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Autore: nick nibbio    06/11/2010    3 recensioni
Salve a tutti, chiunque siate: mi chiamo Sauron Folgore Sandtimes e mi chiamano il Lupo, ma chiamatemi semplicemente Sauron.
Questa è la storia di uno dei più importanti tra i Sun's Knights.
Un ragazzo con tanti segreti che cercherà di realizzare un sogno impossibile e porre fine alla maledizione che grava su entrambi clan dai quali discende.
Dal capitolo 8 in poi, la storia è inserta nel genere Crossover: visto che in essa si mescolano elementi di varie storie. Buona lettura a tutti voi.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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il giorno in cui nacque il mio credo

Salve a tutti. Vi presento tutto d'un fiato il racconto di un'intera giornata di questo piccolo, grande eroe. Spero che il capitolo precedente vi sia piaciuto, perchè questo ha un tono molto diverso...

Buona lettura.

I primi cinque anni della mia vita furono segnati da una profonda solitudine.
Sebbene nessuno sapesse che ero una forza portante, molti mi evitavano per ciò che era mio padre.
Si. È proprio come pensate. Senza nemmeno conoscerlo ero stato etichettato come un mostro, perché figlio di un mostro.
A causa di questo: nessuno, a parte i compagni di mia madre, si avvicinava a me.
Le persone mi vedevano con odio, i bambini mi evitavano e mi emarginavano.
Se non sono impazzito lo devo solo all’amore di mia madre che era sempre pronta a consolarmi e che mi spingeva ad andare avanti nonostante le difficoltà.

 

Ci sono così tanti episodi della mia infanzia che vorrei raccontare, ma quelli più significativi sono tre. Su di essi gira tutta la mia storia e il mio credo ed è per questo che ora li racconterò.

 

Il primo di questi avvenne quando avevo cinque anni e mezzo: ero solo un bambino eppure già ragionavo come un adulto, suscitando la sorpresa di tutti soprattutto quella di mio nonno, Yaphisan Sandtimes, il più antico dei signori del tempo.
Neanche il passato di mio nonno era stato roseo: aveva regnato come imperatore del tempo per migliaia di anni.
Poi, quando ricevette una chiamata ancora più grande e fu costretto a fare una scelta, il tempo stesso lo maledì: fu condannato a perdere le sue fattezze umane e divenne lo Spettro del Tempo, uno spirito di sabbia col volto celato da una maschera eterna che mai più lo avrebbe abbandonato e l’avrebbe obbligato ad errare in eterno nello spazio e nel tempo senza mai trovare pace.
Nonostante questo maleficio, mio nonno forzò sé stesso a starmi vicino. Mi insegnò tutte le arti della nostra famiglia e i più importanti precetti del combattimento: la spada, l’arte dei ninja, la levitazione, il corpo, la mente, lo spirito e il cuore.
Tutte queste, insieme alle sue conoscenze, furono il mio primo bagaglio che mai ho dimenticato.
Fu la sera dopo uno di questi allenamenti che capii il mio credo.

 

Prima, per, permettetemi di riassumere la giornata: a parer mio, è altrettanto determinante e poi vi dirò il resto.

Muovendomi nell’aria, stavo esercitandomi a lanciare i kunai in vari punti per centrare i bersagli.
Quella tecnica non era la mia specialità, ma non sono mai stato il tipo che si arrende facilmente e continuai ad insisterei.
Quel pomeriggio, già trenta volte avevo provato ad eseguire quei movimenti, senza riuscire a coordinarmi bene.
Ricordo ancora le testate che presi quel giorno d’Autunno in cui soffiava un vento freddo.

“Direi che per oggi può bastare Sauron” disse il nonno “Torniamo a casa, altrimenti chi la sente tua madre”.
“Per favore nonno, fammi provare un’ultima volta” gli dissi esausto “Sento che questa è la volta buona”.
“L’avrai detto almeno dieci volte oggi. L’aria si sta caricando di umidità, fra poco pioverà.
È meglio interrompere e tornare a casa per oggi: non voglio che ti prenda un raffreddore”.
“Facciamolo solo un’altra volta” insistetti “Questa volta ce la farò”.
Mio nonno sospirò ed acconsentì.

