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Autore: RoseScorpius    11/02/2011    56 recensioni
Hermione Granger, nonostante i suoi quarant’anni, era ancora una bella donna. E per quanto schifo potesse farmi l’idea di mia madre che si rotolava su un letto con un uomo che non fosse mio padre (bhe, anche con lui… insomma, credo che a tutti i figli farebbe piacere credere alla storia della cicogna), avrei dovuto immaginare che dopo il divorzio non avrebbe preso un voto di castità. A volte capitava addirittura che mi parlasse dei tizi con cui usciva, e generalmente sopportavo l’idea di lei e un altro piuttosto bene, a patto che non portasse nessuno dei suoi ammiratori a casa. Dio, magari li portava comunque, ma come si dice, occhio non vede, cuore non duole. E figlia non s’incazza.
Di una cosa, comunque, ero sempre stata sicura: mia madre non si sarebbe mai risposata.
… E quando mai io avevo avuto ragione su qualcosa?

STORIA IN REVISIONE
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Dominique Weasley, James Sirius Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Draco/Hermione, Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La vita è un biscotto ma se piove si scioglie' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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17

Chiunque abbia detto che l'alcool fa male... ne sapeva qualcosa


 

L'odio è una bella cosa. Non fraintendetemi: non mi sono messa a predicare la guerra e la discordia nel mondo per andare contro Albus. Sto solo facendo una pura constatazione: l'odio è una bella cosa. 

Di sicuro più bella dell'amore, comunque. 

Perché l'odio ti dà delle certezze. L'odio ti dà delle fondamenta solide e sicure su cui costruire tutto quello che sei e in cui credi. L'odio, se non ti distrugge dentro, assunto in piccole dosi giornaliere ti rende più forte. Perché l'odio non è qualcosa che può essere messo in discussione, per il semplice motivo che la maggior parte delle volte c'è ben poco da mettere in discussione, a parte un paio di pregiudizi e qualche litigio. 

Non ti fermi mai a chiederti perché odi qualcuno: lo odi e basta. E il tuo odio diventa il più forte degli scudi, perché una persona che detesti non può ferirti, nemmeno se lo vuole. 

Mentre l'amore... l'amore cambia tutto. L'amore ti fa svegliare una mattina scoprendo di aver perso di colpo tutte le tue certezze. Ti fa mettere in discussione tutto quello che sei e che sei stato. Ti fa mettere in discussione persino quelle fondamenta d'odio che credevi niente avrebbe mai potuto corrodere.

 

***

 

E prima che avessi il tempo di ricominciare con le mie seghe mentali sulla felicità, mi era letteralmente crollato addosso. E le sue labbra erano sulle mie, e mi stavano baciando come se non avessero fatto altro per tutta la vita.

 

Se fino a cinque secondi prima mi avessero chiesto come avrei reagito, avrei risposto – dandomi dell'idiota, certo, ma senza esitazioni – che sarei rimasta immobile per un secolo o due prima di realizzare che stavo davvero baciando Scorpius Malfoy. O meglio, che lui stava baciando me, perché sarei stata attiva come una margherita in vaso. 

Invece, nel preciso istante in cui le nostre labbra si sfiorarono, dischiusi la bocca e trovai la sua già pronta ad accogliere la mia lingua, come se mi avesse aperto la porta di casa. E mi sembrava veramente di essere a casa, perché non mi sentii spaesata nemmeno per un secondo: mi sentii sicura, salva, come un naufrago che ha trovato uno scoglio a cui aggrapparsi durante una tempesta; mi sentii – per una volta – giusta, giusta e nel posto giusto, come solo a casa avrei potuto esserlo. Nella nostra vecchia casa di Godric's Hollow, dove vivevamo con Hugo e papà. E forse in un'altra situazione quel pensiero mi avrebbe fatto salire le lacrime agli occhi, e una sgradevole spina di nostalgia dallo stomaco al cuore, ma in quel momento sentivo solamente un gran calore avvolgermi dall'esterno e penetrarmi dentro, fin nelle viscere, come quando ero piccola e la notte papà si alzava borbottando improperi a bassa voce, e veniva a rimboccarmi il piumone che avevo fatto cadere dal letto nel sonno.

