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Autore: Aledileo    16/12/2010    0 recensioni
Primo capitolo della Saga di Avalon, successiva alla Trilogia di Flegias, che vedrà i Cavalieri dello Zodiaco combattere contro la più grave minaccia che la Terra abbia mai affrontato. Il giorno del giudizio, il crepuscolo del vecchio mondo, è infine arrivato.
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dragon Shiryu, Pegasus Seiya, Siegfried / Orion, Syd / Mizar, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga di Avalon'
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Si colpiranno i fratelli
e l'un l'altro si daranno la morte;
i cugini spezzeranno
i legami di parentela;
crudo è il mondo,
grande l'adulterio.

(dall’Edda poetica: La profezia della Veggente)

 

 

PROLOGO

 

Una gelida fiamma crepitava nel braciere al centro del Salone del Fuoco, ove la Celebrante di Odino era solita ricevere ospiti e riunire i Cavalieri a lei fedeli. Lingue di fuoco si allungavano verso l’alto soffitto, rischiarando l’antica fortezza di Midgard, la città degli uomini, per quanto ormai la maggioranza del popolo la conoscesse come Asgard.

 

Troppo intenti ad affannare per sopravvivere al freddo da trascurare le tradizioni, retaggi di un mondo distante, gli uomini avevano dimenticato il loro stesso passato, pur senza cancellarlo mai. Nella speranza che un giorno Odino posasse di nuovo lo sguardo su di loro, e concedesse quel posto al sole di cui avrebbero voluto godere.

 

Ilda di Polaris, Regina di Midgard, sedeva vicino al braciere, scorrendo con interesse e apprensione la missiva che Atena le aveva inviato pochi giorni prima. Una lettera in cui la Dea raccontava all’amica lo svolgimento e la conclusione della guerra contro Flegias, il figlio di Ares, a cui la stessa Ilda e i suoi Cavalieri avevano preso parte.

 

Dopo essersi infatti servito di Seth e Apopi, Saga di Gemini, Zeus e Crono, e persino di suo padre Ares, il demoniaco Flagello di Uomini e Dei era stato costretto ad agire in prima persona, mettendo su un esercito di Cavalieri neri, dotati delle armature delle costellazioni dimenticate e guidati da sette Capitani dell’Ombra. Pegasus e i suoi compagni, aiutati dai Cavalieri d’Oro e d’Argento, e dal prezioso contributo di Avalon e dei Cavalieri delle Stelle, erano riusciti a impedire che le tenebre ricoprissero il mondo, annientando Flegias e ponendo fine alla minaccia che da anni, forse da secoli, pareva incombere su tutti loro.

 

Che sia arrivato il momento della pace? Con questo interrogativo si interrompeva la missiva arrivata dalla Grecia. Che sia arrivato il giorno in cui gli uomini possano godere appieno del calore del sole?

 

Ma Lady Isabel, in fondo al cuore, non ne era affatto convinta.

 

E Ilda sorrise, realizzando che l’amica avesse ben compreso le preoccupazioni che albergavano nel suo animo. Le stesse che da settimane ormai l’avevano spinta a rinchiudersi nella torre più alta della fortezza, a consultare testi antichi che sua madre le aveva lasciato in dono, ricordandole, in punto di morte, di servirsene.

 

Per fronteggiare l’inverno. L’ultimo inverno, a cui non sarebbe seguita alcuna primavera.

 

La voce squillante di Flare, seduta poco distante, rubò la Celebrante di Odino ai suoi pensieri, spingendola a sollevare lo sguardo verso la sorella, intenta a ricamare un maglione di lana per Cristal il Cigno.

 

“Sono contenta che la guerra sia finita! È tempo che i Cavalieri depongano le armi! Da quanti anni il mondo è insanguinato da stragi e battaglie?!”

 

“Fin dalla nascita, Flare! Fin dalla sua creazione!” –Commentò amaramente Ilda, alzandosi in piedi.

 

“Ma sorella…” –Rispose Flare, delusa da quella cinica, ma veritiera, risposta.

 

Flare… Sei molto dolce, e tra noi due sei sempre stata la sognatrice, la ragazza che ha portato nel cuore un sogno di pace per sé e per la Terra!” –Esclamò Ilda con voce seria, fissandola con occhi di ghiaccio. –“Ma verrà il momento in cui dovrai abbandonare i tuoi sogni e combattere anche tu! Verrà il giorno in cui dovrai essere forte, più di quanto lo sei stata finora! Per difendere Midgard, Asgard e la Terra tutta!”

 

“Un’altra guerra?!” –Trasalì Flare. Ma la conversazione tra le due fu interrotta dall’ingresso di Enji nel Salone del Fuoco.

 

“Mia signora… Perdoni l’ora tarda…” –Mormorò il servitore di Ilda, inginocchiandosi di fronte alla regina. –“C’è una visita per lei!”

 

“In questa fredda notte?! Fai passare!” –Commentò la Celebrante di Odino, mentre Enji si rialzava, facendo cenno alle guardie, accanto al portone d’ingresso, di farla entrare. Solo in quel momento Ilda si accorse dello strano sguardo del suo servitore, quasi fosse spento e a tratti incosciente, e si chiese se il momento che Flare tanto paventava non fosse già arrivato.

 

Sospirò, prima di posare lo sguardo sulla donna appena entrata, una megera dalle mani avvizzite che camminava a fatica reggendosi a un nodoso bastone di legno. Ricoperta di cenci logori, la vecchia, che da Enji fu presentata come Thokk, si fermò di fronte al braciere del fuoco, dall’altra parte del quale Ilda la fissava con attenzione.