 

La pioggia aveva cominciato a scendere ed io stavo immobile in mezzo alla radura, incurante di ciò che mi circondava.
Mi concentrai, cercando di localizzare tutti i bersagli con la mente.
Poi saltai: mi capovolsi e, senza indugi, lanciai i kunai verso le varie direzioni, cercando di direzionarne alcuni per deviarne la traiettoria.
Dopo il lancio feci una capriola e atterrai sul suolo bagnato, scivolando nel fango.
“Sauron! Tutto bene?” disse mio nonno correndo allarmato.
“Tranquillo sto bene” dissi alzandomi pieno di fango.
Il nonno si fermò un attimo a guardarmi e poi scoppiò in una sonora risata.
“Che c’è da ridere” dissi imbronciato.
“Dovresti vederti Sauron, sembri il mostro di fango” disse lui.
Feci il broncio e girai la testa offeso.

“Basta ridere adesso. È meglio tornare a casa” disse lui.
“Aspetta! Devo vedere come sono andato” dissi e corsi nei punti in cui avevo lanciato i kunai.
Con mio grande rammarico, vidi che avevo fatto di nuovo cilecca: avevo centrato solo un bersaglio.
“Beh! Almeno un progresso c’è: ne hai preso uno” disse allegro il nonno.
“Capirai che risultato!” sospirai  e starnutii.
“Visto? Ti stai raffreddando. Torniamo a casa prima che ti ammali veramente. Penseremo domani a sistemare tutto”.
“Ma così i bersagli si rovineranno!” dissi “Dobbiamo raccoglierli”.
“I bersagli sono facilmente sostituibili, la tua salute no. Adesso filiamo a casa” e si incamminò.
“Va bene!” dissi sconsolato e mi incamminai dietro di lui.

 

In quel periodo abitavo in una piccola villa di campagna, costruita a mo di castello arabo all’esterno, ma dotata di ogni confort all’interno.
Mia madre stava camminando nervosamente davanti all’ingresso. Quando entrammo mi fece una bella strigliata per come mi ero ridotto.
Una volta che ebbe finito, mi disse:“Avanti tesoro, va cambiarti. Non vorrai mica presentarti così davanti ai nostri ospiti”.
“Ospiti?” feci io “Che ospiti?”
“La tua madrina e le sue amiche. Arriveranno fra breve. Quindi non farti trovare in quel modo.
Papà dovrai pulirti anche tu!” disse rivolta al nonno.

“Cosa?” fece lui “Io che c’entro? Non sono mica..”.
“Niente ma!” lo interruppe mamma “Andate subito a lavarvi altrimenti a letto senza cena”.
Quando mamma faceva in quel modo non erano ammesse repliche.
Io e il nonno ubbidimmo e andammo nella mia stanza a cambiarci.

 

“Tua madre è davvero terribile vero?” disse il nonno mentre si lavava la maschera.
“E’ tua figlia. Avrà preso dalla nonna!” dissi io.
“Le donne della famiglia sono davvero tremende!” sospirò.
Cominciai a tossire ed a starnutire ripetutamente: a quanto pare la doccia fuori programma, mischiata alla fatica di quel giorno mi avevano fatto ammalare.

Il nonno mi si avvicinò e mi tocco la fronte.
“Accidenti. Sauron scotti. Ecco cosa succede a non ascoltare il nonno quando dice di tornare a casa”.
“La testa dura è di famiglia” dissi secco “Forza andiamo a cena!” E mi incamminai, ma caddi a terra privo di sensi.

