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Autore: FraRose    07/05/2011    10 recensioni
Tutti abbiamo un sogno.
Io voglio riuscire a librarmi nel cielo senza usare aerei o cose simili. È il mio obiettivo da quando avevo quattro anni. Non voglio arrendermi, per quanto io già sappia che è impossibile.
Ho l'impressione che mamma sapeva da sempre che Damon Salvatore sarebbe entrato a far parte della mia vita. Forse è per questo che mamma me lo aveva promesso: un giorno ci sarei riuscita. Avrei davvero volato.
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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6. Insieme

 

 

Any moment, everything can change,
Feel the wind on your shoulder,
For a minute, all the world can wait,
Let go of your yesterday.

 

Fly, Hilary Duff 

 

 
Eravamo ancora là, seduti su quella barca a guardarci. Sempre quello stesso silenzio pieno di parole, quello dove bastava uno sguardo per comunicare tutti i propri pensieri.
Fissavo quegli occhi azzurri come l’oceano che ci circondava e freddi come il ghiaccio, e mi ci perdevo. Non mi perdevo come quando sei in un bosco da sola e non sai più dove andare, perché io sapevo come muovermi in quel mare così profondo. Conoscevo Damon così bene che nessuno scoglio nascosto avrebbe potuto ingannarmi.
“Forse sarebbe meglio andare” suggerì lui, spezzando quel momento così incredibile, così magico.
Non riuscivo a ritrovare l’uso della parola e mi limitai ad annuire, alzandomi e cominciando a prendere conoscenza con quella spiaggia.
La sabbia era marroncino chiaro e piuttosto fina. Sulla riva le onde, spinte dalle correnti, avevano portato dei ciottoli che variavano tonalità: andavano dal nero pece al bianco neve. Erano sassi levigati e dalla forma tondeggiante, incredibilmente lisci al tatto. Ne raccolsi uno e me lo rigirai tra le mani: era bagnato e color grigio, ma con delle singolari sfumature bianche e nere.
“Carino” mi sussurrò alle spalle Damon, cogliendomi di sorpresa. Se avessi voltato la testa leggermente avrei incontrato di nuovo i suoi occhi e le sue labbra, ma questa volta a distanza quasi nulla. Se a mezzo metro di distanza mi facevano dimenticare chi fossi, chissà cosa poteva succedere con un distacco di due centimetri…
“Già” risposi solamente, non sapendo bene cosa aggiungere.
Lo vidi allontanarsi e piegarsi, scrutando bene la riva. Poi raccolse un ciottolo e me lo fece vedere: era lucido, un bianco quasi perfetto e aveva una forma a cuore. Non pensavo esistessero davvero quei sassi così speciali; avevo sempre creduto che fossero invenzioni fatte a computer per i bigliettini di auguri sdolcinati e romantici.  Inutile dire che quel sassolino era a dir poco splendido, unico. Come lui, come Damon.
“Ecco” disse, “questo è per te, per la mia principessina”. Mi tese il sassolino dalle curve un po’ sbilenche, ma comunque perfetto nella sua imperfezione.
Era incredibile quanto Damon fosse cambiato. Quando era con me, era un’altra persona che non avrei mai riconosciuto. Una volta voleva solamente Katherine; era lei che ossessionava i suoi pensieri ed ero pronta a scommettere che avrebbe ucciso persino me, se questo avesse significato riaverla fra le sue mani.
Sì, perché io fino a un anno fa non contavo nulla per lui.
Poi tutto era cambiato: Katherine era tornata e aveva rivelato di aver provato dei veri e intensi sentimenti solo per Stefan. Non glielo avevo mai chiesto, ma ero certa che era stato in quel periodo che Damon aveva capito che io contavo più di quanto avrei dovuto nella sua vita.
Perché io ero la ragazza del fratello buono, quello che volevano tutti. Nonostante lui fosse innegabilmente più bello, affascinante, incantevole, tutte preferivano sempre Stefan (tranne le ragazzine con gli ormoni a mille). E quando mi aveva detto di aver sofferto per mille ragioni, era riuscito a toccare il mio cuore, che si era reso conto della sofferenza che contraddistingueva la sua voce in quel momento, quando in genere era provocante, seducente e sicura di sé.
Era riuscito a cambiare così tanto in molti aspetti per me.
“Grazie” mormorai, riconoscente. Quel cuoricino era davvero bello.
“Figurati” rispose. “Questo e altro per la mia principessa” aggiunse sorridendo e avvicinandosi sempre di più verso di me.

