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Autore: Nezu    24/12/2010    2 recensioni
[alla fine dell'ottavo capitolo, scuse a Caska per la mia infantilità] Sono sempre stato uno degli studenti più rispettati al college e, checchè ne dica il professor Xigbar, non ho proprio voglia di avere lui come nemico... La Maruzeku promessa! (anche Akudemy e Mansaix, magari poi ne verranno fuori altri...)
Genere: Romantico, Triste, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Shoujo-ai, Yaoi | Personaggi: Malefica, Naminè, Organizzazione XIII
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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20. Pandemonium

 

Sprofondò il volto nel cuscino facendosi mancare il respiro; si chiese quanto avrebbe potuto resistere così, ma dopo un po’ decise che non gli importava più di tanto, non era certo sua intenzione soffocare. Sorrise contro la stoffa quando sentì il divano su cui era steso abbassarsi ulteriormente sotto il peso dell’altro ragazzo.

Si voltò appoggiando la nuca al cuscino, sorridendo piano, ciocche di capelli gli coprivano gli occhi.

< Ho appena parlato con mio padre, puoi restare da noi quanto vorrai.>

Mormorò il ragazzo dalla pelle scura, liberando con un gesto lento e leggero la fronte del suo compagno per ammirare liberamente quegli splendidi occhi da predatore.

< Non voglio essere un peso per te…> mormorò Saix dalla sua posizione distesa.

< Non lo sei. E’ sempre un piacere stare con te.> ribatté deciso l’altro, un sorriso sghembo ad incurvargli le labbra.

Si squadrarono per qualche istante e lo sguardo del ragazzo steso si addolcì, divertito.

< Ruffiano.>

Il ghigno di Xemnas si ampliò vistosamente.

 

*

 

Nei giorni di pioggia passavamo il tempo a guardare la gente passare in fretta davanti casa nostra, coprendosi con ombrelli o delle valigette ventiquattr’ore. Sembravano tutti avvocati o dottori, pezzi grossi, con un’aria professionale anche sotto l’acquazzone e mi chiedevo continuamente se fosse un caso che tutti loro avessero l’aria da uomini d’affari oppure no.

Marluxia adorava commentare quelle persone, le loro andature, quello che il loro aspetto gli suggeriva, mentre io restavo ad ascoltarlo con un libro aperto sulle ginocchia, facendo finta di leggere e gettando di rado qualche occhiata al di là del vetro; quando poi cominciava a farsi troppo buio per poter guardare fuori lui cominciava ad accarezzarmi la testa e parlava, parlava di progetti, di sensazioni, di ricordi.

Credo che quello sia stato il periodo più bello che io e lui abbiamo passato assieme, non eravamo già più così giovani da darci alla frenesia del momento, eravamo più razionali, ma non troppo, per fortuna. Quelli erano momenti in cui ci permettevamo di mostrarci esattamente com’eravamo, di dire proprio quello che pensavamo. In quei casi potevo mandarlo al diavolo e baciarlo dieci secondi più tardi, era decisamente liberatorio.

Un giorno, in un tardo pomeriggio invernale, quando già si era all’imbrunire e scendeva una pioggia tetra e leggera sulla città, Maru mi indicò un vecchio dalla barba bianca che arrancava a fatica sul terreno viscido, aiutandosi con un bastone.

< Mi ricorda mio nonno, sai? – mi disse osservando rapito l’uomo – Aveva la sua stessa espressione. L’ho sempre visto molto vecchio e stanco della vita, passava intere giornate senza rivolgere la parola a nessuno, rigirandosi tra le mani il giornale del giorno prima. A volte mi faceva salire sulle sue ginocchia e cantava piano delle canzoni della sua epoca, cose che non ho mai più sentito. Le ho perse quando lui è morto e mi ricordo a malapena qualche melodia.>

Seguì una pausa, io sentivo l’aria pulsare attorno a noi, carica di sentimento: sapevo che quello che stava dicendo gli costava molto, non ero solo io ad aver innalzato col tempo una barriera. Solo che la sua era diversa, meno visibile della mia.

< Credo… credo che quando anch’io sarò vecchio assomiglierò a mio nonno e a quell’uomo là fuori. Forse sarò addirittura più stanco.>

Mi passai il dorso della mano sulle labbra, leggermente preoccupato.

< Sono pronto a sopportarti anche quando sarai così, non preoccuparti.>

< Non potrai sopportarmi per sempre.>

< Ho una gran pazienza.>

< Non mi riferivo a quello.>

Deglutii. Sapevo che era un’illusione il poter morire assieme, probabilmente uno di noi due sarebbe restato solo e, sinceramente, avevo paura ad essere io: non sarei riuscito a sopportare la solitudine, non dopo essermi abituato a stare con lui. A dire il vero, la piega che il discorso stava prendendo mi faceva molta paura.

< Non avrò neanche nipoti a cui cantare.>

Mi colpì al cuore in una maniera che non avrei creduto possibile e per un istante mi sentii in colpa, tremendamente in colpa, forse perché non ero donna, forse perché non potevo aiutarlo in alcuna maniera o forse perché non avevo neanche mai pensato a quella che probabilmente sarebbe stata la nostra fine.

< Mi sembra strano che tu scopra solo ora il tuo istinto paterno.>

Alla mia sferzata lui sollevò un sopracciglio, guardandomi perplesso. Per un momento pensai di aver oltrepassato il limite, di aver detto qualcosa che era meglio non dire: temetti di aver rovinato tutto.

Ma poi sorrise.

< Non prendertela. Sono contento di come sto ora e non cambierei nulla della mia vita.>

Non sapevo cosa rispondere.

Non sapevo proprio cosa rispondere.

