Storie originali > Soprannaturale > Vampiri
Segui la storia  |       
Autore: LetShizueGo    20/07/2010    1 recensioni
Sono felice della mia nuova vita.
Devo molto a colui che mi ha creata, chiunque esso sia, anche se mi ha abbandonata...
Non faccio fatica ad uccidere. Perchè dovrei reprimere il mio essere?
Il tempo mi ha plasmato, la fatica ed il dolore sono i miei maestri, ma il sentimento è la mia forza.
Nulla mi può ostacolare, nemmeno un eventuale
DIO [Ripresa per illuminazione divina xD || Stato REVISIONE capitoli 0/5]
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Elisabeth 7

 Al mondo non c'è coraggio e non c'è paura, ci sono solo coscienza e incoscienza. La coscienza è paura, l'incoscienza è coraggio.


Vienna, 1700


Piove qui a Vienna, il sole ha smesso di sorgere per tutti, non solo per i vampiri. Anche se, per alcuni di noi, il sole sorge ancora. Sono i cosiddetti "figli dell'oro" e non se ne trovano molti in giro. Io e mio fratello siamo fra questi.
Non mi piace il sole, sinceramente. Invece Lucas lo adora, ama soprattutto l'alba, esce spesso a vederla.
In quel momento invece eravamo entrambi nel suo studio, stavamo leggendo un quotidiano, un articolo di prima pagina: "Morta dopo l'ingresso in società". Raccontava di una ragazza, Mary Jane Black, trovata morta dopo il suo ballo di debutto in società, la morte era misteriosa, più o meno.: decapitata e la gola dilaniata, come se non bastasse che le avevano tagliato la testa. E questa non era la prima... era la parente più vicina al nostro ramo genealogico.
-Non è possibile Jared, dobbiamo fare qualcosa, subito!- disse Lucas sottovoce, con tono minaccioso, in modo che solo io potessi sentirlo.
-Lo so Lucas, ma cosa?- risposi. Avevamo un'idea su chi fosse la causa di tutto questo ma non osavo pensarci, mi faceva troppo male. Possibile che Elisabeth potesse fare ciò? L'immagine scarlatta del suo viso perfetto mi attraversò la mente facendomi salire la nausea.. quel viso pallido coperto di liquido caldo, color rubino, così tanto bramato, con gli occhi  verdi illuminati da un sinistro bagliore, un sorriso malvagio e beffardo deformava la sua bocca delicata.. Scacciai quell'immagine dalla mia mente prima che di venirne sopraffatto.
-Prima di tutto, scoprire chi è e dov'è, in parte però sappiamo già la risposta- continuò Lucas, moderando il suo tono, ora che si stava calmando mentre esponeva le sue domande, le sue risposte e i suoi eventuali piani, ammesso sempre che ne avesse, non era mica sicuro che ci avesse già pensato, bisognava agire con molta cautela affinchè i nostri nomi non apparissero neanche per sbaglio o avremmo dovuto dare troppe spiegazioni per non far venire dei dubbi.
Noi avevamo sempre mantenuto i contatti con la nostra vera famiglia, via lettere e anche con qualche visita durante l'anno, non avevamo alcun problema a farci vedere. La nostra famiglia infatti tramandava la nostra storia di padre in figlio, non chiedetemi perchè, li faceva sentir speciali, comunque sapevano che eravamo vampiri, ma per loro non era importante cosa fossimo, per loro eravamo parte della famiglia, ci volevano bene.. e non perchè eravamo affascinanti o ricchi o principi da rispettare.
Noi ci eravamo affezionati a loro. E qualcuno ce li stava portando via uno dopo l'altro. Non potevo davvero accettare che la causa di tutto ciò fosse realmente lei, lei che aveva perso la sua famiglia, che dopo secoli ancora faceva trasparire il suo dolore se qualcuno ne evocava il ricordo che cercava di sopprimere.
Ma forse mi aggrappavo a tutte queste scuse perchè sentivo per lei un sentimento che non voleva accettare la realtà dei fatti: la sua vendetta era iniziata.
Lucas si avvicinò, sedendosi di fianco a me e stingendomi una mano affettuosamente.
-Lo so che non lo accetterai mai Jared, ma è la verità, devi aprirli quei tuoi occhi ghiacciati!- disse con un sussurro comprensivo, osservandomi quasi preoccupato... o forse pienamente preoccupato, non riuscivo a decifrargli le emozioni che esprimeva il più delle volte.
Sorrisi triste mentre continuavo a fissare la finestra e la pioggia che scendeva imparziale, cieca, che non provava pietà per quei poveri barboni malati che sotto la pioggia dormivano, trovando sulla loro strada la morte senza compassione.
Avevo paura di alzare gli occhi, di guardare mio fratello e di fargli vedere il mio dissidio interiore, la mia lotta fra la verità e il ritratto che mi ero fatto di Elisabeth.. l'avevo idealizzata troppo, pensavo che solo perchè aveva sofferto non avrebbe fatto soffrire, quando il più delle volte il dolore rende crudeli e privi di cuore. Elisabeth era fra quelli che il dolore aveva reso di pietra, senza più un'emozione che smuovesse quell'anima priva di vita.
In ogni caso di fronte a mio fratello mi sentivo fin troppo scoperto, sembrava che lui leggesse ogni mia occhiata, ogni mia espressione, mi capiva come se riuscisse a leggermi nel pensiero. Non per nulla però era mio fratello maggiore.
-Mi piacerebbe solo che la verità fosse diversa! Ma non posso ignorare che succede qui- asserii con un sospiro. Sarà tutto diverso d'ora in avanti, dovevo iniziare a fare i conti con la realtà, qualsiasi essa fosse, dovevo fare una scelta e quella era la mia famiglia.
-Dobbiamo trovarla- continuai voltandomi e fissando mio fratello.
-Non sarà difficile Jad-
 

