Extra n° 1
Alice
La
mia irritazione era al culmine. Non mi ero mai sentita così
umiliata in vita
mia. Per di più da Jasper. Lacrime di delusione e rabbia
cercavano in tutti i
modi di traboccare dai miei occhi, ma non glielo permisi. La
dignità era l’unica
cosa che mi era rimasta in quel momento.
La
nostra discussione ancora continuava a risuonarmi nelle orecchie, come
se la stessi
rivivendo per la centesima volta.
Edward era sdraiato sul
letto. Il suo respiro era profondo e regolare, il petto
che si muoveva sinuosamente su e giù.
Ricordavo che quando ero
una bambina mi divertivo ad accudirlo come se fosse stato il mio
fratellino più
piccolo, sebbene fosse indietro di un anno soltanto. Avevo cercato di
proteggerlo. Ma non ce l’avevo fatta. Lo avevo avvertito che
quella ragazza era
ben lontana dalle apparenze… e quell’arpia gli
aveva fregato i soldi, la
dignità, l’anima intera…
Era stato un mese
pauroso, denso di sospetti e di paure.
Avevo paura
più che mai
di perderlo. Era stato una tortura, vedere Edward così
impotente, così insicuro
e triste… tutto per quella schifosa puttana, che non aveva
mai meritato appieno
il suo amore…
Era mio cugino, ma solo
di formalità. Lui era qualcosa di più profondo,
un fratello. Se prima lo amavo
sopra ogni altra cosa, ora era secondo solo a Jasper.
Jasper aveva dovuto
sopportare
tanto quel mese e non potevo che ringraziarlo. Ormai mi ero
praticamente
trasferita da Edward, facevo i salti mortali per andare al lavoro e
cucinargli.
Mia mamma veniva lì solo per ramazzargli la casa, io per
tenergli compagnia.
Per un’intera settimana avevo visto Jasper solo alla sera.
Sospirai, socchiudendo la
porta della stanza.
Jasper era seduto sul
divano, le braccia ostilmente incrociate sul petto muscoloso. Mi
accasciai al
suo fianco, accoccolandomi al suo fisico longilineo. Ero stanchissima,
quella
giornata avevo fatto davvero di tutto.
“Dorme?”,
chiese. Mi
irrigidii. C’era qualcosa di meccanico e rigido nella sua
postura, nella sua
voce profonda. Mi spaventò non poco.
Decisi di fare finta di
niente, così annuii. “Si, poverino… sta
avendo un momento proprio difficile”
“Da un
mese”, concluse
lui, cinico.
Lo guardai, curiosa.
“Ti
senti bene?”, domandai, timorosa.
“No, per
niente”
Sospesi il respiro.
“Qual
è il problema?”, dissi dopo un paio di secondi.
Sciolse la sua posa
statica.
I suoi magnifici celesti mi trafissero
infuriati, facendomi sobbalzare. Non mi aveva mai guardata
così, se non
per gioco. E questa volta non era un gioco.
“Quale vuoi che sia il problema?”
Mi accigliai.
“Se magari
me lo dicessi…”
“Non
saprei… forse che tu
hai una casa e un moroso che pretende un po’ di attenzioni
dopotutto…”
Strinsi le labbra.
“Cosa
vorresti dire?”
Contrasse la mascella.
“Alice,
non è possibile…”
Sbuffai, avendo capito.
“Smettila, Jazz!”
“Un mese,
Alice, un
mese!”, sussurrò, livido di collera.
Perché non
capiva? “È
come un fratello per me!”
Non mi
ascoltò. “Un mese
che non facciamo l’amore, che non stai a casa un attimo,
tutto solo perché la
moglie lo ha lasciato…”
“Non posso
abbandonarlo
nel momento del bisogno…”
“Beh, non
c’è nemmeno
bisogno che gli stai dietro come a un bambino! Ha venticinque anni, se
la
caverà da solo!”
Non potevo credere a
ciò
che stavo udendo. La mia mente strava lavorando, frenetica e impazzita
per il
sovraccarico di informazioni. No, Jasper non l’avrebbe mai
fatto. Eppure non
potei interpretare in altro modo la sua furia. “Mi stai
dicendo di scegliere?”
Jasper si
bloccò,
inorridito. La rabbia sembrava completamente svanita. “No,
Alice, questo no…”
Balzai in piedi, furente.
“Invece si! Mi stai dicendo di scegliere, vero? O te o
Edward, dico bene?”,
urlai. Ero completamente impazzita, in piena crisi isterica.
“No…”
Scossi la testa,
incredula. E scoppiai. “Sei proprio uno stronzo, Jasper, uno
stronzo di merda!
Io ti amo, okay, ma non puoi chiedermi di scegliere tra me e la mia
famiglia.
Sai già cosa sceglierò…”
“Alice…”.
