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Autore: Dark Moon    24/01/2011    20 recensioni
"Ci fermammo a un semaforo e io appoggiai la testa sul bordo del finestrino.
E… in quel momento successe, quel qualcosa che forse sarebbe capitato.
Vidi un ragazzo bellissimo, il più bello che io avessi mai visto."
Lui non è il tipico eroe delle favole, ma lei si innamorerà lo stesso di lui, perdutamente. Un amore che lui non aveva mai avuto, ma Damon saprà mettere da parte gli amori passati e darsi completamente a lei? Accetterà che una "piccola umana" gli sconvolga in quel modo la vita? E se nel momento più inaspettato un attraente corteggiatore cominciasse a demolire le certezze di Damon e cercasse di rubargli qualcosa che ormai considera suo?
"Lei è mia, lo è sempre stata e se ti azzardi a metterti in mezzo, ti distruggo"
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Nuovo personaggio, Stefan Salvatore, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1: Occhi cielo




A nessuno interessa quello che sei, ma solo quello che fai…” posai la penna sulle pagine di quel mio diario malandato, pieno di scritte, pieno di foto, pieno di me.

Scrivere mi rilassava, liberava tutte le emozioni represse dentro di me, trasformandole talvolta in frasi, altre volte in canzoni, o ancora in qualche pagina di riflessioni buttate giù a casaccio.

Guardai dalla finestra, perdendomi nel blu del mare, a pochi metri da me. Mi era sempre piaciuta la vista di casa mia, era così pacifica, così infinita: potevi specchiarti in quelle acque azzurre anche da lontano, perdendoti nel mare dei tuoi pensieri contorti.

Sembravo una di quelle adolescenti depresse arrabbiate col mondo, vero?

Eppure non era così: vivevo sfruttando al massimo tutte le energie tipiche di una ragazza di 17 anni. Era vero, ero cinica, ma mi piaceva anche sognare e perdermi nei miei mille film mentali.

Sospirai e chiusi il mio diario, giusto in tempo per vedere spuntare una testolina riccioluta che spuntava dalla porta e osservare sorridendo il mio adorato cuginetto che veniva verso di me con qualcosa tra le mani.

-Ciao Jake- dissi, scompigliandogli i ricci.

-Ciao, guarda cosa ti ho portato!- fiero di se stesso, mi mostrò quello che teneva nella mano destra: una manciata di caramelle gommose, le mie preferite.

-Caspita! Grazie, pulce!-

Ne mangiai qualcuna, mentre Jake prendeva faticosamente posto accanto a me.

-Ma perché devi andare via?-

Eh, piccolo...non lo sapevo nemmeno io.

Vivevo da qualche anno con mia madre, il piccolo Jake e mia zia, che era più una sorella maggiore, il che, devo dire, tra altri e bassi, mi piaceva.

Mia madre era sempre stata la donna afflitta dalla sindrome di Peter Pan e io ero stata costretta a crescere in fretta e far fronte a tutti i suoi disastri. Non fui più sola a badare a mia madre il giorno in cui mia zia decise che era arrivato il momento che io potessi comportami da adolescente e che fossero gli altri a preoccuparsi per me.

Di punto in bianco, però, mia mamma aveva deciso nuovamente di andare a vivere per conto suo, trascinandomi come sempre con lei, ma io, purtroppo, ero già consapevole del futuro fallimento. A detta sua, questa volta sarebbe stato diverso, infatti aveva scelto una piccola cittadina: Mystic Falls.

Questo nome, però, non mi ispirava quiete e serenità: mi ero informata e c'erano strane storie su quella cittadina; sorvolando su questo, però, già sapevo che le cose non sarebbero cambiate e, in poco tempo,la mamma non sarebbe più riuscita a far fronte alle spese economiche, come sempre.

Sospirai, addentando un'altra caramella. -Non lo so, piccolo. Ma forse questa non sarà una cosa definitiva-

-E chi mi leggerà le storie prima di andare a dormire? E chi mi terrà la mano quando piove?- piagnucolò quella piccola pulce, tirando su con il naso.