 

“Cosa posso fare per te, Thokk? Vuoi forse che bagni di gioia di vivere i tuoi occhi, affinché tu possa piangere lacrime sincere?”

 

Flare ed Enji si guardarono senza capire la risposta della Celebrante di Odino, ma la donna, che non accennava a staccarle gli occhi di dosso, parve comprenderle e scoppiò a ridere. Di una risata lenta e acuta, a tratti isterica, intrisa di una soddisfazione che certo non avrebbe immaginato di provare.

 

“Lascia che Hel si tenga quel che ha, ha avuto o avrà! Del destino di Balder più non mi curo! Non piansi secoli addietro, quando rischiò di morire, né piangerò adesso!” –Rispose infine, torcendo le secche labbra in una smorfia. –“Io sono venuta a portarti un dono, Ilda di Polaris!”

 

“Un dono?!” –Ripeté Ilda, con voce priva di timore alcuno.

 

Fimbulvetr, ecco cosa ti porto! Il grande inverno!” –Sogghignò, mentre una corrente di aria gelida soffiò improvvisa nella stanza, abbattendosi sul braciere e isterilendo le sue fiamme. Una corrente pervasa da una potente e antica energia cosmica.

 

Le guardie al portone, attratte dalla confusione, si fecero avanti, ma bastò il leggero movimento di un braccio della vecchia per schiacciarle contro i muri, tramortendole, prima di voltarsi verso Flare, Enji e Ilda, intenti a ripararsi con i mantelli dalla tempesta di gelo che aveva invaso il salone.

 

“Ah ah ah! L’inverno è arrivato! Presto il sole e la luna cadranno e non splenderanno più stelle sull’alto cielo, solo fiamme e ombra! I simboli del mio nuovo impero!” –Rise la vecchia, modificando il timbro della sua voce, che da gracchiante si fece più seria e maschile, accompagnandosi ad un mutamento delle sue forme.

 

“Ti aspettavo…” –Si limitò a commentare Ilda, osservando l’uomo che adesso le si ergeva di fronte.

 

Alto e snello, con un volto affascinante e dai tratti perfetti, che nel corso dei millenni molti aveva irretito soltanto con lo sguardo, Loki, figlio dei giganti Farbauti e Laufey, porse alla Regina di Midgard un sorriso ambiguo, come era nella sua natura.

 

***

 

Lo stesso gelo, che Loki aveva portato a Ilda, Balder se lo sentì nel sangue quella notte. Si alzò dal letto, dove riposava assieme a Nanna, sua inseparabile compagna, e camminò a piedi nudi fino alla terrazza del palazzo. Breidablik, la strada scintillante, la casa che risplendeva da lontano, luogo perfetto per il figlio di Odino che pareva irradiare, con la sua sola presenza, una luce di strabiliante chiarezza.

 

Si affacciò e abbracciò con lo sguardo l’intera Asgard, o almeno quella parte di paradiso che i suoi occhi potevano cingere, e capì che ciò che della sua terra aveva a lungo amato presto non sarebbe stato più. Niente sarebbe stato più.

 

Lo aveva già temuto mesi addietro, dopo settimane di sogni angoscianti, quando si era avventurato da solo nel Regno delle Nebbie, per parlare con Hel e convincerla a desistere da ogni impresa funesta. E adesso ne era certo come non mai.

 

“I segni ci sono tutti! La Profezia che tanto abbiamo temuto è ormai realtà!” –Si disse, abbandonandosi ad un sospiro per le tristi sorti in cui il mondo intero era ormai precipitato, divorato dai mali che lui aveva cercato di combattere per tutta la vita, usando le armi che gli erano proprie: la raffinatezza, il candore e il garbo, sperando che potessero bastare per evitare agli uomini sofferenze atroci.

 

“Ma così non è stato! Ho fallito!”

 

E pensò alle guerre che avevano insanguinato il mondo fin dalla sua creazione, guerre che negli ultimi anni erano aumentate, non soltanto con l’incremento dell’ombra sulla Terra, ma con il maggior numero di scontri a cui gli uomini si erano abbandonati. Scontri cruenti, scontri tra di loro, ove gli antichi legami erano stati sciolti e i vincoli familiari erano caduti e l’invidia, l’avidità e la brama di potere avevano trionfato. Tutte le regole della convivenza sociale erano state violate e turpi misfatti erano stati compiuti. Adulterio, prostituzione, anarchia morale. La depravazione del genere umano pareva non avere fine, e Balder si rattristò, realizzando che i mali di cui gli uomini erano vittime erano in realtà nati da loro stessi, e cresciuti grazie all’abiezione senza limiti che avevano dimostrato.

 

Balder?!” –La calda voce di Nanna lo rubò ai suoi pensieri, portandolo a volgere lo sguardo verso la donna al cui fianco aveva trascorso una vita intera. Una vita piena di luce, la stessa che aveva tentato di offrire agli uomini e agli altri Dei. Non perché credesse di essere migliore, ma perché sperava che potesse sovrastare l’ombra che indugiava nell’animo di ognuno di loro.

 

“Abbiamo tutti fallito!”

 

Non aggiunse altro e se ne andò, donando a Nanna l’ultimo sorriso prima di vestirsi, indossando le sue vesti migliori, e uscire dalla reggia di Breidablik.

 

Fu così che Balder lo splendente, il più bello dei figli di Odino, andò incontro al suo destino.

 

 

 

   
 
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