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Autore: Dira_    08/02/2011    16 recensioni
“Mi chiamo Lily Luna Potter, ho quindici anni e credo nel Fato.
Intendiamoci: niente roba tipo scrutare il cielo. Io credo piuttosto che ciascuno di noi sia nato più di una volta e che prima o poi si trovi di fronte a scelte più vecchie di lui.”
Tom Dursley, la cui anima è quella di Voldemort, è scomparso. Al Potter lo cerca ancora. All’ombra del riesumato Torneo Tremaghi si dipanano i piani della Thule, società occulta, che già una volta ha tentato di impadronirsi dei Doni della Morte.
“Se aveste una seconda possibilità… voi cosa fareste?”
[Seguito di Doppelgaenger]
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Capitolo XXIII


 
 
They can't tell me who to be, cause I'm not what they see
Yeah, the world is still sleepin while I keep on dreaming for me
And their words are just whispers and lies that I'll never believe¹.
 (I’m Still Here, Goo Goo Dolls)
 
 
 
 
Scozia, Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
All’attenzione del professor Ted Remus Lupin.
 
Caro Teddy, spero tu stia bene.
So che in questi ultimi tempi la nostra corrispondenza è stata al sapore di ufficio. Credimi, mi ricordo che non sei più uno dei miei uomini. Ma ho ancora bisogno del tuo valido aiuto.
Devi insegnare ai tuoi ragazzi l’Incanto Patronus. So che ti ho dato pochissimo preavviso e non ti sto dando nessuna spiegazione del perché, ma ho buoni motivi per non scrivere informazioni sensibili su foglio.
Ti spiegherò tutto a tempo debito.
Credo che sia opportuno che tu lo insegnassi dal Quarto anno in su. Pensi di riuscirci?
Ripongo in te la mia fiducia, davvero.
 
Con affetto, zio Harry.
 
 
****
 
18 Novembre 2023 (Sei giorni alla Prima Prova)
Hogwarts, Aula di Difesa Contro le Arti Oscure.
Mattina.
 
Rose riusciva a malapena a tenere gli occhi aperti. Ed era solo la prima lezione del mattino.
Era così ormai da un mese, e non poteva dare del tutto la colpa alla mole di compiti che i professori assegnavano per i MAGO.
Certo, lei si era prefissa l’obbiettivo di superare Thomas, ma non era solo per quello che le stava facendo fare la muffa in biblioteca.
Scorpius accanto a lei stava platealmente sonnecchiando, con la testa sepolta tra le braccia.
Era lui il motivo per cui passava le serate a cercare incantesimi atti a rendere un eventuale Basilisco mite come uno snaso.
Per fortuna, almeno non devo accompagnarlo ad allenarsi nelle sue chilometriche corse al lago o nelle sue evoluzioni sulla scopa.
Tutto perché alla fine aveva deciso di muoversi senza assistente. Mossa relativamente saggia, perché anche se aveva evitato gelosie interne alle Case, adesso era privo di aiuto, se non lei e talvolta Albus, così gentile da prestar loro qualche ora o la sua firma per la richiesta di volumi della Sezione Proibita.
Si è fissato che vuole Thomas… ma quell’egoista si farebbe lobotomizzare piuttosto che dargli una mano!
Si sentiva nervosa e stanca, ma cercava di non farlo pesare a nessuno, specialmente a Malfoy. Gli aveva promesso che ci sarebbe stata, e l’avrebbe fatto.
“Ehi, Rosie!” Una pacca sulla spalla quasi la spalmò sul banco.
Domi…
Io non sarò femminile, ma lei cos’è? Un cucciolo di dorsorugoso di Norvegia?
“Non sono riuscita a bere il mio caffè mattutino. Non darmi un motivo per ammazzarti …” Sussurrò lentamente, cosicché il senso del discorso si conficcasse in quella testa platinata.
La ragazza, per nulla turbata, sorrise. “Però. Ve la state vedendo brutta con le ricerche, eh?”
“Sta’ zitta. Perché sei così vitale?”
Dominique fece spallucce, infilando impietosa un dito nell’orecchio di Scorpius, che emise un grugnito seccato, senza però dar segno di volersi muovere. “Beh, è Mael ad occuparsi della parte pallosa. Non vuole che ci metta il naso, dice che io sono il fisico e lui è il cervello. Meglio di così!”
“Ti odio.”
“Brucia, eh?” Ghignò, prima di lasciar passare nientemeno che Violet Parkinson - Goyle, in tutto il suo splendore da miniatura di ceramica: la stronza aveva l’aria di aver origliato fino ad un secondo prima.

Questa giornata sta andando di male in peggio…
“Oh, ma Scorpius dorme?” Cinguettò, fermandosi. Perché era ovvio che si sarebbe dovuta fermare. Non faceva altro quando lo beccava nei corridoi, in Sala Grande, alla Serre, nel bosco.
“No, in realtà ha perso i sensi.” Ribatté ironica.  
Il suo ragazzo a quello scambio di battute alzò la testa, mostrando una faccia da sonno che quasi la intenerì, se non fosse stata in presenza di una delle sue tante nemesi.
Non devo abbassare la guardia.
“Sono sveglio. Credo.” Biascicò. “Oh, ci sono delle persone … ehi Violet, ehi bionda.”
“Non offendere, testa ossigenata.” Replicò sua cugina con divertimento. Lei e Malfoy si piacevano a pelle, ma in un modo che non metteva Rose in allarme. Messi assieme, come nella foto per la Gazzetta, sembravano due amici di bevute, più che una probabile coppia.