* * *  

Parigi, 1700


-Dannazione, non è possibile!- esclamò Elisabeth con il volto distorto da una rabbia crescente, che la divorava da dentro, che le faceva perdere qualsiasi autocontrollo,  una rabbia a cui è impossibile resistere. La rabbia che nasce dal dolore e dalla sconfitta. *
Rosalie si trovava a passare quando sentì l'esclamazione dura e quasi urlata della sua padrona, perchè si comportava così se non ne aveva motivo? Poi proprio lei che ci teneva così tanto alla disciplina e alla tranquillità, era sempre così pacifica e sorridente.. 
Preoccupata entrò nella stanza senza bussare, facendo capolino dalla porta bianca, osservando la dama come non l'aveva mai vista. In quell'abito turchese sembrava un angelo omicida, con i biondi riccioli che ricadevano scomposti sulle spalle, ciocche che uscivano dall'acconciatura che li legava sul capo.
-Mademoiselle, serve qualco...-
-Fuori di qui! SUBITO!- urlò la donna dagli occhi lampeggianti, voltandosi verso la povera cameriera che si ritirò con ancora più dubbi e preoccupazioni di prima.
-Non è possibile... NON PUO' ESSERE POSSIBILE!- urlò appena la porta si richiuse. Non voleva credere a quel che le si presentava davanti, non poteva davvero crederci.. Lei, Elisabeth, stava cadendo verso il fondo, ma non vedeva il modo di risalire e ritornare sulla vetta del monte. Doveva riuscirci!
Le mani che stringevano uno degli animali di cristallo che ornavano le sue mensole, quelle mani lo stringevano troppo forte per non scalfirlo. Una nuova ondata di furore irrazionale la investì e soffocando un urlo scaraventò il piccolo e fragile oggetto verso lo specchio che si trovava all'angolo della stanza, infrangendo anche quello e, da un solo cielo azzurro, ora quei frammenti d'argento e vetro riflettevano decine di nuvole tutte uguali che viaggiavano contemporaneamente verso una direzione comune.
Forse è meglio calmarmi un po'
Aprì la porta con un po' troppa forza per non farla sbattere più volte senza che si chiudesse ma non se ne curò, proseguendo verso le scale e scendendo di sotto, nella sala vicina all'ingresso, decorata da tappezzeria chiara, per illuminare la stanza rettangolare, piena di scaffali e occupata da un bellissimo pianoforte bianco e lucido, che regnava sovrano in quella stanza dalle mille sfaccettature di luce.
Elisabeth entrò lentamente, e altrettanto lentamente si sedette di fronte al pianoforte, osservandolo e accarezzando i tasti bianchi e neri, color avorio e onice,  e posando le sue mani sulla tastiera iniziò a suonare una delle melodie che conosceva meglio, che più riuscivano a rilassarla, che più la calmavano, perchè riusciva ad entrare all'interno delle note, assorbendo quella calma che la musica voleva trasmettere. Lasciava che le mani corressero sui tasti in una veloce corsa alle note, creando ritmi furiosi o tranquilli, lenti o veloci, seguendo l'andamento del suo umore, evitando di pensare a qualcosa di diverso dalla musica.
Iniziò a riversare tutte le sue emozioni, soprattutto tutte le sue paure, ammesso che ne avesse, nelle dita così che mutassero quei sentimenti in quella passione che guida la melodia. Perché per lei la musica era quello, uno sfogo dell'anima, così come lo era il disegno e la pittura, perché non vi è mai mente razionale che potrà interpretare ciò che il musicista esprime attraverso le sue note.
Fu interrotta dopo un po' da una Rosalie timorosa e titubante, con gli occhi scuri bassi e il capo chino che però ogni tanto si alzava a guardare quella ragazza perfetta che sedeva al piano suonando della musica perfetta.
-Cosa c'è- asserì Elisa senza voltarsi e senza smettere di suonare, il tono calmo e pacifico, come lei voleva che fosse sempre.
-Ehm... un certo Cavendish chiede di voi mademoiselle-
-Fatelo entrare- le ordinò inespressiva alla cameriera, senza smuoversi dalla sua occupazione e senza distrarsi ulteriormente. Chiuse gli occhi e un ricordo le occupò la mente sgombra... un vicolo di Londra molto tempo prima, la luna piena che le sfiorava la pelle diafana e un ragazzo che le sistemava le ultime ciocche che fuoriuscivano dallo chignon, un ragazzo dai capelli ramati e gli occhi cioccolato, vestito di velluto scuro...
-Sempre bravissima- commentò ironica una voce tenorile alle sue spalle, mentre l'uomo si avvicinava alla ragazza sedendosi di fianco a lei sullo sgabello di fronte il piano. 
-Sempre il solito idiota- commentò lei noncurante del giovane che le stava accanto.
-E anche sempre il solito malizioso- ribattè lui  sfiorandole il collo con la mano fredda e baciandoglielo dolcemente ma senza passione. Gli erano mancati quei baci all'inizio come gli era mancata la sua presenza, il suo voler aver ragione, i suoi racconti e i suoi propositi di vendetta verso quel signore sgarbato o quel depravato ubriaco e drogato. Era parte di lei e forse era la cosa più affascinante di quella donna così dannatamente bella.. il non sapere mai cosa le passasse per la testa.
