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Autore: Shona    25/01/2011    15 recensioni
Sarah, Alan e Leo non hanno niente in comune, ma la vita li ha resi partecipe di uno strano triangolo di amore e amicizia.
Dalla Storia:
Non ho mai avuto un sogno particolare da voler realizzare, non ho mai avuto progetti che andassero oltre l’anno, non ho mai avuto delle vere amicizie di quelle che durano tutta la vita.
Semplicemente mi limitavo a vivere alla giornata.
Una ragazza normale, forse anche troppo.
Non avrei mai potuto pensare che la mia noiosa vita potesse essere stravolta da due bellissimi cicloni.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Fuori Strada

Capitolo 8 – Peace &… Chupa chups
 
<< Mi spieghi che gli hai fatto? >> Leo era comodamente seduto sul mio divano a sgranocchiare pop corn davanti alla tv.
<< Lascia stare! >> Era tutto il pomeriggio che andava avanti con quella storia.
“Che gli hai fatto?” “Che gli hai detto?” “Che colore ha il cielo oggi?” e così via, finché i miei neuroni hanno iniziato a smettere d’ascoltarlo.
<< Come, lascio stare? Sono due settimane che non ci sentiamo e mi dici di lasciar stare? >> Come se una piattola non bastasse.
<< No, Justin. Non stavo dicendo a te. >> Il mio adorabile scimmiotto, anche detto fratello minore, mi stava rintronando con la sua tirata d’orecchie.
<< Ma che sorella sei? Avevi detto che mi avresti chiamato sempre, e invece? Puah! Quella schizzata di Cecilia ha dipinto la tua stanza di rosa, rosa! Non so se mi sono spiegato! >> Dovetti allontanare il telefono dall’orecchio per non rischiare di rimanere sorda.
Cecilia era la ragazza che aveva preso in affitto la mia camera quando mi ero trasferita più vicino all’università.
Ecco il principale motivo dell’odio di mio fratello e del fatto che non tornassi a casa nemmeno per le vacanze estive.
<< Mi dispiace scimmiotto. Almeno ha smesso di occupare tutto il bagno? >> Riappoggiai il telefono all’orecchio giusto in tempo per sentire il suo urlo di frustrazione.
<< Spero tu stia scherzando! Quella pazza maniaca ha buttato il mio bagnoschiuma e ne ha messo uno alle fragole! Puzzo come una femminuccia. >> Forse non dovrei ricordargli che da piccolo rubava sempre il mio bagnoschiuma alla vaniglia e il mio rossetto, anche se per farsi i segni da indiano.
<< Cucciola ho finito i pop corn! >> La ciotola gialla mi volò tra le braccia, rischiando di far cadere il telefono che avevo incastrato tra l’orecchio e la spalla.
<< Quanto rompi! >> Mi alzai per andare a prendere una busta di patatine.
<< E certo che ti rompo! Sei l’unica con cui mi posso lamentare. Cos’è devo andare da mamma a dirgli “sai che quella sclerotica non la sopporto? Posso ucciderla nel sonno?” >>
<< Justin! Non osare uccidere nessuno nella mia camera! E, ancora una volta, non stavo parlando con te! Leo, a cuccia e non rompere! >> Mi rintanai in cucina, cercando un modo per chiudere quella telefonata che andava avanti da ormai quaranta minuti.
<< A proposito di Leo… che hai combinato con Alan? >> Adesso ci si metteva pure lui.
<< C-che ne sai tu di Alan? >> Odiavo balbettare, e ogni volta che mi sentivo in imbarazzo succedeva.
<< Sorella, hai mai sentito parlare di Facebook? Leo mi tiene aggiornato. >> Mi disse tutto orgoglioso.
<< Justin! Hai solo 13 anni, sei troppo piccolo per usare Facebook! >> Incredibile. Io alla sua età giocavo ancora con le Barbie e le Lego.
