Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
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Autore: maya_90    07/11/2010    8 recensioni
«In lontananza, sulla superficie marina ormai scura all’imbrunire, si vedeva il profilo di un vascello. Scintillava di mille piccole luci che raddoppiavano i loro riflessi sulle onde, creando come una scia di stelle che si specchiavano sull’acqua. Illuminata da una di queste luci, sulla cima dell’albero maestro spiccava una bandiera nera, e un teschio bianco.»
Questa è una storia che accadde tanto, tanto tempo fa. Parla di un incontro particolare, tra vendette personali e promesse da mantenere, importanti comparse e personaggi che avrebbero, a poco a poco, cambiato il mondo. Enjoy =)
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Gold D. Roger, Shanks il rosso
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Buonasera! Ormai non mi scuso neanche più per questi aggiornamenti  ballerini -.-
Questa volta, per mancanza di tempo, non potrò rispondere alle recensioni, comunque ringrazio tantissimo tre 88, meli_mao, angela90, Chibi_Hunter, Akemichan e KH4 per i loro commenti, per le critiche ed i complimenti...ricordate che sono fondamentali per me e per questa storiella!
Inoltre ribadisco il fatto che ho smesso di seguire gli spoiler (anche se un uccellino previdente mi ha giustamente avvisato di una cosa spiegata nell'ultimo capitolo) quindi in linea di massima non ne terrò conto per la trama di questa storia :]
Detto ciò, vi lascio al capitolo... Enjoy!
 






24. Unintended

I’ll be there as soon as I can
But I’m busy mending broken
Pieces of the life I had before
… before you.


R
ouge si stupì, ma non troppo, dalla velocità con cui quasi dal nulla comparvero almeno quattro botti stracolme di alcool.
-E festa sia!!-  esultarono i membri dell’equipaggio, mentre Ray  cominciava a riempire i boccali e a passarli ai compagni con grandi sorrisi.
-Alla salute! - esclamava puntualmente ad ogni bicchiere che offriva.
-Alla Grand Line!- brindò Jin, battendo il boccale talmente forte con quello del vicecapitano che un po’ d’alcool trasbordò e finì direttamente per terra.
-Alla nuova rotta!- gli fece eco Martin, accogliendo festosamente la sua razione.
Dalla porta apparve Kennet, che era sceso nelle cuccette a recuperare la sua fida chitarra.
-Ehi, stupido cuoco, suonaci qualcosa!- esclamò il meccanico, vuotando il boccale con disinvoltura.
-Solo per te, testa di rapa!
Il cuoco si sedette al centro del ponte, davanti alle botti di rum, e con un gran sorriso fece un gesto a mò di direttore d’orchestra.
-Cantate, gente! Stasera al diavolo i cattivi pensieri!!- esclamò poi, e prese a suonare una ballata allegra e veloce.
Subito alla musica si unì il coro di gran parte della ciurma, alcuni si sedettero per terra cantando ad una voce, altri si spintonavano improvvisando delle danze sconnesse al ritmo di quelle note. Shanks aveva recuperato un paio di pentole e si era messo a suonarle con allegria al fianco del cuoco, mentre un altro paio di pirati avevano tirato fuori dei bonghetti e si erano accodati alla chitarra.
-Ehi, peperoncino! Se non ne prendi uno giuro che ti tolgo il saluto!- esclamò Ray, urlando quasi per sovrastare il fracasso che si stava formando per via della musica, delle urla di festa e delle pentole del mozzo che risuonavano peggio di due campane stonate.
Rouge era rimasta vicino al ciglio della nave, assorta in quello spettacolo di gioia che era sorto così,dal nulla in un minuto, e sobbalzò quando il vicecapitano si rivolse a lei.
-Avanti, vieni qui, ragazzina!- rincarò il cuoco, interrompendo per un attimo la sua canzone.
-Scommetto che questa la conosci!- ed attaccò un altro motivo, che lei identificò all’istante: era tipico del Mare Meridionale. Parlava del sole estivo e del villaggio natale. Quante volte l’aveva cantata con suo fratello?
Chissà cosa direbbe Edward, pensò con un sorriso.
Ma una come lei … come c’era arrivata a far festa con una ciurma di pericolosi pirati nel bel mezzo della Grand Line? Ma era vero o era un sogno particolarmente dettagliato?
-Che c’è, il gatto ti ha mangiato la lingua?- la sfotté Jin, sghignazzando.
No, era tutto meravigliosamente reale. In quel momento trovava meraviglioso persino Jin.
Era tutto perfetto.
Niente preoccupazioni.
-Ahah, ma certo che la conosco!- esclamò, riscuotendosi con un gran sorriso, e raggiunse raggiante gli altri che avevano preso a cantare di nuovo.
Ray le ficcò in mano un boccale di rum stracolmo e lei lo guardò scherzosamente indispettita.
-Ray, lo sai che proprio il vostro rum mi fa sch… - tentò, ma il vice tirò fuori un altro bicchiere e brindò con enfasi.