Anche se la Gazzetta ci ha ricamato sin troppo sopra per i miei gusti…
Bonjour Scorpius!” Trillò invece Violet. “Io pensavo che tu non avessi un asistente…” E qui le lanciò un’occhiata sospettosa. “Lei lo è?”
Crepa, stronza.
“No. Rose e suo cugino Al mi aiutano solo a cercare i libri in biblioteca.” Le spiegò, con una tranquillità che poteva venire solo dall’averlo ripetuto un sacco di volte. “Gli Weasley sono fatti così. Gran brave persone.”

“Andiamo Piggie, lascia riposare l’avversario prima dell’arrivo di SuperTeddy.” Si intromise Domi, la salvatrice.
L’altra francese per tutta risposta fece una smorfia stizzita al nomignolo e le sibilò qualcosa in francese che Rose ovviamente non capì. Non era la prima volta che quel siparietto si chiudeva così.
Scorpius a quel punto sembrò finalmente tornare alla realtà. La guardò intensamente. “Saltiamo l’ora e andiamo a far visita agli elfi delle cucine? Sto morendo di fame!” Si lamentò subito dopo, afferrandole il maglioncino con aria petulante.
“No. Teddy ha detto che è una lezione importante, e comunque quest’anno lo sono tutte.”

“Aw, sei crudele. Il mio stomaco si sta digerendo da solo!” Si lamentò, sfoderando un broncio adorabile ma ormai storia vecchia per lei. “Ti prego.”
“Non sei l’unico a non aver mangiato stamattina. Ma non possiamo boicottare questa lezione. Difesa contro le Arti Oscure. Ti dice niente?”
Scorpius si accigliò, nell’immenso sforzo di pensare a stomaco vuoto. “Uhm. Beh, il professorino potrebbe darci indizi sulla Prima Prova?”
Era felice di avere un ragazzo geniale anche senza aver fatto colazione.

“Sì. Quindi dobbiamo rimanere.” Lo squadrò di sottecchi. “Non è che hai depredato le cucine come tuo solito, ieri?”
Scorpius assunse un’espressione triste. “E come, se siamo stati tutto il tempo con il naso ficcato nei libri o a lezione?” Sospirò.  
“Già…” Ma non infierì. Quel giorno era troppo debole anche per quello.

Tra cinque giorni si sarebbe tenuta la Prima Prova e certo, avevano delle frecce al loro arco.
Nel caso sia un Basilisco e non ci siamo sbagliati, certo.
Comunque era terrorizzata. E non riusciva a capire come l’altro potesse essere così tranquillo.
Scorpius le sorrise, facendole dimenticare il motivo per cui era avvelenata con il mondo. Per un momento almeno. “Sai…” Esordì. “Sono felice che usi il noi. Per tutta questa storia. Mi fa sentire meno… eroe che si avvia ad una morte certa tutto da solo.”
“Sono la tua ragazza, che altro dovrei fare?” Borbottò sentendosi arrossire.
Anche se in quest’ultimo mese siamo stati casti come fratelli…

La cosa pesava ad entrambi, Rose non era così stupida da non notarlo.  
Addormentarsi sui libri o in angoli scomodi della Sala Comune non è il genere di cosa che alimenta il fuoco della passione…
Le mancava persino doversi preoccupare che i compagni di stanza di Scorpius non entrassero quando erano in intimità.
Il che la dice lunga…
La casa sull’albero che Malfoy le aveva mostrata l’anno scorso era stata scovata da Tremayne quell’estate. E per poco quell’idiota del suo ragazzo non era andato a protestare per il suo abbattimento.
Quindi… non abbiamo un angolo tutto per noi.
È che siamo troppo impegnati. E quando non lo siamo, siamo così stanchi che ci dormiamo addosso…
Invidiava le altre coppie: invidiava le loro passeggiate per mano ad Hogsmeade, i baci rubati nei corridoi e persino le litigate plateali nelle Sale Comuni.
Ora più di prima.
Avrebbe davvero voluto che il Torneo cambiasse lo stato delle cose. E al tempo stesso, ne era terrorizzata. E non aveva il coraggio di dirlo a nessuno, perché dirlo avrebbe reso le sue preoccupazioni reali.
“Sempre scorbutica…” La prese in giro, riportandola alla realtà. “A che stai pensando?”  
“Che ho bisogno di caffè.” Mentì, facendolo ridacchiare.
Poi Teddy entrò nell’aula, carico di libri e con il suo pacato sorriso di sempre. Rose sentì un uggiolio soffocato esplodere dalle ultime file.
“Albus non preoccuparti, sono appena arrivato… e chiudi la porta, grazie.”  
Rose ridacchiò quando vide il cugino accomodarsi frettoloso alla sua destra, arruffato e con una macchia di marmellata all’angolo della bocca.
“Come fai ad essere sempre in ritardo?” Gli passò un fazzoletto. “Macchia.”
“Che ti devo dire, ho talento.” Sussurrò sfiatato, pulendosi con un gesto grato.  

“Tom?” Gli chiese.
“C’è già…” Lo indicò, seduto accanto a Nott. “Dice che non sente il bisogno di ingozzarsi come me. Quindi mi lascia indietro, visto che non vuol far tardi.”

“Simpatico…”
“È Tom.” Fece spallucce l’altro, come se questo spiegasse tutto. E lo spiegava, in effetti. Lanciò poi un’occhiata verso il banco del proprio ragazzo, dove anche Rose notò che mancava qualcosa.

O meglio, qualcuno.
“Zabini è già da un po’ che salta Difesa… come mai?”
“Ha deciso di lasciare, ha troppi corsi … del resto non è mica obbligatoria.” Fu la risposta.