<< Non cambiare argomento e non rompere. Devolvi informazioni succulente al tuo unico consanguineo sano di mente. >> Parlare troppo con Leo aveva sortito un effetto fin troppo catastrofico sul mio caro fratellino.
<< Non c’è niente da dire. >> Passò qualche secondo di silenzio e guardai addirittura il display del cellulare per vedere se era caduta la linea.
<< Sarah. >> Bastò il mio nome per farmi iniziare a parlare come un fiume in piena, raccontandogli gli avvenimenti degli ultimi giorni.
<< Ma sei scema? >> Mi urlò tanto forte da farsi sentire anche da Leo.
<< Bravo piccoletto! Diglielo anche tu! >> Leo tifava stravaccato sul divano.
Justin mi tenne altri venti minuti al telefono, facendomi una bella lavata di capo che difficilmente dimenticherò mai.
Mi rimproverò per come avevo trattato Alan, anche se mi diede un po’ ragione, mi sgridò ancora una volta per il fatto di non averlo chiamato e mi rinfacciò di non farmi sentire mai e che, se sapeva che ero viva, lo doveva solo a Leo.
<< Dai Jujù, facciamo pace? >> Gli chiesi con la vocina dolce che lo faceva sempre cedere.
<< Però così non vale… >> Me lo immaginai col broncio e gli occhi un po’ tristi.
Fare pace col mio fratellino era facile. Era ancora un bambino in fondo, nonostante cercasse di dimostrarsi più adulto di quel che fosse.
Lo salutai, promettendogli che lo avrei chiamato più spesso.
Prima di tornare in sala con Leo riempii la ciotola di patatine, prevedendo un’eventuale serie di sbuffi se me le fossi dimenticate.
Mi misi comoda sulla mia parte di divano, zittendo in partenza tutti gli eventuali discorsi che Leo poteva imbastire.
Cercai di concentrarmi sul film in tv, ma la mia mente decise che la trama non era di suo gradimento e si mise a pensare per i fatti suoi.
Il mio fratellino aveva ragione ad essere arrabbiato con me. Ero stata una sorella assente e lui aveva solo bisogno di sfogarsi un po’ e di sentire vicino qualcuno di cui si fidasse e che gli volesse bene. Per quanto permaloso fosse, per fortuna, ci mettevamo sempre poco a fare pace. In fondo era ancora un bambino e doveva ancora capire come relazionarsi nel modo giusto con le persone.
Un po’ come Alan…
Quel pensiero mi attraversò il cervello come un fulmine.
Alan e Justin erano più simili di quanto avessi mai potuto immaginare.
Mandai un ringraziamento silenzioso a Leo, che mi aveva sempre tenuta aggiornata su Alan anche quando le informazioni non erano troppo desiderate.
Alan non aveva mai avuto nessuno che gli spiegasse come comportarsi con le ragazze, dato che tutte quelle con cui era stato lo usavano solo come “bambolo gonfiabile”.
Si rendeva conto di volere una storia seria, ma non sapeva come riuscirci e, se veramente voleva provarci con me, aveva provato con il solo modo che conosceva.
Devo ammettere che è stato dolce e portarmi in quel piccolo giardino dietro la biblioteca…
Però non avrebbe dovuto baciarmi di punto in bianco!
Anche se è stato bello essere baciata da Alan…
I miei pensieri viaggiavano a velocità di curvatura. Temetti che, da un momento all’altro, mi sarebbe uscito il fumo dalle orecchie.
Se, come avevo supposto, Alan non sapeva come comportarsi nel modo giusto con una ragazza, aveva sbagliato (?) in buona fede ed io… beh non ho problemi a darmi della stronza quando me lo merito.
Avevo detto cose giuste, ma avrei potuto dirgliele in un altro modo decisamente meno… da stronza.
<< Leo? >> Abbracciai il cuscino mentre una strana idea mi nasceva in testa.
Mi fece un gesto con la mano per darmi il via libera per parlare. La sua bocca era troppo occupata a ruminare patatine.
