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Autore: Katniss85    17/02/2011    2 recensioni
Raccolta di one-shot,dedicate all'amore.
Estratto da il giorno:
Scuoto la testa.-Tutto bene. Solo non me l'aspettavo-dico. E non me l'aspettavo davvero. Perché nei romanzi che ho letto non c'era scritto che potrebbe arrivare un ragazzo della tua età, senza nessuna esperienza, esattamente come te, e farti un regalo per il tuo compleanno.
-E' per farti sapere che ti penso e che mi piacerebbe passare del tempo con te- dice, con l'intenzione di giustificare il suo regalo.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Il Giorno

Abbiamo aspettato.

Sette mesi.

Oggi è il mio compleanno. Compio diciotto anni.

Abbiamo aspettato questo. Questo giorno esatto.

In realtà è stato lui a voler aspettare.

-Per non correre rischi-aveva detto.

Avevo tentato di oppormi,di dirgli che non correva alcun rischio. Non con me. Non l'avrei mai tradito. Non ne sarei stata capace. Ma non mi ha dato ascolto.

-Quando si gioca con il fuoco bisogna andarci cauti-aveva replicato ancora una volta.

Io pendevo dalle sue labbra e mi lasciavo avvolgere dalle sue parole.  Lui aveva la verità. Lui conosceva la vita. Io ero solo una ragazzina inesperta. Mi ero appena affacciata alla vita e ai suoi piaceri e dispiaceri.

Lui era l'uomo. Un uomo importante, con una fidanzata che lo aspettava e un buon lavoro.

Si era fatto da sé, come sosteneva lui. Non gli era stato regalato nulla. Non proveniva da una famiglia d'origine ricca che potesse garantirgli un futuro roseo.

Lui si era creato il suo futuro. Lui conosceva le regole. Le conosceva bene e sapeva come aggirarle.

Aspettare i miei diciotto anni era un modo per aggirare quelle regole.

-Poi non correrò nessun rischio-aveva detto.

-Tu sarai consenziente -aveva aggiunto.

Non capivo come il giorno del mio diciottesimo compleanno potesse rendermi consenziente. Non sarebbe cambiato nulla rispetto al giorno prima, quando gli anni erano ancora diciassette.

Ma per la legge,affinché lui non andasse incontro a guai,era meglio aspettare.

Sette mesi,appunto. Sette mesi di baci. Sette mesi di carezze. Sette mesi di sospiri. Sette mesi di attesa.

E quell'attesa aveva caricato il mio cuore di aspettativa. Quello che non poteva darmi,in quei sette mesi,me lo raccontava, me lo sussurrava mentre le sue mani percorrevano il mio corpo,con carezze sempre più audaci e al limite di quelle regole che la stupida "legge"aveva imposto.

Perché la legge,secondo il mio parere di ragazzina, non ne sa nulla di cosa sia l'amore e dell'attesa di quell'amore. La legge non dovrebbe permettersi di metter bocca su simili faccende private.

Chi fa la legge non ha mai amato. O non ha mai amato da giovane. Se lo avesse fatto, se avesse provato un briciolo di amore e brama per qualcuno, non avrebbe imposto una simile regola che si basi sull'età.

Perché proibire ad una ragazza di diciasette anni di amare come vorrebbe un uomo di trenta?

Perche quest'uomo dovrebbe rischiare di essere punito?

Chi ha fatto le leggi non ha mai amato quando era giovane,probabilmente. E me ne dispiaccio.

Non sa cosa si è perso.

 

Mi sono invaghita subito di lui.

Sette mesi fa, appunto.

Ero seduta al tavolo di un bar,vicino alla scuola. Ero in pausa pranzo. O pausa libro,come preferivo chiamarla io. Un'ora per pranzare prima di riprendere le lezioni al pomeriggio.

Ero asociale. Non andavo con le mie compagne. E questo non significa che non avessi amiche. Ne avevo eccome, e spesso passavo il tempo con loro. Ma non durante la pausa pranzo.

In quel momento,in quell'ora di permesso facevo l'asociale. Mi ritiravo in un bar vicino alla scuola, ordinavo un caffè e leggevo.

Lo facevo perché a casa non mi sarebbe mai stato permesso di leggere certi libri.

Se mio padre mi avesse scoperto con un libro del genere in mano mi avrebbe picchiata e probabilmente chiusa in un convento. Ne sono certa. Era meglio non rischiare.

