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Autore: Dean Lucas    07/10/2010    4 recensioni
Ian riabbraccia Isabeau ma scopre il prezzo del perdono di Ponthieu: i ragazzi si vedono costretti a ritornare con Isabeau nel presente in cerca dell'unico manufatto che può convincere Guillaume. Nel passato, una donna mette alla luce una bambina, senza sapere che avrebbe scritto alcune delle pagine più importanti della storia di Francia. Il suo destino si intreccerà con quello di Ian, Daniel, Isabeau e Ty, tra guerre e assedi, sconfitte e vittorie e soprattutto un nuovo amore più forte di ogni cosa. E quando tutto sembrerà ormai perduto, e la vita della misteriosa ragazza e il segreto stesso di Hyperversum saranno in grave pericolo, una donna dovrà prendere la decisione forse più importante nella storia dell'umanità. Chi c'è dietro Hyperversum? I ragazzi forse l'hanno sempre saputo, ma quando arrriverà finalmente il momento di conoscere la risposta, questa li sorprenderà più ancora delle loro incredibili avventure.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ty l’aveva fatta semplice, “Il mio posto è stare vicino a Jeanne e proteggerla, tu invece, molto più di me, sai cosa devi dire, cosa devi fare… qualunque cosa tu faccia mi renderai orgoglioso di te, ora va… i tuoi uomini ti aspettano…”

Così dicendo, era salito a cavallo e affiancatosi a Jeanne aveva atteso che la ragazza ordinasse nuovamente l’attacco a Les Tourelles.

Nonostante la ferita, impugnando la spada e la bandiera bianca con raffigurato Dio benedicente il fiordaliso francese, Jeanne comandava ancora i suoi uomini dalla prima linea.

Da dov’era adesso, al riparo con tutta la cavalleria pesante dagli sguardi degli inglesi, Ian non poteva ascoltare le parole che la ragazza rivolgeva alle truppe, udì soltanto il grido che pronunciò alla fine:

“Agite e Dio agirà!”

Poi l’immenso reggimento di soldati reclutati tra il popolo  si era lanciato una seconda volta verso il castelletto. Li aveva osservati mentre avanzavano camminando per poi trasformare progressivamente il passo in una corsa leggera, urlando per darsi coraggio.

Ian scrutò la posizione dell’esercito inglese ai piedi della piazzaforte in fiamme. Tra poco il sole sarebbe tramontato, nascondendo finalmente alla vista la mattanza dei corpi straziati nella precedente battaglia e di quelli che ancora non sapevano che non avrebbero più rivisto un’alba. Con l’animo freddo e risoluto di chi sapeva di non aver nulla da perdere, volse quindi lo sguardo verso le sue truppe.

Li vide stremati, feriti, decimati dal precedente scontro, sporchi del loro stesso sangue e di quello degli uomini a cui avevano tolto la vita, ma i soldati di Chatel-Argent che potevano ancora reggersi su un cavallo erano tutti dinanzi a lui: la cavalleria pesante in prima linea e gli arcieri a cavallo nella retrovia. Cercò Daniel in mezzo agli altri cavalieri e gli rivolse un silenzioso saluto. Sapendolo nella retroguardia con gli arcieri, attenuava un poco l’apprensione, ma non gli alleggeriva la coscienza: stavano contravvenendo per l’ennesima volta al patto che i due amici avevano inutilmente stretto in passato. La sorte sembrava prendersi gioco di loro e più giuravano di tenersi lontano dal pericolo, più il pericolo infine li reclamava a sé, come se non fossero mai davvero padroni del loro destino.

Con la mano libera dalle briglie, accarezzò il collo già leggermente sudato del poderoso cavallo da guerra. L’animale nitrì e si lasciò condurre docilmente davanti allo schieramento dei cavalieri. Ancora poco e sarebbe stato scontro in campo aperto con gli inglesi e allora, in un modo o nell’altro si augurava, avrebbe potuto chiudere i conti col destino.

Non aveva più paura di morire oramai, non temeva più nulla per sé dopo quanto era accaduto, ma di una cosa aveva ancora il terrore: cadere in battaglia senza aver rivisto un’ultima volta Isabeau, morire senza sapere di averla salvata, senza conoscere se lei era ancora viva, se aveva sofferto. Se le avevano fatto del male. Ognuno di questi interrogativi era doloroso in modo intollerabile, ogni dubbio era insopportabile e l’avrebbero divorato finché fosse impazzito oppure avesse finalmente trovato le risposte che cercava.

Era più che mai consapevole che solo la battaglia imminente avrebbe placato la sua rabbia e solo il sangue di William Glasdale avrebbe estinto la sua sete di vendetta.

Daniel l’aveva affermato apertamente e Ian sapeva che non si sbagliava: il rapimento di Isabeau l’aveva cambiato per sempre: come una crisalide, quell’episodio l’aveva aiutato a rimuovere definitivamente il vecchio involucro, ma dalla muta non ne era emersa una farfalla, ma il cavaliere temibile e implacabile che era diventato. Lui apparteneva al Medioevo ormai, fino all’ultima fibra del suo essere e gli scrupoli di civiltà dell’uomo moderno erano ricordi lontani ormai parecchi secoli.