-Alla salute, peperoncino!- esclamò –questa è un’acqua curativa, altroché! 
La ragazza prese appena un sorso, ma dovette poggiare di nuovo il boccale: non c’era verso, era troppo amaro!
-Ok, il resto lo bevo dopo!- esclamò quando Ray le indirizzò un’occhiataccia, che poi si trasformò in un secondo in un gran sorriso.
-Allora, Kennet, suonaci qualcosa di allegro, non questa robaccia smielata del Mare Meridionale!- esclamò, beccandosi uno spintone dalla ragazza, mentre il cuoco attaccava con enfasi ‘Il sakè di Binks’ , che era il jolly per ogni serata, visto che la conoscevano tutti.
-Yohohohoo!!
Tutti quanti si rimisero a cantare, a bere alla salute di qualsiasi cosa, a parlare ad alta voce di tutto e di più, a prendersi in giro e ad urtarsi amichevolmente in quelle buffe danze.
- Shio no mukou de, yuuhi mo sawagu!!- cantavano tutti in coro.
La ragazza si ritrovò nel mezzo di quella piccola folla, e prima che potesse accorgersene, il meccanico le aveva già preso il polso e l’aveva trascinata a ballare con lui.
-Ehi, Jin!- esclamò lei, ghignando –quando si tratta di ballare, le donne sulla nave non ti creano problemi!
-Quando si tratta di ballare, le donne cadono ai miei piedi!- replicò quello, bevendo dal quarto bicchiere.
-Si, ma il mio cuore è di una sola persona- rispose lei cacciando la lingua e divincolandosi con un guizzo.
-Vuoi offrirmi questo ballo, mocciosetto?- chiamò il bambino, che lasciò perdere le sue pentole da percussionista e saltellò allegramente nella mischia.
-Non prendertela, compagno!- esclamò Kennet che sogghignava non poco, rivolto al meccanico – ti andrà meglio la prossima volta!
Lei rise di gusto, continuando a ballare, tenendo per le mani il mozzo che zampettava in mezzo al resto della ciurma.
-Scusa Jin! Ma è lui il mio piccolo cavaliere!- esclamò allegra passandogli vicino.
-Non sai che ti perdi, ragazzina!
-Mi sa che non ti perdi proprio nulla!- gli fece eco Martin, mentre gli altri sghignazzavano.
Rouge fece fare una buffa piroette al mozzo, che poi tornò al fianco di Kennet per riprendere a suonare i suoi improvvisati strumenti.
Lei dopo un po’ lo imitò e si lasciò cadere lì vicino, un po’ rossa in viso per tutto quel danzare e saltellare, mentre tutti intorno continuavano a far festa con un chiasso indicibile.
Per un secondo si chiese a quale distanza avrebbero potuto udire tutto il casino di quella festa, tra musica, canti e risate.
Cercò un po’ in giro Roger con lo sguardo, e lo vide poco lontano parlare fittamente con Craig, che con un gran sorriso stringeva tra le dita un boccale mezzo vuoto.
Il capitano gli diede una pacca sulla spalla, poi arrivò Ray e porse un bicchiere anche al suo superiore, che lo prese brindando con il compagno.
Se lo vede Dan lo ammazza, pensò lei divertita, ma quando spostò lo sguardo sul medico non potè soffocare una risata spontanea.
Il ragazzo stava parlando lì vicino a voce alta con altri membri della ciurma, agitando il dito indice in un bizzarro tono solenne.
-… perché… hic… se provochiamo una …hic… reazione chimica con quella … come si chiama … quella cosa che fa bum… ecco, la polvere da sparo, sì…
E si lanciò in una contorta quanto briosa dissertazione sugli esplosivi e sulle armi di quel genere.
-Ma Daniel non era astemio o quasi?- chiese lei ridacchiando al cuoco lì vicino, che guardò il medico divertito, continuando a strimpellare i suoi accordi sulla chitarra.
-Ci sono alcune grandi occasioni in cui beve tutto quello che non beve in un anno – sghignazzò – la Grand Line è una di quelle, non ti pare?
E scoppiarono a ridere insieme, mentre la notte era ormai scesa del tutto sulle loro teste.

La luna candida, alta nel cielo, illuminava i festeggiamenti come a volerne prender parte, e la musica si spandeva rumoreggiando intorno su quel mare silenzioso ed oscuro.
I momenti più divertenti della serata furono senza dubbio lo scivolone leggendario che fece Shanks ruzzolando giù per le scalette del ponte, in cui naturalmente non si fece neanche un graffio – il che, sentenziò  Ray, era un’ulteriore prova che il rosso aveva sette vite come i gatti-  e il duello improvvisato tra il cuoco e Martin, che ebbero la malsana idea di sfidarsi a colpi di scopa fino ad arrampicarsi sui sostegni delle vele, e per poco Kennet non cadde di sotto facendo un bel tuffo nell’acqua scura.
E in quella Dan cominciò a snocciolare i possibili pericoli dal punto di vista medico a cui il cuoco sarebbe andato incontro, per via dello shock termico causato dalla temperatura dell’acqua, che dovettero bloccarlo con un altro bicchiere per farlo star zitto.
