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Autore: vivvinasme    05/08/2010    2 recensioni
Fanfiction liberamente ispirata a 'Canterbury Tales' di Geoffrey Chaucer.
[L’oste ricordava ogni particolare di quella notte di dieci anni prima, quando un ragazzo biondo fece capolino nella sua vita senza neanche bussare, o meglio, facendolo molto rumorosamente, e cambiando tutto, in un battito di ciglia.]
Dedicata a tutte le autrici che mi hanno fatto battere il cuore.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Konohamaru, Nuovo Personaggio, Sakura Haruno | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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Disclaimer: I personaggi citati in questa fanfiction sono tutti maggiorenni e appartengono quasi tutti a Masashi Kishimoto. Questa storia, inoltre, non ha fini di lucro. Il personaggio di Harry Bailly, come l'ambientazione e la taverna appartengono a Geoffrey Chaucer e alla sua opera 'The Canterbury Tales'.







“Listen to my story.
This may be our last chance…”*
 
 

“Ed anche oggi il dì volge al termine …” Sussurrò sospirando Harry Bailly, osservando allontanarsi l’ultimo cliente della giornata, che fu presto cinto dai raggi rossastri del sole ormai calante.

Era veramente un bel tramonto, di quelli che si ha la fortuna di rimirare solamente poche volte durante tutto l’arco della propria vita, di quelli davanti a cui si tenta di parlare, di dire qualcosa di profondo, e, dopo vani tentativi, si finisce per rimanere inesorabilmente in silenzio.

Silenzio che in quel momento opprimeva il povero Harry, incapace di dire nulla che potesse vagamente competere con la bellezza delle nuvole, che somigliavano tanto a soffici batuffoli di cotone rosa, contornate da mille e più luci che, prepotenti ma fragili, le attraversavano creando tanti piccoli fasci luminosi. Le colline che da sempre contornavano la piccola cittadina di Southwark sembravano quasi tinte delle più calde tonalità di rosso e giallo, così da rendere quel paesaggio ancora più idilliaco.

L’oste Harry si voltò, dando le spalle a ciò che pochi secondi prima l’aveva lasciato senza parole, per posare lo sguardo sulla sua unica ragione di vita, la sua amata locanda. << The Hungry Lion >>; così recitava orgogliosa l’insegna di legno dipinta in stile gotico a caratteri d’oro, che troneggiava sul piccolo ma curato edificio.

Dalla giovane età di venti anni, Harry aveva dato la sua vita a quella locanda, unica eredità ricevuta dal padre, portandola dallo stato fatiscente e pericolante in cui l’aveva ricevuta, alla rinomata taverna che si trovava davanti; in effetti, dovette ammettere con se stesso, aveva fatto davvero un buon lavoro: realizzata in legno e mattoni, la costruzione contava ben due piani, sovrastati da un tetto in stile Inglese.

All’entrata, una pesante porta in legno massiccio divideva il piccolo giardino dal piano terra, che era interamente occupato dai numerosi tavoli e dal lungo bancone; ma ciò di cui Harry andava più fiero erano le decorazioni, che lui stesso, fabbro dilettante, aveva realizzato in ferro battuto: difatti, se si osservava la taverna con più attenzione, era possibile notare i numerosi ghirigori che fungevano da porta vaso, o addirittura da sostegno per la pesante insegna, anch’essa vanto dell’oste.

 

Ma quel luogo, nonostante sembrasse un semplice punto di sosta e ristoro, era protagonista di una tradizione millenaria, che, esula dallo stato dell’edificio in sé, perdurava da molteplici ere storiche, e di cui Harry era pienamente consapevole. Infatti, era proprio da quella locanda che, durante tutto l’anno, gruppi di pellegrini partivano per un lungo viaggio a piedi fino alla cattedrale di Canterbury, per rendere omaggio al Santo Thomas Becket; la loro maggioranza era spinta da motivazioni religiose, e da una forte fede nella Chiesa, ma vi erano anche alcuni fanatici che accorrevano da ogni dove per godere delle specialità che la locanda offriva. Nulla a che vedere con cibi o bevande. La tradizione in realtà voleva che i pellegrini narrassero al resto del gruppo in tutto quattro storie, due durante il viaggio d’andata, e due al ritorno, per poi giungere al << The Hungry Lion >> e scambiarsi i loro racconti, inventandone di nuovi, in un ciclo che si ripeteva da secoli, le cui uniche variazioni erano gli argomenti trattati.