<< Pensi che Alan sia a casa? >> Lo sentii bloccarsi ancor prima di vederlo.
Girò la testa verso di me in un inquietante remake dell’Esorcista.
Il nome del suo coinquilino gli aveva fatto dimenticare film, patatine e quant’altro.
<< Perché? >> Si sporse verso di me, puntandomi addosso i suoi occhioni ridotti a due fessure.
<< C-Così… >> Il suo sguardo era inquietante e assolutamente curioso.
<< Da quando gli hai dato picche non ha ancora messo il naso fuori da camera sua. Perché vuoi saperlo? >> Ci mancò poco che mi montasse sopra. Avevo affondato completamente la schiena contro il bracciolo del divano e temetti di cadere all’indietro, se non fosse per le mie gambe intrappolate dalle mani di Leo.
<< Ehm, ecco… >>
 
Non potevo credere di stare veramente per farlo.
Non mi era neppure mai venuta in mente una cosa del genere. Ma tentar non nuoce, mi dissi per darmi quel coraggio in più che mi serviva per infilare la chiave nella serratura e aprire la porta.
Il salottino era rischiarato dalla luce del tardo pomeriggio, niente luce elettrica.
Mentre salivo le scale per il secondo piano, quasi sperai di fare un buco nell’acqua. Quando arrivai davanti alla sua porta mi prese quasi un colpo. Quando bussai e non ottenni risposta mi resi conto di aver trattenuto il respiro troppo a lungo.
“Se non ti risponde apri lo stesso.” Leo la faceva facile!
Strinsi la mano intorno al mio piccolo bottino, mentre con l’altra abbassavo la maniglia e aprivo un piccolo spiraglio in quella camera che mi metteva così agitazione.
Per terra c’era un disastro di libri e fumetti, alcuni cd erano ammucchiati in un angolo della scrivania, anche quella invasa da un computer e da carte di ogni genere.
L’armadio era aperto e pareva ci fosse scoppiata una bomba dentro; magliette, felpe e pantaloni giacevano a terra - o appesi a qualcosa - come fieri soldati caduti in battaglia.
Mi sporsi un po’ di più riuscendo a vedere il letto. Come per il resto della casa l’unica luce era quella naturale che filtrava dalle grandi finestre. Le tende erano assenti, ma non mancava l’intelaiatura. Forse erano a lavare, o molto più probabilmente erano state tolte e dimenticate da qualche parte in tutto quel casino.
Accantonai i miei pensieri da casalinga frustrata, tornando a prestare attenzione a quello che mi interessava davvero.
Alan era sdraiato sul letto e mi dava la schiena.
Due grosse cuffie gli coprivano le orecchie, spandendo per la camera una soffusa musica.
Addosso aveva solo una canottiera chiara e un paio di bermuda di quello che mi parve jeans.
Cercai di calmarmi prendendo un grosso respiro ed entrai.
Lasciai la porta accostata e misi la borsa per terra, di fianco alla sponda del basso letto.
<< Alan? >> Provai a chiamarlo, ma la musica era troppo alta.
Mi sporsi sul letto per toccarlo e richiamare la sua attenzione, ma bastò che il mio ginocchio affondasse nel materasso per farlo girare.
<< Leo, quante volte ti ho detto di non entrare in camera senza buss- >> L’ultima parola gli morì in gola, e io come una scema con la mano ancora a mezz’aria non sapevo che dire.
<< C-Ciao. >> Mi sembrò la cosa giusta.
Rimase senza parole per qualche secondo e io con lui.
Decisamente la mia improvvisa comparsa l’aveva stupito, ma non riuscii a capire se in bene o in male.
Alla fine si tolse le cuffie dalle orecchie e se le appoggiò intorno al collo. La musica arrivava più forte, ma non riconobbi la canzone.
<< Che ci fai qui? >> Nonostante la sua voce fosse quella che di solito associavo alla sua espressione da bimbo arrabbiato, nessun broncio arrivò a piegargli le labbra.