 

Mi risvegliai alcune ore dopo sdraiato nel mio letto e con un panno umido sulla fronte.
Intorno a me c’erano la mamma, il nonno, la mia madrina Luce e le signorine Marina ed Anemone che mi osservavano preoccupati.
“Devo essermi addormentato!” dissi scherzando.
“Quanto sei spiritoso!” esclamò mamma “Mi hai fatto davvero preoccupare. Per fortuna che Luce è venuta in anticipo e ti ha dato un’occhiata. Per qualche giorno dovrai restare a letto”.
“No!” mi lamentai “Devo completare i miei allenamenti”.
“Smettila di lagnarti monello!” mi riprese la signorina Marina “Dovresti essere contento di poter restare a letto a non far niente. È il desiderio di tutti i bambini”.
“Di tutti i bambini che stanno bene, non di quelli che hanno la febbre” ribattei.
“Vedi di riprenderti in fretta allora” disse lei.
“Tanto guarisco in fretta!” dissi sconsolato.
“Buon per te, no? Ma adesso sei alla nostra mercé” disse lei mentre si avvicinava al mio letto con sguardo maniacale.

“No!” dissi tirandomi le coperte addosso “Niente pizzicotti, niente solletico. Non sono un bambino”.
“Questo lo dici tu piccolino” e cominciò a solleticarmi da sopra le coperte, facendomi scoppiare dalle risate.

Era abitudine degli amici della mamma farmi quegli scherzetti e lo facevano in modo del tutto naturale.
“Ehi Marina. Smettila di solleticarlo” la interruppe la signorina Anemone “Altrimenti non mi lasci nulla”.

 

Come ho detto, è abitudine.

 

Le due ragazze mi solleticarono sotto lo sguardo divertito di mamma del nonno e di Luce.
Alla fine venne mia madre che, sollevate le coperte con il classico “Cucù” mi tirò le guance e mi baciò la fronte, facendomi arrossire.
Mi sono sempre vergognato a farmi baciare in pubblico da mia madre, cosa naturale per tutti credo. Ma con amici tutto è permesso, penso.

 

Dopo di lei fu il turno di Luce, la quale si sedette sul mio letto e mi accarezzò i capelli.
Il suo tocco gentile: era la cosa che più preferivo.
Quella donna era sempre amorevole con me: mi faceva credere di poter fare qualsiasi cosa: bastava il semplice sentimento per curare un qualsiasi dolore. Era questo il suo credo.

 

“Allora Sauron: come sono andati gli allenamenti?” mi chiese.
“Uno schifo!” dissi io.
“Agli inizi è sempre così. Tutto cambia quando trovi la tua consapevolezza”.
“Come quella che trovò Nick, il nostro grande eroe?” chiesi io mettendomi a sedere.
“Esatto. Proprio come lui” disse con un sorriso.
“Ti prego. Raccontami la sua storia. È la mia preferita”.
“Ehi!” intervenne mamma “Sai che ore sono?  A quest’ora dovresti dormire. Se vuoi riprenderti devi riposarti”.
“Si, ma non mi stancherei mai di sentirla” dissi io.
“Tu no. Ma noi abbiamo un po’ di sonno!” disse mamma.
“Se farai il bravo te la racconterò la prossima volta” disse Luce.
“Quando tornerai a trovarmi?” chiesi.
“Il più presto possibile. Devo vedere come sta il mio paziente preferito” disse con un sorriso.

Sentendo quel sorriso e quegli occhi puntati su di me, mi sentii avvampare.

“Credo sia meglio lasciarlo riposare” disse mamma “Venite, vi accompagno alla porta.
Fa tanti bei sogni piccolo mio, che ti diano la giusta ispirazione”.
“Buona notte mamma. Buona notte a tutti voi. Perdonatemi se vi ho fatto preoccupare” dissi.
“Buona notte Sauron!” dissero tutti e uscirono dalla stanza chiudendo la porta.

 

 

Rimasi a lungo seduto sul mio letto a pensare.
Nella mia mente ricordavo le avventure di Nick e dei giovani ragazzi di cui si era circondato, i mitici Sun’s Knights.
Nel mio cuore desideravo essere come loro: forte, coraggioso e determinato.