L’oste sorrise, al ricordo della folla di pellegrini che quotidianamente riempiva il piano inferiore della locanda, mentre suo padre era così indaffarato dietro al bancone da non riuscire a pensare ad altro che non fossero i suoi amati clienti. Infatti lasciava che un Harry di appena cinque anni trotterellasse allegro intorno ai tavoli, fermandosi di tanto in tanto per ascoltare le numerose storie che ogni pellegrino soleva raccontare, e ricreando nella sua mente di bambino un mondo tutto suo, in cui prendevano vita i tanti personaggi protagonisti dei racconti a lui più graditi.

“Quei tempi” disse Harry in un soffio “Sono ormai andati”.

Quell’anno, il 2000, che per tutto il mondo era segno di modernità e progresso perché inizio del nuovo millennio, l’oste avrebbe varcato la soglia dei 60 anni, che sentiva gravare uno per uno sulle sue spalle. In sessanta anni ne aveva conosciute di persone, e poteva liberamente affermare di conoscere la storia di ognuna di esse, avendo ascoltato con attenzione ogni loro racconto. Ma doveva con rammarico ammettere che, con l’avvento del nuovo millennio, con la presenza sempre più diffusa delle moderne tecnologie di cui nessuno ormai sembrava poter fare a meno, e con la corruzione che pian piano dilagava nel complesso organo che ormai era diventata la Chiesa, di pellegrini e viaggiatori ce ne erano sempre meno. Forse perché quel puro e casto legame che esisteva tra Chiesa e credenti, o, più semplicemente, tra uomo e natura, era andato sempre più indebolendosi, sostituito dalla supremazia di uno sull’altro.

 

Un soffio di vento freddo investì Harry, che reprimendo un leggero tremore si strinse i vestiti e cominciò ad incamminarsi per entrare nella sua locanda, pregustando già la morbidezza che solo il suo letto, al piano di sopra, poteva offrirgli.  Varcata la soglia dell’entrata, si guardò attorno, in cerca di qualcuno, finché i suoi occhi scuri non trovarono ciò che volevano; i pochi viaggiatori che di tanto in tanto si fermavano per dormire in quel luogo, di solito non soggiornavano per più di una notte, spinti dal desiderio di percorrere la strada fino a Canterbury come tanti prima di loro. Solo uno, che Harry ne avesse memoria, aveva soggiornato nella locanda per un periodo più lungo. Sulla figura che ora, dormiente, giaceva scomposta sul tavolo più logoro della taverna, si basavano molte leggende, la maggior parte inventate di sana pianta da qualche pellegrino curioso, tra cui alcune così assurde che quando, avvicinandosi ai tavoli per servire i clienti, Harry ne sentiva parlare, non poteva fare a meno di scoppiare a ridere. Si diceva ad esempio che fosse figlio di un Dio ai più sconosciuto, o addirittura che non dormisse mai, sebbene quest’ultima fosse ampiamente smentita dallo spettacolo che l’oste si trovava davanti ora; forse quella che più si avvicinava alla verità, era che non avesse propriamente origini inglesi.

Infatti, quando faceva mostra di sé, dal cappuccio del lungo soprabito marrone che portava sempre, faceva capolino una chioma bionda come il frumento, ornata da qualche filo bianco qua e là, e il volto, dalla carnagione color biscotto, era sempre illuminato da due occhi di un azzurro abbagliante, che avevano il potere di incantare il pubblico, ma, ciò che rendeva dubbia la sua provenienza era il taglio degli occhi, tipicamente orientale.

