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Autore: Dira_    08/01/2011    22 recensioni
“Mi chiamo Lily Luna Potter, ho quindici anni e credo nel Fato.
Intendiamoci: niente roba tipo scrutare il cielo. Io credo piuttosto che ciascuno di noi sia nato più di una volta e che prima o poi si trovi di fronte a scelte più vecchie di lui.”
Tom Dursley, la cui anima è quella di Voldemort, è scomparso. Al Potter lo cerca ancora. All’ombra del riesumato Torneo Tremaghi si dipanano i piani della Thule, società occulta, che già una volta ha tentato di impadronirsi dei Doni della Morte.
“Se aveste una seconda possibilità… voi cosa fareste?”
[Seguito di Doppelgaenger]
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Capitolo XX
 


 


I've always lived like this, keeping a comfortable distance.

And up until now I swore to myself that I'm content with loneliness,
'cause none of it was ever worth the risk.
But darling, you’re the only exception¹…
(The Only Exception, Paramore)
 
 
14 Ottobre 2023
Torre di Grifondoro, Dormitorio delle ragazze del Quinto.
 
“Sembra che tu ti stia preparando ad un appuntamento…” Esordì Abigail Finnigan, incuneata nel bovindo della finestra del dormitori delle ragazze del Quinto anno.
Lily non le rispose subito, presa dal compito di dare una tinta uniforme al suo ombretto. I trucchi babbani le piacevano, a differenza delle monotone terre che usavano le streghe per truccarsi.
Il problema è che vanno messi alla babbana… se provo ad usare la bacchetta divento un clown come è successo alla povera Fiona alla festa di Halloween dell’anno scorso.
“… sai, di quelli con tappa finale a Madame Piediburro.” Continuò imperterrita l’amica togliendosi dalle labbra un leccalecca al sangue, una delle sue tante, incomprensibili, passioni dolciarie.
“Non sto andando un appuntamento. Anche perché ad un appuntamento non ci porterei certo i miei fratelli…” Puntualizzò, anche se sapeva che l’aria scettica di Gail aveva qualche fondamento.
In effetti non si era mai sentita tanto nervosa per un ragazzo.
Stava portando Sören a conoscere parte della sua famiglia, del suo clan. E non sarebbero state quattro rapide chiacchiere scambiate a cena, ma un intero pomeriggio ai Tre Manici di Scopa.
Suonava impegnativo e, a conti fatti, lo era.
Specialmente perché Jamie farà una comparsata… Morgana, quanto vorrei che Teddy non insegnasse qui ma chessò, in Francia! O anche in un paese oltre Oceano, va bene lo stesso.
“Dì quel che vuoi, ma secondo me hai una cotta pazzesca per quel tedesco!”
“Io non ho cotte Gail, ho interessi.” Precisò nuovamente, controllando il trucco. Leggero: non abbastanza per beccarsi un rimbrotto dai professori più bigotti, ma abbastanza per darle carattere.

Ah!
Andò poi a frugare nell’armadio per trovare un paio di scarpe che non fossero drammaticamente nere e piatte come quelle della divisa. A volte si dimenticava che esisteva un intero mondo di scarpe meravigliose, visto che non poteva indossarle ad Hogwarts.
Gail ridacchiò, lanciandole un’occhiata curiosa. “Sì, come ti pare, ma ti metti in tiro solo quando esci con un ragazzo!”
Lily sbuffò: in realtà truccarsi per lei era una sorta di protezione. Sentirsi carina le permetteva di rilassarsi. Che ne aveva proprio un gran bisogno in quel momento.

Jamie ha già fatto battute idiote. Per lettera. Non oso immaginare che si inventerà dal vivo.
Neppure l’idea che ci fosse Al a frenarlo la tranquillizzava del tutto.
Sören stava diventando importante per lei, inutile negarlo. Ormai si era abituata a vederlo ogni mattina davanti alle porte della Sala Grande, ad aspettarla per fare colazione. Si era abituata a non portare più il peso della borsa dopo aver mangiato, perché era lui che la scortava a lezione dopo ogni pasto.
Si era abituata a studiare con lui in biblioteca, a vederlo al lato opposto del tavolo a sfogliare distratto i propri libri di testo e ad interromperlo continuamente per chiarimenti.
Sarebbe stato stupido non ammettere che si stava affezionando al suo amico di piuma come ad un amico in carne e ossa.
Perché ehi, adesso lo è. Se voglio posso prenderlo a braccetto o chiedergli di fare una passeggiata lungo il lago. Non devo aspettare un Gufo per sentirmi rispondere ad una domanda.
Sören per lei era fantastico. Punto.  
“Voglio solo che i miei fratelli e miei cugini lo adorino come lo adoro io. Tutto qui!”  
Abigail inarcò le sopracciglia, mentre le passava sciarpa e cappotto, visto che li aveva precedentemente abbandonati sul suo letto. “Ma sentila! Scommetto che i tuoi fratelli sanno solo la metà dei ragazzi con cui sei uscita. Forse.” Non attese risposta, perché era palesemente una domanda retorica. “Quindi… da quando ti interessa la loro opinione se si tratta di un ragazzo?”
Ehm.

Si trovò a corto di parole e si sforzò di trovare una battuta adeguata. Non la trovò.
“Ecco. Ho ragione!” Gongolò l’amica tendendogli la borsa. “Lo vedi?”
Lily non vedeva niente, ma non era del tutto sicura che non ci fosse qualcosa.

 
****
 
Hogwarts, Vascello di Durmstrang, Pomeriggio.
 
