[Riferimento all'episodio 32 - dal minuto 8:07]
Tutto cominciò con un incubo, l'incubo più spaventoso che avesse mai fatto: Fukiko suonava il pianoforte, all'esterno casa Ichinomiya ardeva tra impetuose fiamme celesti mentre donne iraconde marciavano verso di lei inneggiando alla rivolta. Le ampie vetrate del salone si spalancarono lasciando entrare il fuoco, il lampadario di cristalli si frantumò a terra, le fiamme dall'irreale colore schizzavano tra i tasti del pianoforte avviluppando dapprima le dita di Fukiko che imperterrita continuava a suonare, poi presero tutta la sua figura. Qualcosa la spinse a guardarsi alle spalle, solo allora smise di suonare: dietro di lei Rei caricava un fucile per poi puntarglielo contro.
Madida di sudore si ritrovò nel letto con gli occhi sbarrati, erano le 3:00 di notte, il cuore stretto in una morsa d'angoscia: poteva accettare tutto, il suo orgoglio poteva permetterle di affrontare qualsiasi avversità, ma non il tradimento di Rei, della sua Rei.
Era da poco sorto il sole quando scese in cortile cercando l'autista. L'uomo diede appena a vedere il proprio stupore nel sentire la richiesta di accompagnarla a quell'ora all'appartamento di sua sorella. Non lo rimproverò per questo, in mente aveva una cosa sola e non avrebbe avuto pace finchè non avesse parlato con Rei: di tutto quello che aveva visto fare dai membri della Sorority, di ogni meschinità ognuna di loro si fosse macchiata per uno scopo o per l'altro, le parole di Rei all'assemblea erano state le uniche a turbarla e Fukiko doveva capire perchè le aveva pronunciate, doveva sapere quale sentimento l'aveva spinta a trovare la sfrontatezza di opporsi a lei.
La porta dell'ascensore si aprì in quello squallido corridoio che conosceva fin troppo bene, aprì la porta dell'appartamento 507. Gli innumerevoli specchi appesi al tetro ingresso riflettevano più e più volte il bagliore che proveniva dal bagno. Da lì arrivava lo scroscio della doccia. Fukiko si affacciò nello stesso momento in cui Rei apriva la porta a vetri chiedendo
“Chi è?”
La padrona di casa sgranò gli occhi nel vedere lì sua sorella, quindi farfugliò un
“Solo un minuto. Ti raggiungo subito” e si affrettò a chiudere porta e acqua.
Fukiko però entrò con lei. Rei in piedi nuda e bagnata sembrava ancora più fragile di quanto non si mostrasse ad ogni loro incontro.
“Ascolta, devo farti una domanda che è estremamente importante per me. Sentila e poi rispondi solo sì o no, mi sono spiegata?” Fukiko attese giusto il tempo di vedere la sorella annuire debolmente e proseguì risoluta, ma serena, come suo solito.
“Hai promosso la petizione per l'abolizione della Sorority spinta dal tuo odio per me? Rispondimi soltanto sì o no, ti prego”
Rei abbassò lo sguardo e sussurrò
“Si”
Fukiko sorrise soddisfatta, non le importava cosa provasse per lei, voleva solo che qualsiasi cosa Rei facesse, fosse dovuto a lei, fosse causato dai sentimenti per lei, qualsiasi fossero questi sentimenti. Rei non doveva pensare ad altri che a lei. Rei era sua. Anche l'odio andava bene, se era per lei.
“Ti ringrazio” disse già girandosi per andarsene, ma mentre stava per uscire dal bagno, la voce di Rei proruppe alle sue spalle
“No!”
Fukiko tornò sui suoi passi.
“Si invece! No, non è vero!” cominciò l'altra in una specie di delirio girandosi verso la parete opposta
“Rei” la riprese
“Si hai ragione: io ti odio a morte!” continuò sua sorella, scendendo verso i rubinetti e aprendoli sempre di più, ossessivamente.
