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Autore: vivvinasme    23/01/2011    4 recensioni
Fanfiction liberamente ispirata a 'Canterbury Tales' di Geoffrey Chaucer.
[L’oste ricordava ogni particolare di quella notte di dieci anni prima, quando un ragazzo biondo fece capolino nella sua vita senza neanche bussare, o meglio, facendolo molto rumorosamente, e cambiando tutto, in un battito di ciglia.]
Dedicata a tutte le autrici che mi hanno fatto battere il cuore.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Konohamaru, Nuovo Personaggio, Sakura Haruno | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Disclaimer: I personaggi citati in questa fanfiction sono tutti maggiorenni e appartengono quasi tutti a Masashi Kishimoto. Questa storia, inoltre, non ha fini di lucro. Il personaggio di Harry Bailly, come l'ambientazione e la taverna appartengono a Geoffrey Chaucer e alla sua opera 'The Canterbury Tales'.

 


Le minuscole ma fitte gocce picchiettavano la finestra chiusa, quasi chiedendo il permesso di entrare. Per ognuna che terminava la sua vita schiantandosi contro il vetro, altre mille sorelle la seguivano, in un continuo flusso naturale; era strabiliante come il silenzio della notte, increspato dalle melodie prodotte dai loro umidi impatti, fosse invero perfettamente in armonia con la pioggia che continuava a scivolare dal cielo.
Protetti dalle calde mura di una graziosa villetta, incuranti delle piccole rotondità d’acqua che chiedevano di entrare, due ragazzi parlavano con gli sguardi.
Il buio s’incuneava in ogni antro della piccola stanza, aggredito solo dalla fioca luce di una pila, che passava a fatica attraverso i minuscoli fori della stoffa azzurra. Il chiarore all’interno della sicura protezione creata dal lenzuolo disegnava due sagome, perfettamente immobili.
Konohamaru, la schiena e il capo carezzati con dolcezza dal tessuto, continuava a tenere gli occhi scuri fissi in quelli azzurri di Naruto, notando, all’interno di quelle gocce d’acqua, un inquietante ombra scura.
Mentre i loro respiri si fondevano, bramosi dell’aria che traspirava attraverso la coperta sopra le loro teste, Konohamaru non si accorse dei muscoli che iniziavano a dolere per il troppo tempo passato nella stessa posizione, né delle minuscole gocce che, imitando le loro sorelle pochi metri più in là, iniziavano a cadere dagli occhi blu del ragazzo di fronte a lui. Le giocose ombre create dalla pila, infatti, nascondevano alla vista parte del suo viso, insinuandosi nelle minuscole pieghe labiali, definendo il piccolo naso, avvallandosi fra le corrucciate rughe della sua fronte altrimenti liscissima.
Sotto l’abbraccio di quel lenzuolo Konohamaru e Naruto si erano scambiati i più reconditi segreti, o almeno era così che il secondo, qualche anno prima, aveva definito le sue figurine rubate ad un compagno, o le strane monete che aveva trovato per strada.
Ma le parole che stavano per rimanere intrappolate lì, in quell’intimo angolo tutto loro, sarebbero state molto diverse, Konohamaru lo intuiva dall’espressione di Naruto, e dai ricordi ancora freschi di ciò che era accaduto nel vicolo poche ore prima.
Quando i due amici avevano varcato la porta di casa accompagnati da un tuono per nulla rassicurante, la madre di Konohamaru, non senza qualche sguardo storto agli abiti di Naruto, gli aveva preparato un bagno caldo e qualcosa da mangiare.
Naruto si era lavato e aveva ingurgitato il cibo senza che una sola parola uscisse dalle sue morbide labbra. Konohamaru aveva atteso, sicuro che, una volta sotto la coperta, avrebbe parlato senza alcun freno.
Invece, dopo quasi mezz’ora, le labbra di Naruto non si erano mai separate nell’atto di mimare una parola; Konohamaru non lo aveva forzato, perché sapeva che l’amico aveva sempre avuto bisogno dei suoi tempi e dei suoi spazi, sebbene a volte superassero di gran lunga quelli di un normale ragazzo di quindici anni.
Qualche ciocca bionda, macchiata dal buio nero, sfiorò il naso di Naruto, posandosi proprio sulla punta. Una mano la scostò via, mentre le sottili palpebre nascondevano gelosamente gli occhi azzurri dietro di loro.
Naruto socchiuse piano le labbra, ma nulla ne uscì.
Provò ancora una volta, due, tre, sino a che Konohamaru mormorò, infrangendo il silenzio: “Naru, che cosa ti succede?”
Era una piccola domanda, ma conteneva infinite sfumature di significato, che si persero in mille direzioni nel buio.
Come stimolato dalla sua voce, Naruto rispose, il fiato che solleticava le guance di Konohamaru.
“Non riesco a capirlo neanche io…”
Gli occhi sommessi, le labbra ricurve in giù e le fastidiose rughe sulla fronte di Naruto fecero infuriare Konohamaru, che desiderava sempre più ardentemente vendicarsi di chi facesse soffrire il suo migliore amico.
Troppo spesso, però, dimenticava di quanto entrambi fossero ancora bambini, nonostante la voce sempre più profonda e mascolina dell’altro.
“Naruto, parla. Spiegami che cosa ti ha portato a questo.” Konohamaru posò le mani sulle spalle di Naruto, percependo il calore del suo corpo diffondersi attraverso le sue dita.
All’interno del loro piccolo bozzolo, l’ossigeno iniziava a scarseggiare, tanto che Konohamaru dovette sollevare per qualche minuto un lembo del lenzuolo per permetterne il ricambio.
Per qualche attimo l’unico rumore fu quello della pioggia, poi Naruto approfittò del movimento dell’amico per inspirare profondamente e iniziare a parlare, lo sguardo fisso sul morbido materasso.
 “Ti ricordi quando, tempo fa, Jiraya mi presentò il suo tirocinante?”
Come dimenticarselo.
Konohamaru rimembrava perfettamente quando, lo stesso pomeriggio, aveva incontrato un Naruto incredibilmente allegro e sorridente, distante anni luce dal ragazzo cupo che osservava in quel momento.
“Sì, Gaara.” Sussurrò, per paura che Naruto non avesse percepito il suo leggero cenno del capo.
“Già. Quel ragazzo mi ha attratto dal primo attimo in cui l’ho visto.” Le parole di Naruto erano stranamente intrise di una calda malinconia che Konohamaru non aveva mai scorto nell’amico. Si era reso conto all’improvviso, durante quella pesante giornata, di quanto il biondo bambino che ricordava fosse cresciuto e capace di provare sentimenti nuovi e così tremendamente lontani da lui.