Naruto Uzumaki, questo era il suo nome, aveva padre Londinese e madre Giapponese, di Tokyo. Nato a Londra, quando aveva appena otto anni dovette subire la tragica perdita di entrambi i genitori, spenti in un incidente stradale violentissimo. Successivamente, fu affidato alla famiglia della madre, Kushina, proprio a Tokyo.  Secondo le conoscenze di Harry, visse in Giappone sino ai 19 anni, quando si trasferì nuovamente in Inghilterra per ragioni a lui ignote, e vagò per quasi tre mesi fino alla burrascosa notte in cui giunse al << The Hungry Lion >>. L’oste ricordava ogni particolare di quella notte di dieci anni prima.

 

*****

 

<< Un bagliore in lontananza, seguito poco dopo da un rombo di tuono, presagì a Harry l’imminente arrivo di un violento temporale. Il sole era da poco sparito dietro le montagne, e il << The Hungry Lion >> era ormai vuoto, i pellegrini partiti per il loro viaggio e l’oste disteso sul suo morbido letto.

Era il 25 luglio del 1990, e quell’anno l’estate sembrava giocare a nascondino con gli abitanti di Southwark, portando con sé piogge a non finire.

“Non sopporto più la pioggia, mi rende così triste …” Con questo strano pensiero in mente Harry si voltò tra le coperte e si lasciò andare a quello che lui credeva sarebbe stato un lungo sonno ristoratore. Mai si era sbagliato più di cosi.

Il rumore della pioggia, che intanto aveva iniziato a cadere sempre più fitta, ferendo il terreno, riempiva i sogni di Harry, che però sembrava rilassato da quel continuo ticchettio sul tetto, e da quei colpi sempre più violenti alla porta ... No, decisamente tutto quel trambusto ebbe l’effetto contrario, facendo svegliare l’oste di soprassalto. Maledicendo chiunque avesse l’ardire di disturbarlo nel bel mezzo della notte, scese rumorosamente le scale sino ad arrivare davanti alla porta e sperare che la sua voce che urlava “Chi è?” sovrastasse il prepotente rumore dei tuoni. Evidentemente sì, perché riuscì a udire una flebile voce maschile: “La prego, mi faccia entrare …”. Quello che colpì Harry fu il tono implorante, quasi disperato, con cui era stata pronunciata la frase, quasi come se l’entrare nella locanda fosse l’ultima speranza dell’ignoto viaggiatore fuori dalla porta.

Dopo un attimo di esitazione, Harry decise di far entrare l’uomo, d’altronde la sua natura buona ed altruista gli impediva di lasciarlo fuori, chiunque egli fosse, in balia della pioggia e dei lampi, che quella notte avrebbero potuto rappresentare un serio pericolo per chiunque fosse uscito di casa.

Non fece neanche in tempo ad aprire la porta, che vide sfrecciare ad una velocità quasi disumana una figura non ben definita verso la stufetta all’angolo, in cui bruciavano ancora gli ultimi residui di legna da ardere.

Appena riuscì a mettere a fuoco il suo ospite, grazie alla debole luce emanata dai tizzoni ardenti, rimase basito, perché non era altro che un ragazzo, molto diverso dagli anziani pellegrini che frequentavano la locanda.

La prima cosa che riuscì a pensare, notando i suoi vestiti sgualciti e fradici, le innumerevoli chiazze di sporco che decoravano il suo volto e i suoi capelli biondi, e le profonde occhiaie che gli circondavano gli occhi azzurri, era che doveva essere in viaggio da molto tempo.

Senza dire una parola, corse al piano di sopra e tornò dal povero ragazzo, che ora tremava, porgendogli dei vestiti puliti, un asciugamano e conducendolo al bagno per permettergli di lavarsi e cambiarsi. Dopo quelle che a Harry parvero ore, sentì il biondino avvicinarsi con passo titubante al bancone, probabilmente in cerca di cibo; si diede dello stupido mentalmente per non averci pensato, quel ragazzo sembrava avere un estremo bisogno di mangiare, così rimediò alla sua dimenticanza porgendogli un panino al prosciutto, che lui non esitò a divorare con fare quasi animalesco, ed un bicchiere di latte, che mandò giù in un sol sorso.