Lei si staccò velocemente, smettendo di suonare, alzandosi e andando alla finestra, osservando quel che succedeva fuori da quelle mura così estese che la separavano dalla vita che si svolgeva indifferente vicino a lei. Era fuggita da quel ragazzo, letteralmente, cosa che non avrebbe mai pensato di fare. Il ricordo riaffiorò di nuovo ed un brivido le percorse la schiena mentre pensava che per quanto tempo potesse passare le passioni si affievoliscono ma non muoiono, l'aveva provato con il principe austriaco ed ora quelle lontane passioni riaffioravano.. e tutto con un semplicissimo contatto delle sue labbra con la sua pelle!
-Cosa sei venuto a fare Daniel?- chiese poi voltandosi e accennando ad un sorriso. Non gli dispiaceva in fondo che era venuto, qualunque motivo fosse.
-Volevo vederti, mi trovo a Parigi per affari ed ho saputo che eri qui e, sinceramente, mi mancavi, Londra non è la stessa con te, sai?- commentò lui avvicinandosi alla ragazza che lo aveva stregato molti anni prima. No, non era la stessa, non lo era più stata.
Le prese una mano e la baciò come per salutarla, ancora non lo aveva fatto infatti, e la riaccompagnò lungo il suo fianco. Sentiva quei gesti di costume cos' freddi per loro, sapeva che non avevano significato con un passato come il loro alle spalle, ma non gli importava se poteva sfiorarla. Anzi si azzardò a cingerle la sottile vita con le sue braccia vestite di seta e cotone. Lei non gli sfuggì come voleva fare, ma rimase lì a fissarlo atona, celando dentro di sè quei sentimenti che sentiva riaffiorare dal suo cuore privo di vita.. Perchè dicevano che il cuore è la sede dell'anima? Il suo era morto eppure un'anima viveva nel suo corpo, dannata, certo, ma pur sempre un'anima no?
-Affari, affari, quando mai non parli di affari? In ogni caso Londra sarà migliore senza di me- 
-Non è vero.. o forse sì, in ogni caso, come stai?-
-Vorrei stare meglio. Hai letto il giornale Daniel?- chiese lei e senza aspettare una risposta si spostò verso un divanetto poco lontano e gli lanciò un giornale austriaco con scritto in tedesco "Morta dopo l'ingresso in società". 
-E' questa la causa del tuo malumore?- chiese il giovane rosso mentre sul suo viso si dipingeva un'espressione spaesata, senza capire subito. Ma poi ricollegò, mentre ricordava una discussione avuta con la giovane donna molti anni prima.. mentre gli raccontava com'era stata trasformata in una vampira, e la sua unica lettera recente, quella dove gli diceva delle sue ultime scoperte.
-Ha a che fare con il tipo viennese?- chiese nuovamente con tono duro, pretendendo una risposta.
-Sì, qualcuno mi sta rubando il lavoro e non lo tollero!- sbottò la ragazza voltandosi verso Daniel e un fuggevole lampo d'isteria le riattraversò gli occhi smeraldini.
-Troverai un modo per vendicarti se lo vuoi davvero-
-Ho un motivo in più per farlo ora che c'è qualcuno che mi limita il lavoro- iniziò per poi fermarsi un attimo, -ho intenzione di tornare a Londra- concluse poggiandosi al tavolino che le stava dietro.
-Ah sì e perche?!- esclamò il giovane sbigottito.. perchè a Londraa, di nuovo?
-Voglio incontrare Lucille, nulla mi fa pensare che i Black non siano convinti che sia io l'omicida, e quanto vorrei che fosse vero!- rispose lei semplicemente e concludendo la frase con un leggero sospiro. Conosceva i due fratelli, sapeva che gli aveva dato modo ad entrambi di sospettare di lei e sapeva che loro l'avrebbero fermata ad ogni costo.. voleva vedere la ragazzina prima di finire in un rogo, ammesso che ci sarebbe finita ovviamente!
-Sei sicura di esser pronta?- chiese lui avvicinandosi e posandole una mano sulla  spalla piccola e delicata.
-Sì, in fondo non corro rischi-
-Se non quello che lei di detesti per ciò che hai deciso di fare- l'ammonì affettuoso. Aveva paura per lei, le era troppo affezionato.
-Correrò il rischio, per ora devo capire se i Black mi cercano o meno-  commentò lei iniziando a pensare a come avrebbero potuto agire i due principi a cui i mezzi per indagare non mancavano affatto, disponendo della polizia reale a loro piacimento.
-Ehm.. a proposito.. sono a Parigi- si azzardò a sussurrare il giovane. Era per quello che era andato alla fin dei conti, per avvertirla che erano lì, ed ora sapeva anche il motivo della loro visita.
-Ed ora me lo dici?!- esclamò lei scattando. Perfetto, erano vicini, troppo vicini, e troppo velocemente per i suoi calcoli, e il solo modo per sfuggirne decentemente era fuggire, il metodo più brutto che potesse sfruttare, il più deplorevole, ma le toccava, doveva incontrare Lucille prima di Jared, prima che la scoprisse, era troppo importante per lei quella ragazzina, voleva vederla, parlarle, averne un'alleata. Con lei avrebbe avuto i Black in pugno.
-Dan, dobbiamo correre a Londra, subito- disse correndo di sopra a fare le valige. Daniel Cavendish uscì senza proferir parola a preparare i suoi bagagli.