Mi allontanai da Scorpius per un istante, ma senza perdere totalmente il contatto con le sue labbra, per incamerare l'ossigeno che mai prima di allora mi era parso meno importante. Anzi, considerato che mi aveva separata da Scorpius, lo presi pure in antipatia. 

Ma l'attimo seguente la sua lingua stava di nuovo seguendo il contorno delle mie labbra, con la gentilezza vagamente cavalleresca di chi si presenta e ti stringe la mano, prima di dirti che hai un bel vestito, e t'invita a ballare, prima di posarti le mani sui fianchi. Se sorridere non mi avesse impedito di intrecciare la lingua alla sua, probabilmente al momento avrei avuto un enorme sorriso ebete stampato in faccia. 

Forse, in fondo, è meglio così...

Feci un passo all'indietro, per salire sul gradino del portone che, con l'ausilio dei tacchi, mi fece arrivare alla quasi dignitosa altezza del suo mento. Scorpius si sbilanciò e dovetti stringere più forte le braccia attorno alla sua schiena per evitare che si rovinasse quell'adorabile faccino sull'asfalto del marciapiede. 

Scorpius appoggiò una mano al portone per reggersi, forse realizzando che il suo peso mi stava schiacciando, e mi prese il mento tra le dita. Quando staccò le sue labbra dalle mie cercai di avvicinarmi nuovamente al suo viso, ma le due dita mi trattennero con gentilezza. Appoggiò la fronte alla mia e sentii il suo respiro irregolare infrangersi sulla mia pelle, accompagnato da un odore di alcool che in qualsiasi altra circostanza mi avrebbe fatto schifo. 

<< Sono ubriaco... >> sussurrò. 

<< Me n'ero accorta. >> gli assicurai. 

Il suo pollice si mosse piano sulla mia guancia, lasciandosi dietro dei piccoli ghirigori di pelle d'oca. Deglutì un paio di volte e mi sembrò di sentirlo tremare leggermente. 

<< Forse... >> cominciò, sfiorandomi la punta del naso con le labbra << forse dovrò... >>

<< Stare zitto. >> completai per lui, precipitosamente << Dovremmo stare zitti tutti e due. >>

Prima di riuscire a rovinare tutto quanto...

Scorpius sembrò sul punto di protestare, ma mi alzai sulle punte dei piedi e gli tappai le labbra con le mie. Per un attimo sentii i muscoli della sua schiena irrigidirsi sotto le mie mani, ma poi si rilassò e la sua lingua riprese a lambire la mia bocca in un bacio che, anche senza essere invadente o passionale, riuscì a farmi girare la testa. Era incredibile come riuscisse ad essere così meravigliosamente se stesso con un semplice bacio. 

Mi spostai indietro di un paio di centimetri, finché non sentii la superficie solida del portone sotto la schiena e vi appoggiai il peso con sollievo. I muscoli delle braccia cominciavano a farmi male e, se Scorpius avesse rifiutato di reggersi sulle sue gambe ancora per molto mi sarebbe venuta un'ernia del disco, ne ero sicura. Eppure, forse per colpa del mio noto masochismo congenito, non mi dispiaceva affatto distruggermi la spina dorsale, se in cambio avessi potuto continuare a baciarlo. E per dirla tutta non mi dispiaceva nemmeno che la sua lingua sapesse di vodka e rum, finché avessi potuto sentire il suo sapore sulle labbra. 

D'accordo, oggettivamente parlando fu il peggior bacio della mia vita. Ma, se mi avessero chiesto un giudizio personale, non avrei avuto incertezze nell'affermare che quello strampalato bacio era stato senza dubbio il migliore che avessi mai ricevuto. 

L'istante dopo, quando Scorpius girò la faccia di lato e si allontanò bruscamente da me, mi pentii amaramente di aver pensato una cosa così ottimista. 