Rose non sapeva cosa fosse successo trai due, ma era ovvio che fosse qualcosa di cui il cugino non era ancora disposto a parlare.  
Anche se i loro rapporti sono peggiorati da quando è tornato Tom… 
Teddy intanto aveva posato la cartella sulla cattedra. Estrasse un grosso raccoglitore dalla foggia babbana, e cominciò a spulciarlo con metodo. Rose lo ammirava, sinceramente. Come sapeva gestire una classi di adolescenti in preda agli ormoni, il modo in cui non perdeva mai il sorriso, persino davanti ai più recalcitranti idioti. Lei non ci sarebbe mai riuscita.
Badare a Jamie deve essere stata una bella palestra…
“Diapositive? Ma dai…” Rumoreggiò Scorpius alla sua sinistra. “Sono troppo stanco per leggere, ancora.”
“Non che ti faccia male, visto quanto poco lo fai normalmente…”
“Sono un uomo d’azione, Rosey-Posey!” Decretò facendo ridacchiare le persone in ascolto.

Ultimamente la gente ci ascolta un po’ troppo…
Teddy a quel punto fece loro un sorriso smagliante. Di solito, preludeva una lezione in cui credeva molto.
“Okay ragazzi. Tutti in piedi e datemi una mano ad allineare i banchi al muro.”
“Evvai!” Esultò Scorpius, il primo ad estrarre la bacchetta. “I miei desideri si sono alfine avverati!”
“Sì Malfoy, sembra proprio di sì. Oggi faremo lezione pratica.” Confermò Ted suscitando un moto di approvazione tra la classe.   
“Grande! Sei un dritto, Teddy!” La seconda esclamazione fu di Dominique, che Rose sospettava avesse difficoltà a capire immediatamente il senso di un lungo discorso in inglese: sapeva infatti da fonti certe che Madame Fleur pretendeva che si parlasse solo francese alla sua tavola.
Quando tutti i banchi furono spostati e si fu creato un ampio spazio vuoto, Ted scese dalla cattedra, andando al proiettore e caricando una serie di diapositive. La prima che venne proiettata Rose la riconobbe immediatamente. E ne fu sorpresa.
“Un patronus?” Esclamò Albus, apparentemente con lo stesso stato d’animo.
“Esatto. Oggi impareremo l’Incanto Patronus.” Confermò Ted mentre un sussurro confuso serpeggiava tra gli astanti.
La prima mano a scattare fu quella di Tom, lo studente polemico: Rose gli lasciava volentieri quel primato. “Scusi professore… l’incanto Patronus viene utilizzato per allontanare i Dissennatori e i Lethifold. Essendo quest’ultimi estinti e i primi confinati in un apposita riserva controllata dal Ministero, non capisco la necessità di inserirlo nel programma. Inoltre non mi risulta sia attualmente richiesto nei MAGO.”
Rose fu certa di vedere una smorfia seccata apparire per un attimo sul volto di Ted, ma fu anche piuttosto bravo a farla scomparire. “È vero Thomas.” Confermò. “Ma è comunque un ottimo esercizio per la capacità di concentrazione. È un incantesimo che fonda la sua forza sul vostro spirito. La forma di un patronus corporeo rappresenta infatti l’essenza stessa del mago che lo produce, il suo ricordo più felice… qualcosa in grado di proteggerlo.” Spiegò. “Penso che per voi possa essere istruttivo impararlo.”
“Ma il solo che è riuscito a produrre un patronus corporeo da studente è stato Harry Potter!” Esclamò un allievo di Beaux-Batons, che a Rose sembrò l’assistente di Dom.

“Questo non è vero, Mael.” Lo corresse Lupin. “Qualcuno ha forse avuto dei genitori che militavano nell’Esercito di Silente?” Alle risposte affermative che ne conseguirono, continuò. “All’epoca i vostri genitori erano studenti, come voi, e ci sono riusciti. Non vedo perché dovreste essere da meno. L’importante, come ho detto, è soprattutto rimanere concentrati…” Ted puntò la bacchetta davanti a sé. “Expecto Patronus.” E dopo una leggera torsione del polso dalla bacchetta uscirono filamenti argentati, che andarono a comporre un lupo lucente che balzò in mezzo agli studenti per poi sparire oltre la porta dopo qualche energico balzo.  
Un mormorio eccitato si diffuse a macchia d’olio. “Ora, per tornare alla parte teorica…” 
 
“La cosa puzza, mio buon Dursley.” Mormorò Nott, appoggiato al muro, ben lontano da qualsiasi tentativo di interessarsi alla lezione. Tom gli faceva compagnia. “Non credi?”
“Credo.” Confermò, guardando distratto l’avvicendarsi della varie diapositive.

Perché ci insegna un incantesimo che non serve? Cosa c’è dietro?
Al, se non fosse stato occupato a bersi la spiegazione, lo avrebbe tacciato di paranoia.
Non è così.
Non era un segreto che Ted intrattenesse una fitta corrispondenza con il padrino, in contatto con le fonti di informazioni principale sui movimenti della Thule. Quella lezione estemporanea non poteva essere un semplice capriccio intellettuale.
Specie considerando che il professore in questione ha l’immaginazione di un fazzoletto…
E non poteva riguardare la Prima Prova: Lupin era troppo imparziale per dare indizi ai solo Campioni presenti. Inoltre, nessun organizzatore sano di mente avrebbe messo dei Dissennatori, non dopo il ruolo avuto durante la Seconda Guerra Magica.
Quindi se non è una cosa del Tremaghi…
Poteva forse essere della Thule?
Nott gli diede un colpetto sulla spalla. “Un falci per i tuoi pensieri, Dursley. Anzi, facciamo un galeone se indovino.”
Tom suo malgrado fece un sorrisetto. “Andata.” Si voltò verso di lui. “Allora?”
“Stai pensando che c’è qualcosa dietro, che è una cospirazione e che include te.” Snocciolò, squadrandolo in quel modo tagliente che Tom mal sopportava e stimava al tempo stesso. “Ci ho preso?”
“… abbastanza.”  