Sören non aveva potuto rifiutare.
Anche se avrebbe voluto farlo, veramente.
Lily quel lunedì gli si era avvicinata, a tavola, mentre veniva fastidiosamente mangiata con gli occhi da Poliakoff e gli aveva chiesto se aveva voglia di prendere una burrobirra con lei e i suoi fratelli ad Hogsmeade, quel sabato.
Non aveva potuto rifiutare ed ora quel sabato era diventato quel giorno.
“Se è un appuntamento non puoi andarci con la divisa!” Lo apostrofò Kirill, steso sul letto mentre scorreva con gli occhi una rivista raffigurante streghe procaci e poco vestite.
Sören non rispose, guardando invece con frustrazione il proprio guardaroba.  
Non era tagliato per quel genere di cose, non si sarebbe mai stancato di sottolinearlo.
Però doveva ammettere di avere anche una certa dose di curiosità ad animarlo. Avrebbe finalmente avuto la possibilità di parlare faccia a faccia con Thomas, il figliol decisamente non prodigo.  
Si allacciò la camicia, controllandosi allo specchio. La cura personale della propria persona era qualcosa che gli era stato inculcato sin da bambino.
Nessun Hohenheim deve sfigurare in pubblico. Mai.
Diede uno sguardo veloce alle sue mani, e schioccò la lingua frustrato quando si rese conto che aveva un’abbondante quantità di inchiostro secco sotto le unghie.
Lanciò un’occhiata al compagno di stanza, mentre versava acqua nella bacinella per pulirsele.
“Tu non dovresti stare preparando la mia Prova?”
Il russo, interpretando la sua occhiata, si affrettò a rispondere. “Ci sto lavorando, sono in pausa.” Spiegò. “Sto aspettando dei Gufi da certi miei contatti… di lavoro. Di mio padre.” Si corresse, con una smorfia nervosa. “Sta’ tranquillo, okay? È tutto sotto controllo.”
“Lo spero. Non ho tempo da perdere constatando i tuoi fallimenti.” Si arrese all’impossibilità di rendersi perfettamente immacolato. Mangiarsi le unghie fino alle cuticole non aiutava nelle operazioni di pulizia.

Si infilò il panciotto in velluto e si sedette sul letto per calzare gli stivali.
“Non hai niente di meno sfarzoso?” Continuò imperterrito Kirill, che a quanto pareva sembrava trarre sommo diletto dal perdere tempo nel propinandogli consigli sul vestire. “Sei un po’ troppo… classico.”
Lo so da me.  
“Così è come mi vesto, e comunque non avrei nient’altro da mettermi.” Replicò salace, sentendosi investire da un irritante senso di inadeguatezza. Quando era a Durmstrang, quando c’era stato come un vero allievo, non aveva mai approfittato delle uscite libere mensili.
Quindi non ho mai avuto l’opportunità di capire come si vestono i miei coetanei…
Adesso lo so. Non come me.
“Ah.” Kirill fece un sorrisetto. “Non preoccuparti comunque. Alle ragazze piacciono i damerini, sai.”
“Non è un appuntamento.” Sibilò sentendosi orribilmente imbarazzato. “Fa parte del mio compito.”
“Sì, come no…” Convenne con aria sorniona. Ad una sua occhiataccia cercò una diversione. “Insomma, voglio dire, tuo zio ti ha ordinato di stare dietro alla ragazzina, no?”
“Per riassumere.” Convenne guardingo.

“Beh, allora perché non le stai dietro sul serio? Non sembra una che si fa problemi a divertirsi un po’.” Fece una pausa, fraintendendo la sua espressione. “Io me la farei.”
“Io no.” Aveva un’improvvisa voglia di affatturare quel viscido idiota che gli era stato assegnato come tramite. Avrebbe preferito persino un maniaco del Duello come Radescu ad un ragazzo con così poca… decenza.

“No?” L’altro sbuffò. “Prendi i tuoi compiti troppo alla lettera allora.”
Sören serrò la mascella, sentendola scricchiolare. Un brutto vizio, decisamente. Si chinò all’altezza del viso del compagno. “È questo che fa la differenza tra me e te.” Mormorò pacato, e per questo, seppe di stare spaventando l’altro. “Tu la sedurresti, ma solo io la ucciderei se mi venisse ordinato. Per questo Hohenheim ha dato questo compito a me. Cerca di ricordartelo, Kirill.”
Il ragazzo deglutì mentre il sorriso gli scivolava via dal volto. “Dovrai ucciderla?” Chiese con un filo di voce.

Sören stese un sorriso amaro: come purosangue di un antica famiglia di maghi russi, il cui nonno era entrato nella Thule, Poliakoff era stato cresciuto per esserne un futuro membro, ma non certo di quelli che si sarebbero sporcati le mani.
Quel ragazzo non aveva mai visto nessuno ferito per mano della sua bacchetta. E probabilmente non l’avrebbe visto mai.
Quelli che fanno il lavoro sporco sono quelli come Johannes. E me.
“Non mi è stato ordinato.” Si risolse a rispondere. “Quindi non lo so.”
“Ma lo faresti?” Lo incalzò sedendosi sul letto. “Hai già ucciso?”
Sören indossò il mantello senza rispondere. Sentiva quel freddo spiacevole insinuarglisi nello stomaco. Lo stesso freddo che gli si attanagliava addosso dopo ogni incubo.

Era il buio.
Avrebbe ucciso Lilian Potter?
La risposta era ovvia: sì, se gli fosse stato ordinato. Non aveva ancora ucciso nessuno, ma l’avrebbe fatto perché faceva sempre ciò che gli veniva detto. Così serviva la Thule e suo zio.
Era il motivo per cui viveva; non c’era altro modo che conoscesse per dare un senso al fatto che fosse ancora lì mentre la sua casata, i Prince, marciva ormai sei piedi sotto terra, dimentica dal mondo.
Solo così posso essere un Hohenheim.
“La tua pausa è finita Kirill.” Esordì, sentendo la sua voce provenire da molto lontano mentre apriva la porta. Doveva uscire. “Torna al lavoro.” Non aspettò che gli rispondesse e percorse velocemente le scale e il boccaporto.
I colori dell’autunno gli esplosero davanti agli occhi non appena scese dalla passerella che ancorava la nave al molo. Avrebbe voluto goderseli come un qualsiasi altro ragazzo della sua età. Per un momento lo desiderò davvero.
Si può desiderare qualcosa che non si è mai avuto?
Il fatto era che, per quanto fosse ironico, lo stava avendo. Assumendo l’identità di Sören Luzhin, avvicinando Lily, aveva avuto la possibilità di essere quel Sören, che forse avrebbe salutato con un sorriso il sole autunnale che gli scaldava la faccia.
Che avrebbe avuto degli amici e una vita normale.
È tutta una finzione. Ed è giusto che sia così.
Lily lo aspettava appoggiata alla staccionata del pontile. Ancora con una delle sue gonne scomodamente corte, ancora con i capelli sciolti al vento. Fuori da scuola, aveva notato, non se li legava mai.
“Ciao Ren! Accidenti, come sei elegante!” Lo salutò con la consueta allegria. Cambiò però immediatamente espressione non appena furono abbastanza vicini. “Ehi, cos’hai?”
Sören si chiese se fosse la Legimanzia Naturale o se fosse proprio una caratteristica di Lily capire con un’occhiata quando qualcosa non andava negli altri.  

