Il Giorno
Abbiamo aspettato.
Sette
mesi.
Oggi
è il mio compleanno. Compio diciotto anni.
Abbiamo
aspettato questo. Questo giorno esatto.
In
realtà è stato lui a voler aspettare.
-Per
non correre rischi-aveva detto.
Avevo
tentato di oppormi,di dirgli che non correva alcun rischio. Non con me. Non
l'avrei mai tradito. Non ne sarei stata capace. Ma non mi ha dato ascolto.
-Quando
si gioca con il fuoco bisogna andarci cauti-aveva replicato ancora una volta.
Io
pendevo dalle sue labbra e mi lasciavo avvolgere dalle sue parole. Lui aveva la verità. Lui conosceva la vita.
Io ero solo una ragazzina inesperta. Mi ero appena affacciata alla vita e ai
suoi piaceri e dispiaceri.
Lui
era l'uomo. Un uomo importante, con una fidanzata che lo aspettava e un buon
lavoro.
Si
era fatto da sé, come sosteneva lui. Non gli era stato regalato nulla. Non
proveniva da una famiglia d'origine ricca che potesse garantirgli un futuro
roseo.
Lui
si era creato il suo futuro. Lui conosceva le regole. Le conosceva bene e
sapeva come aggirarle.
Aspettare
i miei diciotto anni era un modo per aggirare quelle regole.
-Poi
non correrò nessun rischio-aveva detto.
-Tu
sarai consenziente -aveva aggiunto.
Non
capivo come il giorno del mio diciottesimo compleanno potesse rendermi
consenziente. Non sarebbe cambiato nulla rispetto al giorno prima, quando gli
anni erano ancora diciassette.
Ma
per la legge,affinché lui non andasse incontro a guai,era meglio aspettare.
Sette
mesi,appunto. Sette mesi di baci. Sette mesi di carezze. Sette mesi di sospiri.
Sette mesi di attesa.
E
quell'attesa aveva caricato il mio cuore di aspettativa. Quello che non poteva
darmi,in quei sette mesi,me lo raccontava, me lo sussurrava mentre le sue mani
percorrevano il mio corpo,con carezze sempre più audaci e al limite di quelle
regole che la stupida "legge"aveva imposto.
Perché
la legge,secondo il mio parere di ragazzina, non ne sa nulla di cosa sia
l'amore e dell'attesa di quell'amore. La legge non dovrebbe permettersi di
metter bocca su simili faccende private.
Chi
fa la legge non ha mai amato. O non ha mai amato da giovane. Se lo avesse
fatto, se avesse provato un briciolo di amore e brama per qualcuno, non avrebbe
imposto una simile regola che si basi sull'età.
Perché
proibire ad una ragazza di diciasette anni di amare come vorrebbe un uomo di
trenta?
Perche
quest'uomo dovrebbe rischiare di essere punito?
Chi
ha fatto le leggi non ha mai amato quando era giovane,probabilmente. E me ne
dispiaccio.
Non
sa cosa si è perso.
Mi
sono invaghita subito di lui.
Sette
mesi fa, appunto.
Ero
seduta al tavolo di un bar,vicino alla scuola. Ero in pausa pranzo. O pausa
libro,come preferivo chiamarla io. Un'ora per pranzare prima di riprendere le
lezioni al pomeriggio.
Ero
asociale. Non andavo con le mie compagne. E questo non significa che non avessi
amiche. Ne avevo eccome, e spesso passavo il tempo con loro. Ma non durante la
pausa pranzo.
In
quel momento,in quell'ora di permesso facevo l'asociale. Mi ritiravo in un bar
vicino alla scuola, ordinavo un caffè e leggevo.
Lo
facevo perché a casa non mi sarebbe mai stato permesso di leggere certi libri.
Se
mio padre mi avesse scoperto con un libro del genere in mano mi avrebbe
picchiata e probabilmente chiusa in un convento. Ne sono certa. Era meglio non
rischiare.
Prendevo
comunque tutte le precauzioni possibili. Cambiavo la copertina del libro che
stavo leggendo con una di un libro che mi era concesso leggere.
Dovevo
ringraziare Maria, la ragazza di mio fratello, che di nascosto mi passava
questi libri.
Rappresentavano
una porta aperta verso l'ignoto.
Io
non ne sapevo nulla di ragazzi, di baci, di anatomia maschile.
Non
che quei libri, classificati come erotici o, cambiando solo una vocale,
eretici,come li considerava mio padre,mi insegnassero molto.