-Era un  bel volo, da lassù- sentenziò il cuoco, che era tornato alla sua posizione di sicurezza sul ponte, saldamente seduto per terra con la chitarra in mano.
-Sarebbe stato carino venirti a ripescare, ma magari ci pensava prima un bel mostro marino- mormorò la ragazza, guardandosi distrattamente le punte delle dita a contrasto sul cielo scuro.
-Così avresti ereditato il titolo di cuoco, ragazzina!- sghignazzò quello – e questa nave sarebbe stata perduta definitivamente!
-Oh oh- saltò su lei- io non cucino così male, cuocastro!
-Tsk- le indirizzò un’occhiata sarcastica –sarai anche bravina a cucinare, ma non apprezzi il rum, e questo è grave…
Ed indicò il bicchiere ancora praticamente pieno al suo fianco.
-Non è vero che non lo apprezzo! Ma la qualità che distilliamo a Baterilla è infinitamente più dolce –fece una boccaccia lei, poi si diede un’aria fintamente intellettuale - c’è quel delicato retrogusto speziato così buono e raffinato … questo è praticamente alcool allo stato puro, faccio prima a scolarmi la boccetta di disinfettante!
-Pfff, esagerata… questo è il sapore della pirateria!- ribattè quello in tono solenne.
-Rouge, se non lo vuoi lo bevo io!- esclamò Shanks con naturalezza, continuando a battere sulle sue percussioni, seppure con meno enfasi e in modo più sconnesso.
-Tu aspetta ancora qualche anno!- rispose lei allontanando la bevanda dal rosso con un ghigno.
-Ma lei non lo vuole perché è una mocciosetta proprio come te, Shanks- sentì dire alle sue spalle e si voltò per ritrovarsi Roger che la squadrava con aria di sfida e un boccale nella mano destra.
-Toh, mi mancava proprio sentirmi chiamare così- rispose lei a mezza voce, con una smorfia.
-Ehi, Roger!- lo salutò il cuoco, mentre metteva da parte la chitarra –avanti, siediti qui e fatti un brindisi alla salute di questa nuova avventura!
Il capitano si sedette apparentemente molto rilassato, esattamente di fronte a Rouge che strinse gli occhi appena.
-Ci credo, non sei in buona compagnia per farti un bicchiere – mormorò quello – tra un bambino ed una ragazzina…
Allora vuole la guerra.
Rouge lo guardò per qualche istante, poi afferrò di nuovo il suo bicchiere e fece un cenno al capitano.
-Allora io brindo alle ragazzine, Roger, che ne dici?- esclamò con aria di sfida, poi vuotò il contenuto in un sorso.
Deglutì cercando di non fare una faccia troppo schifata a quel sapore così forte ed aspro. Sentì il calore dell’alcool invaderle la gola e lo stomaco.  Sogghignò.
-Wohoo, Roger! Questa è una sfida bella e buona!- esclamò Jin con voce tonante – Non ti farai provocare da una donna, eh?
Tutti scoppiarono a ridere, mentre lei continuava a guardarlo negli occhi con aria sicura.
-E’ ovvio che questa ragazzina non sa davvero con chi ha a che fare- rispose lui, con uno sguardo tranquillo ai suoi uomini.
-Alle ragazzine- ripetè, facendo un cenno a Rouge, e bevve il suo bicchiere con naturalezza.
-Aha! E ora come la mettiamo, eh?- disse Kennet, riprendendo a suonare con brio.
-Roger…hic… non dovresti ber…- cominciò Daniel agitando l'indice e recuperando un minimo di lucidità, ma fu interrotto dal vicecapitano, che gli passò un braccio attorno alla spalla con fare festoso.
-Avanti, Dan, un altro bicchiere, su!- esclamò spuntando praticamente dal nulla, ficcando nelle mani del medico l’ennesimo boccale – ecco qua!
-Ray- esclamò la ragazza, sempre fissando Roger – abbiamo bisogno di altro rum, qui.
-Aaaagli ordini, peperoncino!- rispose brioso il vice, che cominciava a risentire degli effetti di tutti i bicchieri che si era scolato ed era ancora più sorridente del solito.
-Non ti conviene, Rouge- mormorò il capitano – io non scherzo affatto.
-Oh, neanche io. Vuoi vedere?- replicò lei, afferrando un altro bicchiere.
Ti stai ficcando in un casino inimmaginabile, lo sai, Rou?, le sussurrò la consueta vocina all’orecchio, ma lei la mise a tacere e bevve il secondo boccale in un soffio. Roger fece altrettanto.
Andarono avanti così per un po’, finchè lei alzò un dito, cercando di articolare bene le parole.
-Asp…etta…hic… fine … fine primo tempo- annuì, con fare ufficiale.
-Ma posso andare avanti, eh?- lo ammonì, picchiettandogli un po’ sulla spalla con l’indice, decisamente brilla- non pensare che io non possa anvare adanti
Roger invece aveva appena gli occhi velati, ma era praticamente lucido e conservava intatta tutta la sua insolenza.