Tom sapeva di non avere molti amici. Anzi, fatta eccezione per Albus, Lily e la piccola Meike non aveva neppure delle persone che lo trovassero simpatico. Non che gli importasse. Però Loki era qualcuno con cui confrontarsi, uno dei pochi coetanei di cui avesse una forte stima.  
In un certo senso è la persona più vicina alla definizione di amico che ho.
“Siamo un po’ paranoici, eh?”
“Tu non lo saresti dopo quello che mi è successo?” Replicò aspro, a bassa voce, perché farsi riprendere da Lupin sarebbe stato seccante. “L’anno scorso hanno sguinzagliato per la foresta degli enormi serpenti traccia-aura e poi mi hanno rapito. Posso aspettarmi di tutto da mio padre.”
“Ed io che mi lamento del mio perché è una figura assente …” Ghignò l’altro. “Beh, anche se fosse un nuovo incantesimo per pararti il culo camuffato da lezioncina? Imparalo e tieni gli occhi aperti.”

“Voglio sapere che sta succedendo.”
Ne aveva bisogno, perché si sentiva spaccato in due: se da una parte desiderava solo stare lontano il più possibile da suo padre, da tutta quella faccenda, dall’altra sapeva che era impossibile e odiava quindi trovarsi nella posizione di dover aspettare come un ragazzino spaventato. 
“Tutti vorremo un sacco di cose, mio buon amico.” Replicò Loki. “Ma non sempre si ottiene ciò che si vuole. Non lo sai?”

“Non è questo. È proprio ottenerlo ad essere spaventoso…” Mormorò mentre Lupin concludeva la sua spiegazione e chiedeva a tutti di prendere le bacchette. Nott gli lanciò un’occhiata incuriosita, segno che lo stava ascoltando. “… ti ci abitui. Quindi hai paura che ti venga portato via.”
“Beh, ma qui mica stiamo parlando di soldi, mi pare.”
“Eh?” A volte Loki aveva degli schemi di ragionamento totalmente fallati: forse c’entrava quell’assurda storia che raccontava sull’essere stato cresciuto da un folletto ex-dipendente della Gringott.  

“I soldi non si affezionano. Sono soldi, di chiunque siano, a loro non interessa. Sono cose. Tu stai parlando di persone, di affetti, mi pare.”
“Sì… e quindi?”
“Dursley, le persone sono capaci di affezionarsi. Insomma, sta qui la differenza. Non pensare di essere solo a combattere. Per l’amor di Merlino, sei davvero così pieno di te?” Arricciò l’angolo delle labbra in un sorrisetto. “Datti tregua. Fai troppo l’eroe tragico per il tuo bene.”
Tom fece una smorfia, ma sentì improvvisamente la tensione lasciare le sue spalle.

 “… Grazie.”
“Di niente. Spero solo che non sarà questo il tuo ricordo felice, perché Al potrebbe ucciderci se non penserai a lui.”
“Sei un idiota, Nott…” Sbuffò, sentendo una risata salirgli alle labbra.

 
“Okay ragazzi, adesso provate e mi raccomando, usate il ricordo più felice che avete!”


“… non un furetto… non un furetto…”
Rose lanciò un’occhiata perplessa al proprio ragazzo che stendeva la bacchetta davanti a sé ripetendo quel mantra a mezza bocca da almeno due minuti buoni.

“Scusa?” Chiese perplessa.
Scorpius per tutta risposta avvampò. “Uhm. Non so di che stai parlando. La parola furetto non è mai uscita dalle mie labbra. Tu che ricordo userai?” Stornò con un sorriso disinvolto. “Io userò te!”
“… è una cosa molto dolce. Credo. Tralasciando la scelta verbale.” Sorrise di rimando, divertita. La verità è che avrebbe sfruttato proprio i ricordi con quel bislacco scemo. Ne aveva molti sulla sua famiglia, sugli amici, dall’infanzia all’adolescenza.

Ma mai intensi quanto quella sera a Stonehenge 
“Tu cosa userai? Me, vero pasticcino?” Inarcò significativamente le sopracciglia. “Cerca di rendermi sexy e virile nella tua fantasia.”
“Buffone…” Borbottò sentendosi le orecchie prendere fuoco, mentre l’altro rideva. Poi si concentrò, e dovette davvero evitare di guardarlo per non prendere definitivamente fuoco e dare ufficialmente il permesso a Piggie – che li stava fissando - di capire cosa ci fosse tra di loro.