Era davvero un bambino tenero, speciale, a dir poco sensibile e acuto per i suoi sei anni.

-Bhe, Jake, devi ammettere che durante i temporali eri tu a tenere la mano a me! Lo sai che io ho una paura matta di tutti quei tuoni e l'acqua...-

-Ange...-

-Si, Jake?-

-Tu continuerai a essere la mia sorellona?-

La sua innocenza e ingenuità mi fece sorridere. Me lo aveva chiesto come se dalla mia risposta dipendesse tutto.

Mi sarebbe mancata terribilmente quella peste!

-Ma certo!!- cominciai a fargli il solletico e lui fece mille facce strane, mentre si contorceva dalle risate.

Quella era la mia vita e, ancora una volta, dovevo sottostare al comportamento infantile di mia madre, che non faceva altro che rompere i miei equilibri.




Stavo in macchina, che mi avrebbe condotto tra poche ore alla nuova casa, ai nuovi amici, alla nuova scuola; insomma, dove sarebbe cominciata la mia nuova vita.

Ascoltavo musica con il mio inseparabile i-pod nelle orecchie, che mi staccava dalla realtà.

Vi è mai capitato di farvi mille fantasie mentali sentendo una canzone?

Bhe, a me era una cosa che capitava parecchio spesso: cominciavo a immaginare situazioni, luoghi e persone; magari come sarebbe andata una cosa, reagendo semplicemente in modo diverso.

...Come la mia nascita, per esempio.

Io ero il frutto della passione di mia madre con un rockettaro sconosciuto e “affascinate”, conosciuto in un locale quando aveva appena 18 anni.

Mio padre...o meglio l'essere che ha così generosamente contribuito al mio concepimento, il primo fallimento di mia madre…il primo di una lunga serie, ma forse era meglio stendere un velo su tutta quella storia.

Il passato era passato e magari adesso le cose sarebbero cambiate sul serio...

Sospirai. Non ci credevo nemmeno io!

-Ecco tesoro, siamo appena arrivate in città!- la voce di mia madre arrivò alle mie orecchie non tanto chiaramente, ma comunque abbastanza per farsi sentire e per farmi spegnere l'i-pod, abbandonando a metà una canzone dei Calling.

Abbassai il finestrino e l'aria fresca mi arrivò al viso.

Era piccola, ma tutto sommato carina. Forse, inaspettatamente, avrei trovato qualcosa lì.

In giro vedevo solo gente adulta. C'erano ragazzi della mia età?!

Ci fermammo a un semaforo e io appoggiai la testa sul bordo del finestrino.

E… in quel momento successe, quel qualcosa che forse sarebbe capitato.

Vidi un ragazzo bellissimo, il più bello che io avessi mai visto.

Stava fermo anche lui al semaforo, scocciato e impaziente, in una decappottabile nera.

Aveva i capelli nerissimi scompigliati e una mascella squadrata, un braccio muscoloso; stava mollemente addossato al sedile, aspettando che quel benedettissimo semaforo scattasse.

Come se avesse sentito i miei pensieri, si voltò di scatto verso di me e io incrociaiun paio di profondi occhi azzurri, quasi color ghiaccio.

Erano fermi, decisi; occhi che catturavano, ma anche freddi e... cattivi?

Mi guardò come se fossi un animale uscito da un circo.

Non riuscivo a staccare gli occhi da lui, nonostante mi dessi mentalmente della stupida.

Idiota! Cosa penserà di te adesso! Datti una svegliata!”

Una folata di vento scompigliò i miei capelli lunghi e lo vidi stringere il volante, quasi a volerlo spezzare, e subito smise di guardarmi.

Cosa!? chi era quel ragazzo?

Non ebbi nemmeno più il tempo per osservarlo, perché, appena il semaforo divenne verde, scattò in avanti, come se fosse rincorso da un mostro.

Ero così brutta da avergli fatto quell'effetto?

Lui era così... così... così... WOW!

Non ero riuscita a capire quanti anni aveva, di certo era grande...più di me sicuro!