* * *

-Sì monsieur?- chiese una donna che ci aprì la gran porta scura della villa. Se fossi stato umani il cuore mi sarebbe battuto forte per le emozioni che mi stavano affratevrsando. Rabbia, gioia, delusione, attesa. Presto avrei rivisto quegli occhi verdi che mi avevano fatto impazzire in dalla prima volta che li avevoi visti, avrei rivisto quei aurei capelli che sembravano appartenere ad una Venere e invece di toccarli, di accarezzarli, avrei dovuto farli diventare scarlatti. Avrei dovuto fare quel che non avevo fatto secoli prima.. Uccidere Elisabeth de Roches.
-Vorrei parlare con miss de Roches- disse Lucas deciso al mio fianco, con una voce fin troppo persuasiva.
-Oh mi dispiace ma Mademoiselle è partita con Sir Cavendish e non so quando tornerà- rispose la donna voltandoci le spalle e rientrando in casa, chiudendo la porta dietro di sé.
-Chi è questo Sir?!- esclamai facendomi prendere dalla gelosia, che fosse una fuga amorosa la sua? Mi venne la nausea al solo pensiero.
-Non ne ho idea... ci è sfuggita- replicò mio fratello a denti stretti e accompagnando le parole con un gesto poco signorile.

* * *

Una mano pallida e scarlatta disegnava ghirigori rubino sul muro castano della cattedrale di Notre Dame, decorando di peccato la soglia immacolata della casa di Dio. Rise al solo pensiero mentre sistemava i corpi di due persone, un uomo e una donna molto più piccola di lui. Scrisse i loro nomi sul loro petto e una R come firma, era andata oltre ma avrebbe vinto questa partita a scacchi contro i due principi, avrebbe avuto la sua vendetta!

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Vampiri / Vai alla pagina dell'autore: LetShizueGo