Non era facile, e i primi tentativi furono più che altro una nebbiolina argentata. Si tranquillizzò quando vide che anche gli altri erano nelle sue stesse condizioni.
“Voglio un drago!” Si lamentò Scorpius, scuotendo la bacchetta come se da essa potesse provenire un suggerimento risolutore. “Un drago enorme!”
“Come questo?” Replicò Dominique, l’unica ad essere riuscita a produrre qualcosa di definito al primo colpo. Effettivamente, notò Rose stupita, il suo patronus poteva sembrarlo.
Più probabile sia una salamandra … ma se l’inganno spinge Scorpius a fare del suo meglio, beh…
“Ti odio, Weasley!”
“Eh, si sa che i biondi sono meno svegli, ma non ti scoraggiare!”
“Ti odio tantissimo!”
Rose sorrise, ma dovette evitare di ghignare quando voltandosi vide che lo scudo di Thomas era grigio e del tutto lontano dall’illustrazione esplicativa al proiettore.
Ah, c’è qualcosa in cui è negato allora!
“Un ricordo felice, Tom.” Lo incoraggiò Teddy. “Pensa ad un…”
“Ho capito.” Articolò quello, freddo. “Non sono abituato a pensare a comando.”

A quel punto Albus, che provava tenacemente da venti minuti senza guardare nessuno, fece un sospiro e si avvicinò all’impiastro per poi mormorargli qualcosa all’orecchio.
Rose vide Tom arrossire – un’illusione ottica? – per poi riprendere nell’esercizio.
Dopo un paio di tentativi andati a vuoto, lo scudo sembrò finalmente uno scudo.
Non credo di voler sapere cosa gli ha detto…
Albus tornò al suo posto, accanto a lei, squadernando uno dei suoi sorrisi soffici. “Tom era solo un po’ bloccato emotivamente … Gli capita a volte.”
“Io la chiamerei costipazione.” Replicò Rose con uno sbuffo, facendolo ridacchiare. Si concentrò di nuovo, e stavolta, con suo soddisfazione, dalla punta della bacchetta uscì una lontra dal dorso lucido che prese a volteggiarle attorno.

“Molto bene, non distrarti…” La lodò Ted, mentre passava tra gli studenti per correggere una pronuncia o una postura sbagliata. Rose sorrise, evitando di guardare verso Scorpius. Anche perché era certa che gli avrebbe gongolato contro, e questo l’avrebbe irritato ancora di più.
Quando Albus riuscì a produrre una fenice color argento vivo, che sfrecciò a pochi centimetri dal biondo, rischiando di fargli perdere l’equilibrio, Rose capì che avrebbe dovuto tenere il becco assolutamente chiuso. E fissare ostinatamente in un’altra direzione.
Come suo ragazza, so che mi ucciderebbe se tentassi di consolarlo…
 
Perché non funziona?” Sibilò Scorpius, frustrato. Non riusciva a capire come tutti, o quasi, riuscissero a farsi saltellare intorno animaletti della fattoria color platino e lui riuscisse solo ad emettere sbuffi di fumo.
Ted gli si avvicinò e gli abbassò gentilmente la mano che stringeva la bacchetta fino a farsi male.
“Scorpius, fermati un attimo.”
“Perché?” Chiese, e davvero, era una sua impressione o tutti lo stavano guardando? “Perché non mi…”
“Sei troppo nervoso. Questo incantesimo ha bisogno di calma.”
“Sicuro, infatti viene usato in situazioni di totale serenità.” Ribatté salace, pentendosene subito dopo. In fondo Lupin tentava solo di aiutarlo.

Ted non diede segno di essersi irritato per la totale mancanza di rispetto. “Sei un occlumante, vero?” Gli chiese invece.
“Ehm, sì… ma come lo sai?”
“Me l’ha detto tua nonna.” Spiegò concisamente. “Gli occlumanti hanno un forte controllo sulle proprie emozioni. Molti di loro le reprimono, per non farsi leggere. È così che funziona per te?”
Scorpius si limitò ad annuire, capendo dove voleva arrivare. “Quindi … è l’Occlumanzia che mi sta impedendo di far funzionare l’incantesimo? Ma non la sto usando!”

“È un meccanismo difensivo automatico. Te l’avranno spiegato, una volta che la impari la usi istintivamente nelle situazioni di tensione, per mantenere il sangue freddo.” Evitò di dire che quella per lui era una di quelle situazioni, e gliene fu grato.
“Oh.” Non ci aveva pensato. “Significa che non ci riuscirò mai?” La cosa lo frustrava, e gli dispiaceva. C’era una parte di sé, neppure troppo nuova, che sentiva il continuo bisogno di fare tutto alla perfezione. Meglio degli altri e più velocemente.

Così nessuno potrà osare attaccarmi.
Ted scosse la testa, dandogli una pacca sulla spalla. “Non ho detto questo. Solo sarà un po’ più difficile per te che per persone come Albus e Rose, che sono invece a contatto con le proprie emozioni… Non ti scoraggiare. Riprova.”
Scorpius sorrise di rimando, perché era quello che ci si aspettava da lui. Quindi è ciò che avrebbe fatto. “È la cosa che mi riesce meglio, professore.”
 
****
 
Foresta Proibita, Dopo pranzo.
 
“Certo che potrei passare l’intero pomeriggio a lanciarti roba morta… Ingordo.”
Artiglio gorgogliò cupamente mentre spezzava le ossa del quarto di pollo che gli aveva lanciato, con una sinistra soddisfazione che Scorpius aveva imparato a riconoscere come del tutto innocua.