<< E-ecco io… Posso? >> Gli chiesi indicando la parte di letto libero accanto a lui.
Annuì, distogliendo lo sguardo e spostandosi un po’ di più verso il muro a cui era appoggiato il letto.
Mi tolsi i sandali sedendomi accanto a lui con le gambe distese.
Il letto era ad una piazza e mezzo, ma eravamo comunque più vicini di quel che si potesse pensare.
Continuavo a muovere i piedi nervosamente e, più di una volta, rischiai di toccare i suoi.
Restammo in silenzio per alcuni minuti.
Alan non mi aveva più chiesto cosa io facessi lì ed io mi stavo dando della stupida per l’idea che mi era venuta in mente. Ma ormai ero in ballo e dovevo ballare.
<< Ho bussato prima, m-ma non devi avermi sentito. >> Lo guardai di sottecchi, ma lui trovava più interessante osservare il muro.
<< Leo mi ha dato le chiavi e… gliele ho chieste io! Non te la prendere con lui, ok? >> Avevo iniziato a gesticolare per dare enfasi alle mie parole e per cercare di catturare la sua attenzione.
<< Alan io… >> Dovevo trovare le parole giuste. << Ho fatto la stronza! >>
Quelle dovevano essere le parole giuste. Si girò di scatto verso di me con un’espressione genuinamente sorpresa.
<< I-io non dovevo dirti quelle cose. Cioè sì, ma no! Dovevo dirtele, però non in quel modo. Sono stata una stronza totale, perché tu sei stato così carino e io ho pensato solo a fare la stronza acida e… e… >> Stavo per andare in iperventilazione. Mi stavo incartando con le parole e mi sembrava che la lingua mi si stesse per annodare.
Lentamente sentii una calda carezza sul mio braccio. La mano di Alan si appoggiò completamente e io alzai il viso verso di lui. Mi sentivo gli occhi lucidi per le troppe emozioni che non riuscivo a gestire.
Perché quando ero troppo emozionata, oltre a balbettare, mi veniva sempre da piangere.
Alan cercava di trattenersi dal ridere. Lo capivo benissimo dal fatto che si stesse mordendo un angolo delle labbra.
Presi un lungo respiro, allungai la mano con la mia offerta di pace verso di lui.
<< Scusa. >> Aprii la mano mostrandogli cosa gli avevo portato. << Facciamo pace? >>
Non dovetti sforzarmi per mostrargli che ero veramente dispiaciuta, la mia faccia parlava per me.
<< Però così non vale… >> Cerco d’imbronciarsi, ma tutto quello che riuscì a fare fu sorridere.
Prese uno dei chupa chups che tenevo in mano e lo scartò, infilandoselo poi in bocca.
Feci lo stesso con quello che era rimasto. Panna e pesca, i miei gusti preferiti.
Il silenzio stava per diventare imbarazzante, come se già non lo fosse.
<< A-Alan? >>
<< Mh? >> Continuava a mangiare il suo lecca lecca, come se fosse la cosa più buona del mondo.
Avvampai al pensiero di cosa potesse fare quella bocca.
<< Visto che alla fine non siamo usciti dopo gli esami… ecco… ti va di uscire domani? >> Aspettai la risposta per qualche secondo. Quando passarono un paio di minuti iniziai a preoccuparmi che si fosse dimenticato che ero lì accanto a lui.
Se ne stava tranquillo, con una gamba piegata e un braccio mollemente adagiato sopra al ginocchio.
L’unico rumore che c’era nella stanza era quello della musica lasciata andare a tutto volume.
Mi ero talmente abituata a quel silenzio che quasi mi spaventai quando si girò verso di me con i suoi occhi chiari e il sorriso sulle labbra.
<< Non so come si faccia ad uscire con una ragazza. Di solito andavamo a mangiare una pizza e poi finivamo a letto! >> Disse indicando il letto su cui eravamo.