Incespicai sui tacchi alti per raggiungerlo. << Cosa c'è? >>

Scorpius allontanò il braccio che avevo teso verso di lui con stizza e indietreggiò di un paio di metri, barcollando. << Lasciami. >> gracchiò. 

<< Scorpius, cosa...? >> tesi nuovamente la mano verso di lui, cercando di fermarlo, come quando senti l'odioso trillo della sveglia trapanarti le orecchie e cerchi di artigliarti agli ultimi brandelli di sogno, prima che svaniscano del tutto. Ma Scorpius scappò di nuovo, proprio come un sogno, troppo bello per essere reale. 

<< Non mi toccare! >> sbottò. 

Forse fu per colpa dell'alcool, ma le sue parole mi colpirono dritte al petto, come uno di quei colpi di Karate che arrivano quando meno te li aspetti e ti mozzano il respiro per un paio di secondi, facendoti sentire come se stessi per vomitare i polmoni. Aprii e richiusi la bocca, non ricordo nemmeno quante volte, ma forse non stavo rincorrendo le parole che non volevano saperne di uscire dalle mie labbra: forse stavo solo cercando di non morire soffocata dal peso delle mie stesse viscere, dal peso del mio cuore, che sembrava essere diventato di piombo. 

Non avevo nemmeno la forza, o forse la lucidità, necessaria per chiedermi cosa diamine gli fosse preso: tutto quello che riuscivo a fare era fissarlo in silenzio, mentre inciampava sui suoi stessi piedi, si aggrappava al palo di un lampione e vomitava l'anima sull'asfalto sporco del marciapiede. 

 

***

 

<< Si può sapere perché cavolo non hai chiamato nessuno?! >>

La voce di Albus s'infilò con invadenza nelle mie orecchie, rimbombandomi fastidiosamente nella scatola cranica come una di quelle pessime musiche house che scuotevano le mura della discoteca da ore. Voltai il capo in direzione di Scorpius, che se ne stava afflosciato accanto al portone, le gambe stese scompostamente sul marciapiede e la schiena appoggiata al legno. Fissava il vuoto davanti a sé con aria assente, ed ogni tanto voltava il capo di lato per vomitare alcool e succhi gastrici in una ciotola che una volta aveva contenuto della patatine. 

Mi strinsi nelle spalle. << Pensavo che gli sarebbe passato da solo... >>

Insomma, non poteva mica continuare a vomitare all'infinito: prima o poi il suo stomaco si sarebbe pur dovuto svuotare, no? Forte di quella convinzione mi ero seduta sul gradino del portone e lo avevo guardato vomitare per una decina di minuti, come se fosse stato un documentario su una curiosa specie in via di estinzione, aspettando che finisse. Anche perché, se non voleva nemmeno che mi avvicinassi a lui, che altro avrei potuto fare? 

Mio cugino, però, quando ci aveva trovati così non l'aveva presa molto bene... 

Albus si passò una mano tra i capelli con un gesto rabbioso, come faceva sempre quando trovava particolarmente difficile trattenersi dal saltare al collo del suo interlocutore ed azzannarlo. Avevo sempre pensato che con la sua fissazione per il pacifismo reprimesse troppo i suoi istinti: prima o poi sarebbe scoppiato. Anzi, forse stava proprio per farlo – mi dissi, occhieggiando con espressione vagamente preoccupata la sfumatura violacea che aveva assunto il suo volto. 

<< Certo, un coma etilico e si risolve tutto, anche i vostri stupidi problemi sentimentali! >> sbottò.

Mi premetti le mani sulle orecchie, dondolandomi avanti e indietro sui tacchi. << Smettila, Al, mi fai venire il mal di testa. >> 

I nostri stupidi problemi sentimentali... tzè, parla quello che se la fa con le bambine.

<< Il mal di testa ce l'hai perché sei sbronza. >> precisò Al, irritato. 

<< Sì, però tu non aiuti... >> brontolai. 

Scorpius emise un gemito strozzato e vomitò un po' di saliva nella ciotola. 