“In realtà, all’inizio non capii cosa mi stava succedendo… Per questo motivo non lo dissi a nessuno. Ma, dopo essere uscito insieme a lui una sera, mi resi conto che qualcosa stava cambiando in me. Ero – Sono innamorato.”
Era proprio l’indecisione di Naruto che faceva preoccupare Konohamaru, oltre alla pietosa scena cui aveva assistito solo poche ore prima; non riusciva a capire appieno il sentimento dell’amico, ma era certo che non fosse ricambiato come sperava. Strinse per un attimo la presa sulle spalle di Naruto, per incitarlo a continuare.
“Sono innamorato di Gaara, Konohamaru. Mi piace tutto di lui, e mi faceva stare bene.” Ecco il motivo per cui a Konohamaru non era mai piaciuto il passato, sia storico – Trovava estenuante la memorizzazione di montagne di date e nomi di imperatori – che verbale. Esprimeva qualcosa d’irrimediabile e ormai perduto; i secondi, i minuti, le ore passate, appartengono alla morte, e non più all’uomo.
“E adesso?” Riuscì solo a domandare. Il suo fiato scostò qualche biondo capello del ragazzo di fronte a lui.
“Passarono le sere, i mesi, e lui mi chiamava sempre più spesso per uscire. Io ne ero felice, sebbene qualche volta dovessi combattere con Jiraiya e Tsunade; ma la maggior parte delle volte riuscivo a scamparla tirando in ballo Sakura e gli altri. – Naruto prese fiato. Il silenzio era così denso che Konohamaru riuscì a percepire l’aria insinuarsi tra i suoi denti bianchi. – Ogni volta mi portava in un locale diverso, e parlavamo di tutto… A volte, invece, stavamo in silenzio ad osservarci a vicenda, ma era ugualmente bellissimo. Durante una delle nostre uscite, però, mi scortò in un vicolo simile a quello di questa sera… Iniziò a baciarmi ed a toccarmi dappertutto, senza dire una sola parola.”
Konohamaru rievocò la possessività con cui Gaara si era impossessato delle delicate labbra di Naruto, e riuscì a intuire il motivo della sofferenza appena accennata di Naruto.
“Io… Amavo quando parlavamo di noi, della Natura, del mondo; è proprio della sua profondità che mi sono innamorato! – Naruto insistette sull’ultima frase, come se Gaara avesse potuto sentirlo – Per me è la prima volta, però so che in un rapporto non esistono solo parole… Non che io non voglia baciarlo, però durante le nostre uscite ormai c’è solo quello.”
La voce di Naruto si spezzò, e i ricordi riaffiorarono nella lucida superficie dei suoi occhi.
“Tu e Gaara non parlate più?” Chiese Konohamaru, più per interrompere quel pesante silenzio che per conoscere la risposta, che aveva già intuito.
“No, non più. Sembra un’altra persona ora; è completamente diverso dal ragazzo di cui mi sono innamorato, però allo stesso tempo non smette di affascinarmi… - Negli occhi di Naruto si riflesse l’ormai antico sentimento che minacciava di corroderlo. – Konohamaru, io non riesco a smettere di uscire con lui, neanche quando mi obbliga ad indossare i suoi vestiti…”
Konohamaru si sforzò per tentare di rimanere serio e non lasciare che sul suo viso si riflettesse la profonda rabbia che provava per quel ragazzo di nome Gaara. Socchiuse per qualche attimo gli occhi, lasciando al suo udito il compito di percepire i piccoli movimenti del capo di Naruto, poi parlò.
“Naruto, tu lo ami veramente?” E’ così strano parlare di amore, quando non se ne ha una precisa definizione; ma d’altronde, chi ne ha?
“Credo… Di sì. Quando parlavamo, era come se il mondo non esistesse, poi i suoi occhi sono così belli…” Lo sguardo di Naruto si perse dietro quelle frasi sconnesse che secondo lui rappresentavano il suo sentimento.
“Che cosa farai ora?”
Konohamaru sapeva cosa sarebbe stato meglio per Naruto, ma non era sicuro che l’amico ne fosse cosciente allo stesso modo.
“Non lo so, Konohamaru. Io voglio stare con lui, ma non in questo modo.”
“E quindi?” Tentò di spronarlo Konohamaru.
“Quindi credo che continuerò ad uscire con lui, ci parlerò.”
Konohamaru dovette trattenersi dallo stritolargli le spalle. Quel Gaara gli aveva fatto un’orrenda impressione, sebbene la sua espressione quasi sofferente mentre se ne andava dal vicolo lo avesse colpito.
“Ne sei sicuro?”
Naruto inchiodò gli occhi in quelli dell’amico, improvvisamente deciso.
“Sì.” La voce di Naruto era cambiata dal tono triste e addolorato a quello fermo che era appena rimasto intrappolato sotto la coperta. I suoi occhi azzurri s’illuminarono di un nuovo vigore, ottimisti.
Konohamaru conosceva quell’espressione; quando Naruto prendeva una decisione, testardo e determinato qual’era, non tornava mai sui propri passi. Sarebbe stato impossibile convincerlo a lasciar stare Gaara.
“Konohamaru… – Lo chiamò piano Naruto, distogliendolo dai pensieri. – Sei l’unica persona cui ho detto di Gaara; Sakura e gli altri non sanno nulla.”
Le sue labbra, incurvate in un piccolo sorriso, e gli zigomi alti sormontati dagli occhi lucenti, fecero passare a Konohamaru la voglia di dissuadere Naruto dalla sua decisione.
Tenterò domani mattina…” Pensò sconfitto, mentre ricambiava il sorriso dell’amico.
“Grazie di avermi ascoltato.” Gli sussurrò Naruto, prendendogli una mano e iniziando a torturarne il pollice con il suo. Konohamaru riconobbe subito la provocazione e scambiando un veloce sguardo di sfida con Naruto, iniziò un disperato tentativo di intrappolare il pollice dell’amico sotto il suo, sentenziando così la sua vittoria.
Ben presto, tra sbuffi di esasperazione e sleali gomitate, la sana sfida terminò in lotta di cuscini, fino a che entrambi, esausti, crollarono sul futon di Konohamaru, grande abbastanza per due persone.
Konohamaru scoccò un’occhiata obliqua a Naruto, il cui petto oscillava in alto e in basso per la mancanza d’aria. Gli occhi erano molto più puliti e limpidi di quando gli aveva parlato di Gaara, e l’intero viso sembrava rilassato e tranquillo. Sperò che la sua decisione sarebbe stata quella giusta per la sua felicità.
Restarono così per qualche minuto, fino a che i respiri non si regolarizzarono e gli occhi iniziarono ad appannarsi per il sonno. Konohamaru ebbe il tempo di rivolgere i suoi pensieri verso Gaara, prima che l’intorpidimento non s’impossessò del suo corpo, lasciandolo scivolare verso un mondo dove tutto è possibile.
Ehi, Konohamaru… Lo sai che ti voglio bene?
La frase di Naruto e lo stupore per tanto affetto gratuito da parte dell’orgoglioso ragazzo, furono le ultime sensazioni che la mente di Konohamaru registrò, prima di lasciare spazio all’inconscio.
 