Aiutavano
la mia immaginazione, soprattutto quella sensoriale.
Perché
mentre leggevo di questi uomini selvaggi e un po' rudi che prendevano quasi
senza il permesso la donna che avevano deciso di possedere, con grande
gioia,spesso non dimostrata per pudore, della donna stessa, mi pareva di sentire
sulla mia pelle quelle mani grandi e ruvide,bramare il mio corpo.
E
mentre leggevo, immaginavo davvero di incontrare un uomo del genere. Un uomo
che conosceva le donne. Un uomo che sapeva come prenderle,anche senza il loro
permesso. Un uomo che all'inizio era attratto solo dalla fisicità della donna
che bramava ma che con il tempo si ritrovava innamorato. Perché quei romanzi
finivano sempre in quel modo:con l'amore e l'assoluta necessità di possedere il
corpo, l'anima e il cuore della donna stessa.
Proprio
in un giorno di quelli, un giorno in cui avevo la mente infilata nel libro,
nella brama dei personaggi che la provavano,lui si era avvicinato a me.
-Scusa,
hai una penna?
Avevo
abbassato il libro,quanto era bastato per vedere i suoi occhi:blu.
Come
il mare.
Come
il cielo.
Diventò
improvvisamente il mio colore preferito.
-Certo-
risposi educata, appoggiando il libro aperto sul tavolo e frugando nella mia
cartella alla ricerca di ciò che mi aveva chiesto.
Quando
rialzai gli occhi, in trepida attesa di incontrare di nuovo i suoi, mi accorsi
che il mio libro non era più appoggiato al tavolo e che lui si era seduto di
fronte a me intento a leggerlo.
Avvampai
di rossore. Come si permetteva quell'uomo sconosciuto di invadere i miei spazi
asociali?
Allungai
una mano e gli strappai via il libro con rabbia.
Non
avrebbe dovuto permettersi. Era un grave oltraggio.
Appoggiai
la penna sul tavolo e me ne andai stizzita e ancora livida in volto,più per la
vergogna di essere stata scoperta, che per l'intrusione ricevuta.
-Aspetta.
L'uomo
mi stava seguendo e a quanto pare pretendeva anche di darmi degli ordini.
Non
avrei aspettato nessuno,tanto meno lui. E non importava quanto blu fossero i
suoi occhi e quanto desiderio avevo di immergermici all'interno.
Conosceva
il mio segreto. Non volevo correre altri rischi.
Mi
sentii afferrare la mano. Mi voltai seccata.
-Cosa
vuole?
-Restituirti
la tua penna. Grazie.
E
mi sollevò la mano, con il palmo verso l'altro per appoggiarvela sopra.
-Mi
scuso se ho fatto qualcosa di sbagliato.
Aveva
una bella voce. Profonda. Da uomo. Non potei impedire che un piccolo brivido mi
accarezzasse la schiena.
Era
una di quelle voci. Una di quelle voci che avevo spesso immaginato mentre
leggevo quei romanzi.
-Grazie-
risposi,richiudendo il palmo della mano attorno alla penna e sfiorando la sua
pelle.
Rimanemmo
così, sospesi. Sguardo nello sguardo.
Lui
mi guardava,quasi spaventato.
Io
lo guardavo,altrettanto spaventata.
Non
volevo scostarmi. Non volevo spostarmi. Volevo che fosse il resto del mondo a
scomparire. Volevo continuare a rimanere lì. In balia del suo sguardo. Volevo
che continuasse a scuotermi come stava facendo. Perché erano sensazioni vere.
Nessuna
immaginazione e nessuna descrizione avevano mai avuto ragione.
Provai
molto di più di fronte a quell' uomo,molto di più di quello che c'era scritto
nei miei libri.
Pazzia,
follia...non sapevo definire quel desiderio irrazionale che mi aveva colto.
C'era molto di più che semplice desiderio.
E
se lui fosse stato il protagonista di uno di quei romanzi mi avrebbe trascinato con lui, con veemenza, in un
angolo buio o in un piccolo viottolo e mi avrebbe preso,così,senza
chiedere,togliendo o strappando solo i vestiti necessari a quell'atto che in
quel momento a me sembrava assolutamente necessario.
Ma
nulla di tutto questo accadde. Successe qualcosa di diverso. Qualcosa di
inaspettato.
-Quando
ti rivedo?-mi chiese,senza togliere gli occhi dai miei e senza spostare la sua
mano.
