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Autore: Gipsy Danger    07/01/2011    5 recensioni
Sesta classificata e vincitrice del premio giuria nel contest "Amore Fraterno" di Rota; prima classificata e vincitrice dei premi Stile e Originalità nel contest "Sulle orme di Nessuno" di Fatafaby.
Kail ha diciassette anni, vive da normale adolescente e si è sempre dichiarata figlia unica.
Yash, suo fratello, di anni ne dovrebbe avere ventisette, ma la vita gli è stata negata prima ancora che potesse conoscerla.
Quando Kail lo scopre, finisce per spalancare, inavvertitamente, la porta tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Spetta a lei, ora, scoprire perché Yash ha bisogno del suo aiuto e difendere la memoria di suo fratello con l’unica arma che ha a disposizione: la scrittura…
Genere: Drammatico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Capitolo 1
(…and a Shadow)


Come si fa a non pensarci più?

Pomeriggio dello stesso giorno. In macchina, con papà.
La ragazzina guarda fuori dal finestrino, i piedi calzati nelle sneakers strapazzate da una pioggia di troppo appoggiati sul cruscotto. Cerca di concentrarsi sulla monotona, infinita fila di campi di grano che affiancano la strada- per non pensare ad altro, per non pensare male.

Domani piscina con le ragazze
(Come si fa a non pensarci più?)

Non vedevo l’ora, accidenti! Non ci vediamo da un’eternità…da quando Sarah è partita per l’isola e poi-
(Come si fa a non pensarci più?)

 E finalmente di nuovo insieme- e chissenefrega se non posso farmi il bagno per colpa della cicatrice-
(Come si-
smettila.)
-ci sdraieremo sotto l’ombrellone, prenderemo per il culo le fighette con gli occhiali così grandi da sembrare mosche, giocheremo ad uno e

Forse
Non so
Dovrei parlare di-?
(Come si fa a non pensarci, non pensarci, non pensarcinonononononononononono PIÚ?)

No, perché-
ci dev’essere un modo per togliermi questa maledetta merda dalla testa.

(Come si fa a non pensarci p-
BASTA, CAZZO)

“Amore, perché quella faccia scura?”

La ragazza vorrebbe sbattere la testa contro il finestrino. Mandare il vetro in pezzi e spingersi i frammenti acuminati nella mente e trafiggere il maledetto, stronzissimo pensiero saltellante che non la smette di assillarla da quando è uscita dalla clinica, la stessa mattina.

Ovviamente, questo solleverebbe un bel casino con i suoi genitori.
Ma me ne frega qualcosa? Dopotutto stamattina me ne hanno rifilato uno proprio loro, di casino. Un problema. Un peso. Un coso ingombrante e piagnucoloso e invadente e grosso come un-

-    come un bambino?, suggerisce una voce da qualche parte nella sua testa.
Una Voce profonda e quieta, come il riverbero dell’acqua in remote cavità lontane.

Kail rabbrividisce, sgrana gli occhi, preme la nuca contro il poggiatesta. Attende un paio di secondi, contratta e sorpresa, ma la voce non aggiunge altro. Lei sospira.
Avrò sognato.

“Niente. Stavo pensando.” Bofonchia, il tono di un ottava più bassa del solito.

Suo padre non fa commenti. È abituato a risposte del genere- in fondo sta parlando con sua figlia, la bizzarra creatura preda di colpi di ispirazione del tutto imprevedibili e non sempre puri e buoni che si alza in piena notte per buttare giù idee su pezzi di carta volanti. È tutto nella norma.

Riprende a guardare la strada. Canticchia a bocca chiusa, come ha sempre fatto, e lei è contenta di lasciarlo concentrarsi su quei due piccoli, semplici compiti.

Le è stato ripetuto un’infinità di volte quanto sia cattiva ed egoista, una per ogni lite.
Ma i suoi genitori non hanno idea di quanti ragionamenti contorti preferisca tenere per sé, in modo che non feriscano loro. Che non li disturbino.

Di solito le piace anche, tenere duro e lasciare che le piccole, irritanti spine di certi pensieri le lascino segni nella carne. È una maniera per dimostrare a sé stessa di essere forte. Di saper resistere.
Ma stavolta no.
Stavolta è diverso.

Stavolta, se (ne avesse il coraggio) potesse, griderebbe e imprecherebbe per manifestare il turbine di emozioni che le gira nel petto. Proprio come se fosse arrabbiata? Ma sì. Perché lei è arrabbiata. Furibonda.

Avrebbe il diritto di fare il diavolo a quattro.
Forse, se il rogo che le si è acceso nel petto trovasse uno sfogo, lo squarcio che quel dannato numero 1 le ha aperto stamattina verrebbe cauterizzato.
E allora ciao-ciao pensieri molesti. Fine delle preoccupazioni.
Perché i dubbi, le domande, le immagini…se ne andrebbero.
Vero?

Da capo.

(Come si fa a non pensarci?)

Non c’è cura, mia cara. Risponde la Voce di prima.

Una voce da adulto. Troppo matura perché possa far sgorgare un nuovo fiotto di emozioni conturbanti dalla ferita, per farla pensare al-

-    bambino, sì. Al bambino mai nato.

Tuttavia.
Stranamente, basta il suo eco perché il pianto nel buio riprenda. Una patetica sequela di singhiozzi senza capo né coda in cui si sprigiona tutto il terrore di scivolare via e cessare di esistere.

La ragazza tiene gli occhi bene aperti, anche se le pungono come se avesse vespe dietro le palpebre. Sa che se li chiudesse finirebbe per amplificare il suono in maniera esponenziale, quindi si rassegna ad ascoltare suo fratello piangere e tiene duro.
O almeno, ci prova.

*

Quella notte sogna.

Non è una cosa anormale, per lei: gli scrittori ci campano, sui sogni. Per lei sono fondamentali, oltretutto, dato non c’è una sola delle sue storie che non venga da una visione notturna.
Ma stavolta è terrificante, perché non basta la sua semplice forza di volontà per svegliarsi e scappare.
Non c’è via d’uscita. Punto.

Sogna un tunnel buio e freddo. Un’ombra umana le cammina davanti – la figura di un uomo adulto, nebulosa come vista attraverso il ghiaccio. Impossibile dire quanti anni abbia, di che colore siano i capelli, che forma gli occhi. È così confusa, la sua sagoma… potrebbe dissolversi nel nulla ad un semplice soffio di vento.
Traballante, ad un passo dallo svanire, lo spirito – o qualunque cosa sia- marcia risoluto lungo una via senza fine.

Kail si affanna a stargli dietro. Il petto le fa un male da impazzire, ma per quanto agogni di raggiungere quel fievole spettro, per quanto si sforzi di affiancarlo, toccarlo, sentirlo, lo spazio che li separa si gonfia all’infinito, distanziandoli sempre di più.

Dopo le prime due ore di quella tortura, Kail riesce a tornare in sé per puro miracolo.
Con le lacrime agli occhi, striscia fuori dalle coperte e cade sul pavimento fresco. Si rialza a fatica.
Prende il diario che ha lasciato sulla scrivania.
Apre a una pagina bianca, proprio in mezzo al quadernetto a spirale su cui annota ogni cosa.

Scrive.

Perché non mi hai aspettato?

Ci rimane male, quando la Voce che ha sentito nel pomeriggio non le risponde.

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