Forse è entrambe…
“Niente.” Mentì scrollando le spalle. “Perché me lo chiedi?”
“Per la tua faccia. Sembra tu stia andando ad un funerale…” Corrugò le sopracciglia meditabonda: erano sottili, leggermente ricurve e le davano sempre un’espressione di curiosità stampata in viso. “… È per il Torneo?”
“No, ti ho già detto che non mi preoccupa. Ho un Assistente, sta lavorando.”
“Ah, quindi sai in cosa consisterà la Prima Prova?” Lo interrogò, ma si vedeva che la risposta non la interessava poi così tanto. “Sul serio, cos’hai?” Ripeté infatti. “È per Hogsmeade? Se non ti va di incontrare i miei fratelli va bene…”
“No.” La fermò cercando di sorridere. Spero di non aver fallito miseramente nell’impresa. “Va tutto bene. Suppongo di essere solo stanco…” Tentò di rassicurarla. L’espressione dubbiosa della ragazza non scomparve, ma perlomeno non fece altre domande, preferendo prenderlo sottobraccio come suo solito.

“Come vuoi!” Disse infatti. “Ah, un paio di parole su mio fratello James…” Si schiarì la voce con intenzione. “È un po’ un idiota, quindi… ecco. Non dare molto peso a quel che dice, okay?”
“Va bene.” Acconsentì distratto, notando che era truccata. Ed era anche nervosa, almeno a giudicare dal modo in cui gli si era aggrappata al braccio.
Non cercava rassicurazioni però; sembrava semplicemente volerselo tirare il più vicino possibile.
Sta cercando di rassicurare me?
“Perché sei nervosa?” Chiese, perché era quello che doveva fare. Perché era un modo per dimenticare la conversazione con Poliakoff.
Dovrai ucciderla? Ma lo faresti?
Lily profumava di gigli. Conoscendola, usava quella fragranza proprio per via del significato intrinseco del suo nome². Era un profumo lieve, intenso, continuo. Proveniva dai suoi capelli, dai suoi polsi, dal collo e dalle labbra.
Sören aveva smesso di contare le volte in cui la bocca gli diventava secca e il cuore cominciava a battergli furioso nel petto. E tutto perché Lily lo toccava. Per lei avere quel genere di gestualità era del tutto normale. Per lui non lo era mai.
Era fastidiosa, a volte. E anche piacevole. Era strano.
Dovrai ucciderla? Ma lo faresti?
Sì, se mi venisse ordinato.
“Non sono nervosa.” Borbottò la ragazza, distogliendolo dai suoi pensieri. “Non lo sono affatto.”
Sören tentò con un approccio diverso. Aveva capito che andare dritto al punto, con poco tatto, con Lily non era mai una buona idea. “È solo che lo sembri…” Quando vide che non negava, continuò. “Posso sapere il perché?”
Lily serrò le labbra, e fece un mezzo sorriso. Era timido. “Mi hai scoperta…” Borbottò attorcigliandosi una ciocca di capelli tra le dita. “Ci tengo che vada bene. Che tu piaccia ai miei fratelli. È una cosa stupida?”

Sembrava imbarazzata. Lo sembrava sempre quando smetteva quella maschera da sciocca ochetta. Come se essere sé stessa la mettesse a disagio.
“Non lo è. Farò del mio meglio per non deludere le tue aspettative.”
Sì, se mi venisse ordinato.
Lily gli sorrise radiosa. Perché incredibile a dirsi, ma quell’aggettivo esisteva davvero e descriveva perfettamente i sorrisi di Lilian Potter.
Il bacio sulla guancia non se l’era aspettato, ma sentirsi arrossire come un idiota fu decisamente l’ultimo dei suoi problemi.
 
****
 
Hogsmeade, Pomeriggio.
 
Albus doveva ammettere di essere curioso.
Per questo aveva acconsentito volentieri a quell’uscita. Inoltre Hogsmeade era sempre una buona occasione per sfuggire ai suoi doveri di Caposcuola.
Dello stesso avviso non sembrava essere Tom, che stava palesemente perdendo tempo con una pergamena, secondo lui per tastarne il grado di assorbimento dell’inchiostro.
Erano da Scrivenshaft da quasi un’ora e stavano tardando all’appuntamento con Lily.
Volutamente.
“Tom, sono tutte uguali!”
“Questo lo dici tu. Detesto che l’inchiostro sbavi.”
“Le tue pergamene non sono mai sbavate, quanto sei odioso…” Rintuzzò togliendogliela dalle mani per metterla nel cestello degli acquisti. “Andiamo, stiamo facendo tardi!”
Tom fece un lungo sospiro, ma acconsentì a pagare e uscire.

“Mi spieghi cos’hai contro l’amico di Lily?” Dovette chiedergli alla fine, quando lo vide rallentare l’andatura in dirittura dei Tre Manici.
“Nulla, ma detesto queste occasioni di socializzazione forzata.”
“… nelle pubbliche relazioni fai proprio schifo…” Sbuffò infilandosi le mani nelle tasche del giubbotto, visto che si era dimenticato i guanti. “Il bello è che saresti anche bravo, se solo ti sforzassi!”
“Non intendo farlo.” Fu la consueta replica.
Al lo guardò tra il divertito e l’esasperato. Tom aveva un carisma eccezionale. Non si era mai sforzato per convincere le persone a fare ciò che voleva. Sarebbe stato capace di essere un leader, ma a quanto sembrava la sua misantropia lo teneva ben lontano da qualsivoglia sogno apologetico.

