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Autore: bluemary    29/12/2010    4 recensioni
La donna sollevò lo sguardo senza rispondere, rivelando gli occhi che fino a quel momento si erano rivolti altrove. Incapace di muoversi, la guardia la fissò sconvolto. L’iride nerissima era frammentata da piccoli lampi di grigio, come delle ferite che ne deturpavano l’armonia, donando al suo sguardo una sfumatura intensa quanto inquietante; ma era stato il centro stesso dell’occhio ad aver attratto da subito l’attenzione dell’uomo, che adesso la fissava quasi con terrore, le mani strette convulsamente alla lancia ed il respiro affannoso: al posto del nero della pupilla, si stagliava il bianco tipico degli Oscuri.
Cinque sovrani dai poteri straordinari, una ragazza alla ricerca della salvezza per una razza intera, un umano con la magia che sembra stare dalla parte sbagliata. Benvenuti su Sylune, una terra dove la speranza è bandita e dove gli ultimi uomini liberi lottano per non soccombere.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sylune' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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-Capitolo 6: La sopravvissuta-

Un battito.
(Sentiva tanto freddo)
Un altro battito.
(Come se il gelo la stesse pian piano risucchiando verso le tenebre)
Ancora un battito nell’oscurità.
(e lei si stesse perdendo in quel silenzio tanto innaturale che a malapena la lasciava respirare)
Una sensazione di paura la avvolse all’improvviso.
(soffocava nelle tenebre)
Sentì un appello disperato a cui non poteva dare risposta risuonare dolorosamente tra i suoi pensieri, lacerandoli.
(senza possibilità di scampo)
E la sua anima veniva schiacciata da una solitudine divorante.
(perché era da sola)
Una lacrima le scese sulla guancia.
(e da sola non ce l’avrebbe mai fatta).


Viridian aprì gli occhi.
Attorno a lei c’erano le quattro pareti scure di una piccola stanza, nessun suono turbava la calma mortale di quel posto, a malapena illuminato da un paio di candele poste sopra un tavolino nero.
Respirò a fondo, pronta ad un altro giorno di buio e solitudine, il costo che aveva dovuto pagare per la salvezza; ormai avvolgersi nelle tenebre era l’unico modo con cui poteva difendersi da coloro che desideravano la sua magia.
Ogni attimo era più doloroso del precedente. Strinse le gelide sbarre della prigione in cui si era volontariamente rinchiusa per arginare il proprio potere e lanciò uno sguardo affranto al di là di esse. Sapeva che non avrebbe potuto controllarsi a lungo, già la sua determinazione cominciava a vacillare, schiacciata da quel soffocante silenzio, e presto non sarebbe più bastata la sua forza di volontà a trattenere la magia. La sentiva fremere dentro il proprio corpo, smaniosa di liberarsi e accorrere in aiuto di quella voce che la tormentava anche durante le poche ore in cui riusciva a riposarsi.
Non sarebbe riuscita a rimanere separata da lei ancora per molto.
E, allora, non avrebbe avuto più scampo.
All’improvviso, senza alcun suono, un ragazzo moro le comparve di fronte.
D’istinto Viridian fece un rapido passo indietro, le mani tese, pronta ad utilizzare la magia per difendersi da quello che credeva un nemico. Appena prima che scagliasse tutto il suo potere contro quell’intruso, il giovane alzò lo sguardo, permettendole di riconoscere nei suoi occhi lo stesso colore presente nei propri; abbassò le mani di scatto.
- Tu non provieni dall’Esilio. - mormorò con stupore, percependo la sua presenza in maniera troppo nitida perché fosse nella dimensione in cui tutti gli Eterei erano stati confinati.
Il ragazzo ricambiò l’occhiata sorpresa, lasciando intravedere solo per un attimo un’intensa delusione.
- Nemmeno tu.
Si squadrarono ancora per diversi secondi, quasi per capire se dovessero considerarsi nemici o alleati, prima che la ragazza rompesse il silenzio.
- Chi sei?
- Mi chiamo Kilik.
- Io sono Viridian.
L’Etereo le si avvicinò lentamente, senza alcun segno di minaccia, con un timido sorriso di simpatia.