-Non aspetto altro –replicò, finendosi l’ultimo bicchiere di una lunga fila, divertito all’espressione della rossa.
Rouge fece una faccia melodrammatica ma prima che potesse pensare di articolare una risposta, fu tirata su per il polso da Ray che si era rimesso a ballare una confusa tarantella con il resto della ciurma, che ormai, data la piega che aveva assunto la briosa serata, si era trasformata in un prendersi sottobraccio a vicenda cercando di non inciampare sui piedi degli altri mentre si saltellava di qua e di là.
-Quel rum fa veramente schifo, vicecapitano dei miei stivali!- scandì Rouge tirando uno spintone a Ray, che quella sera non si era fermato un attimo.
-Non offenderlo, peperoncino, è sensibile!- rispose lui fin troppo serio, e lei scoppiò a ridere rumorosamente continuando nella sgangherata tarantella, mentre Shanks era arrampicato sulle spalle di Daniel, che ormai era decisamente brillo e stava improvvisando un balletto un po’ traballante, conservando un po’ di buon senso per reggere il bambino per le mani in modo che non cadesse all’indietro.
La ragazza fece un altro giro di danze, infine, con un paio di giravolte, si buttò per terra vicino a Kennet, continuando a cantare il ‘Sakè di Binks’ che il cuoco aveva attaccato per l’ennesima volta.
-Ngahahahah! Binkusu no sake wo … todoke ni yuku yo... ehi!
Aveva alzato lo sguardo al cielo e d’un tratto si era ritrovata il capitano che la guardava con un sorriso un po’ compassionevole. Lei si rigirò su un fianco, alzando appena la testa e posandosi sui gomiti, reggendosi in precario equilibrio.
-E il secondo tempo?- chiese ironico lui, constatando che Rouge non avrebbe retto un solo altro bicchiere.
Lei infatti scoppiò a ridere un’altra volta e nascose il viso tra le mani.
Poi tornò a guardarlo, e si mise buffamente sulle ginocchia, in modo tale da raggiungere la stessa altezza del capitano, che era rimasto seduto per terra, con la schiena appoggiata ed una mano distrattamente posata sul ginocchio.
Improvvisamente assunse un’espressione molto seria.
-Roger… la vuoi sapere una co …hic… sa?- domandò, ed avanzò verso di lui scivolando incerta sulle ginocchia.
-Non vedo l’ora- le diede corda quello, guardandosi un po’ intorno per capire quanti ancora erano in grado di intendere e di volere.
Rouge arrivò di fronte al capitano. Poi gli piazzò l’indice appena sotto la gola, tanto che quello sobbalzò appena per via della ferita che aveva sul petto.
-Tu…- iniziò la ragazza, stringendo gli occhi buffamente, come a volerlo vedere meglio.
-Io…- ripetè lui con un sorriso storto.
-Tu- ripetè lei, abbassando le palpebre per darsi un tono, e per poco non perse l’equilibrio precario che aveva. Roger pose appena una mano di lato per evitare che la ragazza finisse diritta sul pavimento.
-Tu!- ripetè ancora per la terza volta e lo guardò offesa, come se fosse stato lui ad interromperla.
Il capitano sospirò e si posò una mano sotto al mento, guardandola con aria seriamente interessata.
-Ce la puoi fare, su…
-Tu … non… mi… piaci … affatto- terminò finalmente lei, e ad ogni parola pigiò il dito sul petto di lui, con fare accusatorio.
Quello sorrise e le prese la mano con calma, spostandola dalla fasciatura, con la conseguenza che Rouge si ritrovò senza un punto d’appoggio e cadde goffamente su un fianco, picchiando la schiena contro il muro a cui Roger era appoggiato.
-Ahio! Ma perché questa maledetta nave ondeggia così tanto?! - esclamò,massaggiandosi il fianco e guardandosi intorno contrariata – devo andare a vedere…
E fece per alzarsi e dirigersi verso la balaustra ma Roger non le lasciò la mano e la trattenne per terra, seduta vicino a lui.
-Stà ferma e buona- mormorò –che non ho voglia di venire a recuperarti in acqua. E non è la nave che ondeggia, è la tua testa.
Quella chiuse appena gli occhi.
-E va bene, ma lasciami, non sei mio padre!- si lamentò infantile, sbattendo i piedi – non sei mia madre! Non sei Mari e non sei Ioakim! Ma tu…- aprì le palpebre e lo fissò, scostandosi. Poi parve illuminarsi di una grande verità.
-Tu sei Roger!- esclamò, con un gran sorriso.
-Si, tendo a dimenticarlo, grazie per avermelo ricordato- commentò il capitano, poi le lasciò la mano, una volta che lei si fu seduta di nuovo per terra in modo quantomeno stabile, appoggiando la schiena al muro dietro di loro.
Stettero per un po’ così, fianco a fianco. Poi lei si guardò la mano e la ritrasse al suo fianco.