Si alzò anche
lui, sovrastandomi con la sua altezza indomabile. Mi trattenne per un
braccio,
ma lo scostai violentemente.
“Niente Alice!
Lasciami
in pace! Stronzo di merda!”.
Presi la giacca e uscii
di casa, sbattendo la porta.
Perché
aveva fatto così? Come poteva pretendere che facessi
l’amore con lui quando mio
fratello stava male? Perché si era comportato
così egoisticamente? Perché,
perché, perché…
Camminavo
velocemente per le strade di New York, sotto lo sguardo malizioso degli
stranieri e dei passanti.
Non
mi importava più un accidente di niente.
Edward
stava morendo di depressione, e io non potevo fare nulla. Non solo, ma
avevo
fallito su un altro fronte. Dannazione, io amavo Jasper alla follia, e
non ero
riuscita a renderlo felice. Ero io quella triste, quella che stava
condividendo
con Edward una brutta esperienza, non Jasper.
Ero
stata proprio una stronza.
Un
automobile si accostò al mio fianco, abbassando il
finestrino. Fantastico,
adesso mi toccava ad affrontare lo stupratore di turno.
“Al,
ti prego, sali”, urlò Jasper dal finestrino,
cogliendomi di sorpresa.
Sussultai
di gioia nel vederlo. La mia mente non faceva che suggerirmi che se lui
era
venuto a prendermi per chiarire, allora ci teneva ancora a me. Ma fu
l’orgoglio
a imporsi sulla mia espressione. Il mio sguardo si irrigidì
di brutto. “No.
Vattene”, tagliai corto, gelida.
Alzò
gli occhi al cielo. “Al, non fare la difficile,
sali”, ordinò, rigido.
“Ho
detto di no”
“Alice,
se non ti muovi…”
“Ehi,
bellezza, perché non lasci stare il biondo e vieni con
me?”, si intromise un
uomo alle mie spalle. Era basso e scuro di carnagione, lo sguardo nero
acceso
di malizia.
Jasper
ridusse gli occhi a due fessure, fulminandolo. “Ma come ti
permetti, stronzo? È
la mia donna”
L’uomo
ghignò, divertito. Si avvicinò ancora di
più a me, parandosi davanti. “Non mi
sembra che voglia venire con te. Allora vieni?”, incorse
incoraggiante.
Avevo
tanto la faccia da puttana che tutti me lo chiedevano? Jasper era
furente,
aveva già slacciato la cintura. E quell’uomo non
avrebbe di certo potuto farmi
niente. Sorrisi, sorprendendo Jasper. “Perché
no?”
Jasper
spalancò la bocca. “Alice!”,
urlò. Era pazzo di gelosia, lo si sentiva dalla
voce.
L’uomo
sogghignò. “Visto, biondo?”. Si
accostò di più a me, prendendomi un braccio.
Fu
quel minimo contatto a farlo impazzire: scese dalla macchina in un
attimo. “Porca
puttana, Alice. Sali in macchina!”, gridò,
apparentemente più un folle che una persona
lucida.
Tutti
i passanti nella via si voltarono verso di noi, confusi.
Risi,
fintamente civettuola, rivolgendomi all’uomo. Con uno
strattone mi liberai, per
poi dirgli gentile: “Magari un’altra
volta”
Aprii
la portiera, accomodandomi il più dignitosamente possibile
sul sedile. Jasper
mi imitò veloce come un fulmine. Non appena la richiusi,
partì a tutta
velocità.
“Ma
sei impazzita? Che cosa credevi di fare? Se non c’ero io cosa
facevi? Ti
prostituivi sull’autostrada?”, sbraitò,
isterico.
Sporsi
il labbro inferiore, per nulla ferita dalle sue accuse.
“Già. Oggi era il mio
turno, devo pur guadagnarmi qualcosa per vivere”, lo schernii.
“Non
dire stronzate…”
“Non
mi sembra che gli uomini mi siano indifferenti. Non facevano che
guardarmi… secondo
me avrebbero accettato in cambio di qualche soldo”, constatai.
“Gli
avrei spaccato la faccia”
“Oh,
ma guarda un po’, il giovane spaccone universitario Jasper
Whitlock sta
ritornando alla grande”
“Cazzo,
Alice, smettila!”, insorse, fuori di sé.
Aspettai
cinque secondi che si calmasse del tutto. “Davvero ti da
fastidio l’idea che io
possa andare con altri uomini?”. Adoravo quando faceva il
geloso.
“Eccome…”
“Tanto?”,
insistetti, sbattendo velocemente le ciglia.
“Senti,
Alice, tu sei mia, e non mi va che altri uomini ti guardino o facciano
pensieri
poco casti sul tuo conto”. Arrossì lievemente, un
po’ per la rabbia residua, un
po’ per la confessione imbarazzante.
Risi.