- Sei una di quelli che hanno passato la barriera?
- Già. - rispose la ragazza, continuando poi con un tono indecifrabile - Pensavo di essere l’unica sopravvissuta, ma a quanto pare anche tu sei come me.
Il giovane scosse la testa.
- Io non sono mai stato esiliato. Non possiedo grandi poteri e quando gli Oscuri hanno compiuto il rituale per bandirci da Sylune io ero convalescente da una brutta febbre. Probabilmente la mia magia era troppo debole perché venissi riconosciuto come Etereo.
Nuovamente Viridian gli lanciò un’occhiata sorpresa.
- Come hai fatto a trovarmi? - chiese, con ancora un accenno di diffidenza nella voce.
Nonostante il volto del ragazzo le sembrasse sincero, sapeva che i suoi nemici si servivano dei più insidiosi stratagemmi per raggiungere il loro scopo e preferiva mantenersi prudente, a costo di ignorare l’istintiva simpatia che a prima vista aveva provato nei suoi confronti.
- Stavo cercando mio fratello. Ci siamo separati da diversi giorni e lui è stato fatto prigioniero di uno degli Oscuri. Quando ho percepito una presenza magica ho pensato che potesse essere lui… - mormorò Kilik con la voce spezzata.
Tutta la diffidenza di Viridian si sciolse all’improvviso, di fronte all’espressione addolorata del ragazzo.
- Mi dispiace… - sussurrò, appoggiandogli una mano sulla spalla.
L’Etereo la strinse senza dire nulla.
Il fatto di scoprirsi appartenenti alla stessa razza, perseguitati dai medesimi nemici, aveva instaurato tra loro un legame ed un’atmosfera di comprensione reciproca che non si sarebbero creati in così breve tempo in altre circostanze.
- Hai voglia di parlarmi di tuo fratello?
Lentamente, quando ormai la ragazza aveva rinunciato alla possibilità di ottenere una risposta, Kilik cominciò a raccontarle cos’era successo con voce lenta e a tratti soffocata.
- Lui è uno come te, ha passato la barriera. - fece una pausa, come per raccogliere le forze - Siamo sempre stati attenti a non farci scoprire, eppure un giorno dei soldati ci hanno attaccato. Pensavo che fossimo riusciti a scappare tutti e due, lo sentivo proprio dietro di me… - la sua voce si spezzò, impedendogli di continuare.
Un doloroso silenzio scese in quella stanza tetra, prima che il ragazzo riprendesse a parlare.
- Quando sono tornato sui miei passi lui non c’era più. E adesso non riesco nemmeno a contattarlo con la magia.
Viridian gli lanciò un’occhiata di triste comprensione.
- Forse è sveglio, per questo non riesci a raggiungere la sua mente. - azzardò più per cercare di consolarlo che per una reale convinzione.
Una smorfia di dolore attraversò il volto dell’Etereo mentre con la mano si scostava i corti capelli neri che gli ricadevano disordinatamente sulla fronte.
- Allora dovrebbe essere sveglio da diversi giorni. - deglutì a stento, nel tentativo di trattenere quelle lacrime che sempre più spesso premevano per uscire allo scoperto sulle sue guance - E poi siamo gemelli, il nostro legame è più profondo del normale, è raro che io perda il contatto con la sua mente. L’ultima volta che sono riuscito a rintracciarlo mi ha detto che l’Oscuro lo stava torturando per spingerlo a rivelare la sua magia. E dopo non l’ho più trovato nei miei sogni.
Viridian non disse niente. Sapeva qual era il triste significato di non percepire più la presenza di un Etereo nemmeno andando in quella trance così simile al sonno degli umani; poteva quindi capire l’occhiata di delusione che il ragazzo le aveva lanciato non appena le era comparso di fronte, nel vedersi infranta anche quell’ultima tenue speranza di ritrovare il fratello in vita.
Kilik si guardò attorno, recuperando una parvenza di impassibilità, ma con le mascelle ancora contratte.
- Tu come mai sei qui?
- Mi sto nascondendo da Daygon.
L’Etereo annuì.