Miliardi di particelle di luce ferirono le palpebre serrate di Konohamaru, arrossando il suo intero campo visivo. Il primo, familiare rumore che udì fu quello delle finestre spalancate che sbattevano piano contro il muro, mosse dal vento mattutino.
Lentamente, iniziò a muovere i muscoli assonnati, socchiudendo piano gli occhi. Dagli spiragli davanti a sé riusciva ad osservare la sua stanza, illuminata per intero dalla luce del Sole. Istintivamente, si voltò, trovando il vuoto accanto a sé, di Naruto nessuna traccia.
Portandosi una mano sulle palpebre, si alzò in piedi, facendo attenzione a non calpestare le lenzuola candide; non fece in tempo a varcare la soglia della stanza, che una donna alta lo precedette, esclamando: “Ben svegliato, Konohamaru!” La cristallina voce di sua madre, sebbene non l’avrebbe mai ammesso, era ciò che amava di più del suo risveglio.
“Buongiorno, mamma... Dov’è Naruto?” Chiese subito, incuriosito dalla strana sparizione.
La donna si portò una mano sui corti capelli castani e con un sorriso parlò nuovamente: “Jiraiya e Tsunade sono passati a prenderlo poco fa perché dovevano sbrigare delle commissioni e avevano bisogno di lui. Non ho voluto svegliarti, mi dispiace.”
Konohamaru sorrise, rassicurante. “Non ti preoccupare, mamma.”
“Ora esci, forza. Devo mettere in ordine, qua dentro.” Ordinò giocosamente la donna, sorridendo.
Con uno sguardo fintamente offeso, Konohamaru uscì dalla camera, per recarsi in cucina a soddisfare il brontolio sempre più insistente del suo stomaco.
Mentre si avvicinava all’invitante profumo di riso saltato proveniente dal basso tavolino al centro della stanza, l’acuto squillo del telefono ferì le sue orecchie, accompagnato dall’urlo della madre che lo invitava a rispondere.
Konohamaru si avvicinò al grosso apparecchio, sollevando la cornetta in modo che il ricevitore combaciasse con le sue labbra.
“Pronto?” Disse, sperando che la conversazione non lo trattenesse troppo a lungo.
“Konohamaru, sono io.” Faticò a riconoscere la voce infinitamente preoccupata e ansimante che lo raggiunse dopo qualche attimo; alla fine, classificò il timbro ancora acerbo come quello di Naruto.
“Ciao Naruto!” Disse esitante Konohamaru, avvertendo nell’aria un pesante presagio, che iniziava a materializzarsi di fronte a lui.
“Devo dirti una cosa, è importante.” Le pause tra le parole lo preoccuparono ancora di più; di solito, il carattere esuberante di Naruto si rispecchiava anche nel modo in cui parlava.
“Dimmi…”
Dopo qualche secondo, Naruto parlò, in un modo che Konohamaru non aveva mai udito. Le sue parole sembravano parte di una lapidaria processione verso il cupo inferno. E forse era veramente così.
“Konohamaru, ci trasferiamo a Osaka. Tra una settimana.”
Si dice che quando il destino bussa alla tua porta, lo fa nei modi più inaspettati. Di certo Konohamaru non avrebbe mai immaginato che, da quel momento in poi, la sua vita sarebbe cambiata completamente.