Il cervello fa le valigie e va alle Hawaii. La ragione parte per Sydney. La mente ritorna a casa, a Mystic Falls. Il buonsenso va a farsi una nuotata nelle acque ghiacciate dell’oceano. Conclusione: Elena non risponde più ai comandi.
Chiusi gli occhi, visto che tutto quello che mi aiutava a ragionare nella vita mi aveva abbandonato senza farsi troppi scrupoli. E dopo quelle che sembrarono ore, le nostre labbra si toccarono. Un bacio dolce che non pretendeva nulla.
“Dovremmo andare a montare la tenda” mi informò lui, staccandosi per respirare. Si sentiva che però non ne aveva poi così tanta voglia. E questo non mi aiutava. Potevamo stare qua tutta la notte, una spiaggia, il mare, nessuno in giro. Sarei rimasta ore lì con Damon a baciarlo, ad amarlo e ad abbracciarlo.
“Perché?” chiesi, pronta a rimpossessarmi della sua bocca.
Lui inizialmente mi assecondò, poi si staccò di nuovo con mio grande disappunto: “Perché dopo non avremo più tempo” spiegò paziente. E questa volta la magia finì, definitivamente.
Ritornò alla barca, si assicurò di averla legata per bene al palo che spuntava fuori dall’acqua e si avviò con lo zaino e la borsa da spiaggia che avevamo portato dietro verso un boschetto che spuntava a qualche metro di distanza.
“Nel bosco?” domandai, correndo come una pazza per stare dietro al suo passo da gigante. Stupidi poteri soprannaturali vampireschi… sbuffai al pensiero.
Lo vidi annuire e sorridere: “Hai paura degli animali cattivi?” chiese ironico.
Scoppiai a ridere: “No, perché so che il mio principe è pronto a mangiarseli tutti pur di risparmiare la mia vita” dichiarai sicura di me.
“Chi ha detto che farei indigestione per te?” chiese lui, fingendosi scettico.
Alzai le spalle: “Prima mi hai detto che mi ami” dissi con disinvoltura, quasi con un tono menefreghista. Come se il fatto che mi amasse fosse di scarsa importanza… come potevo essere così ipocrita non ne avevo idea, visto che per me il suo amore se non era tutto, ci mancava poco.
“Ah giusto, lo avevo detto” sussurrò lui, improvvisamente dietro di me. “Ho cambiato idea…” aggiunse mormorando e dandomi dei baci brevi ma bollenti sul collo. Mi stava facendo impazzire, ogni minimo contatto con il suo corpo mi faceva rabbrividire. In quel momento volli una cosa che non mi ero mai ritrovata a desiderare: volevo che mi mordesse, volevo essere sua anche nel suo modo, non solo nel mio. Il pensiero che il mio sangue circolasse nel suo corpo era troppo irresistibile, ma sapevo anche che quel momento doveva essere il momento. Non uno qualsiasi. Quindi mi trattenni e non dissi nulla.
“Dobbiamo montare la tenda” ribadì all’improvviso.
Sbuffando e ancora leggermente in trance per quel rapido e improvviso allontanamento dal mio vampiro, mi avviai a malincuore verso uno spiazzo senza alberi e con pochi legnetti. Afferrai qualche chiodo e cominciai a piantare i paletti per terra, sperando davvero che la tecnologia avrebbe inventato presto tende auto-montanti.
Dopo ore spese nel silenzio con l’unica colonna sonora di martelletti e chiodini, Damon riuscì a tirare su quel telo dalla forma indefinita.
Non si poteva dire che la nostra tenda assomigliasse a una tenda. Era sbilenca, leggermente troppo bassa a sinistra e fuori misura a destra. Dava la stessa impressione di una torre costruita con i blocchi di legno giocattolo: era chiaramente in pericolo di crollo.