Finito il suo pasto, fece per alzarsi, per poi voltarsi verso Harry, guardarlo dritto negli occhi e sussurrare: “Grazie, grazie mille, non avevo mai incontrato nessuno tanto gentile! Io mi chiamo Naruto Uzumaki, e mi scusi se sono piombato qui nel bel mezzo della notte, ma pioveva e -” Harry fu sconvolto dal fiume di parole che aveva cominciato ad uscire dalla bocca di quel ragazzo, ma ancora di più lo fu dal sorriso enorme che gli continuava a rivolgere mentre parlava; sembrava che la persona debole e sconvolta di pochi minuti prima fosse scomparsa, lasciando il posto ad un’altra allegra e sorridente.

“Naruto, non preoccuparti, ora sei mio ospite, ed è mio compito aiutarti. Nei limiti delle mie possibilità, s’intende. Comunque, piacere, io mi chiamo Harry Bailly e sono l’oste di questa locanda, come avrai già capito.”

A quelle parole, Naruto s'illuminò in un sorriso, se possibile, ancora più largo, e corse ad abbracciare Harry, che per un attimo rimase impietrito dalla sorpresa, per poi ricambiare anche lui quella stretta che sapeva di nostalgia ed affetto.

“Ora, non per farmi gli affari miei, ma cosa ti ha portato qui, nel bel mezzo della notte? A quanto pare tu non sei un pellegrino, non sembri neanche inglese …” Harry non era una persona invadente o eccessivamente curiosa, ma sentiva di voler conoscere il passato di un individuo misterioso come quello che aveva davanti in quel momento, che, appena ebbe finito di parlare, aggrottò le sopracciglia confuso.

“Io, un pellegrino? Ma stiamo scherzando?! Queste sono cose di secoli fa, chi vorrebbe ancora essere un pellegrino?!” Naruto, scoprì in quel momento Harry, aveva l’odiosa abitudine di urlare quando parlava, e di sbracciarsi come un matto, tanto che inavvertitamente urtò con la mano un vaso di fiori, che cadde a terra e si frantumò in mille pezzi, rovesciando il contenuto dappertutto. Nel chiedere, o meglio, nell’urlare scusa, il ragazzo indietreggiò, inciampando su una panca, per poi finire scompostamente con il fondoschiena sul pavimento. Quando il ragazzo sembrò essersi accorto di aver combinato un disastro nel giro di pochi minuti, il sorriso che ancora era stampato sul suo viso dai lineamenti ancora adolescenti sparì, sostituito da un’espressione triste e addolorata. Harry, accortosi della vistosa curva all’ingiù che aveva preso la sua bocca, si stupì di come Naruto riuscisse a cambiare completamente stato d’animo in poco tempo, ma non riuscì subito a dispiacersi per lui osservando la stanza nella sua interezza, ormai in preda al disordine.

Quando però spostò lo sguardo sulla figura ancora a terra di Naruto, che intanto si era raggomitolato e, scosso da singhiozzi silenziosi, tremava dondolando avanti e indietro, qualcosa dentro di lui si mosse, e si abbassò per circondarlo in un abbraccio caldo, di quelli che solo un genitore sa dare al proprio figlio. Harry sapeva bene come trattare i ragazzi, anche lui era stato padre, fino a qualche anno prima, quando il suo Ronald era stato spento da un tumore incurabile al cervello; da quel giorno, l’oste aveva cercato di tenersi occupato tutto il giorno con il lavoro da svolgere nella locanda, per non rischiare di cadere in depressione, e ci era riuscito, fino a quando non aveva visto Naruto. Dovette ammetterlo, quel ragazzo gli ricordava terribilmente suo figlio, e, per quanto cercasse di resistere e di mostrarsi forte, questo lo feriva.

“Naruto …” la voce di Harry spezzò il silenzio teso che era andato creandosi tra i due: “Se … se ti va di parlarne, intendo, del perché sei qui, io posso ascoltarti, sono abituato ad ascoltare …”

Il ragazzo alzò il volto e guardò il suo interlocutore, le iridi rese ancora più azzurre dal velo di lacrime che le ricopriva, e tentò di parlare, ma nulla sembrava uscire dalle sue labbra rosee. Harry lo vide chiudere gli occhi, inspirare profondamente e asciugarsi le lacrime che adornavano il bel viso, anche se qualcuna gli sfuggì, trovando la fuga oltre il mento.