D’un tratto si rabbuiò di nuovo e lo guardò con un cipiglio offeso dove dieci secondi prima c’era un sorriso enorme.
-Quando sei ubriaca sei ancora più lunatica del solito- commentò lui.
-Io …non sono assolutamente ubriaca e tu …non mi piaci… affatto- ripetè lei intrecciandosi un po’ sulle parole –e sei… uno screanzato… m…maleducato.
Roger la guardò, stringendo un po’ gli occhi. Poi annuì.
-Si, sono d’accordo. Tu invece sei una ragazzina cocciuta e … instabile, tanto.
Rouge registrò le parole ed infine annuì compiaciuta e contenta.
-Si, sono d’acc…accordo anche io! Siamo tutti d’accordo! Che bello!! Beviamoci su!!!
Acciuffò un boccale vuoto lì vicino e lo alzò felice come una pasqua.
-Hai imparato fin troppo in fretta, eh, Rouge?
Roger prese ciò che restava del suo e lo accostò appena a quello della ragazza, che cercò di bere il vuoto.
Poi, lo posò di nuovo per terra.
-Devo andare via- disse lei d’un tratto, come ricordandosi di qualcosa –non posso restare… qua… è troppo… non… dov’è Shanks?
Roger le fece cenno di aspettare.
-E’ con gli altri- disse subito, guardandola – aspetta un secondo. Devo chiederti una cosa.
Lei reclinò appena la testa. Era di nuovo passata alla fase triste e le labbra erano ancora incurvate all’ingiù in un’espressione un po’ puerile.
-Cioè?
Roger la scrutò attentamente. Era sicuro che la ragazza non avrebbe ricordato nulla, la mattina seguente.
Attese qualche attimo in silenzio.
-Tu … hai intenzione di tornare da tuo fratello, una volta a Sabaody?- chiese poi, a bassa voce.
Rouge sbattè un po’ le palpebre, guardandolo.
Roger sosteneva il suo sguardo, in attesa di una risposta. Sentì, nel bel mezzo della confusione che regnava nella sua mente, che c’era qualcosa di davvero strano, in quella domanda, o perlomeno nel tono con cui era stata posta.
D’improvviso si sentì ancora più triste, mentre osservava quegli occhi scuri e indecifrabili.
Appoggiò di nuovo la nuca al muro.
-Si. Si, certo. Si.
Assentì per tre volte, a sottolineare il concetto.
Non si diede neanche la briga di chiedere il perché di quella domanda, che aveva una risposta così ovvia. Non riusciva affatto ad articolare pensieri sensati, in quel momento.
Ebbe semplicemente un'inconsapevole sensazione di ... sbagliato, di bizzarro, quantomeno.
-Mi gira la testa- mormorò – vado… a casa… cioè, vado … non lo so ma…
E fece per alzarsi, ma questa volta cadde di lato come una pera cotta.
Roger si sporse appena a guardarla, e sospirò: si era addormentata, di nuovo. Per giunta, si era addormentata con un sorriso.
Sospirò.
-Comincerò a pensare che tu sia narcolettica, vista la facilità con cui prendi sonno- mormorò.
La ragazza era raggomitolata su di un fianco, la guancia posata sul dorso della mano sinistra, l’altra mano distrattamente adagiata per terra, sul legno,con le dita appena raccolte, quasi volessero afferrare qualcosa.
Aveva un’espressione serena, il viso disteso ; il colorito sugli zigomi appena più rosso del solito, come le labbra socchiuse sfiorate da un ricciolo indiscreto.
I capelli rossi le ricadevano sulle spalle, coperte appena dalla stoffa del vestito, una semplice casacca bianca lunga appena sopra il ginocchio, che in quel momento si stendeva in mille pieghe soffici seguendo la linea morbida della schiena e dei fianchi.
Infine, lasciava scoperta parte delle gambe, nude come i piedi, incrociati e senza scarpe. Le infradito di paglia, un po’ rovinate, giacevano a qualche metro di distanza dalla legittima proprietaria.
Il capitano rimase per un po’ in quella che pareva una distratta meditazione , poi si tirò su guardandosi intorno.
Molti pirati erano infine crollati anche loro nel sonno, altri erano seduti in disparte vicino a Kennet che aveva smesso di suonare e parlottava a bassa voce, buttando un’occhiata di tanto in tanto al mozzo che dormiva della grossa accoccolato alla sua destra.
Ray si era steso sugli scalini ed era anche lui nel mondo dei sogni da un bel pezzo, a giudicare da come russava.
Roger constatò con un sogghigno la capacità del suo vice di addormentarsi anche nei posti più scomodi.
Lo raggiunse quel tanto che bastava per sfilargli una sigaretta dal taschino della camicia. Se l’accese e prese una profonda boccata.
Sia benedetto il tabacco del Mare Orientale, si trovò a pensare. Quel sapore così familiare contribuiva a schiarirgli i pensieri, annebbiati dal rum.
Alzò  gli occhi al cielo, oltre le vele della sua nave.