Con la mente ripercorsi tutti gli scontri che mi erano stati raccontati, tante e tante volte da mia madre e dalla mia madrina: di come Nick avesse sconfitto Orochimaru e poi Abominon; della lotta contro i primi dieci generali infernali, uno più agguerrito dell’altro; del viaggio nella dimensione dei duelli in cui regnava il Sovrano Supremo e di come i giovani cavalieri lo avessero affrontato e sconfitto e di quello che ancora avrebbero dovuto affrontare.
Mi rendevo conto che quella storia era ancora lontana dal concludersi, ma speravo di potervi prendervi parte e realizzare me stesso.
Il mio salto di fantasia sparì così come era apparso.
Ciò che desideravo, restava un desiderio irrealizzabile, pensai.
Che cosa poteva fare un bambino per aiutare degli eroi a salvare ciò che era veramente importante, quando nemmeno comprendeva cosa fosse questo qualcosa?

Sconsolato, scesi dal letto e mi appoggiai al davanzale della finestra ad osservare il cielo.
Ormai aveva smesso di piovere e la luna sorgeva luminosa nel cielo ora sgombro. Osservare la candida signora nella sua pienezza, mi illuminò lo spirito, dandomi l’illusione di toccarla con un dito.
Mentre la osservavo estasiato, notai una stella cadente attraversarla ed espressi il mio desiderio, pieno di speranze e augurandomi una nuova vita.

Quella stella, dopo aver attraversato la luna, si illuminò e scese.
Stupefatto, la vidi schiantarsi, con un leggero chiarore su un piccolo altopiano poco distante.
Senza nemmeno pensare alle conseguenze del mio gesto, infilai un vestito pulito, aprii la finestra e mi misi a correre verso la direzione del bagliore.

 

Il vento ululava con forza, sollevando tutta la vegetazione.
Con le tempie che mi pulsavano e il viso rosso, continuai a correre, cercando di ignorare la debolezza e la paura.
Mentre correvo, sentivo l’ululato dei lupi mischiarsi a quello del vento, dandomi un senso di profondo terrore.
Non riuscivo a capire se fossero vicini o lontani, tantomeno da quanto tempo stessi correndo.
Poi, all’improvviso, sentii un rumore di zampe.
Mi stavano inseguendo e non mi ero nemmeno preoccupato di portarmi appresso un arma.
Tutto ciò che potevo fare era correre e sperare che la febbre non mi annebbiasse la vista.
Con tutta la forza che avevo, accelerai il passo verso l’altopiano, sperando di non commettere un grave errore.
Mentre stavo pensando a questo, un lupo mi apparve davanti saltandomi addosso. Era una bestia enorme dal folto pelo nero: le sue enormi fauci si erano aperte e puntavano alla mia gola.

Stringendo i denti, saltai in alto, evitando l’assalto. Mentre mi sollevavo vidi in basso: rendendomi conto di avere alle calcagna un intero branco, composto da circa una dozzina di esemplari.
A quel punto la paura si impossessò del mio corpo: il cuore cominciò a battermi all’impazzata, come se volesse uscire dal petto e non riuscivo a fermarlo.
Quando atterrai cominciai a correre alla cieca senza sapere più dove stessi andando. Poi, all’improvviso, tutto si fece buio.

 

Una foglia mi cadde sulla testa e mi ridestai di botto.
Spaventato mi alzai in piedi e mi guardai attorno confuso.
Il mio respiro era agitato, incapace di fermarsi. Di fronte ai miei occhi mi si parò lo spettacolo più agghiacciante che avessi mai visto: tutti i lupi erano a terra in una pozza di sangue ed io ero interamente imbrattato di quel sangue.
Le mie mani erano rosse, dalle dita fino agli avambracci.

Cercai di ricordare che cosa fosse successo, ma tutto quello che ricordavo era la mia corsa disperata.
Dove ero finito? La testa mi pulsava e non riuscivo a capire più niente.

