mi diceva di essere cauta. La mia vita era in gioco quella sera...
Un passo incauto sarebbe bastato per mettere fine
alla mia esistenza, dovevo pensare.
Se solo questo secolo avesse conosciuto davvero
quello che ero un tempo, forse avreste optato per distruggermi con qualsiasi mezzo.
Invece adesso... vivo in una leggenda metropolitana.
I cacciatori di Vampiri scarseggiano, poichè oramai
la ragione ha ucciso la credenza nel soprannaturale.
Bè, intendiamoci, non è che quest'ultimo fatto mi dia proprio tutto questo dispiacere.
Ma un tempo, quando nelle sere d'estate
l'aria della notte era viva e soffiava sul grano...
E ti trovavi le nuove reclute dei cacciatori davanti, che dicevano "Demonio arrenditi o morirari con dolore"
Piccoli fiori decisi e
sicuri della propria potenza.
Con quel viso candido e liscio.
Poi rivedere quegli stessi occhi nei loro corpi dissanguati.
Trattenni per un attimo il respiro, poi cautamente mi rilassai
tanto bastava per muovermi.
Sorrideva nostalgica, ma per quanto mi sforzassi non trovavo niente di divertente in quello che diceva
Era umida quella notte.
Un'umida e fredda notte di novembre.
Portava un leggerissimo vestito di raso nero, sotto il mantello scuro.
Probabilmente era insensibile al freddo, io sarei morta congelata
Continuavo ad osservarla senza che lei alzasse mai lo sguardo su di me, eppure lo sapevo.
Sapevo che registrava ogni battito irregolare del mio cuore, che mi controllava.
Era in ogni punto e mi cingeva con braccia potenti, non m'avrebbe lasciato andare, lo sapevo.
Ascoltavo il suo racconto ormai persa nella sua storia.
Un'affascinante e tristissima storia.
Ascoltavo quelle sue parole,
appena velate da un tono di...non saprei come definirlo...
che si volesse discolpare?
No... stiamo parlando di un vampiro.
Non credo che riescano a provare sentimenti...
Eppure me ne stavo ferma, ad ascoltare. Catturata da quegli occhi neri.
Si mosse, allungò il braccio sopra la testa e slegò i suoi capelli incatenati
nella morsa di una treccia.
L'acqua scorreva placida sotto di noi.
E come cascata i capelli corvini le incorniciarono il viso, bagnavano le spalle,
arrivavano alla schiena,
diventando tuttuno con il mantello.
Scusa, non volevo spaventarti.
Si era accorta delle mie guance appena sbiancate.
Accennò
un leggero sorriso, ma nulla aveva
di un sorriso umano.
Era ricolmo di qualcosa che
non potevo comprendere.
Un dolore e una tristezza così lontani, così palpabili.
Tentai anche io un sorriso.
Senza alcun successo.
Tu, ti chiederai perchè ti sto raccontando tutto questo...
Ma veramente, non lo so nemmeno io.
Forse sto cercando di prendere tempo.
Ma adesso basta...
Posso parlarti sinceramente?
L'unica cosa che riuscii a fare era annuire.
Qualcosa nel suo tono improvvisamente dolce mi aveva spaventata
Io devo ucciderti.
~
Non recidere, forbice, quel volto Non recidere,forbice,quel volto, Un freddo cala ... Duro il colpo svetta. -Eugenio Montale "Le occasioni" |