E di questo, sono molto grato a chiunque ci sia lassù.
“Non potresti considerarlo un favore a Lils?”
“Lo sto facendo. Per questo sono qui.” Borbottò a mezza bocca, guardando quasi con astio il locale che si stagliava di fronte a loro. “Considera che c’è anche James.” Sottolineò.

“Pensi che mi piaccia l’idea di doverlo gestire da solo, visto che Rosie ha dovuto dare forfait, con Scorpius senza un Assistente e in dirittura di Prima Prova?”
Tom serrò appena le labbra, e Al seppe che l’aveva presa sul personale.

Del resto avevano avuto una discussione su quello. Quando Scorpius gli aveva chiesto di essere il suo secondo, Tom non aveva esitato un secondo, prima di sbottare un ‘no’, neanche gli avesse chiesto di spalare letame di drago.
Che è quello che in effetti gli ha detto Scorpius…
Comunque poteva capire le sue remore: Tom era stato al centro di un vero e proprio tifone l’anno prima. Ne portava ancora le cicatrici. Di notte si agitava ancora nel sonno, e come se non bastasse era certo che avesse sviluppato un odio cocente per qualsiasi forma di rettile.
Era comprensibile che non avesse molta voglia di infilarsi in una nuova avventura potenzialmente mortale, specialmente se forse riguardava un Basilisco. Scorpius era stato mosso dal momento e dalla sua impulsività grifondoro, ma aveva un po’ mancato di tatto.
Specie perché per Tom non è ancora finita… Non è il caso che si esponga.
Dovrà trovarsi un altro martir… err. Volontario.
“Volevi che gli dicessi di sì, per caso?” Gli chiese secco, distogliendolo dalle sue considerazioni.
Al sospirò.  
“No.” Replicò pacato. “Tom, è solo… queste persone… sono la nostra famiglia e i nostri amici. Sei stato scortese con Scorpius. Cerca di non esserlo con l’amico di Lils.”
Tom non rispose, ma Al seppe che l’aveva ascoltato. Infatti varcò la soglia del pub senza fare ulteriori rimostranze. Non si stampò in faccia un sorriso cordiale, ma perlomeno distese i lineamenti.

Beh, accontentiamoci…
Lily era al tavolo col suo famoso amico tedesco. Famoso perché Lily ne parlava in continuazione, benché Albus lo avesse visto solo una manciata di volte in quei due mesi. La delegazione di Durmstrang non brillava certo per sapersi integrare: mangiavano sempre a ranghi serrati, ed erano pochi gli allievi che scambiavano qualche parola con gli altri studenti.
In quel momento però, Sören sembrava molto distante dall’idea che Al aveva di allievo di Durmstrang.
Prima di tutto, non aveva addosso quell’orrenda uniforme – davvero, era di un colore deprimente – ma vestiti veri, anche se più adatti ad un membro del Ministero che ad un ragazzo della loro età.
Secondo, aveva i capelli più lunghi della media – bocce rasate. Infine, non aveva il physique du rôle, era anzi piuttosto smilzo e non molto alto. Neppure i lineamenti sembravano quelli di un figlio del Nord.
A dire il vero, sembra inglese. E somiglia a qualcuno che ho già visto, tra parentesi…
Solo non mi ricordo chi…
“Ehi, eccovi qua!” Esordì Lily, e Al notò che era truccata. La cosa lo turbò un po’. Complesso da fratello maggiore, probabilmente. “Mi aspettavo che Jam facesse ritardo, ma voi due…”
“L’ho trattenuto io, da Scrivenshaft.” Si sforzò di articolare Tom, che aveva piantato gli occhi addosso al tedesco dal momento stesso in cui era entrato nel loro campo visivo.

Ah, ma guarda…
“Sei sempre il solito, ma non spegni mai il tuo gene secchione?” Lo apostrofò Lily ridendo. “Ah… lui è Ren.” Si voltò verso l’amico. “Ren… mio fratello Albie e mio cugino, o qualcosa del genere, Tommy.”
“È Al.”
Non è Tommy.”
Sören inarcò le sopracciglia, poi sorrise, alzandosi. Al pensò che non doveva esserci molto abituato, perché sembrava tentarlo quel sorriso, più che farlo. Tese la mano a nessuno dei due in particolare. “È un piacere potervi conoscere.” Recitò in un inglese senza sbavature, forse leggermente più aspro della norma.
Al gli afferrò la mano prima che Tom avesse la meravigliosa idea di non stringerla: si era infatti immobilizzato nella contemplazione dell’altro e sembrava non avere notato il gesto.

Ma che cavolo!
“Puoi chiamarmi Al.” Si presentò con il sorriso delle grandi occasioni. Vide con la coda dell’occhio la sorellina sorridergli raggiante.
Lo faccio perché ti adoro Lils. Perché altrimenti sarei costretto chiedere a Ren se per caso non ha interessi nella nostra metà del cielo.
Sono geloso, e allora?
“Al, certamente.” Acconsentì quello, ignaro dei suoi pensieri. “Se non sbaglio il nome completo è Albus Severus.”
“Ehm, sì… Non l’ho scelto io.” Mise le mani avanti, come sempre, rassegnato.
“Sören è la versione tedesca di Severus.” Concluse invece l’altro.
“Dai!” Albus lo guardò sorpreso: era raro trovare qualcuno che condividesse il suo secondo nome. In effetti, fino a quel momento lo aveva condiviso solo con un morto. “Non lo sapevo…”
“Neanche io!” Intervenne Lily. “Che coincidenza!”
“Decisamente.” Convenne il tedesco, mentre si mettevano tutti a sedere. “In realtà è un nome che viene tramandato da generazioni nella mia famiglia. Come secondo o primo nome, dipende.”

“Non me lo avevi mai detto…” Spiò Lily prendendo il menù per dargli una scorsa. Sören scrollò le spalle, ma ad Al sembrò che lo facesse un po’ rigidamente, quasi si fosse pentito della frase appena pronunciata. Lo vide anche tamburellare le dita – aveva le unghie mangiate – sul tavolo.
È un tipo nervoso… Ed è un Campione. Beh, non ha granché l’aspetto di un Campione del Tremaghi.
Si sentì meschino non appena lo pensò.
“Non ce n’è stata l’occasione…” Disse intanto Sören. Poi lanciò un’occhiata a Tom, ed Al ebbe la netta impressione che stesse radunando le idee. “… invece tu sei Thomas.”
“Già.” Replicò l’idiota-che-fissava, senza smettere di fissare. Al gli tirò un calcio sotto il tavolo, ma fu testardamente ignorato. “Dobbiamo chiamarti Sören o Ren?”
“Non saprei, per me è lo stesso. Suppongo sia un soprannome…” Esitò. “… adeguato. È la prima volta che me ne viene dato uno.” Aggiunse.