“Certo, come quel povero ragazzo
all’università che era andato in giro a dire
che avevo un bel culo e tu gli avevi dato un pugno. E pensare che non
stavamo
nemmeno insieme”
Jasper
sorrise al ricordo, lanciandomi un’occhiata. “E
l’avevo fatto passare per un
incidente”
“Già,
anche se dopo un anno ti sei confessato pietosamente”
Rise,
divertito.
“Lo
sai che non sarei mai andata con quello lì,
vero?”, mormorai dopo due secondi,
affranta.
Strinse
le sue dolci labbra piene e chiare. “Dammi una ragione per
crederti”
Inclinai
la testa verso di lui, leccandomi maliziosa le labbra. “Sono
solo la tua
puttana, troione…”
Ridacchiò,
arricciando il naso. “Anche se non mi sembra che questo mese
ti sia data tanto
da fare…”
Scossi
la testa, ritornando seria. “Avresti potuto semplicemente
dirmelo, invece di soffrire
in silenzio per un mese”
“Che
cosa?”
“Che
ti sentivi trascurato… ti avrei accontentato anche
subito”. Non mi ero mai
sentita così male. Mi ricordò la nostra prima
volta, quando ero ancora lievemente
traumatizzata per Matthew, il mio ex, sebbene avessi diciotto anni, tre
anni
prima di incontrarlo.
Jasper
sbuffò, infastidito. “Non voglio un rapporto
veloce… ti volevo semplicemente a casa”
Sapevo
cosa volesse dire. Posai una mano sulla sua, intenta a maneggiare il
volante.
Immediatamente me la strinse e la portò sulla sua coscia.
“Jazz, Edward amava
tanto Tanya… è come se tu mi avessi lasciata,
così, di punto in bianco…”,
spiegai, paziente.
“Cosa
avresti fatto?”, domandò, gettandomi una breve
controllata.
Sorrisi,
amara. Rafforzai la presa.“Mi sarei gettata dal
balcone”
Jasper
scosse la testa, concentrata sul parabrezza.
“Capisco… perdonami, amore, non
volevo”, bisbigliò. Portò il dorso
della mia mano alle sue labbra, posandovi un
lieve bacio.
Quando
sentivo le sue mani, le sue labbra su di me, provavo le stesse emozioni
che
provavo tre anni fa. Chiusi gli occhi, incantata dai dolci sensi
dell’amore. “È
come un fratello per me… come se oltre ad Emmett ci fosse
anche lui… gli voglio
bene”
“Certo”
“Quindi…
ti ho trascurato, eh?”. Ridacchiai, una leggera nota isterica
nella voce.
La
notò subito, perché si affrettò a
rassicurarmi.“Non ti infastidirò più,
Al,
promesso. Pensa a curare Edward”
“No,
no, no… stasera sai cosa facciamo?”
Si
irrigidì sul sedile. “Cosa?”
“Do
da mangiare a Edward, lo metto a letto e poi torno a
casa…”
“E…”,
mi incoraggiò lui, il respiro dolcemente affannoso.
Si
fermò al semaforo rosso. Gli presi il viso tra le mani e vi
avvicinai il mio. Gli
leccai avidamente le labbra, assaporando il suo naturale profumo.
“E sarò tutta
tua… interamente, completamente… potrai farmi
tutto quello che vuoi, potrai sfogare
tutta la tua passione trattenuta in un mese…”
“Davvero?
Ma Edward…”
“Dormirà
come un angioletto… allora? Ti ispira?”, chiesi,
fintamente languida.
Scattò
il verde e premette il piede sull’acceleratore. Era pallido.
“Eccome se mi
ispira”
“Perfetto.
Allora stasera fatti trovare nel letto, alle dieci sarò
lì. Portami a casa
adesso e mi raccomando, lavora sulle pratica del caso di questa
settimana”
“Perfetto”.
Si fermò davanti alla casa dei miei.
“Amore…
grazie”, mormorai, sincera.
Si
accigliò. “Di cosa?”
“Di
esistere”
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Dio mio, perdonatemi per
il ritardo madornale! Il tempo non mi è stato proprio amico
in questi giorni,
perso più che altro negli acquisti per la partenza.
Spero che il capitolo vi
sia piaciuto, ragazzi. Mi era parso doveroso metterlo, più
che altro per capire
fino a quanto Alice sia stata coinvolta in questa situazione. In ogni
caso…
lanciate pure verdure!XD
Il prossimo credo che
sarà l’ultimo extra, e lo posterò a
settembre. Eh, già, lunedì parto e
starò
via fino alla fine del mese (i miei cari nonnini mi
aspettano…-.-‘)!
Quindi, grazie mille alle
15 fantastiche persone che hanno recensito lo scorso capitolo e a chi
mi ha
aggiunta ai preferiti/seguiti/autori preferiti! GRAZIE!
E…
BUONE VACANZE!