Ma quegli occhi! Quegli occhi...! Dovevano essere considerati illegali!

Ero sempre stata fiera dei miei occhi verdi, ma quelli del ragazzo sconosciuto erano a dir poco incredibili.

Un po', però, mi sentivo una stupida.

Non riuscivo a togliermelo dalla testa, nonostante non lo conoscessi affatto e molto probabilmente non sarebbe mai accaduto.

Uno come lui non avrebbe mai potuto guardare una come me...

Ma uno come lui... come?

-Sai, mamma, forse questa città non è niente male.-

Lei sorrise bonaria, come se la cosa fosse stata ovvia fin dall'inizio. -Certo tesoro. Da oggi si cambia musica. Si riparte da oggi.- Probabilmente quel cambiamento radicale avrebbe fatto bene anche a me, anche se ricominciare daccapo non è mai una cosa piacevole.

Svoltammo l'angolo e arrivammo davanti a una casetta a due piani tutta bianca, con un piccolo giardinetto, qualche albero e un cancelletto in ferro battuto.

Non era di certo il massimo, ma sembrava confortevole.

-Mamma ma come ci siamo permesse tutto questo?- chiesi, ancora con gli occhi alla casa.

-Diciamo che ho dato fondo a tutto il nostro futuro-

-Questo non mi piace per niente!-

-Non preoccuparti, ho già trovato un lavoro- fece lei tutta felice e fiera di se.

Questa volta ci credeva sul serio. Questa volta, probabilmente, si sarebbe messa d'impegno per avere una vita quanto meno stabile.

-E la mia scuola?- le chiesi, mentre entravamo nell'atrio.

Era davvero molto carino e arredato con cura, con le pareti di un bianco un po' scuro e i mobili di legno, anch'essi scuri.

-Comincerai domani- affermò lei, chiudendo placidamente la porta.

-Domani?!?! ma, mamma!-

Non era che non volevo andare a scuola, anzi, mi piaceva e me la cavavo anche, ma volevo un po' ambientarmi e magari girare per la città.

-Sì, Ange! Dobbiamo metterci subito all'opera!-

-Sì... sì...- sbuffai io, mentre mia madre mi faceva fare il giro della casa.

Era carina; sì, poteva andare.

Carina, come quella città.

Carina,come le persone che vi abitavano.




Dopo cena salii in camera mia, decisa a scrivere sul diario il “fatale incontro” di quel giorno.

Mi tolsi le scarpe e mi sedetti al centro del letto -dopo anni di lotte ero riuscita ad avere il letto a due piazze!-.

Presi il diario e guardai fuori dalla finestra.

Eh, no.! Di certo non era come la vista di casa mia.

Questa era più cupa, più triste, ma aveva anche qualcosa di misterioso e intrigante.

Presi la penna e cominciai a scrivere. I pensieri mi uscirono come un fiume in piena; parole, parole e ancora parole.

In quel diario c'erano cose così segrete di me, così profonde, che se fosse finito in mani altrui avrei dovuto solo cambiare continente!

A volte mi sentivo così infantile a tenere un diario, ma poi mi dicevo che doveva essere utile a me; di quello che pensavano gli altri non mi importava.

Questa era una mia caratteristica: se volevo qualcosa, facevo tutto quello che mi era possibile per ottenerla; se credevo in qualcosa, l'avrei difesa fino alla morte.

Nonostante fossimo solo a metà settembre, c'era quel leggero vento fresco, che a me piaceva poco.

Preferivo il sole e il caldo, piuttosto che la pioggia e il freddo.

Anche se, dovevo ammettere, adoravo andare in giro di notte in macchina, soprattutto sotto la pioggia.

Ricordavo che mia madre qualche volta mi ci portava, ore a fare giri, immerse nell'oscurità.

Infondo, l'oscurità mi piaceva perché poteva racchiudere in sé, non solo cose spaventose, ma anche un universo di cose incredibili.

Incredibili...

Come gli occhi ghiaccio di quel ragazzo.

Non potevo dargli un nome, potevo solo ricordare quegli occhi azzurri nei miei.