“Signor Bailly …” esordì Naruto con voce debole ma decisa.

“Chiamami pure Harry.”

“Va … bene. Harry, posso chiederti un enorme favore?” Naruto sembrava aver paura a parlare, ma il suo tono implorante e la tristezza malcelata nei suoi occhi convinsero Harry prima di tutto, il quale era sicuro che avrebbe accettato, qualsiasi cosa Naruto avesse chiesto.

“Dimmi, Naruto.”

“Io, io lo so che può sembrare strano, e soprattutto scortese, d’altronde sono appena arrivato qua, e tu sei già stato gentilissimo ad offrirmi da mangiare, ma, potrei … potrei rimanere qui per il resto della notte? Ho paura a tornare fuori.”

In quel momento, anche se entrambi ne erano ignari, si era formato tra i due un legame speciale, che non si sarebbe mai spezzato. Infatti, Naruto sarebbe rimasto per ben più di una notte. >>

 

 

 

Spazio di Vivvi:

Ciao a tutti, molti di voi mi conosceranno, sono Vivvinasme, l'assidua recensitrice che da quasi due mesi a questa parte sta intasando la sezione di Naruto ^^ Comunque, questa è la prima fanfic che ho il coraggio di pubblicare, se devo essere sincera, ne ho scritte davvero tante, ma tutte sono rimaste incompiute e ora marciscono nel mio adorato pc. Questa è l'unica per cui ho avuto e ancora ho l'ispirazione, quella vera, per cui rimani tutto il giorno a scrivere. In effetti, l'idea per questa fanfic l'ho presa, come ho detto prima, da Canterbury Tales, un poema che mi ha assilato tanto durante il terzo anno di liceo da rimanere nella mia mente perennemente -.-" Comunque, nonostante tutto mi è piaciuto e questi sono i frutti (spero graditi).

Altro punto di ispirazione per la fanfic, è una storia molto piu complicata di quella prima citata, piu poetica, a volte anche rude, dolorosa ma dolce, cioè la mia vita. Infatti, nei prossimi capitoli ciò di cui si narrerà sarà, in modo molto romanzato, la mia vita da due anni a questa parte, che vorrei condividere con voi.

Soffermiamoci un poco sul perchè voglio condividere ciò che solo poche persone fidatissime sanno di me; da quando mi sono registrata su EFP ho letto tante ma tante storie, incontrando tanti di quegli autori che se ci penso mi confondo. Ma ognuno di questi mi ha saputo trasmettere, con le sue parole, qualcosa di irripetibile, ognuno mi ha lasciato un pezzo di se, che ora si trova nel mio cuore...

Vorrei lasciare anche io un angolino di me a voi lettori, sebbene già so che sarete pochi, ma vorrei che ognuno di voi estrapolasse da quello che scrivo il suo personale significato, che può essere positivo, ben venga, o negativo, e lo tenga dentro di sè custodendolo gelosamente, perchè la scrittura e la lettura sono i modi più genuini e puri di apprendere le cose, e di comunicare tra di noi, quindi vi chiedo, sebbene sia una richiesta molto egoistica, di ritagliare un pochino del vostro tempo per leggere quello che io stessa voglio comunicarvi, e che per ogni persona assumerà una sfumatura diversa.

Vi chiedo scusa, inoltre, se ho commesso qualche errore, ma sfortunatamente non ho una beta reader, ho fatto tutto da sola, potevo contare solo sul controllo grammatica di Word (che a volte, anzi, quasi sempre, fa degli strafalcioni assurdi -.-").