“Rei”
“Non è vero! Io ti amo da morire invece!” Rei gridava con la voce spezzata dai singhiozzi, rannicchiata a terra tra i getti d'acqua.
“Rei” Fukiko non riusciva a sussurrare altro che il suo nome, stupefatta da quel comportamento.
“Io ti odio. No! Io ti amo, si ti amo. No! Ti odio, ti odio!”
“Rei” mormorò ancora una volta osservando la sorella in lacrime accasciata contro le piastrelle della doccia.
Non sapeva spiegare cosa la turbasse tanto di quella visione, né di quello che aveva appena sentito tra quei disperati singhiozzi, eppure continuava a fissare Rei sgomenta, sentendo addirittura il desiderio di piangere con lei. Riprese il proprio autocontrollo, afferrò con fermezza la maniglia della porta a vetri del bagno e disse secca
“Alzati e asciugati”
Rei si girò di scatto, gli occhi allarmati
“Non andartene!”
“Ti aspetterò qui in soggiorno, se è questo ciò che vuoi.”
Uscì dal bagno, chiudendosi la porta alle spalle. Con la coda dell'occhio vide la figura snella di Rei offuscata dal vapore condensato sul vetro che si affrettava a spegnere l'acqua e rimettersi in piedi.
L'appartamento era quasi totalmente immerso nel buio, ignorando a fatica la propria sagoma riflessa negli specchi mentre camminava nella penombra di quel lungo corridoio angusto, giunse in sala. Aprendo la grande finestra, dovette coprirsi gli occhi feriti dalla violenza dell'impatto con la luce, una lacrima uscì comunque, rapidamente cacciata via da un dito. Nonostante il calore del sole che si stava levando ad illuminare quella mattina d'estate, le stanze in cui viveva Rei erano fredde, spoglie, cupe quanto chi le abitava: quell'appartamento dava l'idea di un guscio vuoto. Sedette sul divano, schiena dritta, le mani posate in grembo, lo sguardo rivolto fuori, al cielo limpido e attese l'arrivo di Rei.
Rei uscì dalla sua camera da letto prima ancora di essersi vestita e asciugata del tutto, terrorizzata com'era all'idea che Fukiko si stancasse d'aspettarla e se ne andasse. Masticava ancora la dose di pillole che aveva ingoiato per calmarsi, indossava i pantaloni e una camicia con solo un paio di bottoni chiusi, sulla testa si sorreggeva un telo di spugna con cui continuava a asciugarsi i capelli ancora abbondantemente inumiditi. Si bloccò un attimo entrando in sala, felice e turbata allo stesso tempo di vedere sua sorella lì seduta sul divano, ad attendere lei. Fukiko girò appena la testa nel sentirla avvicinarsi, quel tanto che le bastava per poterle puntare addosso il suo sguardo, quel tanto che bastava a Rei per sentirsi in suo potere. Dopo qualche istante Rei si riscosse e avanzò fino a mettersi a sedere nella poltroncina accanto al divano.
Fukiko la squadrò inespressiva. Indossava la camicia bianca e quella sua stupenda gonna nera con fiori rossi che le scendeva lunga e stretta fino ai piedi: era l'immagine stessa dell'austerità. Chissà come appariva agli occhi di chi non la conosceva? Tanta grazia e bellezza erano sufficienti a mascherare il suo animo superbo e crudele? Sembrava una dea benevola o un sadico demonio? Rei stessa non aveva ancora capito come apparisse ai suoi stessi occhi, per questo la sua sola presenza lì in quella stanza la tormentava, come ogni volta che stava con lei, tenendola imprigionata tra due sentimenti che duellavano a sangue tra loro, paura folle da una parte e cieco amore dall'altra.
“Mi hai chiesto di rimanere e come vedi ti ho accontentata. Hai forse qualcosa da dirmi, Rei?” le chiese guardandola dritto negli occhi, il volto sereno e disteso come se non fosse appena accaduto nulla di particolare.