Prendevo comunque tutte le precauzioni possibili. Cambiavo la copertina del libro che stavo leggendo con una di un libro che mi era concesso leggere.

Dovevo ringraziare Maria, la ragazza di mio fratello, che di nascosto mi passava questi libri.

Rappresentavano una porta aperta verso l'ignoto.

Io non ne sapevo nulla di ragazzi, di baci, di anatomia maschile.

Non che quei libri, classificati come erotici o, cambiando solo una vocale, eretici,come li considerava mio padre,mi insegnassero molto.

Aiutavano la mia immaginazione, soprattutto quella sensoriale.

Perché mentre leggevo di questi uomini selvaggi e un po' rudi che prendevano quasi senza il permesso la donna che avevano deciso di possedere, con grande gioia,spesso non dimostrata per pudore, della donna stessa, mi pareva di sentire sulla mia pelle quelle mani grandi e ruvide,bramare il mio corpo.

E mentre leggevo, immaginavo davvero di incontrare un uomo del genere. Un uomo che conosceva le donne. Un uomo che sapeva come prenderle,anche senza il loro permesso. Un uomo che all'inizio era attratto solo dalla fisicità della donna che bramava ma che con il tempo si ritrovava innamorato. Perché quei romanzi finivano sempre in quel modo:con l'amore e l'assoluta necessità di possedere il corpo, l'anima e il cuore della donna stessa.

Proprio in un giorno di quelli, un giorno in cui avevo la mente infilata nel libro, nella brama dei personaggi che la provavano,lui si era avvicinato a me.

-Scusa, hai una penna?

Avevo abbassato il libro,quanto era bastato per vedere i suoi occhi:blu.

Come il mare.

Come il cielo.

Diventò improvvisamente il mio colore preferito.

-Certo- risposi educata, appoggiando il libro aperto sul tavolo e frugando nella mia cartella alla ricerca di ciò che mi aveva chiesto.

Quando rialzai gli occhi, in trepida attesa di incontrare di nuovo i suoi, mi accorsi che il mio libro non era più appoggiato al tavolo e che lui si era seduto di fronte a me intento a leggerlo.

Avvampai di rossore. Come si permetteva quell'uomo sconosciuto di invadere i miei spazi asociali?

Allungai una mano e gli strappai via il libro con rabbia.

Non avrebbe dovuto permettersi. Era un grave oltraggio.

Appoggiai la penna sul tavolo e me ne andai stizzita e ancora livida in volto,più per la vergogna di essere stata scoperta, che per l'intrusione ricevuta.

-Aspetta.

L'uomo mi stava seguendo e a quanto pare pretendeva anche di darmi degli ordini.

Non avrei aspettato nessuno,tanto meno lui. E non importava quanto blu fossero i suoi occhi e quanto desiderio avevo di immergermici all'interno.

Conosceva il mio segreto. Non volevo correre altri rischi.

Mi sentii afferrare la mano. Mi voltai seccata.

-Cosa vuole?

-Restituirti la tua penna. Grazie.

E mi sollevò la mano, con il palmo verso l'altro per appoggiarvela sopra.

-Mi scuso se ho fatto qualcosa di sbagliato.

Aveva una bella voce. Profonda. Da uomo. Non potei impedire che un piccolo brivido mi accarezzasse la schiena.

Era una di quelle voci. Una di quelle voci che avevo spesso immaginato mentre leggevo quei romanzi.

-Grazie- risposi,richiudendo il palmo della mano attorno alla penna e sfiorando la sua pelle.

Rimanemmo così, sospesi. Sguardo nello sguardo.

Lui mi guardava,quasi spaventato.

Io lo guardavo,altrettanto spaventata.

Non volevo scostarmi. Non volevo spostarmi. Volevo che fosse il resto del mondo a scomparire. Volevo continuare a rimanere lì. In balia del suo sguardo. Volevo che continuasse a scuotermi come stava facendo. Perché erano sensazioni vere.

Nessuna immaginazione e nessuna descrizione avevano mai avuto ragione.

Provai molto di più di fronte a quell' uomo,molto di più di quello che c'era scritto nei miei libri.

Pazzia, follia...non sapevo definire quel desiderio irrazionale che mi aveva colto. C'era molto di più che semplice desiderio.

E se lui fosse stato il protagonista di uno di quei romanzi mi avrebbe trascinato con lui, con veemenza, in un angolo buio o in un piccolo viottolo e mi avrebbe preso,così,senza chiedere,togliendo o strappando solo i vestiti necessari a quell'atto che in quel momento a me sembrava assolutamente necessario.