Infine, dato che mi sto dilungando troppo e i vostri occhi saranno già provati dalla noiosità di questo prologo, quindi non vorrei stancarvi ulteriormente (XD), voglio citare le persone che mi hanno fatto avvicinare, anche se non lo sanno, al mondo della scrittura, e che mi hanno spinta con le loro parole a pubblicare questa fanfic. Ragazze, vi cito per ultime, non perchè non siate importanti, ma perchè siete l'essenza di questa storia, e da voi ho tratto i miei personali insegnamenti, che mi hanno permesso di arrivare fin qui.

A Moonlightriver, che con la sua 'Ren's season' mi ha commossa,

A Lovy Chan, che mi ha stregata con 'Il Cantico Dei Drogati',

A DarkRose86, che mi ha fatto tremare con 'The Owl',

A Lirin Chan, che mi ha tenuta ore incollata allo schermo con 'Cold Hell',

A Rekichan, a cui deve andare un ringraziamento speciale per le giornate nere in cui riuscivo a risollevarmi solo grazie alle sue innumerevoli storie, una più bella dell'altra. Rekichan, non smetterò mai di dire che hai un talento mostruoso, grazie per aver scritto, tra le tante, 'Confessioni di Un Normale Ragazzo Omosessuale', è una delle storie più belle che abbia mai letto, ed è una di quelle che mi ha spinta a pubblicare la mia, sebbene non arrivi mai ai tuoi livelli.

A Sarhita, lei che è cosi simile a me, lei che, con 'Inspiration' e 'Arigatou...', mi ha fatto passare tante ore felici a leggere le sue bellissime parole. Lei è una delle mie autrici preferite, lei è riuscita a farmi scrivere dei papiri assurdi come recensioni, lei è persino riuscita a farmi piangere e tremare mentre scrivevo, è riuscita indirettamente a spronarmi a fare di più, a lavorare giorno e notte incessantemente su questa fanfiction, fino a pubblicarla, nella speranza che magari ci butti l'occhio e la legga, e mi lasci una recensione, come io ho fatto tante volte con lei. Lei è Sarhita, è bravissima e la ringrazio per tutto quello che ha fatto.

E infine, la più importante, Chartraux. 'Memories', questo è il nome della prima storia che ho letto, questo è il nome di quel capolavoro, non ancora finito, da cui ho tratto tutto, su cui ho pianto, riso, amato, odiato. Vorrei dirti grazie, Chartraux, ma sento che non è abbastanza. Perchè quello che mi hai trasmesso con Memories, è qualcosa di incommensurabile, io posso solo sognare di mandare qualcosa del genere ai pochi intraprendenti che leggeranno la mia storia, e posso solo sognare di arrivare a scrivere come te. I personaggi della tua storia, la sua trama, sono stati oggetto dei miei sogni per tante di quelle notti, pensavo così tanto a come sarebbe potuta andare a finire che mi ritrovavo a sognarlo (pensa come sono messa XD), e per questo voglio dirti grazie, sarai sempre nel mio cuore, le tue parole sempre nella mia mente. Grazie, Chartraux.

 

Voglio ringraziare ancora una volta tutte voi, e tutti gli altri autori che ho avuto la fortuna di incontrare durante le mie innumerevoli letture, e specifico che non conosco personalmente nessuno di loro, quindi se vi dispiace che vi abbia citati nella mia fanfic comunicatemelo, e provvederò a rimuovervi.

Quello che spero, pubblicando la storia, è di ottenere un pizzico della soddisfazione che voi autrici provate quando noi lettrici recensiamo, e mi piacerebbe tanto ricevere delle recensioni delle stelle della classifica dei 20 recensori (di cui sono quinta u.u), come Ryanforever, che è sempre prima di me e che ritrovo sempre quando commento una storia.

Spero che il prologo vi sia piaciuto comunque, non so dirvi precisamente quando aggiornerò, non sto molto a casa ultimamente, perchè sono stata male per tre mesi e devo recuperare tutto ciò che non ho potuto fare in quel periodo. Scusatemi se dovessi aggiornare tardi, e perdonatemi se il primo capitolo è noioso, vi prometto che i prossimi saranno bellissimi >.< (certo come no asd)

Bhè, non mi resta che dirvi, alla prossima! Vivvi.

*Tidus-Final Fantasy X


   
 
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