<< Oh, ti prego! Non farmici pensare! Ci sono seduta sopra! >> Ci mettemmo a ridere e mi dimenticai della tensione che c’era stata finora tra di noi.
Scherzammo un altro po’ e Alan mi raccontò che i suoi lo avevano mandato in un collegio maschile, perché erano sempre in giro per il mondo.
<< Quando sono tornato alla “vita vera” non sapevo bene come comportarmi! >> Scrollò le spalle in un gesto che voleva dire tutto e niente.
<< E’ inquietante pensare a quante ragazze si siano approfittate di te! >> Il suo “Ehi!” mi fece tornare a ridere.
In quelle ore che passammo a parlare scoprii che Alan era più grande di me di un anno, ma che come me aveva appena finito il primo anno di università.
<< Niente baci finché non sarà il momento! >> Stavamo cercando un modo per venirci incontro. In realtà stavamo cazzeggiando alla grande.
<< E quando sarà “il momento”? >> Mimò le virgole con le dita, cercando di resistere dal mettersi a ridere.
<< Lo capirai. Seconda cosa: niente sesso almeno fino al terzo appuntamento! >> “E per almeno qualcun altro in più, ormoni permettendo!”
<< Ma se il momento del bacio non ci sarà stato fino ad allora… faremo sesso senza baciarci? >> Lo disse in modo fin troppo serio, e la cosa mi preoccupò non poco.
<< Non trovo le parole per risponderti. >>
<< Eddai stavo scherzando! >> Mi spinse giocosamente con la spalla. << In tutto questo potrò almeno toccarti o mi servirà un permesso scritto? >>
<< Chiederò al mio avvocato di fiducia! >>
Era divertente passare del tempo con lui. Non ci eravamo mai parlati tanto, nemmeno quando ci trovavamo in gelateria e passavamo tutto il pomeriggio li con Leo e Hell.
<< Sarà meglio che vada. È tutto il pomeriggio che Leo è solo a casa mia. >> Mi dispiaceva andarmene, ma il sole fuori dalle finestre stava tramontando.
<< Ti avrà svuotato la dispensa a quest’ora! >> Cosa molto probabile conoscendo quell’idrovora del nostro amico.
<< Ci vediamo domani allora. >> Mi stiracchiai un po’. La schiena mi doleva per essere rimasta troppo tempo nella stessa posizione.
<< Non mi dai nemmeno un bacino per salutarmi? >> Sguardo da cucciolo, broncio che mi faceva morire.
Avvicinai il mio viso al suo e lui chiuse gli occhi d’istinto.
<< A domani. >> Sussurrai sulla sua guancia prima di premere le mie labbra per un paio di secondi.
Saltai giù dal letto, infilando i sandali a tempo di record e raccattando la borsa.
Mi girai verso di lui per salutarlo un’ultima volta, ma vederlo a gambe incrociate sul letto col suo bellissimo broncetto mi fece solo sorridere.
Quando ormai ero sulle scale lo sentii gridare << Ti passo a prendere alle quattro! >>
Risi come una scema urlandogli un << Va bene! >> che penso avesse sentito anche Leo, che trovai dietro la porta intento a suonare il campanello.
Ero stata una stronza, ma il tempo per rimediare di certo non mi mancava!



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Angolo della Pazza:
Ebbene non sono sparita del tutto! XD Anche se poco ci manca! Penso sia quasi inutile scusarsi, dato che le scuse non porteranno altri aggiornamenti! XD
Il blocco dello "scrittore" mi ha presa in pieno! Metà del capitolo era stato scritto una cosa come quasi due mesi fa... le ultime quattro pagine sono frutto di una serata e una mattinata attaccata alla tastiera! Spero di non farvi aspettare troppo per il prossimo capitolo =( Non sapete quanto mi dispiace aggiornare così di rado! Al prossimo capitolo ;)
Ps: Ecco qua il nostro Jujù

Spoiler e Curiosità nel Gruppo di FaceBook!
   
 
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