Al roteò gli occhi. << Magari era anche a stomaco vuoto. >>

Scrollai le spalle. << Non gli piaceva quello che c'era per cena... e non mi guardare i quel modo! >> esclamai, in risposta allo sguardo di profondo biasimo che mi rivolse << Non è colpa mia se è viziato! >>

La faccia di Al diceva chiaramente che la sua opinione discrepava parecchio dalla mia, ma non ci fu il tempo che lo facessero anche le sue labbra, perché la voce impastata di Scorpius lo precedette. 

<< Guardate che vi sento. >> grugnì. 

<< Vuoi un applauso? >> replicai, sarcastica. 

Un applauso per aver rovinato il momento più bello della mia vita con il tuo stupido stomaco da astemio...

Ma Scorpius, giusto per restare coerente a quello che aveva detto due secondi prima, aveva già perso qualsiasi interesse per me ed Albus e stava spiegando alla ciotola piena di vomito che ce l'aveva più lungo lui di Marshall. 

Al sembrava sul punto di accusarmi anche per le dimensioni dell'amichetto del piano di sotto di Scorpius, ma questa volta fu la voce incazzata di Dominique ad interromperlo. << Ma per favore! Se avessimo aspettato che ti svegliassi tu vi sareste sposati! >>

<< E allora? Saranno cazzi miei, scusa? >> replicò James, se possibile ancora più furioso di lei. 

Dominique sbuffò, incedendo sul marciapiede con il solito passo deciso da diva sul red carpet. << Ti ho solo fatto un favore, James. >> dichiarò, sbattendosi la grande borsa nera su una spalla << Se sei troppo imbarazzato per ringraziare, almeno abbi la decenza di stare zitto. >>

James voltò la testa di scatto e sputò, affondando i pugni serrati nelle tasche dei pantaloni. << Sarò anche un coglione, ma lo decido io se quello che fai mi sta bene o no. >> sibilò << Quindi fammi un favore tu: smettila di pararti il culo con la scusa che lo hai fatto per me, e sta' fuori dalla mia vita sentimentale. >>

E questa volta chi cavolo è che ha preso la Polisucco per sostituire James?

Sbattei le palpebre un paio di volte, incredula: non lo avevo mai visto così arrabbiato in tutta la mia vita. James era un tipo che subiva senza alzare un dito per difendersi, anzi, di solito nemmeno si accorgeva di subire, e pensava di aver meritato il trattamento che gli veniva riservato facendo qualcosa di sbagliato. 

Vederlo tutto ad un tratto capace di tenere testa a Domi in una discussione era qualcosa di così assurdo che probabilmente la mattina seguente avrei attribuito quella visione all'alcool. 

Domi sembrò altrettanto sconcertata, ma si riprese in fretta. << Tu non hai una vita sentimentale, James. >> commentò, freddamente.

<< Certo che non ce l'ho, visto che tu ti diverti così tanto a distruggerla! >> sbottò lui. 

Domi aprì la bocca per rispondergli a tono, ma Al la precedette. << Davvero edificante. >> commentò, ironico << Ora che siamo tutti al corrente del fatto che Domi ha mollato Kathie, potreste cortesemente smetterla di scannarvi e darci una mano con Scorpius? >> terminò la frase sottolineando acidamente le ultime sillabe ed inclinò il capo in direzione di Scorpius, che stava abbracciato alla ciotola, con il mento appoggiato mollemente sul petto e la testa ciondoloni, e pareva le stesse cantando una ninna nanna in Senegalese. 

Domi, com'era prevedibile, era troppo presa dalla sua ira per degnarsi di rispondere, o anche solo di guardare Scorpius. James, invece, si avvicinò cautamente al biondino e gli tirò un calcetto in punta di piede sulla coscia, come un bambino particolarmente schizzinoso sfiorerebbe il cadavere di un topo per assicurarsi che sia morto davvero. 

<< Certo che questo qui è proprio astemio... >> commentò, storcendo il naso con aria schifata. 