Le stelle brillavano a migliaia nella notte scura. Proprio come nelle notti della Red Line.

-Il sole esiste, di giorno e di notte. Ogni sera gli dei pongono una coperta sul nostro cielo, per far sì  che la luce non passi e la natura si addormenti. Ma nel corso dei millenni, questa coperta si è consumata… Ora, attraverso i suoi piccoli fori, la luce arriva fino a noi, anche nella notte più buia. Sono quelle che voi chiamate… stelle, giusto?

Roger sorrise amaramente.
Così ragionavano, quei selvaggi; così aveva spiegato il capo tribù.
Eppure quella logica, per quanto infantile e priva di ogni ragionevolezza scientifica, portava con sé un significato metaforico che, per quanto lui fosse poco affezionato a simili riflessioni filosofeggianti, non riusciva a non cogliere.
Il sole esiste, di giorno e di notte. E la sua luce arriva, anche nel buio più profondo, richiamò alla mente.
Si sentì immensamente stanco, e non c’entrava affatto la profonda ferita sul petto, che era ormai in via di guarigione, né l’alcool né altro.
Avrebbe dovuto essere orgoglioso, erano entrati indenni nella Grand Line, nuovamente. Erano riusciti a trovare una valida alternativa al passaggio sulla Red Line, avevano in mano le carte per la Rotta Sottomarina.
Sarebbero arrivati nel Nuovo Mondo lasciandosi alle spalle Marijoa una volta per tutte, superandola senza neanche vederla.
Senza vedere quei palazzi sommersi dalla neve, freddi, privi di vita, quel cielo grigio e metallico sferzato dal vento gelido di un inverno perenne.
A quel pensiero, il capitano s’irrigidì, strinse i pugni. Provò una sensazione familiare in fondo alla gola. Ecco, quei pensieri tornavano a fargli visita, come fantasmi notturni.
No.
Marijoa non sarebbe mai stata superata del tutto, perché lei era rimasta lì, per sempre.
L’unica persona che lui avrebbe dovuto proteggere, non avrebbe mai più lasciato quel luogo, come un’anima incatenata nel ghiaccio.
Chiuse gli occhi.
Era sempre andato avanti per sé stesso, da allora.
Quel sé stesso che gli aveva imposto, senza ammettere repliche, di trovare Seiji Alastair ed ucciderlo. Un ordine chiaro, netto e conciso, in fondo nulla di più semplice.
Ci avevano provato, a distoglierlo dai suoi propositi, ma nessuno aveva avuto successo. Non ci era riuscito Clover, non ci era riuscito nemmeno Ray.
Non avrebbe cercato nient’altro da proteggere, perché in fondo non ne era mai stato capace.
Ormai si trattava di vivere per sé stesso, e per quel sogno deviato che rispondeva al nome di vendetta.
Aveva costruito un muro invisibile intorno a lui, un muro che, lo sapeva meglio di Ray che continuava a ripeterglielo, lo avrebbe lentamente logorato.
Ma lo aveva promesso, lo aveva giurato a sé stesso, non sarebbe mai potuto tornare indietro. Nessun Nuovo Mondo, nessun tesoro valeva quanto quel desiderio di rivincita.
O almeno, avrebbe sostenuto questa tesi senza alcun dubbio, fino a qualche tempo prima.
Eppure … eppure, c’era qualcosa che adesso aveva lentamente messo le basi in quella convinzione di ghiaccio.
Qualcun altro da proteggere. In un modo diverso, in un senso diverso.
Un pensiero, un’idea, che avrebbe potuto combattere quella sua volontà, un sorriso contro la delusione, una stella, piccola, piccolissima, che però traghettasse la luce del sole in quella notte.
Roger si passò una mano sulle palpebre, piano.
Stava perdendo lucidità, se cominciava a pensare per metafore anche lui. Troppo rum, non c’era dubbio.
Gettò via quel che restava della sigaretta, non riusciva mai a finirne una in pace.

Non poteva fare a meno di troncare quel flusso di pensieri, quando andavano ad avvicinarsi pericolosamente, da un po’ di tempo, a certe immagini.
Si riscosse, avviandosi a passo deciso verso la sua stanza.
Ma sì … le cose, in realtà, erano molto più semplici.
Samie andava vendicata, e la sua anima avrebbe finalmente riposato in pace.
O forse era la sua, di anima, che cercava un pretesto per sentirsi meno debole?
Si trovò alla porta, entrò nella camera, illuminata fiocamente, e si buttò sul letto sfatto.
Voleva dormire, voleva dormire ma non riusciva a non pensare.
Quella vendetta sarebbe davvero servita perché il rimorso lo abbandonasse, definitivamente?
Non c’erano altri modi?
Non poteva, non voleva capire.
Si arrese all’evidenza.  Andò alla finestra, appoggiandosi con le mani alla scrivania dietro di lui, stracolma di fogli.
Samie lo avrebbe preso in giro. Il solito, insolente testardo.
Ma lei non c’era più. Non aveva più nessuno da difendere, oramai.
Ne era davvero sicuro?