Nonostante fosse passata una giornata intera, ancora non riuscivo a staccare i miei pensieri da lui.

Mi bloccai a scrivere quando fui attratta dal rumore della finestra che si apriva di scatto.

Quando mi alzai per richiuderla, trovai appollaiato sul mio davanzale un corvo nero.

Un corvo?!

-Ehi, ciao!- ok, adesso ci mancava solo che mi mettessi a parlare con gli animali!

-Che ci fai qui? Vuoi qualcosa da mangiare?-

"Ange vorrei ricordarti che è un corvo! C-O-R-V-O!!"

Piegò la testolina di lato; sembrava quasi mi stesse scrutando.

-Aspetta un attimo!-

Aprii la porta e mi fiondai nella cucina, presi un tozzo di pane dalla credenza e mi diressi di nuovo in camera mia.

Magari se avesse mangiato, avrebbe smesso di guardarmi!

Mi avvicinai alla finestra, ma il corvo non c'era più.

Era la seconda volta quel giorno che perdevo qualcosa di vista.

Chissà! Forse non era poi così affamato, ma voleva solo un posto dove riposarsi un po'.

Chiusi la finestra e andai a risedermi sul letto, ignara che il corvo continuava ad osservarmi da un ramo dell'albero di casa mia.




Primo giorno di scuola.

Quattro parole per descrivere tutto quello che provavo: ansia, adrenalina, noia, curiosità, paura.

Di solito nei film il primo giorno di scuola non passa mai tranquillamente, soprattutto per la protagonista del film.

A quella poveretta ne succedevano di tutti i colori, come nasconderle la macchina (film: mai stata baciata!!).

Oddio! mi avrebbero nascosto la macchina?!

Aspetta! io non ce l'avevo mica la macchina! Andavo a piedi!

Ok, come pazzia mattutina quella poteva bastare!

Presi lo zaino e scesi in cucina, dove l'odore del caffè appena fatto mi risvegliò i sensi: lo adoravo da matti!

Ne presi una bella tazza, mentre ascoltavo distratta mia mamma farmi mille raccomandazioni. Quella mattina mi sentivo stranamente euforica, probabilmente perché quella notte avevo sognato per la prima volta due occhi azzurri che mi guardavano intensamente e quei capelli neri, neri come la pece.

-...Ma mi ascolti?-

-Hm!? ...sì, mamma, sì! adesso, però, vado! Ci vediamo oggi, ciao!-

Me ne andai addentando una fetta di pane tostato, con lo zaino in spalla e l'i-pod nelle orecchie.

Anche se camminai piano, arrivai a scuola in poco tempo.

Tutti gli alunni - chi in gruppetti, chi da solo - stavano nell'ampio cortile e al mio arrivo troppi sguardi si sollevarono a guardarmi.

Ovvio: ero la novità.

Non mi piaceva essere fissata, mi faceva sentire una sorta di fenomeno da baraccone. Ma era possibile che in quella città si conoscessero proprio tutti?!

Nonostante questo, avanzai tranquilla, mentre i miei lunghi e lisci capelli castano scuro venivano mossi dal vento.

Andai diritta in segreteria, evitando le occhiate e i borbottii di tutti.

Velocemente, la tipa, alquanto brutta e antipatica, mi diede la piantina della scuola con tutte le ore di lezione e le aule.

Cominciai a vagare per i corridoi, in cerca dell'aula 21.

Ero arrivata presto a scuola e adesso avrei passato ore a trovare quella stupida classe di... guardai sul foglio... storia.

Perfetto! Io odiavo storia!

-Ma porca miseria!- la mia finezza cominciava ad emergere, ma tanto non c'era nessuno ad ascoltarmi.

Ma quella era la scuola dei fantasmi?! Ma dov'è era finita tutta quella gente che c'era in cortile?

-Serve aiuto?- una voce maschile mi arrivò alle spalle e io mi voltai di scatto.

Ma tutti i modelli europei venivano da quella città?!