- Anche Kohori, mio fratello, ha adottato questo stratagemma per sfuggire all’Oscuro che l’aveva catturato. Mi ha detto che è doloroso. - aggiunse poi, guardando Viridian con un lampo di preoccupazione nelle iridi viola.
- Un po’. - rispose la ragazza, abbozzando un pallido sorriso che non le raggiunse gli occhi.
All’improvviso nel suo fermo autocontrollo si formò una crepa, da cui cominciarono a fluire tutte le sue emozioni e la paura che fino a quel momento era stata tanto brava a nascondere dietro un’espressione distaccata e appena incuriosita per la presenza di Kilik. In mezzo all’oscurità, in compagnia di un Etereo come lei che le faceva pesare ancora di più la solitudine passata e futura, non riusciva ad essere forte.
- Non so se ce la farò. - mormorò con un singhiozzo, mentre sentiva l’umida scia delle lacrime solcarle le guance - E’ sempre peggio, presto perderò il controllo.
Il ragazzo l’abbracciò, accarezzandole i lunghi capelli castani e stringendola forse più del normale per cercare di reprimere con il suo calore il dolore straziante che provava per la perdita del suo gemello. Stranamente, trovarsi di fronte ad una persona tanto simile a Kohori sembrava quasi lenire la sua sofferenza.
Si staccò da lei lentamente, aspettando che dai suoi occhi viola scendessero le ultime lacrime, prima di lasciarla con l’accenno di un sorriso.
- Invece resisterai, Viridian. E, una volta scoperto cos’è successo a mio fratello, verrò a salvarti.
La ragazza lo guardò mentre cominciava a svanire, regalandole una debole speranza che riusciva ad illuminare perfino la sua buia prigione.
- Ti ringrazio Kilik.

Nel tetro regno di Ghedan, in una casa piccola ma pulita, una vecchia attendeva con impazienza che la ragazza stesa di fronte a lei riprendesse conoscenza.
Nessuno avrebbe mai immaginato che quella donna dal volto rugoso ed i capelli grigi striati di bianco un tempo fosse stata una delle più grandi guaritrici su Sylune, eppure, pur non possedendo la magia, era riuscita più volte a strappare alla morte persone che parevano senza speranza.
La sua conoscenza del corpo umano e delle erbe mediche con cui usava creare unguenti e pozioni la rendevano ancora adesso un abilissimo medico e, nonostante da diversi anni non esercitasse più ufficialmente il suo lavoro, gli abitanti del suo villaggio e di quelli vicini avevano l’abitudine di rivolgersi a lei per qualunque ferita o malattia, certi di non rimanere inascoltati.
Raramente, se il caso era davvero grave, era la stessa donna a mettersi in viaggio per assistere qualcuno bisognoso delle sue cure; era stato appunto in uno di questi viaggi che si era imbattuta in quella ragazza adesso stesa nel suo letto.
Vedendo che non accennava a svegliarsi, la vecchia guaritrice si alzò dalla sedia su cui era rimasta a vegliarla fino a quel momento, cominciando a preparare il pranzo.
Una ruga più profonda delle altre si formò sulla sua fronte: erano due giorni ormai che la giovane dormiva, respirando in maniera appena percettibile, e, nonostante tutti i suoi sforzi, sembrava che fosse destinata a spegnersi così. In verità non aveva mai nutrito forti speranze di riuscire a salvarla, le ferite che le coprivano il corpo erano risultate fin dalla prima occhiata troppo gravi e profonde per lasciarsi andare ad un utopistico ottimismo, tuttavia, nella sua lunga vita, la donna non era mai riuscita ad accettare la sconfitta.
Quasi volesse assecondare i suoi pensieri, il rumore di una coperta che veniva scostata all’improvviso risuonò in quella casa silenziosa.
Con un’evidente espressione di sollievo, la vecchia guaritrice si voltò verso la giovane che si era appena svegliata.
- Come ti senti?
La ragazza si toccò piano il petto avvolto da numerose bende, sbattendo più volte le palpebre, come per mettere a fuoco quella stanza sconosciuta ma accogliente.
- Dove mi trovo?