Squadrai l’opera da ogni lato possibile. Dopo aver fatto un’analisi attenta ruotando attorno alla costruzione per cinque volte, commentai: “Beh…”.
Ci avevo provato, davvero, a inserire dell’entusiasmo nel mio misero commento, ma proprio non ce l’avevo fatta. Onestamente, non si sarebbe potuto neanche darmi torto: quella cosa sembrava il telo di un ombrello rotto appoggiato su tre rami caduti dagli alberi.
“Beh, non è male” si difese Damon. Lui era più soddisfatto, si sentiva. A meno che non avesse doti artistiche sconosciute nel campo della recitazione.
Sbuffai sonoramente: “Questo è un grande colpo per la mia autostima”. Già, lo era davvero. Non sapevo neanche montare una tenda.
Damon mi strinse forte a sé: “Suvvia. Non è poi così male” tentò di consolarmi.
Scossi la testa: “Menti a te stesso quanto vuoi, ma ti avviso che la tenda non smetterà di avere la forma di una tartaruga impiccata con le tue preghiere” lo informai.
“Elena” cominciò. Ma cosa aveva? Avevo ragione io, punto e basta. Non gli andava bene la tartaruga? Allora il gatto decapitato… sorrisi al pensiero della nuvola a forma di gatto decapitato. Chissà che risate si era fatta mamma con quelle mie idee così pazze e infantili.
“Damon” risposi con lo stesso tono.
“Non discutiamo” disse lui, tentando di calmare gli animi.
Annuii, riconoscendo che fosse la cosa migliore da fare.
“E andiamo a dormire” aggiunse con un sorriso. “Sono davvero stanco” specificò sbadigliando. “No, ma perché a dormire?” domandai io, con la voce da bambina piccola che non fa altro che lamentarsi dalla mattina alla sera.
“Perché sono stanco” ripeté lui, sbadigliando un’altra volta. Era così bello e innocente quando apriva la bocca in quel modo. Vedevo un Damon più piccolo, un bambino tenero che crollava a dormire appena sfiorava il materasso. Non avevo mai visto una foto della sua famiglia, oppure una foto di quand’era piccolo. Me lo immaginavo un bambino dolce, con le fossette agli angoli della bocca e sulle mani. Due occhi grandi come palline da ping-pong e dei teneri capelli ricci e neri spettinati che cadevano sulla fronte.
“Bene, andiamo” acconsentii io. Lo lasciai entrare per primo: io in quella cosa non volevo proprio andare e non la vedevo come la più bella esperienza del mondo.
Appena fui certa che la tenda non mangiava uomini, misi un piede all’interno e entrai. Mi sdraiai al fianco del vampiro più bello che potessi avere e chiusi gli occhi, in attesa del nuovo giorno e chiedendomi quando saremmo ritornati al nostro hotel.
Per quanto detestassi quel posto dove mi toccava dormire, realizzai che non avevo la minima voglia di ritornare nella mia stanza verde. Perché fuori dalla tenda tutto era ancora più verde e soprattutto, a differenza dell’hotel, non c’erano pareti. Avrei potuto anche alzarmi e correre a perdifiato fra gli alberi. E amavo correre e sentirmi libera. Mi ricordava l’infanzia e i giochi con le mie amiche Caroline e Bonnie.
Notai con disappunto che il terreno era irregolare sotto di me ed ero più rialzata rispetto a Damon. Potevo ammirarlo meglio nel sonno.
E appena vidi quello sguardo così dolce, così perso nei suoi sogni, capii che c’era un’altra ragione per la quale preferivo immensamente stare in tenda, invece che nella mia comoda stanza d’hotel.