Mi ritrovai per la seconda volta davanti a un bel ragazzo: alto, capelli mossi castani e occhi verdi, un po' più scuri dei miei.

Lo guardai un attimo prima di rispondere: bhe, no, il mio bel sconosciuto era decisamente meglio!

-Ehm...penso di sì! Dovrei arrivare all'aula 21, ci dovrebbe essere la lezione di storia-

Quel ragazzo era un po' strano, aveva una postura, dei modi... insomma quale ragazzo di 17 anni avrebbe detto: serve aiuto?! –E comunque io sono Angel-

-Piacere, io sono Stefan. E la classe 21 è proprio la mia, seguimi-

Oh Dio, grazie!

-Grazie!-

Mi rispose con un cenno del capo e poi cominciammo a camminare.

Quel silenzio, però, cominciava a pesare e vedevo che anche lui era un po' nervoso.

-Ti sei appena trasferita?-

-Eh?! Sì sì, da poco. Sono nata a Firenze, ma mia madre è americana-

Alla parola “Firenze”, divenne ancora più teso. Ma perché!?

-E tu? Sei nato qui?-

-No, sono anche io italiano, nato a Firenze, per lo più-

-Davvero? Che coincidenza!-

-Ehi, Stefan...-

Una voce femminile richiamò la nostra attenzione e io mi ritrovai proprio di fronte a quella benedetta aula 21.

-Elena...-

Stefan si avvicinò alla ragazza e le stampò un dolce bacio sulle labbra. Stavano insieme, dunque.

-Ehm..-

-Amore lei è Angel, è nuova e si era persa nella scuola-

Ecco, non rimarcarlo!

-Ciao! Piacere io sono Elena!- tese cordiale la mano verso di me e io l'afferrai, sorridente.

Sembravano due tipi simpatici!

-Bhe...almeno le uniche due persone che conosco stanno nella mia classe!- esclamai, contenta almeno per quello.

-Vedrai che, prima della fine della giornata, ne conoscerai molte altre-

-Lo spero!-

Ancora chiacchierando e sorridendo, entrammo in classe, dove ad attenderci c'era già il professore di storia.

Stefan mi sussurrò il nome del professore e in poco prendemmo posto.

La giornata passò velocemente e io conobbi Bonnie, che era la migliore amica di Elena, forse un po' troppo...”triste”; Caroline, una biondina alquanto energica e Matt, che aveva detto si e no due parole e poi era volato via.

Ci stavamo dirigendo tutti verso l'uscita, quando sentii Stefan borbottare un po'.

-E' successo qualcosa?-

-Riunione familiare- mi rispose semplicemente Elena, mentre sentii anche Bonnie sbuffare.

-Tuo padre?-

-Peggio...-

Non riuscivo a capire, quando poi Elena mi fece voltare, ci mancò poco che svenissi.

A qualche metro da noi stava il mio bel sconosciuto, appoggiato alla sua macchina nera e con le braccia incrociate. Guardava verso di noi serio, mentre la moltitudine di ragazze e ragazzi gli passavano davanti.

-Quello è il fratello di Stefan- mi disse Elena.

COSA?!?!





Buoooona seraaa!! Bhe si, sono di nuovo io con un'altra storia e decidete voi se purtroppo o se almeno un pò vi fa piacere. =)

Questa è una Damon/nuovo personaggio e vi chiedo di non accantonarla subito, non sarà ques'eccellenza, ma mi farebbe piacere se almeno leggeste due righe di questa storia su uno dei telefilm più belli (a parer mio)

Non ho nessuna pretesa, se non quella di regalarvi, magari, nel mio piccolo, qualche minuto piacevole.

Sarebbe bello ricevere taaaaaante recensioni, ma non pretendo nulla! Magari scrivetemi anche che non vi piace per niente! E se vi va anche qualche piccolo consiglio qualore lo riteniate necessario!

Detto questo non mi resta che dirvi che ci sono delle piccole anticipazioni della seconda serie e nel caso non siete ancora arrivati a quel punto, sarò felice di rispondere a tutte le vostre domande!

Grazie in anticipo!

Clary





   
 
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