“Sauron!” disse una voce.
Sobbalzai terrorizzato verso la direzione da cui essa veniva.
Chi era che mi chiamava? Non riuscivo a capire chi fosse e avevo paura.
“C-Chi è?” chiesi.
Il bagliore di una torcia mi attraversò il viso ed apparve uno strano essere.
 Spaventato feci un passo indietro.
“Calmati Sauron. Sono io”.
La figurasi avvicinò e il nonno mi apparve davanti.
“No-Nonno!” dissi io e lo abbracciai piangendo.
“Che cosa ci fai qui figliolo? Questo posto non è sicuro di notte”.
“Ho avuto tanta paura!” riuscii a dire.
Il nonno vide il macabro spettacolo, poi mi guardò preoccupato.
“Che cosa è successo?” mi chiese.
“N-Non lo so! Tutto si è fatto buio”.
Ci vollero parecchi minuti pria che riuscissi a riprendermi e a rielaborare ciò che era successo. Poi capii: quel massacro era opera mia.

 

Stavo scappando dai lupi: l’adrenalina era al massimo e le mie condizioni fisiche e mentali indebolite dalla febbre.
Poi una grande forza si era impossessata di me e il desiderio di sangue mi aveva pervaso.
Lo strato del demone era uscito e la volontà delle volpe si era impossessata di me e aveva straziato e distrutto le vite di quelle creature.

 

“Sono stato io!” dissi traumatizzato “Ho lasciato che la paura mi pervadesse e ho inconsciamente liberato la volpe”.
Il nonno si irrigidì. Poi, vedendo i miei occhi pieni di paura, recuperò il sangue freddo si inginocchiò davanti a me: “Ciò che hai fatto non poteva essere evitato. Hai agito d’istinto per salvare la tua vita. L’importante è che nessun innocente ci abbia rimesso la vita”.
“Ma nonno” dissi isterico “Ho tolto la vita a delle creature. Mi sono macchiato del loro sangue senza potermi fermare e, addirittura provandone un perverso piacere. Sono un mostro”.
“NON PENSARLO NEANCHE!” mi sgridò, picchiandomi alla guancia.
Lo guardai terrorizzato.
Mi abbracciò forte a sé: “Perdonami se ho alzato la voce nipotino mio”.
Ricambiai l’abbraccio, trovandone tutto l’affetto possibile.

Dopo che mi fui definitivamente calmato, mi staccai dal nonno.
“E’ meglio tornare a casa. Se tua madre si accorge che sei stato qui avrà una crisi isterica!”
“Si. Va bene”.
C’incamminammo verso la strada di casa, sperando di dimenticare tutto.
Ma la notte non era ancora finita: mi serbava ancora una sorpresa illuminante, direi.

 

Mentre camminavo, vidi un bagliore alla mia destra.
Mi fermai e cercai di capire che cosa fosse.
“Sauron. Che stai facendo?” chiese il nonno giratosi verso di me.
Indicai con la mano la direzione.
“Che cos’è?” disse, piegandosi sulle ginocchia.
Come se fossi posseduto, mi incamminai verso la luce: non sapevo se fosse la febbre, ma sentivo una voce che mi chiamava.
Dietro di me il nonno mi chiamava, ma la sua voce era confusa, quasi incomprensibile alle mie orecchie.

Corsi a perdifiato fino a quando non giunsi in un’ampia radura: lì al centro vidi un cratere e, in mezzo, una strana luce.
“Finalmente sei arrivato Sauron. È stata una lunga attesa” disse il bagliore.
“Tu stavi aspettando me? Perché?” chiesi.
“Per realizzare il tuo desiderio e guidarti verso il tuo futuro” rispose e mi avvolse in un luminoso abbraccio.

 

Il nonno giunse nella radura e si fermò a pochi passi, esterrefatto dallo spettacolo che gli si parò davanti.
“N-Non è possibile!” riuscì a dire.