Seduto su un masso, in mezzo alla foresta e in tuta da allenamento, si prendeva un meritato riposo dopo essersi fatto chilometri su chilometri attorno al Lago. Allenarsi era stata l’unica cosa che gli era venuta in mente per cancellare la frustrazione di non essere riuscito a produrre un maledetto patronus.
Tra cinque giorni sarebbe sceso nell’arena del Torneo e al momento si sentiva la persona più inadatta a farlo.
Un Basilisco… Miseriaccia, i Basilischi uccidono pure con lo sguardo!
La sua coscienza ormai aveva la voce di Rosie. 
Sentì un colpetto sulla gamba, e si trovò a pochi centimetri il becco dell’ippogrifo, intento a frugargli nella borsa alla ricerca di altro cibo. Gli passò una mano sul collo piumato, con un sospiro.
“Pensi che abbia chili di carne putrescente con me? Va bene che gli elfi delle cucine mi riempirebbero uno zaino se glielo chiedessi, ma tu sei veramente avido…”
Non era la prima volta che veniva a fargli visita; solo nel silenzio della foresta e in compagnia di una creatura incapace di parola si sentiva finalmente libero di sentirsi spaventato.
Artiglio, insensibile al suo angst, fece un verso scontento, tirandogli una botta sul braccio con il becco. “Ahu! Così si ripaga una gentilezza?” Sorrise. “No, scherzo. Sei l’unico che non mi dà dell’idiota o non agita spille incoraggianti nella mia direzione. Credo che al momento tu sia il mio essere vivente preferito.” Mormorò grattandolo sotto la gola e ottenendo un sibilo soddisfatto. “Forse potrei comprarti, ma papà non mi lascerebbe tenerti. Brutte esperienze…” Si alzò in piedi, chiudendo la borsa e mettendola al sicuro dalle mire dell’ippogrifo. “… e Hagrid potrebbe pensare che voglio giustiziarti o qualcosa del genere.”
Non aveva la forza di dire a Rose che di coraggio al momento non se ne sentiva addosso neppure un’oncia. Non poteva dirlo a nessuno: tutti dovevano credere che fosse la persona più positiva del mondo rispetto a quella faccenda.
Era stanco di doversi vergognare del suo cognome. Ma il cambiamento, era inevitabile, non sarebbe mai partito da suo padre.  
 
‘Io ho fatto i miei errori, e ad essi non c’è rimedio. E non sento il bisogno di trovarlo. Sei un uomo ormai, Scorpius. Devi ottenere da solo ciò che vuoi. Sii il cambiamento che cerchi.’
 
Draco Malfoy viveva ancora nel passato, e l’avrebbe fatto sempre, perché non era mai riuscito ad andare oltre a quella maledetta guerra.
Nessuno gli ha mai dato la possibilità di farlo.  
Amava la sua famiglia, ma non poteva aspettarsi aiuto da loro, né comprensione dagli altri.
“Sono un eroe solitario, Artiglio…” Borbottò dandogli un colpetto sul becco. Era stufo di quella fase deprimente della sua giornata. Era ora di cancellarla con un po’ di adrenalina. “Basta chiacchiere… vogliamo farci un giretto?”  
La prima volta che aveva provato a salirgli sopra si era ritrovato culo a terra in due secondi, con l’ippogrifo che gli strideva contro oltraggiato. Poi era andata progressivamente meglio. Tutto era partito da una chiacchierata con Tremayne: gli aveva spiegato che, testuali parole ‘il ragazzo era un osso duro’.
Doveva farlo, si era detto allora. Se fosse stato capace di salire su Artiglio, palesemente poco incline a farsi usare come pony, avrebbe avuto più fiducia nella riuscita del Tremaghi.
Rose gli avrebbe detto che aveva un serio problema nel voler sempre dimostrare qualcosa a sé stesso.
Ma ehi, attualmente è l’unica cosa che mi dà fiducia.
Si arrampicò su un sasso, sufficientemente in alto per poter essere al garrese dall’animale.
“Non spostarti! Ti tengo d’occhio!” Lo minacciò. Era certo che l’ippogrifo capisse tutto, e si divertisse a far finta del contrario.
Ne ebbe la riprova quando riuscì a montare sul dorso dell’animale, ma quello non ci pensò che pochi attimi prima di stendere le ali e partire al galoppo.
“Cosa ti ho detto sulle parte… Aargh!” Si aggrappò appena in tempo per vedere gli zoccoli staccarsi bruscamente dal suolo. “Giuro che ti sostituisco con una scopa la prossima volta!”
Artiglio non diede segno di provare rimorso per le sue azioni e salì di quota, frustrando con le grandi ali piumate le fronde degli alberi.
Scorpius inspirò a fondo sentendo la familiare e deliziosa stretta allo stomaco che provava ogni volta che faceva qualcosa di proibito: se fosse stato beccato a cavalcare una creatura magica appartenente alla scuola sarebbe finito nei guai.
Probabilmente mi farebbero mangiare la spilla da Prefetto… ma al diavolo.
La sensazione inebriante che derivava dal volo era qualcosa che gli aveva sempre dato assuefazione. Ma era meglio che su un manico di scopa. Probabilmente per un babbano c’era la stessa differenza tra montare su una bicicletta o su un cavallo.
Non era solo.
Il vento gli sbatteva fresco e aspro sulla faccia. Era tutto quello di cui aveva bisogno al momento.
 
****
 
Vascello di Durmstrang, Pomeriggio.
 