“Curioso.” Non perse tempo il serpeverde. “Di solito tutti hanno dei soprannomi… o delle abbreviazioni con cui vengono chiamati.”
Il tedesco stavolta si irrigidì in modo visibile. “Non io. Forse è perché ho un nome corto.”

“Ordiniamo?” Fu costretto ad intervenire Albus. Non aveva idea di cosa diavolo stesse prendendo a Tom: solitamente in quelle occasioni snocciolava al massimo qualche convenevole prima di chiudersi nel suo comprovato mutismo. Era chiaro che lo straniero avesse catturato la sua attenzione.
Non in positivo però. Fantastico.  
Lanciò un’occhiata di avvertimento a Lily che annuì, sfoderando un bel sorriso. “Sì, anche se Jam è in ritardo… possiamo ordinare per lui, no?” Si alzò in piedi come una molla. “Vieni Ren, così mi dai una mano a portare le ordinazioni! Una burrobirra anche per voi due?”
“Veramente…” Tentò Tom. Ma non se lo meritava.

“Sì, per entrambi.” Lo interruppe Al, e quando i due si furono allontanati lo guardò male. “Si può sapere che ti prende? Lily ci tiene a questa cosa, lo sai!”
“Quel tipo non mi piace.” Fu la risposta. “C’è qualcosa che non va in lui.”
“Non esagerare! Certo, è un po’ rigido, ma hai visto come sono marziali quelli di Durmstrang? È già tanto che non ci abbia fatto un inchino…”

“Non è questo…”
“Allora cosa?”

 
Non era esattamente facile spiegare ad Albus cosa non andasse nell’amico di piuma di Lily.
Il fatto era che provava sempre una palpabile sensazione di allerta ogni volta che lo vedeva.
E avendocelo davanti, ne aveva avuto solo conferma: a lui sembrava di conoscere quel ragazzo.
Il che, naturalmente, era impossibile.  
Allora perché anche lui mi guarda come se mi conoscesse?
“Tom!” Lo riscosse Al. “Per favore, già Jamie comincerà con le sue battutine idiote da fratello maggiore… Non mettertici anche tu.” Gli mise una mano sul braccio. “Dai, perlomeno non è uno di quegli idioti tutto denti luccicanti e muscoli con cui di solito esce Lils!”
“Perché, escono assieme?”
Al scrollò le spalle, lanciando un’occhiata meditabonda verso la coppia che stava attendendo le loro ordinazioni. “Lei dice che è solo un amico… ma ci passa molto tempo assieme, sai… credo l’aiuti anche nei compiti.”
“Sì, me l’hai accennato.” Convenne. Si sentiva stupido, perché non c’era un solo, dannato motivo per cui dovesse trovare antipatico Sören Luzhin. Era stato cortese, parlava un buon inglese e vestiva in maniera impeccabile.

E questo è qualcosa che apprezzo, con tutti i maglioni Weasley a cui sono sottoposto quotidianamente…
Oggettivamente Luzhin avrebbe dovuto piacergli.  
“Mi dispiace, hai ragione. Cercherò di essere più amichevole…” Borbottò, perché sapeva di essere nel torto e non voleva essere accumunato a James. In nessun modo possibile.
Al gli sorrise e gli strinse la mano, in un grazie silenzioso mentre gli altri due tornavano armati di boccali di Burrobirra e whisky incendiari.
Sören si sedette di fronte a lui, porgendogli la bevanda. “Lilian mi ha detto che preferisci il whisky.”
“È praticamente l’unica cosa con cui non si ubriaca, oltre la Burrobirra!” Confermò allegramente la ragazzina, rifilandogli un sorrisetto divertito. “Vero?”
“Uhm.” Replicò poco impegnativo, accettando il drink con un cenno della testa. “Grazie.”
Sören replicò con lo stesso cenno, sorseggiando il suo. Lo faceva in maniera del tutto naturale, senza pause per evitare che il sapore troppo forte gli facesse strizzare gli occhi.

C’è abituato…
Tom gli guardò le mani. Avevano le dita lunghe e nervose. Poi guardò l’anello col blasone che aveva al medio della mano destra. Assottigliò lo sguardo: il segno dell’anello era strano.
C’è almeno qualche millimetro di pelle non abbronzata sotto… Non è l’anello che porta di solito. Ne porta uno più grande.
“È lo stemma dei Luzhin?” Indagò neutro.
Sören se lo rigirò tra le dita. “Sì.” Disse semplicemente. “A Durmstrang ciascun purosangue è tenuto ad indossare l’anello della propria famiglia. È una regola.”
“Sempre?”
“Quasi sempre.” Fu la risposta guardinga. Aveva capito che non era una domanda fatta tanto per fare.

Tom sorrise appena.
No, non è uno stupido…
“Qui invece non è obbligatorio… Sy non lo indossa mai, no?” Chiese Lily. “Mi ha detto che gli anelli lo fanno sentire una ragazza.” Si soffermò a pensarci. “È il ragazzo che dovrebbe meno preoccuparsi in tal senso che conosco… È davvero virile.”
“Scorpius Malfoy?” Chiese Sören, e a Tom sembro che tradisse un moto di insofferenza.
Gelosia? Appena accennata…
Almeno quella era una reazione normale, quasi banale, visto che riguardava Lily.  
Lily gli scoccò un’occhiata delle sue, pura malizia. “Lui in persona. Ma non preoccuparti Ren, sei tu il mio Campione!” 
Tom guardò con sorpresa l’altro arrossire. Era la prima volta che vedeva un ragazzo in preda ad un imbarazzo così profondo. E conosceva Al.
Specialmente per una battuta di Lily… neppure delle sue peggiori, tra l’altro.
Cos’ha, sei anni?
“Smettila…” Brontolò quello. “E comunque Malfoy è il tuo Campione. Sei una studentessa di Hogwarts.”
“Posso decidere io per chi tenere, non ti pare?” Scrollò le spalle, con una delle sue solite e spassionate prese di posizione. “Sy mi piace, ma farò il tifo per te. La cosa ti crea per caso qualche problema?” Chiese poi divertita.