Ma nulla di tutto questo accadde. Successe qualcosa di diverso. Qualcosa di inaspettato.

-Quando ti rivedo?-mi chiese,senza togliere gli occhi dai miei e senza spostare la sua mano.

Due contatti,due miseri ponti sensoriali tra noi -vista e tatto- che mi stavano sconvolgendo.

-Mercoledì- dissi, decisa.-Mi ritrovi al bar-precisai.

Io non mancai, e neppure lui.

Da quel giorno iniziò tutto.

Iniziarono le carezze.

Iniziarono i baci.

Iniziarono le confessioni.

Seppi che era fidanzato e che avrebbe dovuto sposarsi.

Seppi che aveva trent'anni.

Seppi che lo stesso desiderio che aveva colto me ,nel primo momento che l'avevo visto,aveva colto anche lui.

Seppi che la stessa brama di possederlo e di essere posseduta che provavo io, la provava anche lui.

Gli confidai la mia inesperienza, ma la mi assoluta voglia di imparare.

Gli confidai le mie letture.

Iniziammo a passare pomeriggi chiusi in una stanza fuori città che lui aveva affittato.

Ma non potevo saltare le lezioni pomeridiane. Se mio padre l'avesse scoperto era sempre valida la possibilità di finire il resto della mia vita internata in un convento.

Iniziai a mentire. Dissi ai miei genitori che andavo a studiare in biblioteca nei pomeriggi che non avevo lezione.

Mi impegnai a non far scendere i miei voti per non alimentare i dubbi in loro.

E per non perdere quello che avevo trovato.

Lui.

Lui che passava i pomeriggi ad ascoltarmi leggere e a darmi dimostrazione di quelle letture, almeno finché le cose non si facevano troppo audaci.

 

Avevo diciassette anni. E la legge era molto severa a riguardo.

In questi mesi di attesa imparai a conoscerlo. E a conoscermi.

 

Imparai a conoscere le sue mani e il loro movimento sul mio corpo.

 Imparai a conoscere i miei punti più sensibili, quei punti in cui desideravo che le sue carezze si facessero più insistenti.

Imparai a  conoscere i suoi baci,io che non avevo mai baciato nessuno, se non si conta lo specchio o il cuscino nel tentativo di imitare le scene dei libri. E scoprii,con mio grande piacere, che una bocca umida e calda non può minimamente competere con un cuscino per quanto morbido sia.

Imparai a giocare con la sua lingua, e con la mia sul suo corpo.

Imparai ad esplorarlo e finalmente imparai  l'anatomia maschile.

E' stato il mio maestro.

E' stato paziente, cauto. Ha guidato le mie mani sul suo corpo,mostrandomi e insegnandomi come dargli piacere.

Mi ha svelato l'importanza della bocca e della lingua.

E mi ha svelato l'importanza dei suoni, dei sapori, degli odori...che nella mia mente avevano sempre avuto un secondo piano nella creazione del piacere.

Quando invece, ho scoperto, avevano tutto fuorché un ruolo secondario.

Mi ha insegnato che il piacere deriva da un miscuglio di sensi che si accavallano e si mescolano per creare un unico grande senso,il sesto,che porta all'apice del piacere.

Mi ha bendato,mi ha legato le mani per insegnarmi che quando uno di questi sensi non partecipa,gli altri prendono il suo posto, amplificandosi fino a condurre,mediante un miscuglio diversi, allo stesso sublime risultato.

Ma non è mai arrivato alla fine.

Non ho mai sentito il suo corpo caldo stendersi sul mio.

-Troppo rischioso,non riuscirei a trattenermi-disse.

Ho provato tenerezza quando mi ha fatto quella confessione.

Come se la sua determinatezza e la sua sicurezza potesse essere facilmente scalfita e messa a dura prova, da me, piccola ragazzina inesperta.

 

E oggi è il giorno.

Oggi lui non corre il rischio di infrangere le regole.

Lo aspetto,come sette mesi a questa parte, in una viuzza secondaria. Dopo i nostri primi due incontri, abbiamo convenuto entrambi che sarebbe stato più conveniente non incontrarci al bar.

-Per mantenere maggior riserbo-aveva asserito.

Ero d'accordo con lui.

L'ho aspettato per giorni,in piedi, qui su questo punto esatto in cui sono ora. Questa volta è diverso. Sono agitata,quasi spaventata. Non ho mai provato questo sentimento nei suoi confronti prima d'ora.