Due
contatti,due miseri ponti sensoriali tra noi -vista e tatto- che mi stavano
sconvolgendo.
-Mercoledì-
dissi, decisa.-Mi ritrovi al bar-precisai.
Io
non mancai, e neppure lui.
Da
quel giorno iniziò tutto.
Iniziarono
le carezze.
Iniziarono
i baci.
Iniziarono
le confessioni.
Seppi
che era fidanzato e che avrebbe dovuto sposarsi.
Seppi
che aveva trent'anni.
Seppi
che lo stesso desiderio che aveva colto me ,nel primo momento che l'avevo
visto,aveva colto anche lui.
Seppi
che la stessa brama di possederlo e di essere posseduta che provavo io, la
provava anche lui.
Gli
confidai la mia inesperienza, ma la mi assoluta voglia di imparare.
Gli
confidai le mie letture.
Iniziammo
a passare pomeriggi chiusi in una stanza fuori città che lui aveva affittato.
Ma
non potevo saltare le lezioni pomeridiane. Se mio padre l'avesse scoperto era
sempre valida la possibilità di finire il resto della mia vita internata in un
convento.
Iniziai
a mentire. Dissi ai miei genitori che andavo a studiare in biblioteca nei
pomeriggi che non avevo lezione.
Mi
impegnai a non far scendere i miei voti per non alimentare i dubbi in loro.
E
per non perdere quello che avevo trovato.
Lui.
Lui
che passava i pomeriggi ad ascoltarmi leggere e a darmi dimostrazione di quelle
letture, almeno finché le cose non si facevano troppo audaci.
Avevo
diciassette anni. E la legge era molto severa a riguardo.
In
questi mesi di attesa imparai a conoscerlo. E a conoscermi.
Imparai
a conoscere le sue mani e il loro movimento sul mio corpo.
Imparai a conoscere i miei punti più
sensibili, quei punti in cui desideravo che le sue carezze si facessero più
insistenti.
Imparai
a conoscere i suoi baci,io che non avevo
mai baciato nessuno, se non si conta lo specchio o il cuscino nel tentativo di
imitare le scene dei libri. E scoprii,con mio grande piacere, che una bocca
umida e calda non può minimamente competere con un cuscino per quanto morbido
sia.
Imparai
a giocare con la sua lingua, e con la mia sul suo corpo.
Imparai
ad esplorarlo e finalmente imparai l'anatomia maschile.
E'
stato il mio maestro.
E'
stato paziente, cauto. Ha guidato le mie mani sul suo corpo,mostrandomi e
insegnandomi come dargli piacere.
Mi
ha svelato l'importanza della bocca e della lingua.
E
mi ha svelato l'importanza dei suoni, dei sapori, degli odori...che nella mia
mente avevano sempre avuto un secondo piano nella creazione del piacere.
Quando
invece, ho scoperto, avevano tutto fuorché un ruolo secondario.
Mi
ha insegnato che il piacere deriva da un miscuglio di sensi che si accavallano
e si mescolano per creare un unico grande senso,il sesto,che porta all'apice
del piacere.
Mi
ha bendato,mi ha legato le mani per insegnarmi che quando uno di questi sensi
non partecipa,gli altri prendono il suo posto, amplificandosi fino a
condurre,mediante un miscuglio diversi, allo stesso sublime risultato.
Ma
non è mai arrivato alla fine.
Non
ho mai sentito il suo corpo caldo stendersi sul mio.
-Troppo
rischioso,non riuscirei a trattenermi-disse.
Ho
provato tenerezza quando mi ha fatto quella confessione.
Come
se la sua determinatezza e la sua sicurezza potesse essere facilmente scalfita
e messa a dura prova, da me, piccola ragazzina inesperta.
E
oggi è il giorno.
Oggi
lui non corre il rischio di infrangere le regole.
Lo
aspetto,come sette mesi a questa parte, in una viuzza secondaria. Dopo i nostri
primi due incontri, abbiamo convenuto entrambi che sarebbe stato più
conveniente non incontrarci al bar.
-Per
mantenere maggior riserbo-aveva asserito.
Ero
d'accordo con lui.
L'ho
aspettato per giorni,in piedi, qui su questo punto esatto in cui sono ora.
Questa volta è diverso. Sono agitata,quasi spaventata. Non ho mai provato
questo sentimento nei suoi confronti prima d'ora.
Mille
dubbi hanno iniziato ad invadere la mia mente. Mille dubbi fastidiosi, che,
come api,si radunano e iniziano a ronzare sempre più rumorosamente nella mia
mente.