Probabilmente l’unico a non essersi accorto che è diventato rosso come una scolaretta è giusto il tavolo…
Al dovette leggergli nei pensieri perché gli rifilò una gomitata giusto alla fine della frase.
“No, nessun problema.” Articolò Sören, dando un vigoroso sorso al suo drink. “Anzi, ti ringrazio…”
Albus a quel punto fece la domanda che lo qualificò come la serpe ufficiale della serata. “Così… state assieme?”
E poi sono io, eh?
Tom osservò con clinico divertimento Sören strozzarsi con un sorso di whisky e diventare paonazzo, mentre Lily alzava gli occhi al cielo.
La sensazione di allerta era scomparsa: precisamente da quando la più piccola dei Potter aveva cominciato ad interagire con il tedesco. Era come se lo stesse rendendo…
Normale?
“No.” Rispose quella, mentre il poveretto tentava di recuperare le proprie capacità respiratorie. “Non stiamo assieme … Ren ha per la testa il torneo, è un tipo serio.”
“Sì…” Soffiò quello. “Noi… non. No.” Non riuscì a concludere la frase per un altro accesso di tosse. Lily gli diede una confidenziale pacchetta sulla schiena. Sembrò solo peggiorare la situazione.

“Scusate…” Disse Al con aria contrita, che Tom sapeva essere falsa quanto Giuda. “È che di solito Lily non ci fa conoscere ragazzi che frequenta, e quindi pensavo… mi dispiace Ren, deformazione professionale. Da fratello maggiore, sai.” 
“… nessun problema…”
 
“Ehilà! V’ho cercato per tutto il pub! Vi eravate nascosti o che?”

Forse richiamato dall’allocuzione ‘fratello maggiore’ James si palesò in tutto il suo tronfio splendore.

Perlomeno non indossa quella ridicola divisa da proto-Auror…
Non che il giubbotto di pelle di drago rosso fuoco fosse meglio, beninteso.
Lily si aprì in un sorriso entusiasta, andando ad abbracciare il fratello. “Jamie! Questo giubbotto è veramente sexy!” Lo apostrofò facendosi avvolgere in un abbraccio da greezle.
Tom lanciò un’occhiata a Sören, che sembrava volersi trovare da tutt’altra parte. No, non sembrava granché abituato all’interazione umana. Specialmente a quelle con essere chiassosi come James Potter.
Questo posso capirlo.
Per un momento fu quasi solidale, prima di ricordarsi che non si fidava.
James intanto scandagliò il tavolo, fece un cenno della testa al fratello – ignorando lui, ma quella non era una novità – per poi infine soffermarsi sul tedesco.
E squadernò il suo temibile ghigno.
“Quel taglio di capelli non andava di moda un secolo fa?” Fu la prima cosa che disse, mettendo giù la sorella che si premurò di tirargli immediatamente una pacca sul petto.
“Non cominciare, scemo! Perlomeno presentati come si deve!”
“Sicuro.” Gli tese la mano. “James Sirius Potter. E tu sei…? Parli la nostra lingua?”
“Sören.” Replicò l’altro, a cui evidentemente non era andata giù la battuta sui capelli. “E sì, la parlo.” Aggiunse stringendogli la mano, con una sfumatura che Tom trovò deliziosamente glaciale.

“Oh, okay. Tanto meglio… io non parlo il bulgaro.”
“Sono tedesco…”
“Ah. C’è differenza?”
Tom sentì Al accanto a sé tirare un lungo sospiro, come un palloncino che si sgonfiava. Lily in compenso tirò un secondo ceffone sulla spalla del fratello, che ovviamente non servì a nulla.

Il ghigno persiste…  
Tom trovava James un imbecille, e quel siparietto glielo stava dimostrando.
Se ti sta antipatico a pelle almeno non mostrarlo gonfiando i muscoli e facendo la figura del troglodita con una geografia approssimativa in testa… Non depone a tuo favore.
“La Bulgaria e la Germania sono due stati diversi. Non confinano neppure. Non hanno la stessa lingua, una è del ceppo slavo, la seconda di origine germanica, come l’inglese.” Fu la conseguente spiegazione di Sören.
Tom vide Al serrare appena le labbra. La stessa espressione si dipinse sul viso di Lily mentre scendeva un silenzio scomodo.
Mai dare spiegazioni agli idioti. Non le capiscono e soprattutto non le apprezzano.
“Oh, grazie mille della lezioncina Ren…” James stirò volutamente il nome. “Sei un tipo sveglio, questo è sicuro. So che sei un Campione. I Campioni devono essere svegli, no? Almeno quello…”
“Grazie.” Replicò l’altro, che aveva capito benissimo che non si trattava di un complimento. Tom ne apprezzò il sangue freddo. Un altro, probabilmente grifondoro, avrebbe già cominciato a scaldarsi e a chiedersi dove diavolo avesse messo la bacchetta.

“Ti abbiamo preso una burrobirra, Jamie.” Lo ammonì silenziosamente Al. “Come va all’Accademia?”
“Ah, bene! Alla grande, naturalmente…” Bevve un sorso disinvolto, appoggiandosi allo schienale della sedia. Tom ebbe la certezza che stava tirando fuori il petto, anche senza rendersene conto. “L’Accademia Auror ti rende letale…”
Albus soffiò appena un’imprecazione mentre Lily assunse l’aria di chi avrebbe volentieri cambiato tavolo.