Spazio di Vivvi:

Ed eccomi, dopo due sole settimane, ad aggiornare questa storia! Spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo, che può sembrare abbastanza di transizione (in effetti lo è XD), però è la chiave per quelli futuri. Vorrei specificare, per chi non riesce a spiegarsi il motivo per cui Gaara è caratterizzato in questo modo (anzi, per ora non è caratterizzato quasi per niente), che la sua è una parte fondamentale per lo sviluppo della storia e della vita di Naruto. Nei prossimi capitoli sarà svelato l'arcano, un poco per volta!

Inoltre, a partire dal prossimo capitolo si entrerà nel vivo della storia (almeno spero xD), quindi leggete e commentate, il vostro parere per me è essenziale. Rileggendo tutta la storia, infatti, ho notato come il mio modo di scrivere, anche a distanza di pochi mesi, sia cambiato (non so se in meglio o in peggio, questo dovrete dirmelo voi...), insieme ai personaggi. Questa storia, come ho specificato nel primo capitolo, nasce da dentro di me per le persone che mi hanno fatto emozionare scrivendo le loro stupende fanfictions (sebbene chiamarle in questo modo le sminuisca), per cui sapere se i sentimenti che io, da lettrice accanita, ho provato leggendo siano simili a ciò che prova chi legge queste parole, per me è fondamentale!
Vorrei inoltre indirizzare la vostra attenzione su tre bellissime storie che hanno partecipato ad un mio contest (permettetemi questo piccolo angolo pubblicitario!): http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=637275&i=1 di GreedFan, http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=639211 di Sosia e http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=637370 di Kicca.
Ringrazio, chiudendo, le stupende persone che recensiscono e leggono, coloro che mi hanno inserita nel corso di questi mesi come autrice preferita, che hanno addirittura inserito questa storia tra le preferite, le seguite e quelle da ricordare. Per me siete più preziosi dell'oro!
Un bacione a tutti,

Vivvi.
   
 
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