Sören detestava la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.
Non andava bene per lui, non per chi era veramente. Ma viveva quella realtà scolastica perché quella era la sua missione.
Se l’era ripetuto così tante volte in quell’ultimo mese, che ormai era diventato un mantra.
Ogni mattina si svegliava e faceva colazione in Sala Grande. Incontrava Lily, si interfacciava con Lily, scherzava con Lily e negli spazi che ritagliava dal suo allenamento per il Tremaghi le dava una mano con le materie che le erano più ostiche. Era un buon amico.
Perché quella era la sua missione.
Cercava di estraniarsi, di mettere avanti Luzhin prima di lui. Anche non riusciva mai a capire, a distinguere nettamente, in fondo alla giornata, se quello che aveva interagito con la Potter lo era, però.
È la mia interpretazione di Luzhin? Sono io? Come faccio a distinguere una cosa del genere?
Era sempre più confuso sul suo compito. Naturalmente era l’unico che potesse svolgerlo, per esperienza e per giovane età. Era l’unico sotto i vent’anni nell’Organizzazione.
Ero l’unico che potesse fingere di essere uno studente… ma la cosa mi si sta ritorcendo contro. Questa immobilità, questa finzione. Devo tornare me stesso. Solo pochi giorni… fino alla Prova. C’è qualcosa in ballo.
Al momento era nella saletta privata per i duelli, che era stata assegnata al Campione, cioè a lui. Aveva appena terminato l’allenamento a cui quotidianamente si sottoponeva. Esercitare le sue capacità magiche e fisiche era qualcosa che faceva anche prima di vestire i panni di Luzhin, ma in quel caso, con la Prova in vista, era quantomeno doveroso ne intensificasse la durata.
Si fermò solo per bere pochi sorsi d’acqua.
“Sören!” Lo apostrofò Kirill, annunciando il suo ingresso solo con i propri passi pesanti. “Sei ancora qui?”
“Già. Cosa dovevi dirmi? Ho da fare.”  Tagliò corto. Il russo fece una smorfietta.

“Sempre di umore splendido, vedo…” Gli si avvicinò maggiormente, sporgendosi al suo orecchio. “È arrivata una comunicazione via fuoco magico. Quelle… cose. Sono arrivate.”
Sören sentì lo stomaco ghiacciarsi mentre un lungo brivido gelido gli correva lungo la schiena fino ad attanagliargli la nuca. Ma non fece una piega.

“Bene. Il luogo dove dovrò materializzarmi?”
Kirill gli mise in mano un sassolino, tondo e scuro. Era un tracciatore, un invenzione che non aveva ancora abbattuto le dogane magiche dell’Inghilterra: quando un mago non sapeva dove materializzarsi quel piccolo artificio magico gli rendeva nota la destinazione solo pronunciando un breve incantesimo di attivazione.
Meno costoso di una passaporta, più facilmente occultabile … del resto tutta la posta per Hogwarts viene controllata dal Ministero Inglese…
Quello che non capisco è perché ce l’abbia Kirill e non l’abbia invece ricevuto io.
“Che c’è?” Chiese l’altro, ignaro dei suoi pensieri. “Ricordati che puoi materializzarti solo fuori dai cancelli della scuola.”
“Perché ce l’hai tu?”
Quello lo squadrò con aria guardinga. “Beh, perché l’ho ricevuto per posta stamattina…”
“E perché non me l’hai dato subito?”
“Le istruzioni sono arrivate solo adesso!” Replicò Kirill con fastidio. “Non prendertela con me se il magister dopo il guaio che hai combinato ad Hogsmeade non si fida più di te!”
Sören serrò le labbra e la presa sul manufatto, che poi fece scivolare in tasca.

Magister…
Era uno dei nomi con cui veniva chiamato suo zio dagli affiliati.
Sta dando più responsabilità a Kirill…
Hohenheim non aveva preso bene il suo colpo di testa con James  Potter. Naturalmente aveva dovuto riferirglielo la sera stessa, dopo che Lily era tornata al castello.
La punizione era arrivata, perché suo zio non la risparmiava mai. Non era uomo da ire spettacolari, ma credeva nel principio azione-reazione. Ad un errore corrispondeva sempre un castigo.
Come si fa con i cani, Sören. Come i cani…
Mosse istintivamente le dita della mano destra: per giorni il solo movimento gli aveva tolto il fiato dal dolore.
 
“Non mi aspettavo una reazione simile da te, Sören.”
“Chiedo scusa. Ho perso la calma. Non accadrà una seconda volta.”
La voce di suo zio era fredda e asettica, oltre le fiamme che abbozzavano malamente il suo volto. Sören sentiva una lama di ghiaccio bollente conficcata nello stomaco, e teneva la testa china perché l’uomo non se ne accorgesse. Anche se lo sapeva, era ovvio che lo sapeva.

“Questo lo spero … hai rischiato di compromettere la tua posizione. La ragazzina avrebbe potuto allontanarsi.”
“Lo so.”
“… ma non è stato così.” Aveva concluso per lui. “Questo va a nostro favore, indubbiamente. Devi avere la sua fiducia completa, Sören. Non scordarlo.”
“Non è mia intenzione.”

“Sono lieto di sentirlo.” C’era stata una lunga pausa. Suo zio era bravo nel saper accrescere il terrore, e tutto senza bisogno di parole o minacce. Era la mente del malcapitato a fare il grosso del lavoro.
“Mostrami il braccio, Sören.”