Sentì qualcosa pungergli il palmo della mano destra, si voltò verso il tavolo... c’era qualcosa di piccolo e appuntito sotto la sua mano. Sollevò il foglio di carta ed aggrottò la fronte.
Poi prese delicatamente in mano la catenina con la conchiglia che era appartenuta a Rouge, e, ancora prima, a Samie.
Ma guarda.
L’aveva posata e lasciata lì da quando Rouge gliel’aveva restituita, arrabbiata.
Se n’era quasi dimenticato.

Perché ti ripresenti proprio adesso? , si chiese mentalmente, vagamente impressionato.
Tutti quei banali oggetti apparentemente privi di senso, che si caricavano però di promesse e memorie, stavano cominciando a dargli davvero la nausea.
Rouge, sì, era tutta colpa sua.
Aveva cominciato lei, con quella stupida storia degli smiley, ed ora anche lui si lasciava suggestionare da quel contorto modo di ragionare.
Come i Medoc, e la loro storia delle stelle.
Erano tutti folli, folli!
Le stelle non erano dei fori in una coperta, quegli smiley non erano altro che pezzi di legno, e quella catenina… quella catenina non era che un ricordo sbiadito dal tempo.
Si sedette sul letto, osservandola.
Eppure lui non credeva alle coincidenze.
Non aveva davvero più nulla da proteggere?, fu ancora la domanda fissa che gli sorse istintiva in mente.
Perché quel dubbio adesso s’insinuava sopra quelle che aveva sempre ritenuto certezze?
Rouge… era tutta colpa sua, davvero.  
Continuava a trovare delle assonanze tra loro due, dei punti in comune in due caratteri tanto diversi ma così simili. L’Haki, tanto per cominciare… la D., quella maledetta D. che li legava più di quanto non facesse tutto il resto… e poi quella catenina, dono distratto di tanti anni prima che in quel momento era diventato carico di significato. Quasi che Samie l’avesse davvero affidata a quella ragazza dai capelli rossi, come un dono per il futuro…
Roger posò in fretta quel semplice gioiello sul comodino, come se scottasse, e si stese di nuovo sul letto.
Sogghignò.
Io sto impazzendo, sul serio. Sto impazzendo.
Si portò distrattamente una mano al petto, sperando di alleviare quel fastidio che si portava dietro da quando era stato ferito. Dan gli aveva detto di non bere.
Al diavolo. Ognuno ha le sue cure, scacciò quel breve rimorso.
Passò molto tempo, prima che prendesse finalmente sonno.

La mattina seguente Rouge fu una delle prime a risvegliarsi, tuttavia trovò che il vascello aveva tirato su l’ancora e si era rimesso in navigazione. Individuò Craig al timone, che chiacchierava distrattamente con altri ragazzi della ciurma e Roger che a prua stava parlando con Rayleigh, che aveva ancora la faccia mezza addormentata.
-Uunnn…- si lamentò provando a rialzarsi dalla sua posizione scomoda, mentre una fitta dolorosa le attraversava la testa e per un attimo fece girare tutto intorno.
Cosa pretendi, eh, Rou? Che ti senta una favola dopo una sbronza bella e buona?
Chiuse appena gli occhi recuperando. Non ci era mai andata giù così pesante.
-Serve una mano?- disse una voce gentile, e lei si trovò davanti il medico che le porgeva un bicchiere di un liquido trasparente che pareva vagamente effervescente.
-Cos’è?- chiese lei, guardando le bollicine un po’ dubbiosa.
-Oh- disse Daniel con l’aria di chi la sapeva lunga- rimedi della casa. Fidati, è un toccasana … l’ho provato su me stesso, non corri rischi.
Lei sorrise grata e bevve. Aveva il gusto di qualcosa di simile alla liquirizia.
-Starai meglio in un secondo- garantì il medico.
-Capitano, stiamo per entrare nelle acque territoriali di un bel gruppo di isole- avvertì nel frattempo Craig ad alta voce, e Roger si voltò al suo navigatore.
-Teniamoci lontani dalle coste, non voglio incrociare navi civili- rispose quello.
La ragazza raggiunse la prua della nave, sporgendosi dalla parte della polena. Finalmente avevano rimosso quell’orribile testa mozza, registrò con piacere.
Si voltò a guardare l’albero maestro e notò un particolare nuovo: legato sotto la bandiera del Jolly Roger, un drappo rosso porpora dagli arabeschi dorati sventolava come una lingua di fuoco fiammeggiante.
-Volete cambiare look?- buttò lì al vicecapitano che trafficava con un cannocchiale.
-Ah- rispose lui, seguendo lo sguardo della ragazza –beh, quelli sono i nostri colori, peperoncino. Rosso e Oro. Li tiriamo su quando entriamo nella Grand Line.
Lei annuì.
-Sono colori gloriosi- sorrise –soprattutto il rosso.
-Tsk, non darti troppe arie- replicò lui –sono semplicemente i colori che danno il nome alla nave.
Rouge tacque. Sbattè le palpebre.