Il mio corpo era ricoperto da un’armatura blu notte, decorata con stelle e fulmini dorati, dall’elmo scendeva uno spesso piumaggio bianco come la luna piena, che mi avvolgeva tutta la schiena, quasi come fosse un mantello.
Tutto quello che avevo desiderato si era avverato: avevo un’armatura, ero diventato ciò che desideravo. Ero diventato un vero Sun’s Knight.
“Quello è Incanto Di Folgore Il Cavaliere della Luna” disse il nonno, ripresosi dalla sorpresa ed avvicinatosi “A quanto pare, hai davvero fatto l’impossibile Sauron”.
“Ma come è possibile?” chiesi.
“Te lo spiego io Sauron” disse lo spirito.
Io e il nonno restammo senza parole.

“Quando hai espresso il desiderio davanti alla luna, essa ha voluto metterti alla prova” disse lo spirito.
“Alla prova?” feci.
“Esatto! I lupi che ti inseguivano erano la prova. Ciò che dovevi fare era affrontarli con i mezzi a tua disposizione. Non importa il potere che hai usato, hai ottenuto la tua vittoria e quindi il tuo premio, cioè io”.

“Quindi, adesso io sono..” feci.
“Non ancora! È ancora troppo presto. Tuttavia mi hai conquistato e ti sarò sempre a fianco d’ora in poi”.

Con un sospiro che era a metà tra la felicità e la tristezza, vidi lo spirito svanire e fluttuare intorno a me.
Il sangue che fino a poco fa mi aveva ricoperto, era sparito, lasciando i miei abiti immacolati: quasi come se fosse avvenuta una cerimonia di purificazione della mia anima.
Sentii l’aria fresca attraversarmi il corpo, come se fosse un’anima pura che mi prendeva nel suo caldo abbraccio.
“Sta per sorgere l’alba figliolo” mi disse il nonno.
“E’ vero. Andiamo a vederla?” chiesi.
“Oramai ci siamo. Quindi andiamo”.

Senza rendercene conto, eravamo giunti in cima all’altopiano. Ma non era un qualsiasi altopiano: era il leggendario “Altopiano dell’eroe”, il luogo in cui colui che aveva salvato il Fantasy aveva ritrovato sé stesso e sciolto la maschera del dolore.
La luce del sole illuminò il mio volto ed io, per la prima volta mi sentii libero.
“Sai?” disse il nonno “Si dice che questo luogo sia magico. Se lo raggiungi con il cuore leggero, la strada che percorri trova un’illuminazione”.
“Le voci sono vere, direi.
“Hai avuto l’illuminazione?” mi chiese.
“Si. Ora ho trovato il mio credo”.
“Allora dillo con tutto il cuore”

Alzai le braccia al cielo e dissi: “IO DIVENTERO’ UN EROE. Ma non un semplice eroe. Mi impegnerò per cambiare i destini di coloro che incontrerò. Così come dalle tenebre della notte sorge il giorno, illuminerò la strada degli altri e un giorno: riuscirò a realizzare quel sogno che è ha il nome di pace”.
“Ah! Che credo complicato! Dovrai lavorare duramente per realizzarlo” disse il nonno.
“Lo so! Ma adesso ho una ragione di vita e la perseguirò fino alla fine”.
“Sei pronto a giurarlo?”’
“Fino alla morte”.
“Allora dovremo iniziare a metterci d’impegno”.
“Sono pronto!” dissi mentre osservavo il sole.

 

 

Da allora ho messo tutto  me stesso per realizzare  questo sogno e non mi arrenderò fino a quando non lo vedrò esaudito.

Bel finale vero? Mi sono preso la briga di mettere tutto insieme  per stupirvi .
Penso che, dal prossimo, proverò a spezzettare un po' la narrazione, visto che non so quanto scriverò..
Vi prego di commentare questa storia con tutta sincerità. Come sempre, vi dò appuntamento alla prossima

 

  
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