Rei si sforzò di sostenere lo sguardo, ma sapeva che nei suoi occhi, se mai c'era stato un bagliore di forza, si stava spegnendo attimo dopo attimo. Non aveva nulla da dire, solo non voleva che se ne andasse così, come faceva sempre subito dopo averla sconvolta come sapeva fare tanto bene.
“Fukiko... io...”
Seguì il silenzio.
“Tu cosa, Rei? Dimmi, sono qui per ascoltarti. Parla liberamente, sai che a me puoi dire tutto.” dicendolo si alzò e si portò alle spalle di Rei e infilò le mani tra i suoi capelli.
“Hai ancora i capelli bagnati, prenderai un malanno. Vuoi forse far stare in pensiero tua sorella?”
“No”
“Lo sai quanto tengo alla tua salute, dovresti smettere di farmi stare in pena per te”
Rei si irrigidì nel sentire che Fukiko le stava tamponando i capelli con il telo. Alzò le mani per fermarla e incontrò le sue.
“Non devi...” cominciò a farfugliare, finchè Fukiko intrecciò le sue dita a quelle della sorella e le riabbassò le mani, scendendo con esse fino a quando i loro volti furono uno accanto all'altro.
“Qual è il problema Rei? Non vuoi che mi prenda cura di te?” le sussurrò all'orecchio.
Rei rispose solo con un fremito, incapace di parlare.
“Non mi rispondi? Vuoi forse che me ne vada?”
“No, ti prego!” si affrettò a dire “Rimani... rimani qui con me”
Con la coda dell'occhio vide le labbra di Fukiko piegarsi in un sorriso che a chiunque sarebbe parso amorevole.
“E allora perchè ti comporti così? Perchè non vuoi che mi prenda cura della mia sorellina?”
Rei girò la testa per allontanarsi il più possibile da Fukiko che ancora la teneva in quella specie di abbraccio.
“Per ogni carezza che mi regali, mi aspetto almeno due schiaffi come pegno”
Fukiko lasciò subito la presa e si alzò
“E' questo quello che pensi di me? Ti sembra una creatura tanto mostruosa tua sorella?” non c'era rabbia nella sua voce, c'era qualcosa di peggio, c'erano calcolo e misura. Rei emise un profondo sospiro tremante e rispose
“E' quello che tu mi hai portata a pensare.” ancora un lungo respiro e continuò mesta “E nonostante questo, non posso fare a meno di ogni tua carezza.”
Fukiko tornò davanti a lei, il suo sorriso era la cosa più bella e terribile che Rei avesse mai visto, se riusciva a mantenere la calma era solo merito dei farmaci che stavano facendo effetto. Fukiko si chinò lentamente su di lei, appoggiando le mani ai braccioli della poltrona, occhi nei suoi occhi a pochi centimetri di distanza, troppo pochi. Sapeva di torturarla in quel modo: perchè lo stava facendo?
“Mi ami Rei? Voglio sentirtelo dire chiaramente”
“Cosa vuoi da me?” le chiese sforzandosi inutilmente di tenere ferma la propria voce.
“Ti ho fatto una domanda Rei. Ti prego rispondimi chiaramente, è così importante per me. Mi ami?”
Rei si costrinse a reggere il suo sguardo.
“Vorrei che non fosse così, ma ti amo, lo sai, ti amo alla follia” nonostante le pillole prese poco prima, sentiva i nervi cedere alla tensione, gli occhi bruciavano per le lacrime che spingevano per uscire, il fiato si faceva corto.
Fukiko sorrideva placida e compiaciuta, continuando a fissarla, continuando a torturarla, così vicina, così perfida, così bella.
“Cosa vuoi da me?” chiese ancora Rei con un filo di voce.
“Sei stata tu a chiedermi di restare, non te ne ricordi? Dovrei essere io a farti questa domanda. Cosa vuoi da me, Rei? Coraggio, puoi dirmelo.”