 

***

 

Erano le undici e quaranta quando, dopo una decina di tentativi miseramente falliti, riuscii finalmente ad infilare la chiave nella toppa. Spalancai la porta con una spallata, barcollando sotto il peso della mia testa, che pulsava come se avessi passato le ultime ore a sbatterla su un muro, e quello ben più consistente di Scorpius, che non pareva in grado di camminare in linea retta senza il mio aiuto. 

<< Qualunque cosa succeda, non parlare. >> sibilai, assestandogli una gomitata in mezzo alle costole per fargli notare che Dio l'aveva fatto nascere con due gambe perché ci camminasse << E cerca di non inciampare sulle scale. >> aggiunsi, sperando ardentemente che mamma e Draco stessero già dormendo. 

Scorpius fece una strana manovra per pulirsi le scarpe sullo zerbino, riuscendo solo a perdere suo già scarso equilibrio, rovinandomi addosso. E dal momento che la base d'appoggio di cui disponevo erano due centimetri quadri scarsi di tacchi a spillo non trovai molto sorprendente il fatto che l'istante dopo fossimo entrambi distesi a pelle di leone sul parquet. 

Al tonfo che provocammo, però, se ne aggiunse subito un altro, proveniente dal salotto. 

<< Merlino, sono dei ladri? >> sussurrò la voce di mia madre, concitata. << Dove ho messo la bacchetta? >>

<< Non lo so. >> grugnì la voce irritata di Draco << Ma quello, per tua informazione, era il mio naso. >>

<< Ma non avevi chiuso a chiave la porta? >> chiese ancora mamma, dedicando al naso del suo amoruccio la stessa considerazione che avrebbe concesso ad una lattina vuota all'angolo di una strada.

Draco sbuffò. << Certo che l'ho fatto. Non ti è venuto in mente che magari potrebbero essere mio figlio e tua figlia? >>

La domanda sarcastica dell'ossigenato fu seguita da un paio di secondi di silenzio tombale, durante i quali cercai senza grandi risultati di rimettere in piedi l'ubriaco dell'anno. << E cosa ci fanno qui a quest'ora? >> la voce isterica di mia madre mi interruppe mentre stavo pungolando la chiappa destra di Scorpius con un tacco << Avevi detto che non sarebbero tornati prima dell'una! >>

<< Conoscendo i precedenti di tua figlia mi sembrava logico pensare che sarebbe scappata in Burundi e non l'avremmo più rivista, se permetti. >> si giustificò Draco, palesemente irritato dal fatto che facessi di testa mia anche quando mi dava il permesso di stare fuori fino alle due di notte. 

Finalmente riuscii a raccogliere Scorpius dal pavimento, un po' come facevo da piccola con la marmellata che finiva puntualmente sul tappeto, ogni volta che ne aprivo un barattolo. In effetti Scorpius era umido di sudore ed appiccicaticcio, ed anche la consistenza dei suoi muscoli, al momento, non era molto diversa da quella della marmellata di fragole di nonna Molly. 

<< D'accordo, va bene, tu avevi ragione e io ho torto, sei contenta adesso? >> sbottò Draco, esasperato. Immaginai che mamma gli avesse lanciato una delle sue famose occhiatacce da primadonna. 

<< Neanche un po'. >> rispose lei, infatti, con il tono di chi avrebbe dato la stessa risposta anche alla domanda contraria. La sua voce fu seguita dal cigolio delle molle del divano e dal suono di passi che percorrevano il salotto. 

Quando l'interruttore scattò ci trovammo davanti l'esile figura di mia madre, che si stringeva addosso con aria terribilmente imbarazzata una vestaglia sotto alla quale, più che palesemente, non c'era altro che biancheria intima. Mi affrettai ad allontanarmi da Scorpius, preoccupata dalla reazione che il suo debole stomaco avrebbe potuto avere davanti ad una scena del genere, ma lui non sembrò nemmeno accorgersene e continuò a fissarsi i piedi con aria moderatamente interessata. 

<< Oh, ehm... ciao, mamma! >> la salutai, stampandomi in faccia il sorriso più convincente che fossi riuscita a trovare. << Io e Scorpius ce ne stavamo andando in camera... >>

Il suono di una cintura allacciata in fretta e furia, che provenne da dietro il divano, riuscì solo a rafforzare il mio desiderio di sparire al piano di sopra. 

