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Autore: MeggyElric___    09/11/2010    6 recensioni
Prima fanciction su fullmetal Alchemist ^.^
La mia storia inizia alla fine dell'ultimo episodio di FMA Brotherhood, il numero 64 (capitolo 108 del manga). Quindi, se qualcuno non volesse... ecco... rovinarsi il finale, non dovrebbe leggere questa fanfiction.
DALLA STORIA:
" - Tornerò indietro.
Quelle parole uscirono con difficoltà dalla sua bocca, che si chiuse in una smorfia. Il cuore di Winry ebbe un tuffo. Era già arrivato quel momento, quel momento che temeva tanto. Era arrivato troppo presto.
Non voleva lasciarlo andare, non in quel momento. Era sempre stata innamorata di lui e non riusciva a capacitarsi di non vederlo più. Non voleva che quell’abbraccio fosse il loro ultimo addio.
Forse, però, c’era ancora una speranza. “Tornerò indietro”, aveva detto. Aveva paura a credergli. Aveva paura di rimanere delusa, troppo delusa.
Aveva paura, ma voleva credergli. L’avrebbe aspettato anche tutta la vita, se fosse stato necessario.
Avrebbe atteso il suo ritorno, appoggiata al balcone della finestra.
- Sì.
Disse Winry, quasi senza accorgersene. Edward mosse le labbra, senza dire nulla.
- Fai attenzione. "
comunque sia, spero vi piaccia. E' una storia molto lunga, quindi preparatevi ^.^
se non si fosse capito, è sulla coppia Edward/Winry!
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Winry Rockbell
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!
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Ciao a tutti! Bene, eccomi di nuovo qui con il ventunesimo capitolo di “Gold in the Blue”! Allora, premetto che questo capitolo si distacca un po’ da quella che è la trama della storia, un po’ come il capitolo 9, “Alba di Perfezione”.

Tutto sommato, ci sono anche molti dettagli che accomunano i due capitoli. Tra poco capirete da voi perché.

Dunque, questo capitolo è stato creato appositamente per delineare una sorta di “pausa” all’interno della fanfiction.. non ci sono dialoghi, fatta eccezione per uno, esattamente alla fine del capitolo. L’idea mi è venuta ripensando all’orologio d’argento di Ed che avevo visto nella vetrinetta di una fumetteria vicino alla mia scuola *-* (sarà mio!!!!).

Ok, finita la paranoia pre-storia. Vi lascio al capitolo 21! Buona lettura!

 

21. PROFUMO DI MEMORIE LONTANE

Un riflesso argenteo, un movimento fluido.

Una sottile catena tra le dita, un leggero ticchettio, quasi impercettibile.

Un debole soffio di vento scuote l’erba del prato, così alta in quel luogo, da anni nessuno ha osato avvicinarsi per tagliarla.

Uno schiocco secco, e l’orologio d’argento si apre davanti ai suoi occhi preziosi. Il ticchettio si fa più intenso, fastidioso.

Il tempo passa troppo lentamente.

O è eccessivamente rapido?

Un’incisione ruvida, palpabile sotto le dita forti. Una frase, un significato criptato.

“DON’T FORGET! 3 OCT 11”.

Un alito caldo, quasi provenisse dal sole, in tramonto, che tanto ricordava le fiamme che lo avevano spinto, alcuni anni prima, a scalfire la lucida superficie dell’orologio.

Chiuse gli occhi, abbandonandosi alla brezza primaverile, mentre il suo viso si tingeva di riflessi dai tiepidi colori.

Miliardi e miliardi di odori diversi arrivarono alle sue narici.

Erano profumi di ricordi, di casa, di passato.

C’era l’odore acre del latte, il profumo squisito dello stufato, l’essenza polverosa di vecchi libri di alchimia.

Percepì l’odore umido della pioggia, dell’erba dei campi, la sensazione scottante del sole estivo, il dolce aroma delle rose nel vaso della cucina.

Ed eccolo, lontano, quel profumo tanto caro, un ricordo morbido, roseo. Era come se fosse lì, la sua pelle, i suoi capelli scuri, gli occhi verdi e quel sorriso così tenero, ingenuo, innocente.

Un abbraccio familiare, desiderato, forse anche troppo. Una foto, una lacrima, un sorriso.

Sua madre.

E poi, dal nulla, il soffocante odore del fumo , lo scoppiettare delle fiamme, il profumo della mamma che, a poco a poco, svanisce.

Una luce nuova, che appare quasi buia e una stradina di ciottoli che conduce al di là di quell’inferno che era stata la sua casa.

Dischiuse gli occhi e tutto svanì, in una nuvola rossastra.

Serrò l’orologio degli alchimisti di stato tra le dita, facendo scattare il meccanismo di chiusura.

Davanti a lui, non c’era più la casa della sua infanzia, né l’altalena che suo padre, in uno sprazzo d’affetto, aveva montato sul ramo di quell’albero ormai carbonizzato.

E non vide più sua madre sulla veranda, che stendeva quegli abiti così piccoli, i suoi, di quand’era bambino.

Tutto era stato sostituito da rovine annerite, bruciate insieme ai suoi ricordi più remoti.