Con ancora questi pensieri che gli affollavano la mente, fece caracollare il cavallo per qualche passo, attendendo che le voci degli uomini in formazione di fronte a lui si quietassero prima di prendere la parola.

“Cavalieri, ascoltatemi…” esordì non senza una traccia di emozione nella voce e sull’adunata scese progressivamente il silenzio. “Come me, molti di voi hanno già affrontato innumerevoli volte i momenti che precedono la battaglia, chiedendosi ogni volta se sarà l’ultima…” Ian attese un istante, abbracciando con lo sguardo le centinaia di armati schierati in rassegna intorno allo stendardo del Falco d’Argento.

“Voi sapete perché siete qui, intorno a questo stendardo”, continuò, avvicinandosi e serrando con rabbia l’asta che reggeva il blasone.

“Conoscete, cavalieri, il tributo di sangue e di gloria che la Francia esige da questo esercito, più alto di quanto oserebbe mai chiedere a qualunque altro, poiché grande è la nostra fama e più grande ancora…”, urlò poi con tutto il fiato che aveva in gola, “E’ IL NOSTRO VALORE!”

Un boato fu la risposta, mentre un fremito di orgoglio percorse ogni uomo e sembrò quasi prendere vita, scintillando sulle spade sguainate in segno di saluto alle parole di Ian.

“Un giorno, forse, arriverà il momento che esausti, rotti, senza più sangue nelle vene, non avremo più la forza di combattere… Ma io vi dico, che non è oggi quel giorno!”

Allentò la presa sulle redini e con una leggera pressione delle gambe ordinò al cavallo di muoversi al passo lungo tutto il fronte dello schieramento.

 “Un giorno forse indietreggeremo dinanzi al nemico, ci lasceremo spaventare dalla morte e anzi la invocheremo. Ma ancora vi dico, che oggi… non è quel giorno!”

“Falchi d’Argento! Arriverà forse il momento in cui lasceremo indietro gli amici, abbandoneremo i  compagni e persino la speranza. Ma vi giuro…”, Ian attese un istante prima di liberare il suo grido, “che oggi non è quel giorno!”

A far da eco all’impeto di queste parole, fu stavolta il clangore dell’acciaio colpito ritmicamente dalle armi dei cavalieri: per qualche momento il cuore di ogni uomo pulsò allo stesso ritmo delle centinaia di spade e di lance contro gli scudi, un battito così assordante che Ian rimase invano in attesa che si placasse.

“E se mai arriverà il tempo”, urlò sopra quel frastuono, “in cui tutti noi saremo costretti a piegarci, in ginocchio, davanti alla corona d’Inghilterra, sappiate ancora…”, li spronò a gran voce, “che oggi non è quel giorno!!”

 “OGGI NON E’ QUEL GIORNO!!” ruggirono le milizie di Chatel-Argent, con un’unica terribile voce che fece tremare gli animi e la terra, sopra il rumoreggiare delle grida e del metallo percosso adesso senza sosta.

“No, non è oggi quel giorno”, confermò qualche tempo dopo il ragazzo e tra gli armati calò lentamente il silenzio, disturbato soltanto dallo scalpitare delle cavalcature, ancora innervosite dalle grida degli uomini.

 “Perché oggi, cavalieri, è invece il giorno che liberemo le nostre donne e i nostri fratelli! Oggi è il giorno che spezzeremo le loro catene!” Ian si concesse un solo istante per riprendere fiato. “OGGI!” tuonò infine scandendo a squarciagola ogni singola parola, “È IL GIORNO! CHE SCRIVEREMO! LA STORIA! DI FRANCIA! SIETE CON ME FALCHI D’ARGENTO?”.

 Un boato assordante di approvazione vibrò a lungo nell’aria, finché lo stesso Ian chiese ancora, con voce ormai roca:

“Siete tutti con me fino alla morte?”

“Fino alla morte!” replicarono i cavalieri in un solo boato, mentre Ian sguainava e sollevava in alto la spada, pronto a gettarsi nella furia della battaglia. In quel momento, mentre ogni uomo replicava il gesto del loro comandante, migliaia di riflessi catturati dalle lame balenarono sull’intera adunata, tingendo il metallo già intriso nel sangue con il rosso acceso del sole morente.

Ian volse rapidamente lo sguardo verso l’esercito guidato da Jeanne e Ty, per cogliere la loro posizione: era tempo di agire.

“E allora, cavalieri… per Jeanne d’Arc! Per amore della nostra terra! E nel nome di Dio… Andiamo a forgiare il nostro destino!”

Isabeau, amore mio, sto arrivando, aspettami, ti prego aspettami… fu il suo ultimo pensiero, prima di scagliarsi in avanti, verso la fortezza rischiarata dai bagliori delle fiamme che la consumavano.

 

  
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