Ti rendi conto, Calvin? Stavano facendo sconcerie sul divano, il mio amato divano di pelle finta con la macchia di caffè sullo schienale! Ora mi toccherà guardare la tv seduta sul tappeto... sempre che non si siano riprodotti anche su quello...

Mamma fece scorrere uno sguardo scettico da me a Scorpius, che tenevo a braccetto sperando che la cosa sembrasse un normale gesto di affetto fraterno, e non il gesto di una mezza ubriaca che cerca di tenere in piedi un ubriaco completo. A giudicare dall'espressione della mia genitrice, comunque, qualunque cosa sembrasse quel gesto non era normale. << Com'è andata la festa? >> indagò, con un sorriso quasi più falso del mio. 

Traduzione: ammettilo, hai bevuto, ti sei drogata, hai fatto sesso nel bagno degli uomini con un maggiorenne e ti sei fatta fermare dalla polizia mentre giravi in moto con lui senza casco.” 

<< Bene. >> risposi, laconica. Che, secondo il traduttore universale Figliese/Genitorese, significava dare incondizionatamente ragione alla domanda implicita che mi era stata posta. 

Non che al momento me ne importasse qualcosa: volevo solo filare in camera prima che Draco avesse il tempo di rivestirsi e scoprire che suo figlio era ubriaco da far schifo. 

Mamma corrugò le sopracciglia. << Avete bevuto? >> chiese. 

<< Chi noi? >> Ridacchiai come un'idiota. << Ma ti pare? Siamo minorenni, è contro la legge... >>

Gli occhi di mamma ormai erano ridotti a due fessure. << Lo so benissimo che è contro la legge. >>

Come se avessi potuto avere dei dubbi a riguardo. Stavo per augurarle la buona notte e svignarmela, ma Scorpius emise un risolino assolutamente idiota e biascicò qualcosa che assomigliava orribilmente a “la Vodka”. 

Mi bloccai con un piede ancora alzato per avviarmi verso le scale, impietrita dall'orrore, sotto lo sguardo impassibile di mia madre. 

Ditemi che non lo ha detto davvero...

In quel momento sentii distintamente di odiare Scorpius, persino più dei compiti a sorpresa di Trasfigurazione. Rivolsi un sorriso nervoso alla mia minacciosa genitrice. 

<< La Vodka... ehm.... voleva dire che ad un certo punto un tipo è inciampato e ha versato della Vodka sul vestitino di Domi... avresti dovuto vedere quanto si è arrabbiata... >> ridacchiai come una cretina, salvo poi accorgermi che mamma non era per niente divertita dalla situazione e mi stava fissando con espressione truce. La mia risatina forzata si spense immediatamente, sostituita da un'espressione colpevole degna di Giuda. 

<< Ehm... d'accordo... noi andiamo, allora. >> borbottai, tirando Scorpius verso le scale << 'Notte. >>

<< Io non voglio... >> cominciò, ma lo misi a tacere con un pestone ben assestato << Ahia! >> piagnucolò, indignato << Mi hai pestato il piede! >>

<< I tacchi... >> risposi, impassibile, pregando Godric che Scorpius non decidesse di dire qualche altra cazzata. 

Quando finalmente mi fui chiusa la porta di camera sua alle spalle e lo ebbi buttato sul letto con malagrazia mi arrischiai a tirare un sospiro di sollievo. Scorpius si rannicchiò immediatamente sopra le coperte, strusciando la guancia sul cuscino per trovare una posizione più comoda, come un bambino. 

Un tenero, adorabile, dolce, coccoloso... ehi! Stop, time out, frena gli ormoni, tesoro!

Non che fosse facile mantenere una seppur minima parvenza di lucidità, davanti a quelle guance adorabilmente arrossate e a quella fronte corrucciata con quel buffo cipiglio da bambino viziato, ora coperta da alcuni ciuffi ribelli, resi ricci dal sudore che gli inumidiva le tempie...