-Ray- cominciò poi, ridacchiando –è una cosa così stupida … io non so ancora come si chiama questa nave!
Il vicecapitano la guardò, stringendo gli occhi.
-E’ vero, non te l’abbiamo mai detto. Stupida tu che non ci hai mai pensato - rincarò.
-Ehi, non è una delle mie priorità!- esclamò lei fingendosi offesa.
-Beh, comunque, ti presento la Flaring Eos- annunciò il vice, tirando un colpetto per terra con la punta della scarpa.
-Flaring… Eos- ripetè la ragazza –ovvero la lucente … cosa significa l’altra parola?
-Eos. È una parola in un’antica lingua del Mare Orientale. Significa “aurora”.
-Wow, che nome poetico- rispose lei- l’Aurora fiammeggiante.
-Mah, a me all’inizio non è che piacesse così tanto. E’ Roger che voleva dare un nome così… fiammeggiante, appunto- replicò, facendo gesti teatrali con le dita.
-Sai- aggiunse poi con l’aria di chi la sa lunga, abbassando il tono della voce e indicando il capitano poco lontano come se fosse un mezzo matto – è sempre stato un pò fissato con questa cosa. Il suo sogno inconfessabile sono delle vele nuove, tutte rosse, e mi ci gioco una gamba, prima o poi le avrà. Deve proprio piacergli, quel colore.
E tacque, scoccandole un’occhiata eloquente.
Rouge spostò lo sguardo verso il mare, con un sorriso appena accennato.
-Ti vedo bene, nonostante la sbronza di ieri, eh, Ray?- rispose ad alta voce - che ne dici di andare a controllare come vanno le cose dalla parte opposta della nave?
-Oho, qualcuno è un po’ sensibile su certi argomenti?- cantilenò quello insolente, allontanandosi con dei saltelli.
Rouge gli scoccò un’occhiata assassina e tornò a guardare avanti.
A Roger piace il rosso?
Sogghignò tra sé e sé, quella frase le suonava davvero bene.
Per una buona mezz’ora non successe nulla di eclatante.

Poi, d’un tratto, l’aria cambiò all’improvviso, si fece più fredda, quasi pungente.
Daniel osservò il cielo annuendo piano.
-Eh, si. Sulla Grand Line il tempo cambia molto rapidamente, in base agli ecosistemi delle diverse isole.
La ragazza lo guardò incuriosita.
-Quindi questo indica l’approssimarsi di un’isola invernale- disse, cercando conferma.
-Si- commentò Ray alle loro spalle – invece quello indica l’approssimarsi di grandi casini.
Tutti si voltarono di scatto.
Dalla nebbia era improvvisamente emersa, tanto vicina che si poteva scorgere persino l’equipaggio raccolto sul ponte, una nave grande almeno il doppio della loro.
Il possente scafo azzurro dagli intarsi più scuri, i maestosi cannoni di prua, le inconfondibili vele bianche su cui spiccava il grande simbolo del gabbiano.
Infine, una polena zoomorfa tanto bizzarra da risultare inquietante in quella situazione. Era... sì, era un cane con un osso in bocca.
La ragazza rimase un pò interdetta, e il medico sgranò gli occhi, per qualche istante incapaci di articolare parola.
Roger invece si voltò appena verso il suo vice, che lo fissava in attesa di ordini.
Il capitano lo guardò per qualche istante, poi la sua espressione si tinse di sfida.
-Oh, avanti - rispose ironico -non dirmi che non ti mancava neanche un po’, il Viceammiraglio Garp!









°°°

Note:
Ed ecco che fa il suo ingresso in campo la star internazionale, il Viceammiraglio Monkey D. Garp!! Dateci una G, dateci una A... insomma, ce l'abbiamo fatta. Così come siamo entrati un pò nei pensieri del nostro Captain Roger :) Un appunto riguardante il nome della nave: allora, come avevo già detto, non si tratta della Oro Jackson, bensì, della Flaring Eos: Eos, per l'appunto, significa Aurora in greco, e mi è sempre piaciuto come suona questa parola :)
Inoltre, come dice Ray, Roger otterrà le sue amate vele rosse nella Oro Jackson, nell'anime tratto dal capitolo zero infatti sono proprio di quel colore. E, lasciatemelo dire, sono bellissime *-* (vabeh, un pò tamarre ma ci si passa sopra u.u) Quella storiella del cielo "bucato" e delle stelle l'ho sentita da qualche parte in tv... se non sbaglio è un mito africano, e mi è sembrato geniale nella sua semplicità :)
E vi ricordo che Roger vede un collegamento tra Samie e Rouge attraverso la catenina con la conchiglia perchè, anche se era lui ad indossarla (ricordate il primo capitolo?^-^) era sua sorella che collezionava le conchiglie a forma di spirale. Ecco tutto :) Ah, titolo omonimo e versi iniziali tratti da una canzone che è come una piccola pietra preziosa.
A voi la palla, gente, fatemi sapere le vostre opinioni!
To be continued ;)


  
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