Rimasero ferme così ancora per un interminabile istante, poi Fukiko prese a giocare con una ciocca dei capelli di Rei, facendola passare tra le dita di una mano. Il respiro di Rei si faceva sempre più affannoso. E faceva caldo, un caldo soffocante. Rimettendosi in piedi, Fukiko portò la mano al viso della sorella, accarezzandolo si spinse fino ad entrare di nuovo tra i suoi capelli. Rei socchiuse gli occhi seguendo il gesto, aspettando di impazzire da un momento all'altro, ma un dolore improvviso la portò a riaprirli di scatto. Fukiko aveva afferrato i suoi capelli, usandoli per tirarla in piedi davanti a sé. Senza mollare la presa, con un'espressione fuori controllo che non le aveva mai visto in viso prima di quel momento, le chiese ancora
“Cosa vuoi da me, Rei?” gli occhi con cui la guardava erano un abisso in cui Rei non poteva che affogare.
Il desiderio prese il sopravvento su qualsiasi altra cosa: baciarla fu coronare un sogno che nemmeno aveva mai osato fare fino in fondo. Uno di quei sogni da cui Rei si teneva alla larga, conscia che non si sarebbe mai avverato e che l'avrebbe portata alla follia. E ora invece stava accadendo. Le sue labbra toccavano quelle di Fukiko e pareva che niente avrebbe potuto farle smettere. Rei la stringeva a sé con foga, affondando le sue mani tra quei meravigliosi boccoli d'oro, inebriandosi del suo profumo, assaggiando la sua pelle. Sorprendentemente Fukiko rispose con la sua stessa passione, togliendole così ogni freno, ogni inibizione e ogni briciolo di razionalità con cui comprendere a fondo ciò che stava accadendo in quella stanza in quella splendida e radiosa mattina d'estate.
Respirava ancora con affanno, ma non voleva stare lì un attimo di più: per quanto ne fosse irritata, doveva ammettere di non essere in grado di affrontare quella situazione, quindi raccolse i propri indumenti con calma studiata, valutò con cura lo stato della sua camicia e della sua gonna poi si avviò verso il bagno senza dire una parola, mentre Rei rimaneva a guardarla seduta a terra. Fece una doccia rapida, attenta a non bagnarsi i capelli e a non pensare a quanto era appena accaduto e allo stato confusionale in cui l'aveva portata: aveva cominciato a stuzzicare sua sorella ed era finita coinvolta nel suo stesso gioco, non avrebbe permesso che questo cambiasse in qualche modo gli equilibri tra loro, non avrebbe permesso che quanto accaduto le togliesse il suo controllo su Rei e ancor più su sé stessa. Con cura meticolosa si pettinò e si rivestì, per tornare in soggiorno perfetta come sempre, come lo sguardo adorante della sorella le confermò. Sorrise soddisfatta a quegli occhi: erano il segno che nulla nei loro ruoli era cambiato.
Guardò l'orologio
“Ho alcune importanti faccende da sbrigare alla Sorority House quest'oggi, voglio essere a scuola prima dell'orario delle lezioni, preparati velocemente se vuoi venire in auto con me.”
Rei si alzò in fretta e andò dritta sotto la doccia, senza alzare gli occhi verso di lei, senza dire una sola parola. Ottimo.
Oziosamente Fukiko aprì la porta a vetri che dava sul balcone e rimase un po' li appoggiata ad osservare l'orizzonte: non le piaceva l'idea di aver bisogno di calmarsi, forse aveva soltanto bisogno di assorbire con calma quello che era successo in quella stanza poco prima, poi sarebbe diventata un'altra arma con cui tenere il cuore di sua sorella in pugno, eppure temeva come mai prima di quel momento che la situazione le sfuggisse di mano. Era turbata, nel profondo, e spaventata all'idea che quella sensazione sarebbe perdurata.