Sören fu l’unico a sembrare poco impressionato dalla cosa.
Forse non ha capito il sottotesto?
Lo guardò meglio, e vide che aveva i tendini del collo tesi e la mascella serrata. Semplicemente, era bravissimo a nascondere le sue emozioni. Un po’ troppo bravo.
Ha capito benissimo. Ed è un occlumante.
“Avete un’ottima Accademia preparatoria, sì…” Cercò comunque di dire con un sorriso freddino.
“Una delle migliori di Europa, naturale!” Convenne James. Non si lasciò però distrarre. “Ci alleniamo a duelli tutto il giorno e… esci con mia sorella, che è minorenne, perché ti piacciono piccole?”
Pronunciò entrambe le frasi senza soluzione di continuità, tanto che persino a Tom sfuggì il nesso logico. Perché ovviamente non c’è.
Sören batté le palpebre, e ci mise un attimo in più degli altri a capire il significato.
“No.” Disse poi, stavolta apertamente glaciale.
Jamie!” Intervenne Lily. “Non cominciare!”
“Non sto facendo niente.” Replicò il fratello, con un sorriso falsamente allegro. “Insomma, mi sto solo informando. Dopotutto è il primo ragazzo che ci presenti…”
“Non è per quel motivo, Merlino benedetto, stai capendo tutto sbagliato!”
“Forse è il caso che vada…” Esordì Sören, che a quel punto era ad un passo dal perdere la pazienza. “Il mio coprifuoco è tra un’ora.”
“Vi tengono a cuccia a Durmstrang?”
Scese un silenzio imbarazzato. Tom si chiese perché diavolo Lily avesse anche solo pensato che James, geloso e protettivo in modo irragionevole, avrebbe potuto reagire serenamente ad un ragazzo che dava proprio l’idea di frequentarla.

“C’è qualche problema?” Ruppe il silenzio Sören.  
“Come?” Finse di non capire James.
“Hai qualche problema con me?” Ripeté più lentamente. Si stava sforzando di essere cortese, indovinò Tom. E dall’occhiata di sfuggita che lanciò a Lily, le premure erano rivolte a lei.
“Non mi piace la tua faccia.” Fu la risposta strafottente. “È sufficiente?”
“Temo di non capire…”
“Allora te lo spiego. Sta’ lontano da mia sorella.”

A quel punto Sören dovette ritenere di aver sopportato abbastanza.
“Non mi faccio dare ordini dagli idioti.”
Albus fece appena in tempo a saltare in piedi, prima che James gli lanciasse quasi la sedia addosso, nel tentativo di alzarsi e estrarre la bacchetta prima che Sören lo imitasse.
“Piantatela, abbassate quelle bacchette!” Esclamò Lily sconvolta, mentre le persone attorno a loro smettevano di chiacchierare per fissarli attoniti. “Che diavolo vi prende?”
“Sai Lils, credo di non approvare il tuo ragazzo…” Rispose James, che probabilmente aveva già deciso l’epilogo di quella chiacchierata ore prima.
Sören non replicò. Tom vide che reggeva la bacchetta con naturalezza, senza stringerla come se fosse l’elsa di una spada, come invece faceva l’ex-grifondoro. Ma l’espressione era furente.

… a quanto pare non è così controllato come vuole far credere…
Hannah Paciock, probabilmente allertata dalle grida di Lily, si fece largo trai clienti. “Ehi, voi due! Se avete qualche grana da risolvere, fatelo fuori di qui!” Li apostrofò spiccia, con aria rassegnata. Non erano certo i primi adolescenti che davano in escandescenze dopo qualche bicchiere di idromele di troppo.
Solo che non hanno neppure bevuto…
James ghignò all’indirizzo dell’altro. “Hai sentito RenRen? Ti va un bel duello? Ti sfido!”
“Non dire cavolate!” Tentò il fratello minore, afferrandolo per un braccio. “Finiscila, stai diventando ridi-…”
“Accetto.” Fu la risposta che troncò ogni possibilità di negoziazione. “Andiamo fuori.”
“Oh, fantastico…” Mormorò Al in chiosa, quando sfilarono tutti ordinatamente verso la porta. “Un duello al testosterone. Proprio quello che ci voleva…”  

 
****
 
Londra, Ministero della Magia, Quinto Livello.
Pomeriggio.
 
“Sei sicuro di voler andare da solo?”
Harry Potter, Capo dell’Ufficio Auror, Salvatore e blablabla lanciò un’occhiata tra il divertito e lo spazientito all’Auror, nonché migliore amico, nonché fratello d’elezione, Ron Weasley.

“Ti ringrazio per la premura ma credo di aver dimostrato di saper badare a me stesso.”
“Herm dice sempre che non è proprio vero…” Brontolò quello, mettendo davanti lo spettro della testa pensante del trio.

Harry sospirò. “Ron… è solo Malfoy.”
E lo pensava davvero. Si sentiva persino un po’ in colpa ad aver permesso all’amico di accompagnarlo fino al Quinto Livello, sito del Dipartimento Cooperazione Magica, dove appunto lavorava Lord Malfoy, come funzionario dell’Ufficio di Diritto Internazionale Magico.
Non era un buon punto di partenza, per qualsiasi cosa avessero da dirsi, farsi scortare dall’amico d’infanzia.
C’era da dire che Draco non lo aveva convocato per un colloquio ufficiale, ed era stato questo a mettere in allarme Ron. Gli aveva semplicemente spedito una lettera, chiedendogli di venire nel suo ufficio, specificando data e ora.
Vuole farmi credere di essere un uomo occupato?
In ogni caso era curioso di sapere cosa l’ex-compagno di scuola avesse da dirgli.
“Come vuoi. Però resto nei paraggi.” Replicò cocciuto.
“Va’ a lavorare piuttosto. Non hai dei rapporti da scrivere?” Replicò con l’aria più ferma che gli riuscì.
Ron lo guardò indispettito di rimando. “Sì, ma possono aspettare.”
“Ron, non ho bisogno di una balia.” Stavolta fu fermo, e l’amico capì il sottointeso perché sbuffò pesantemente, ma annuì.