Gettò l’orologio nella tasca destra. Si era rifiutato di riconsegnarlo al quartier generale, forse per arroganza, per disprezzo o per rammentarsi di non commettere due volte lo stesso errore.

Forse per quella frase incisa anche nel suo cuore, così da non poter mai cancellare quel giorno?

“Don’t forget” aveva scritto. “Non dimenticare”.

Strinse la labbra, soffocando un qualsiasi impulso a reagire, un grido, una lacrima, un sospiro. Non avrebbe mai potuto dimenticarlo.

Si voltò, dando le spalle all’incendio ormai domato da anni. Percorse a ritroso la via sterrata che portava alla strada più importante, camminando sul limite destro, che costeggiava un ampio campo fiorito.

Si chinò, per raccogliere una candida margherita che si stendeva soave con lo stelo verso il cielo, di un azzurro quasi inesistente.

Portò i morbidi petali al naso, per poterne catturare il profumo semplice ma incredibilmente importante.

E così, non si accorse di essere già arrivato lì, alle porte di quel luogo a lui così conosciuto.

Superò la staccionata di legno e avanzò di qualche passo, con lo sguardo perso, fino a giungere davanti alla lapide biancastra.

Si fermò lì, mentre il nome della mamma continuava a rimbombargli nella mente. Nei suoi ricordi, si formò l’immagine di suo fratello che piangeva, disperato, abbracciando quella lapide, quasi fosse veramente la sua cara mamma.

Incredibilmente, sentì sul viso le lacrime calde ce aveva versato, così sofferte, segrete.

Si sfiorò la guancia, riscoprendola asciutta, com’erano quelle lacrime, che ormai erano solo un lontano ricordo.

Posò le labbra su un petalo, stampandone addosso un piccolo bacio.

Distese il braccio verso la tomba, lasciando che il fiore andasse a posarsi accanto alla pietra ruvida.

L’oro dei suoi occhi tornò a posarsi sul nome lì inciso, e quasi il suo cuore riuscì a scorgere quel dolce sorriso che tanto gli mancava.

Un ultimo sguardo, fugace, prima di rigirarsi verso il tramonto, ormai buio, solcato dalle prime stelle timide.

Tornò sui propri passi, mentre quel ramo del passato rimaneva immobile alle sue spalle, stampato sui candidi petali della margherita.

A passi lenti, si ritrovò sulla strada di casa.

Un vociare divertito lo accompagnò per tutta la via e l’abbaiare gioioso di Den lo accolse con vitalità.

Avvicinandosi di più, avvertì l’odore del latte messo a bollire, unito a quel delizioso aroma di carne cotta che proveniva dallo stufato.

Delle rose bianche risplendevano sui vasi alle finestre, completando con la loro delicatezza e il loro profumo quell’atmosfera così perfetta.

Sulla veranda, poco lontano dalla porta di legno, Winry stava srotolando un panno dal cesto della biancheria appena lavata.

Scosse il tessuto vermiglio un paio di volte, prima di stenderlo sul filo trasparente da bucato.

Edward si fermò e chiuse gli occhi, per fotografare quell’istante e renderlo eterno, quasi fosse un ricordo sottratto alla sua memoria e proiettato nel mondo dinnanzi a lui.

Strinse bene le palpebre per poi riaprirle, confuso, ma con il cuore libero e leggero come il volo di una farfalla.

Era tutto ancora lì.

Il latte che sicuramente Al si accingeva a bere, lo stufato della zia Pinako, i fiori sul davanzale.

C’era anche lei, quella ragazza che aveva appena steso ad asciugare la sua palandrana, e che ora gli correva in contro, per accoglierlo con un bacio a fior di labbra.

E mentre la stringeva a sé, sentì la sua pelle, e i capelli, e gli occhi, così diversi eppure così simili.

Quel profumo speciale che aveva percepito solo in sua madre, lo ritrovò in quella chioma bionda e splendente, così dolce e familiare, che gli fece venire i brividi, accompagnata da quel sorriso che, ne era certo, non avrebbe mai stentato a riconoscere.

-          Bentornato a casa, Ed.

 

 

Eccoci qui, alla chiusura di questo capitolo. Allora, che ne pensate? Aspetto le vostre recensioni, mi fanno sempre davvero molto piacere!

 

Ora non posso rispondere ai commenti del capitolo precedete, perché sono all’opera con una one-shot (EdWin, ma non proprio. Se la leggerete, capirete perché). Comunque voglio ringraziare tutti/e quelli/e che mi hanno lasciato una recensione.

 

Grazie, siete speciali.

 

Ah, un’ultima cosa. Stamattina sono entrata su face book per vedere se avevo notifiche, e sulla bacheca ho trovato la notizia che hanno doppiato in italiano l’ultima scena dell’episodio 64 di FMa Brotherhood, quella in cui Ed si “dichiara” a Winry.

 

Vi lascio il link del video ( a me ha fatto piangere anche se l’avevo già vista sub ita!) http://www.youtube.com/watch?v=hyjePG3_FnA

 

Ok, ho definitivamente finito.

 

Al prossimo capitolo, baci.

MeggyElric___

 

 

   
 
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