Mille dubbi hanno iniziato ad invadere la mia mente. Mille dubbi fastidiosi, che, come api,si radunano e iniziano a ronzare sempre più rumorosamente nella mia mente.

Penso ai miei libri. Penso alle mie letture. Ripenso alle parole che utilizzano per descrivere il momento che io sto aspettando.

Mi chiedo se le cose andranno davvero come c'è scritto nei romanzi. Mi chiedo se davvero,lui,dopo avermi avuta completamente,mi dirà finalmente che mi ama e che sceglie me.

Io non voglio essere una seconda scelta. Io non voglio essere la ragazzina che lo aspetta nell'appartamento mentre lui saluta con affetto la moglie e i figli e dice di andare al lavoro.

Non voglio essere la numero due.

Voglio essere la numero uno.

Voglio che l'intero cuore di un uomo sia mio. Non voglio fette di amore...lo voglio tutto,per intero.

E, nonostante sia solo una ragazzina,da poco cosciente delle sue azioni per la legge, so che quasi mai la vita procede come mi fanno credere i romanzi.

Quasi mai un uomo trentenne,prossimo al matrimonio e con la carriera avviata lascerebbe tutto per amore di una ragazzina che della vita ancora non sa nulla.

-Ciao.

Una voce alle mie spalle mi fa sobbalzare. Non è la sua voce. E' una voce più morbida, più dolce. Più giovane. Una voce bella.

Mi volto. Conosco chi mi trovo davanti. E' Giacomo, un mio compagno di classe.

-Ciao- rispondo,con voce che mi trema, perché ho paura. Ho paura che mi chieda cosa sto facendo lì, in quella viuzza seminascosta. Ho paura che lui arrivi e che il ragazzo che mi ha appena salutato scopra che in realtà dovrei essere in biblioteca, come ho detto hai miei genitori.

-Ti ho spaventata?-mi chiede.

-Un po' - ammetto, ma non per il motivo che crede lui.

-Scusami,non volevo-dice, abbassando lo sguardo a terra.-Ti ho seguito. Non ho avuto il coraggio di venire a casa tua -mi spiega.

-E perché saresti dovuto venire a casa mia?-gli chiedo.

Lui alza di nuovo lo sguardo su di me, sguardo che fino a quel momento era rimasto a contemplare l'asfalto.

Occhi verdi.

Verdi smeraldo.

Verdi speranza.

Perché il verde non è mai stato il mio colore preferito?

-Volevo portarti questo- dice ancora, appoggiando la bici per terra e raccogliendo un pacchetto dal cestello. Lo osservo mentre si avvicina.

-Buon compleanno Alessia -dice.

Prendo il pacchetto dalle sue mani. Non penso al perché di quel regalo,o cosa ci potrebbe essere dentro. Penso se Lui me lo farà il regalo, se sarà così dolce da ricordassi che oggi non è solo il giorno giusto per non infrangere le regole, ma è anche il giorno del mio diciottesimo compleanno.

Una lacrima,un'unica goccia solitaria, scende a rigarmi la guancia.

So che non lo farà.

So che non mi ama.

E so anche che probabilmente neppure io lo amo

-Stai male?-mi chiede  premuroso Giacomo,appoggiano il palmo della sua mano sul mio viso, e spazzando via quell'unico segno di tristezza che è riuscito ad esternare il mio cuore.

Scuoto la testa.-Tutto bene. Solo non me l'aspettavo-dico. E non me l'aspettavo davvero. Perché nei romanzi che ho letto non c'era scritto che potrebbe arrivare un ragazzo della tua età, senza nessuna esperienza, esattamente come te, e farti un regalo per il tuo compleanno.

-E' per farti sapere che ti penso e che mi piacerebbe passare del tempo con te- dice, con l'intenzione di giustificare il suo regalo.

 

Oggi è il giorno.

Oggi divento consenziente davvero.

Lui non infrange più le regole. Io posso scegliere le regole della mia vita.

-Grazie- mormoro a Giacomo alzandomi sulle punte e lasciandogli un bacio sulla guancia.

-Andiamo- mormoro, chiudendo la mia mano nella sua e lasciando che mi porti via.

Lontano da quella viuzza.

Lontano da quell'appartamento.

Lontano da lui.

 

Oggi è il giorno.

Oggi compio diciotto anni.

Oggi divento consenziente.

E scelgo Giacomo.

Scelgo di scoprire l'amore assieme a lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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