“Va bene, va bene… vado. Ci vediamo in ufficio.” Brontolò dirigendosi verso gli ascensori. Gli lanciò un’occhiata incerta, ma ad un suo cenno della testa – ehi, doveva pur fare il leader qualche volta – acconsentì finalmente ad andarsene.
Harry ci mise un po’ prima di trovare l’ufficio di Malfoy. Quel dipartimento era un vero e proprio labirinto di corridoi stretti che aprivano su altri corridoi identici. Era piuttosto spoglio e dall’architettura essenziale: le pareti erano dipinte di un bianco accecante senza quadri, dando l’idea di uno studio dentistico babbano.
Preferiva di gran lunga l’aspetto confusionario e operativo del DALM.
“Mi scusi, Capo-Auror Potter?” Una voce femminile lo fece voltare. Si trovò di fronte ad una delle tante segretarie del Ministero. A lui sembravano tutte uguali, tutte con una crocchia strettissima, occhiali con montatura scura e aria efficiente. “L’ufficio del Signor Malfoy è dall’altra parte dell’Ala.”
“Oh.” Sperò che non fosse la sua segretaria personale. “Sì… ehm. Può farmi strada?”
La ragazza squadernò un sorriso professionale, ma indubbiamente tinto di divertimento. “Naturalmente.” Attese un momento. “Prima volta qui?”
“Sì, in effetti…”
“Il Signor Malfoy mi aveva avvertito che avrebbe potuto aver problemi a trovare il suo ufficio. Non si preoccupi. Mi segua, prego.”
Harry alzò gli occhi al cielo. Gli era stato detto che nell’Ufficio Cooperazione era stipato il più alto numero di ex-serpeverde.

Probabilmente non è soltanto una voce…
In pochi, umilianti, attimi arrivarono a destinazione. La segretaria lo fece entrare, chiudendosi la porta alle spalle e tornando alla sua scrivania.
Era decisamente un bell’ufficio, pensò Harry, guardando l’enorme vetrata che dava magicamente sulla piazza centrale del Ministero, situata in realtà parecchi piani più su.
Draco era seduto alla scrivania, dando le spalle al panorama. Era probabilmente l’unico coetaneo di sua conoscenza ad indossare sempre vesti da mago. Ricordava che durante l’adolescenza non l’aveva mai visto con qualcosa di diverso da quelle o dall’uniforme.
“Potter…” Aveva un sorrisetto ironico dipinto in volto. “Difficile trovare il mio ufficio?”
“Abbastanza. Sono tutti uguali.” Replicò pacatamente, mettendosi a sedere senza che fosse invitato. Potevano essere scortesi in due.

“È stata una fortuna che abbia mandato Rachel a prenderti allora.”
“Davvero.” Confermò senza scomporsi. Draco fece un cenno della testa, forse seccato dalla mancanza di reazioni. O forse lo apprezzò, difficile dirlo.
Era diventato arduo leggere nel volto dell’ex-compagno di scuola.
“Posso sapere il motivo di quel Gufo?” Andò subito dritto al punto. “Non era ufficiale, e di certo non siamo il genere di vecchie conoscenze che si scambiano lettere…”
Malfoy tamburellò con le lunghe dita sul bracciolo della propria poltrona. “Anni fa…” Iniziò, e sembrava che la cosa gli costasse molto. “… tu mi hai fatto due favori. Di rilevante entità, peraltro.”
“Sì.” Non smentì, tranquillo. Harry non si era mai sentito un buon samaritano.

Forse a diciassette anni l’ho salvato dall’Ardemonio e da Azkaban senza rendermi bene conto di cosa questo avrebbe significato.
Ma adesso lo so. Perché negarlo?
“Intendo ripagarli. Detesto l’idea di arrivare alla tomba con un debito da solvere nei tuoi confronti, Potter…” Lo disse senza acrimonia, ma con disagio. Era passata tanta acqua sotto i ponti, e qualcosa indubbiamente li avrebbe legati per sempre. Questo però non li avrebbe mai resi amici.
Ad Harry dispiacque. Forse era ancora quel diciassettenne che cercava di vedere il meglio in tutti.
“L’hai già fatto.” Disse, appoggiandosi allo schienale della sedia. “Con Thomas, il mio figlioccio. L’hai salvato da Azkaban.”
“Nessuno avrebbe condannato quel ragazzino…” Sbuffò l’altro. “L’opinione pubblica, aizzata dall’adorazione…” Qui gli sembrò di sentire il vecchio tono strascicato. “…che prova per te, si sarebbe infiammata. Ho dato il mio voto perché era comodo farlo.”

“Ti sei fatto sincero Malfoy?” Ironizzò.
Questi gli lanciò un’occhiata penetrante e fece un gesto vago. “Potrei dirti che ho ripagato il mio debito, ma mentire a me stesso non metterebbe a tacere il mio… fastidio.”
Harry sorrise appena. “Sì, Malfoy… ti sei fatto sincero.”

L’altro non rispose, preferendo fare un cenno alla segretaria, che si alzò ed abbandono l’ufficio, così silenziosamente che quasi Harry non lo notò.
“Vuoi smetterla di blaterare o hai altre discorsetti alla Grinfodoro da rifilarmi?”
“Ti ascolto.” Si mise attento, reprimendo un sorrisetto. Non l’avrebbe ammesso ad anima viva, ma un po’ gli era mancata quel genere di schermaglia. Dopo la Battaglia e la conseguente consacrazione a Salvatore, non c’era stato più nessuno che aveva osato prenderlo in giro a quel modo.

“L’agente Scott si è fatto vedere ad Hogsmeade, non autorizzato…” Iniziò il biondo.
“Questo lo sapevo.” Confermò mentre sentiva la poltrona diventare scomoda. La lettera di Tom, arrivata qualche settimana prima, l’aveva mandato su tutte le furie, ma non aveva potuto fare molto, a parte consigliare al figlioccio di non dare ulteriore udienza all’agente americano. La politica internazionale era materia pericolosa da maneggiare, sia nel mondo babbano che in quello magico.

E io devo ancora scontare le insubordinazioni dell’anno scorso…
“Se mi lasciassi finire, sapresti anche altro.” Replicò Malfoy in tono esasperato. “L’agente Scott ha come referente in Gran Bretagna il mio Ufficio.” Fece una voluta pausa, per dare significato delle parole. “Vuoi sapere cos’hanno in mente gli americani, o continuare ad interrompermi?”
 
 
****
 
Note:
La seconda parte dello scorso capitolo non è questa, è la prossima. ;)

Ah, ho guardacaso trovato un immagine perfetta di Loki in uniforme
1. Qui la canzone.

2. Lily in inglese significa giglio, ma lo sapete :P
  
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