Penso
ai miei libri. Penso alle mie letture. Ripenso alle parole che utilizzano per
descrivere il momento che io sto aspettando.
Mi
chiedo se le cose andranno davvero come c'è scritto nei romanzi. Mi chiedo se
davvero,lui,dopo avermi avuta completamente,mi dirà finalmente che mi ama e che
sceglie me.
Io
non voglio essere una seconda scelta. Io non voglio essere la ragazzina che lo
aspetta nell'appartamento mentre lui saluta con affetto la moglie e i figli e
dice di andare al lavoro.
Non
voglio essere la numero due.
Voglio
essere la numero uno.
Voglio
che l'intero cuore di un uomo sia mio. Non voglio fette di amore...lo voglio
tutto,per intero.
E,
nonostante sia solo una ragazzina,da poco cosciente delle sue azioni per la
legge, so che quasi mai la vita procede come mi fanno credere i romanzi.
Quasi
mai un uomo trentenne,prossimo al matrimonio e con la carriera avviata
lascerebbe tutto per amore di una ragazzina che della vita ancora non sa nulla.
-Ciao.
Una
voce alle mie spalle mi fa sobbalzare. Non è la sua voce. E' una voce più
morbida, più dolce. Più giovane. Una voce bella.
Mi
volto. Conosco chi mi trovo davanti. E' Giacomo, un mio compagno di classe.
-Ciao-
rispondo,con voce che mi trema, perché ho paura. Ho paura che mi chieda cosa
sto facendo lì, in quella viuzza seminascosta. Ho paura che lui arrivi e che il
ragazzo che mi ha appena salutato scopra che in realtà dovrei essere in
biblioteca, come ho detto hai miei genitori.
-Ti
ho spaventata?-mi chiede.
-Un
po' - ammetto, ma non per il motivo che crede lui.
-Scusami,non
volevo-dice, abbassando lo sguardo a terra.-Ti ho seguito. Non ho avuto il
coraggio di venire a casa tua -mi spiega.
-E
perché saresti dovuto venire a casa mia?-gli chiedo.
Lui
alza di nuovo lo sguardo su di me, sguardo che fino a quel momento era rimasto
a contemplare l'asfalto.
Occhi
verdi.
Verdi
smeraldo.
Verdi
speranza.
Perché
il verde non è mai stato il mio colore preferito?
-Volevo
portarti questo- dice ancora, appoggiando la bici per terra e raccogliendo un
pacchetto dal cestello. Lo osservo mentre si avvicina.
-Buon
compleanno Alessia -dice.
Prendo
il pacchetto dalle sue mani. Non penso al perché di quel regalo,o cosa ci
potrebbe essere dentro. Penso se Lui me
lo farà il regalo, se sarà così dolce da ricordassi che oggi non è solo il
giorno giusto per non infrangere le regole, ma è anche il giorno del mio
diciottesimo compleanno.
Una
lacrima,un'unica goccia solitaria, scende a rigarmi la guancia.
So
che non lo farà.
So
che non mi ama.
E
so anche che probabilmente neppure io lo amo
-Stai
male?-mi chiede premuroso
Giacomo,appoggiano il palmo della sua mano sul mio viso, e spazzando via
quell'unico segno di tristezza che è riuscito ad esternare il mio cuore.
Scuoto
la testa.-Tutto bene. Solo non me l'aspettavo-dico. E non me l'aspettavo
davvero. Perché nei romanzi che ho letto non c'era scritto che potrebbe
arrivare un ragazzo della tua età, senza nessuna esperienza, esattamente come
te, e farti un regalo per il tuo compleanno.
-E'
per farti sapere che ti penso e che mi piacerebbe passare del tempo con te-
dice, con l'intenzione di giustificare il suo regalo.
Oggi
è il giorno.
Oggi
divento consenziente davvero.
Lui
non infrange più le regole. Io posso scegliere le regole della mia vita.
-Grazie-
mormoro a Giacomo alzandomi sulle punte e lasciandogli un bacio sulla guancia.
-Andiamo-
mormoro, chiudendo la mia mano nella sua e lasciando che mi porti via.
Lontano
da quella viuzza.
Lontano
da quell'appartamento.
Lontano
da lui.
Oggi
è il giorno.
Oggi
compio diciotto anni.
Oggi
divento consenziente.
E
scelgo Giacomo.
Scelgo
di scoprire l'amore assieme a lui.