 

*

 

Faceva freddo, un freddo assurdo.

Sfregai le mani l’una contro l’altra cercando di scaldarmi, il mio fiato che si condensava non appena lasciava le mie labbra. Era da almeno dieci minuti che aspettavo Marluxia in macchina e mi stavo letteralmente congelando: fuori un vento freddo sferzava impietoso facendo ondeggiare pericolosamente i rami spogli degli alberi accanto alla macchina.

Potevo distinguere le scheletriche figure nere dei rami stagliarsi sul cielo blu scuro, il sole era tramontato da poco.

Sbuffai scocciato, pestando un poco i piedi nel tentativo di riscaldarli, con scarsi risultati; non sapevo dove fosse andato a finire Maru. Dopo aver parcheggiato aveva detto che doveva consegnare un pacchetto ad un suo amico ed era uscito.

Doveva essere una questione di pochi minuti, ma a quanto pareva c’era stato un contrattempo.

Guardai fuori dal finestrino, cercando di capire esattamente dove fossimo: il luogo mi era familiare, ma non riuscivo a ricordare in che circostanza ero già stato lì.

Mi morsi il labbro già martoriato e rovinato dal freddo e decisi che avevo aspettato abbastanza.

Ebbi la tentazione di mettere in moto l’auto e lasciarlo lì, ma la mia coscienza me lo impedì, era troppo di cattivo gusto.

Uscii dalla macchina chiudendo piano la porta e mi guardai attorno. L’illuminazione era scarsa, c’era un solo lampione acceso a qualche metro di distanza. Mi ricordavo in che direzione Marluxia si era avviato e mi limitai a seguire la stessa via.

Dopo poco realizzai che posto fosse quello in cui mi trovavo, era il cimitero. C’ero stato solo una volta, diversi anni prima.

Deglutii ed entrai senza pensarci due volte; era un ambiente molto piccolo, non era il cimitero principale e ci misi ben poco a scorgere tra le ombre la figura di Maru che mi dava le spalle.

Feci un passo avanti prima di ricordare chi esattamente era stato seppellito là dove stava il mio compagno e mi bloccai. Una folata di vento mi fece rabbrividire.

Mi strinsi nel cappotto guardando ancora per qualche secondo Marluxia, lì fermo immobile, le mani dietro la schiena e i capelli mossi.

Era strano, era strano perché sapevo che era un peso che continuava a portarsi dentro, ma lo nascondeva talmente bene che anch’io, che lo conoscevo meglio di chiunque altro, mi facevo ingannare. E mi sentivo un ingrato per questo, perché lui, per quanto io cercassi di non darlo a vedere, riusciva sempre a capire quando qualcosa in me non andava e riusciva sempre ad aiutarmi a superare le mie difficoltà.

Non potevo certo dire la stessa cosa di me.

Tornai indietro senza farmi notare, quello era un incontro strettamente privato tra lui e Naminé, io non dovevo intromettermi: quei pochi momenti di fragilità che si permetteva erano troppo importanti.

Dopo qualche minuto Maru mi raggiunse in macchina scusandosi per il ritardo; feci l’imbronciato per un po’, mi comportai esattamente come avrei fatto se non avessi scoperto cosa stava realmente facendo.

Tornammo a casa in un silenzio surreale, lui guardava la strada con occhi assorti, tanto che ad un certo momento decisi di proporgli di fare cambio e lasciar guidare me; lui si riscosse e rise, continuando a guidare come se niente fosse.

Quella sera, mentre mi stavo spogliando, si avvicinò a me da dietro e mi baciò piano il collo, un contatto di soli pochi istanti.

< Che fai?>

Non rispose, ma fece scorrere la mano sulla mia schiena, sfiorando quei leggeri segni che erano ancora lì, a memoria di quanto avevo passato.

< Si vedono ancora. – mormorò accigliato – Di certo non aiutano a dimenticare.>

< Ho già dimenticato tutto quello che dovevo dimenticare. Per il resto, rifarei tutto esattamente come l’ho fatto anni fa, non ho più rimpianti.>

Quel che era successo anni prima non mi preoccupava, era passato e basta.

 

*

 

“Questa splendida giornata di sole mi fa pensare al tuo visetto felice, tesoro. Buona giornata, amore!”

Guardai perplesso l’sms e poi fuori dalla finestra: tempestava di brutto, il vento era così forte da far tremare l’instabile comignolo della casa di fronte e la pioggia batteva con forza inaudita sulle finestre.

Idiota.

“Spero che il fulmine del mio amore ti colpisca in pieno incenerendoti, stupido!”

Rileggendo il suo messaggio mi venne da ridere: era un dannatissimo idiota.




Note d'Autrice: Lo so, lo so. Anni dall'ultima volta che ho aggiornato e probabilmente questo finale non è poi così soddisfacente... però io ci ho provato x°D
L'ho riscritto più e più volte, non sapevo proprio come terminare questa storia, ma posso dire che, probabilmente, la lemon spin-off per Van-chan la scriverò
lo stesso x°D Scrivere porn ormai non mi è più così difficile come prima (colpa del p0rn fest >->). 
Il titolo riprende la puntata di Full Metal Panic Fumoffu, in cui si vedono vari spezzoni della prima serie, dato che qui ho descritto delle mini-scenette non
in sequenza temporale.
Ringrazio tutti coloro che hanno avuto la forza e la pazienza di seguirmi fino alla fine e anche quelli che si sono arresi prima (se a un certo punto stavo per
arrendermi io, l'autrice, direi che non siete da biasimare, tutto questo è andato avanti per troppo tempo xD).
Un bacio a voi e un commentino a me, che non è mai mal visto.
   
 
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