- A Northlear. Un villaggio sotto il regno di Ghedan, a qualche lega di distanza da Lorimar. - aggiunse la donna, nel vedere l’occhiata interrogativa della sua ospite.
La giovane si mise a sedere, stringendo i denti per la bruciante fitta di dolore che le aveva attraversato il corpo, mentre si rendeva conto di non ricordarsi nulla del suo passato.
- Cos’è successo? - chiese, con la testa che le girava per la debolezza.
- Ti ho trovato all’entrata di Huan, circondata dai corpi dei soldati e coperta di sangue, se non ti avessi vista muovere il braccio non mi sarei mai resa conto che eri ancora viva.
- Ti ringrazio molto.
- Sono una guaritrice, non lascerei mai morire un essere umano. Inoltre, chiunque si schieri contro gli Oscuri ha tutto il mio appoggio. - le lanciò un’occhiata indagatrice - Era contro di loro che hai combattuto, vero?
La ragazza annuì, mentre la memoria le tornava all’improvviso, in un susseguirsi di immagini e ricordi. Rivisse l’attimo in cui aveva deciso di fermarsi a combattere invece di scappare, i soldati che continuavano a comparire di fronte a lei, come se fossero senza fine, la prima dolorosa ferita sul suo braccio e poi solo il suo stesso sangue che colava a terra ed un velo nero sulla sua coscienza.
- C’erano altri sopravvissuti fuori dal villaggio? - domandò, con un’improvvisa urgenza nella voce.
La vecchia scosse la testa.
- Solo dei corpi carbonizzati appartenenti ai soldati degli Oscuri.
- Nessuna ragazza?
- No.
Con un’espressione preoccupata, la giovane si alzò di scatto dal letto, ignorando la fitta di dolore che la attraversò per quello sforzo improvviso e lo sguardo allarmato della sua ospite; cominciò ad esaminarsi la spalla fasciata ed il petto, come per sincerarsi sulle sue condizioni e capire fin dove si potesse spingere senza che il suo stesso corpo si ribellasse.
- Non devi sforzarti, le tue ferite non si sono ancora rimarginate. - la ammonì la guaritrice con voce preoccupata.
Senza ascoltare le parole della vecchia, la ragazza cercò invano di muovere il braccio destro, anch’esso avvolto da bende ancora sporche di sangue, non riuscendo nemmeno a contrarre le dita. Dolore allo stato puro le invase il corpo, lasciandola boccheggiante per diversi secondi, mentre, con orrore, si rendeva conto di non avere alcuna sensibilità in quell’arto.
- Il mio braccio…non riesco a sentirlo.
- Perché erano su di esso le ferite più profonde. Non ti preoccupare, quando guarirai sarai in grado di muoverlo, anche se forse non più come prima.
La ragazza abbassò lo sguardo sulle bende che circondavano, per la prima volta sul suo volto comparve un accenno di disperazione.
- Potrò ancora combattere? - mormorò con una terribile paura nella voce.
- Questo dipende da come il tuo organismo reagirà alle pozioni che gli ho dato. Ti ho curato le ferite, ma i danni ai muscoli e agli organi interni sono stati davvero gravi, una ragazza più debole di te non sarebbe sopravvissuta.
Notando la sua espressione affranta, la vecchia guaritrice le poggiò una mano sulla spalla, attenta a non toccarle le ferite, mascherando la verità con le frasi più consolatorie e sincere che riuscì a trovare.
- Vedrai che riuscirai a guarire alla perfezione, in fondo hai già dimostrato di possedere una tempra fuori dal comune. L’importante è che ti riposi il più possibile, d’accordo? - fece con voce incoraggiante, aspettando che la giovane annuisse prima di interrompere quel brusco abbraccio.
- Che ne dici intanto di recuperare le forze mangiando qualcosa? - le chiese poi con un’espressione rassicurante, mentre le porgeva un piatto fumante colmo fino all’orlo di una densa zuppa di carne - Comunque il mio nome è Alista.
La ragazza prese il piatto con la mano sinistra, lasciando che un fievole sorriso facesse capolino sul suo volto fino a raggiungerle i limpidi occhi castani.
- Io mi chiamo Sky.
   
 
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