Dal bagno proveniva il ronzio dell'asciugacapelli, da fuori i rumori della città che si stava svegliando. Richiuse la porta e tornò nel soggiorno, ma, infastidita dai vividi ricordi delle passioni appena consumate in quella stanza, decise di attraversarla e dirigersi nella camera di Rei, forse la più tetra di tutto l'appartamento: oltre il grande letto coperto di rosso cremisi, ad adornare l'ambiente c'era un unico piccolo tavolino che fungeva anche da comodino, sopra il quale erano riposti il telefono, un carillon, una foto incorniciata e una bambola che lei stessa le aveva regalato anni prima. Girò la cornice verso il basso, per non vedere il volto di loro madre e prese in mano la bambola. Le tornò alla mente il loro patto, la loro promessa e quel giorno in quella spiaggia del nord in cui era davvero cominciato tutto, quel giorno in cui Rei era divenuta sua. Qual era il nome di quella spiaggia?
Sentì alle sue spalle l'anta dell'armadio che scorreva, ma non si girò. Poco dopo Rei la raggiunse, con una mano le prese la bambola dalle mani, con l'altra stava per cingerle la vita. Fukiko schivò palesemente l'abbraccio, spostando la mano della sorella mentre la guardava in volto per coglierne la reazione. Lo stupore misto a frustrazione si manifestarono con estrema chiarezza, Rei non era mai stata capace di celare i propri sentimenti, a lei meno che a chiunque altro.
Senza dire altro, si avviò verso l'uscita. Rei afferrò i suoi libri e si affrettò a seguirla, silenziosa come un'ombra.
Lungo il tragitto in macchina nessuna delle due parlava. Rei non sapeva come prendere quello che era successo, sapeva di non poterla considerare una sua vittoria e nemmeno un cedimento della sua incantevole carnefice, comunque era stato troppo bello per non renderla felice. Rei avrebbe riso se fosse stata sola, avrebbe riso come forse non aveva mai fatto in tutta la sua vita, ma sapeva che Fukiko avrebbe richiesto un prezzo troppo esoso per la sua ilarità. Sapeva anche che da quel momento se possibile avrebbe desiderato sua sorella ancora di più, ma per ora godeva dentro di sè di quella gioia, la vibrante sensazione del tocco delle sue labbra e del sapore della sua pelle. Nulla le avrebbe tolto quel ricordo e la prova che la sua passione era ricambiata, cosa che Fukiko non avrebbe mai ammesso a parole, ma non sarebbe stata la sua Fukiko altrimenti. Poco importava, i momenti passati insieme poco prima erano una prova sufficiente del suo amore: con questa consapevolezza sarebbe stata più serena e forte da quella mattina in poi, ne era certa.
All'improvviso Fukiko ruppe il silenzio
“Qualche volta mi chiedo il perchè. E' strano, ma non riesco proprio a ricordarlo. Mi chiedo come si chiamava quella spiaggia dove si trovava quella piccola e simpatica cittadina del nord? Quella spiaggia dove il mare ruggiva così forte da assordare le orecchie e nevicava continuamente come se in realtà non avesse mai intenzione di smettere. Una volta ricordavo il nome, ma ora mi sembra mi sfugga sempre di mente. Prima di rendermene conto scivola subito via ed era così importante, così essenziale per tutt'e due. Ti prego Rei, io ti supplico, dimmi il nome di quella costa. Te lo ricordi vero? Non puoi averla dimenticata, era talmente bella” nel dirlo Fukiko aveva preso una mano di Rei e la stringeva dolcemente.
“Non insistere. Se tu l'hai dimenticato, vuol dire che l'ho dimenticato anch'io”
“No! Dimmi quel nome!”
Rei gentilmente si liberò delle mani di Fukiko e non disse più nulla.
Sarebbe stata più forte da quella mattina in poi, non avrebbe smesso d'amarla, questo mai, ma avrebbe vissuto serenamente quella loro folle passione.
---
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Riyoko Ikeda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Alcune parti sono volutamente prese dalla serie animata Oniisama e... (Caro Fratello) per esigenze di trama.
Sono indicate in corsivo
---