Edificante... hai intenzione di smettere di sbavare, adesso?

Rimasi a guardarlo un secondo di troppo, senza decidermi a girare i tacchi e lui, forse percependo il peso del mio sguardo sulla pelle, riaprì gli occhi. Più che aprirli, a dire il vero, si limitò a sollevare le ciglia chiare di un paio di millimetri, sbattendole con un certo fastidio sulle iridi lucide. << Puzzo di vomito... >> disse, la voce ridotta ad un sussurro roco. 

Non avrei saputo dire perché – forse, in fondo, ero parecchio ubriaca anch'io – ma quella constatazione mi fece venire una voglia matta di ridere. << Si, bhe... direi di sì. >> sghignazzai. 

Scorpius sbatté le ciglia più in fretta, come se avesse un fastidioso granello di sabbia in un occhio. << Odio dormire con i vestiti di fuori. >> aggiunse. 

Sì, in effetti i jeans sono parecchio fast...

Scorpius puntellò i gomiti sul materasso e si tirò su a fatica, riuscendo in qualche modo a mettersi a sedere. Rimasi a fissarlo senza muovere un muscolo, forse senza respirare neanche – al momento non mi sembrava che avesse una grande importanza –, mentre tentava senza successo di sbottonarsi la camicia. Scorpius strattonò il colletto della camicia con un gemito infastidito poi, sconfitto, alzò lo sguardo su di me. 

<< Mi aiuti? >>

E il mio cuore perse un battito. O forse due. O forse fu solo in quel momento, mentre annegavo nel verde di quegli occhi, che cominciò a battere davvero. 

Forse dovrei andarmene... è ubriaco, non si rende neanche conto di...

Dovresti scoparlo, altroché!” proruppe Calvin “Tanto anche se va da schifo domani non ricorderà niente.

Mai mi parve che Calvin avesse detto cosa più ragionevole: Scorpius era là, seduto sul letto, che armeggiava con i bottoni della camicia – gesto che in quel momento mi sembrò estremamente provocante – ed io ero abbastanza ubriaca da ritenere cosa buona e giusta che tutti i suoi vestiti andassero a finire sul pavimento, possibilmente seguiti dai miei. Ma ero anche abbastanza consapevole del fatto che mamma e Draco si trovavano un metro sotto i nostri piedi e che loro probabilmente se ne sarebbero ricordati, se ci avessero beccati a scambiarci cellule aploidi tra le lenzuola. 

<< Dannati bottoni... >>

La voce impastata di Scorpius mi riportò violentemente alla realtà – quella in cui sia io che lui eravamo troppo sbronzi anche solo per centrarci le labbra con un bacio a stampo – e dovetti ridimensionare i miei propositi, accontentandomi di posare la mano sulla sua e scostarla gentilmente dai bottoni della camicia. 

<< Faccio io. >> borbottai, sentendo una vampata di calore avvolgermi le guance. 

Focalizzai tutta la scarsa attenzione di cui disponessi al momento sul primo bottone, che sfilai con un po' di fatica, perché ero sbronza – mi dissi – o forse perché al contatto con sua pelle calda mi tremarono le dita – come mi fece notare Calvin. 

Esitai per un paio d'istanti, la mano aperta posata sul suo torace che si alzava e si abbassava velocemente, tentando di captare i battiti del suo cuore sotto la pelle. Avrei voluto poter immergere la mano nel suo petto, fino a raggiungere il suo cuore, e poi stringerlo delicatamente e sentirlo pulsare tra le mie dita. Sentirlo pulsare di vita, di amore. Per quella vecchia foto di sua madre, per una ragazza senza volto, forse anche un po' per me.

Avrei voluto regalargli un pezzettino del mio cuore, e chiedergli in cambio una briciola del suo, come due bambini che si scambiano le figurine delle Cioccorane. 