L’aveva fatto, perché era solo un cane, come spesso gli aveva sussurrato all’orecchio Johannes quando si incontravano per i corridoi del maniero degli Hohenheim. Erano tutti cani da guardia, un manipolo scelto, ma pur sempre servitori.
‘E i cani obbediscono agli ordini del padrone, piccolo principe…’
Quando il dolore era arrivato, Sören lo aveva accettato con l’inevitabilità di diciannove anni di educazione orientata in tal senso. Centinaia di aghi arroventati gli avevano trapassato la carne del braccio destro. Era sempre lì che colpiva, perché su quello aveva il controllo: gli era sembrato di averlo immerso nella lava liquida.
La sua catena non era stretta al collo, ma al braccio destro.
Ironico visto che ha pianificato fin dalla nascita di rendermi tale, figurativamente parlando. Il secondo in comando di suo figlio…
Era il risultato di quell’esperimento per cui suo padre aveva dato la vita e per cui lui aveva consegnato la sua anima a Alberich.
Suo zio non si infuriava, suo zio non esplodeva in accessi di collera come il più ridicolo dei dittatori.
No, lui puniva.
Kirill l’aveva trovato un’ora dopo, a terra, incapace di muoversi; per giorni non era stato in grado di farlo.
Quando era tornato a calcare il suo di Hogwarts, era di nuovo se stesso, freddo e lucido.
Le punizioni servono a questo, no?
Pensava di starsela cavando bene. Lily non sospettava nulla, e cosa più importante, non aveva tentato di presentargli una seconda volta altri membri della sua famiglia: aveva solo avuto sporadiche conversazioni con Albus, ma gli era sembrato troppo preso dalle quinte del Tremaghi, dove operava, per prestargli davvero attenzione.
Meglio così…
Con Thomas invece non aveva avuto altri contatti. Sembrava volerlo evitare, la qual cosa gli andava benissimo. E poi non gli era stato ordinato di far nulla in merito.
È troppo sospettoso, inoltre…
“Sören…” Lo sguardo perplesso di Poliakoff lo riportò alla realtà. “Devi trovarli stasera. Rimani concentrato.”
“Lo sono sempre.” Tagliò corto. “Non c’è bisogno che ti preoccupi.”

L’altro, a sorpresa, non si limitò ad assentire come suo solito. Invece schioccò la lingua. “Senti… l’ultima volta, dopo che hai parlato con il magister, ti ho ritrovato a terra svenuto, cazzo. Come faccio a non esserlo?”
“Libero di farlo, allora.” Stornò secco, serrando la mano in convalescenza, e rilasciando la presa subito dopo. Sentiva ancora un lieve fastidio alle ultime falangi. Sperava non sarebbe stato un problema per la Prova. 
“Credi sia il caso che venga con te?” Era chiaro che era un puro pro-forma, ma Sören ne rimase sorpreso e parimenti insospettito.

Sta cercando di farmi le scarpe?  
Non ne sarebbe stato capace, e lo sapevano entrambi. L’unico motivo per cui suo zio aveva affidato a Poliakoff quei compiti era per continuare a ricordargli che la sua sostituibilità era cosa del tutto possibile.
“Perché vorresti venire?” Chiese quindi. “Sai da cosa sto andando.”
L’altro serrò le labbra in una linea sottile. “Già.” Sembrava essersi pentito della sua asserzione precedente. “Senti… ma… perché?”

“Perché cosa?”
“Perché…” Si avvicinò, anche se erano soli in quella stanza. “… perché i Dissennatori?”
Sören non rispose, perché neppure lui aveva le idee ben chiare.

 
“Perché i Dissennatori?”
“Perché sono le uniche creature contro cui il Ministero magico inglese è tutt’ora debole, Sören. Sono legati alle paure dei sopravvissuti. Creeranno scompiglio, come i Naga hanno fatto l’anno scorso. Cavallo vincente, non si cambia.” Una pausa. “Fa ciò che ti dico. Trovali. Sono creature senzienti. Mostragli il tuo anello, il tuo vero anello. Ti riconosceranno ed obbediranno ai tuoi ordini.”
“E cosa devo dire loro?”
“Che devono venire ad Hogwarts.”


Poliakoff sembrò capire dalla sua espressione che non avrebbe ottenuto risposta. Si limitò quindi a sospirare. E fare la domanda che non avrebbe voluto sentirsi fare.

“E se non fossero controllabili?”
Aveva una risposta anche per quello, in ogni caso. “È già stato fatto. E mio zio deve aver già mandato un agente a trattare con loro…” Probabilmente Kirill era solo preoccupato dall’eventualità che ci rimettesse la vita, e fosse costretto a spiegare ad un intero sistema scolastico straniero che fine aveva fatto il Campione. “Non devi preoccuparti.”
Kirill era ancora incerto, glielo poteva leggere dall’espressione e le sopracciglia contratte in una linea continua. “… quando attaccheranno… Potrebbero esserci dei… come dire. Danni collaterali?”
“Non posso escluderli.” Convenne. “Ma lo scopo non è quello di uccidere delle persone, questo posso assicurartelo. Esercitati nell’incanto patronus, è tutto quello di cui avrai bisogno.”

Poliakoff a quel punto annuì. Leggeva paura e ansia nel suo sguardo, e poteva comprenderlo. Quel ragazzo si era offerto di patrocinarlo nell’anelito di seguire le orme del padre. Ma solo adesso si stava finalmente rendendo conto di cosa significava avere a che fare con la Thule.
Troppo tardi…
Prese la bacchetta dal tavolo, dove l’aveva posata per poter bere. Se la allacciò ai ganci della cintura, pronta ad essere sfilata al bisogno. Poi si passò una mano sul petto. L’anello, il suo anello, l’anello dei Prince: non aveva pensato neanche un attimo di lasciarlo nel suo baule. Lo tirò fuori e lo staccò con cura dalla catenina.
“È uno stemma che non ho mai visto…” Osservò Kirill. “A chi appartiene?”
Sören si intascò l’anello dei Luzhin, sostituendolo. Calzava perfettamente, lo aveva sempre fatto, sin da quando era un bambino e aveva dovuto metterlo al pollice.

“A me.”
Non avrebbe mai messo quell’anello sul fondo polveroso di una valigia. Era l’unica certezza che aveva al momento.
 
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 Note:
1. Qui la canzone. 
  
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