Avrei voluto che i nostri battiti si mescolassero, adattandosi gli uni agli altri, eliminando le note stonate fino a comporre la nostra melodia; che forse non sarebbe stata un granché, forse ogni tanto sarebbe andata un po' troppo veloce, o troppo piano, ma sarebbe stata solo nostra. Nostra, proprio di noi due, che in comune non avevamo mai avuto nulla, se non la reciproca antipatia. 

<< Perché piangi? >> sussultai e rialzai gli occhi sul volto di Scorpius, stupendomi di avere le guance rigate di lacrime. 

<< Io... non lo so... >> sussurrai. 

Ed era vero: non mi ero nemmeno accorta di star piangendo. 

Devo essere davvero sbronza...

In effetti lo ero: non abbastanza da non poter camminare in linea retta e fingere di essere in possesso delle mie facoltà mentali, ma abbastanza perché quello sforzo mi costasse un mal di testa difficilmente ignorabile.

Tirai su col naso e mi asciugai gli occhi con il dorso della mano, realizzando per la prima volta, dopo cinque anni, che non avevo mai avuto un valido motivo per odiare Scorpius. 

Lo avevo preso in antipatia perché ero gelosa di Al. Lo avevo trovato insopportabile perché ero invidiosa degli Eccezionale che tutti si sarebbero aspettati da me e che invece facevano bella mostra di sé sulla sua pagella. Poi lo avevo detestato perché ero infantile e non volevo ricredermi sul suo conto. Alla fine lo avevo odiato semplicemente perché ci avevo fatto l'abitudine.

E ora, altrettanto senza motivo, mi ritrovavo ad essere disperatamente innamorata di lui. 

Strizzai gli occhi e mi passai con furia la mano sulle guance, tentando inutilmente di cancellare le lacrime che continuavano a scorrervi. Scorpius mi fissava, perplesso, sbattendo di tanto in tanto le ciglia sugli occhi annebbiati.

<< Mi stai bagnando la camicia... >> osservò, con voce neanche tanto velatamente irritata. 

<< Scusa... >> sussurrai. 

Avevo la voce ferma, nonostante tutto, ma le lacrime continuavano a sgorgarmi dagli occhi come gocce di pioggia che cadono dal nuvoloso cielo inglese senza che tu possa fare niente per fermarle. In fondo non ero nemmeno sicura di voler smettere di piangere: provavo una sorta di perverso gusto nel seppellirmi sotto quei pensieri depressi e crogiolarmi in quell'improvvisa tristezza. Anch'essa immotivata, come tutto quello che era successo i quella notte, tra l'altro. 

Scossi la testa, ignorando il dolore alle tempie, e finii di sbottonare la camicia di Scorpius con un paio di strattoni secchi. Gliela sfilai in fretta, gli occhi troppo offuscati dalle lacrime per soffermarmi a guardarlo, pescai una maglietta bianca da un cassetto a caso e gliela ficcai addosso con malagrazia. 

<< Dormi con i jeans. >> decretai, spingendolo sul materasso. 

E prima che potesse ricominciare a lamentarsi mi ero già chiusa la porta alle spalle, lasciandomi sfuggire un singhiozzo vagamente soddisfatto. Dopotutto disperarsi in silenzio non era così male: mi faceva sentire l'eroina incompresa di un film.

Ero così presa dalla mia depressione che mi accorsi di mia madre solo quando ci andai a sbattere contro. 

<< Ouch... >> barcollai all'indietro, sotto il suo sguardo da genitrice troppo intelligente per farsi fregare da una figlia ubriaca.

Adesso si arrabbia e mi rinchiude in casa per i prossimi mille anni...

Mi ritrovai quasi a sperare che lo facesse: una sana ramanzina e un'ingiusta punizione mi avrebbero fatta sembrare ancora più eroina ed ancora più incompresa. E poi deprimermi sarebbe stato molto più divertente. 

Ma lei si limitò a lanciarmi uno sguardo di sufficienza. << Vai a dormire. >> ordinò, con voce stanca. Probabilmente era troppo impietosita dallo stato in cui ero ridotta per rimproverarmi. << Vi lascio la pozione per il dopo-sbornia sul tavolo della cucina. >>

 

   
 
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