 

*

 

Il giorno dopo ci alzammo tardi. Il sole era sorto da un bel po’, ma amavo starmene a letto fino a tardi, anche se quello dove avevo dormito non potevo seriamente considerarlo un letto. Sarebbe stata una bestemmia imperdonabile.
Avevamo fatto colazione con dei pezzi di pane avanzati dalla colazione del giorno prima. Faceva leggermente schifo: era secco e duro. Ma Damon riusciva a rendere la peggiore delle colazioni in una delle migliori che avevo mai fatto.
Poi eravamo andati a correre un po’ nel bosco; non quel genere di corsa che ti fa stancare e dopo la quale l’unica cosa che vuoi fare è sdraiarti, morire e resuscitare dopo mesi, ma quel tipo dove corri solamente per divertirti. Era in stile “prendi e scappa”; lui aveva dovuto prendermi per ben sette volte e non sempre ci era riuscito. Anche se avevo questa mezza ma forte convinzione che mi avesse fatto vincere apposta, perché gioiva nel vedermi felice.
Lo sapevo perché vedevo come mi fissava quando ridevo come una matta. Qualche volta Bonnie e Caroline ci avevano fatto delle foto di nascosto, magari mentre io facevo qualcos’altro e non ero accanto a Damon. Lui mi fissava sempre, in quegli scatti, e aveva uno sguardo così, così… pieno d’amore. Quel genere di premura che non mi sarei mai aspettata che lui possedesse. Ma a quanto pareva sì, l’aveva nel profondo del suo essere e io, Elena Gilbert, ero riuscita a tirarla fuori.
Quella mattina avevamo anche fatto un bagno in mare, ma l’acqua era un po’ fredda. Era stato divertente, comunque. Damon ti avrebbe scaldato anche se ti fossi trovato al Polo Sud.
Poi avevamo saltato il pranzo, semplicemente per mancanza di viveri. Su questo argomento ero leggermente preoccupata, tantoché avevo sentito la necessità di cominciare l’argomento: “Damon… ma quando torniamo a casa? Intendo… all’hotel” avevo domandato mentre stavo prendendo il sole.
“Non oggi” aveva risposto lui, tranquillo.
“Ma il cibo? Se avessimo fame, che facciamo?” avevo continuato a chiedere.
Lo avevo visto alzare le spalle: “Mangeremo lumache” aveva risposto.
Avevo fatto una smorfia più che degna della sua proposta: “Sul serio, Damon” avevo detto, cercando di far trasparire nel migliore dei modi la mia preoccupazione, ma senza raggiungere livelli melodrammatici.
“Dobbiamo fare ancora una cosa. Poi dormiamo e domani mattina torneremo a casa, ok?” aveva risposto lui.
Missione compiuta ma… di nuovo misteri.
E poco dopo mi trovavo a camminare sulla sabbia bollente, in salita, con le infradito che si riempivano di sabbia che si attaccava alla plastica. Lui mi trascinava, io tiravo indietro.
“Quanto manca, Damon?” domandai, stufa di camminare. Avevo fatto una nuotata eterna, abbastanza lunga da mettermi ko.
Guardò l’orologio: “Oh cavoli. Dobbiamo sbrigarci!” esclamò lui, accelerando ulteriormente il passo. Che ci fosse una maratona sulle isole dell’Atlantico? Visto che le uniche vite umane presenti su quell’isola eravamo noi, trovavo difficile che ci fosse una gara in corso.
Borbottai qualcosa seguito da un lamento stridulo e continuammo a camminare per un’altra buona mezz’ora.
Avevo quasi perso le speranze, quando la voce di Damon mi risvegliò dal mio sonno ad occhi semichiusi . “Siamo arrivati” annunciò lui trionfante.
“Giura” risposi io, incredula e con la voce roca e stanca.
“Giuro” disse lui solennemente.
Mi fidai ciecamente, ma non potevo non guardare dove quel pazzo mi avesse trascinata.
Era il tramonto. Il cielo si stava tingendo delle tonalità più belle che secondo me esso potesse assumere: un rosa pallido, in alcuni punti più rosso, in altri arancione. Qualche nuvola interrompeva quel dipinto, dandogli un tocco più originale, realistico e romantico.
Un’opera d’arte dai colori intensi e caldi, che mi faceva sentire meglio dopo quella camminata e mi faceva trovare un senso in tutta quella fatica.
“Voglio che tu sia felice in questo momento” mi disse dolcemente Damon.
Mi voltai a fissarlo: “Davvero pensi che io non lo sia?” domandai incredula.
Si strinse nelle spalle: “Per tutto il viaggio fino a qua non hai fatto altro che lamentarti, chiedere quanto manca e dove stessimo andando” spiegò lui. Lo vidi ferito.
“Scusami. Non avevo idea di cosa avessi in testa, mi dispiace. E… farei il doppio della fatica per ritornare qui una sola volta ancora, insieme a te” confessai per nulla imbarazzata mentre lo dicevo, ma quando finii mi sentii avvampare e istintivamente abbassai lo sguardo.
“Sei così bella quando arrossisci” mi fece notare lui. Sentii la sua mano liscia come seta accarezzarmi una guancia con dolcezza, e mi beai di quel contatto.
“Ora devi solo fidarti di me. Andiamo su quell’albero” disse lui piano, guidandomi verso una palma vertiginosamente alta. Con indugio lo seguii e mi arrampicai. Era da tanto che non lo facevo, ma quel poco che avevo imparato da piccola mi stava tornando utile.
Per quanto il mio buonsenso mi dicesse che stavo facendo la cosa più stupida e insensata che potessi fare, non sapevo fermarmi. Non ne trovavo la forza: era come se le mie mani fossero nate per toccare quella corteccia così ruvida e irregolare al tatto, che avrebbe potuto tagliarmi da un momento all’altro.
“Ora che devo fare” sussurrai, misto fra l’impaurita e l’eccitata.
“Tieni questa” mi disse piano. Estrasse dalla tasca delle bermuda una scatolina; quando la presi fra le mie mani realizzai che aveva un certo peso. “Cos’è?” domandai curiosa ma allo stesso tempo incantata.
“Prima che sconfiggessimo Klaus, avevo paura per te. Avrei fatto di tutto per te. Così sono andato da Bonnie e le ho chiesto aiuto. La polvere che è contenuta nella scatolina ti permette di realizzare un sogno. Se fossi stata in punto di morte con Klaus, te l’avrei data per farti sopravvivere. Ma non c’è stato bisogno di farlo. Ora la tengo e questa… beh, mi sembra una buona occasione per usarla” spiegò lui, leggermente imbarazzato, con mia grande sorpresa. Damon Salvatore imbarazzato? Sì, incredibile ma vero.
Riflettei su quello che mi aveva detto; quindi lui aveva fatto questo per me. Ma si sa che questi generi di incantesimi hanno sempre un prezzo: “Cosa hai dovuto fare per avere la polvere? Come ha fatto Bonnie a crearla?” domandai, sperando capisse che avevo intuito che aveva dovuto fare un sacrificio.
Lo vidi stringersi nelle spalle: “Niente, assolutamente niente. Un incantesimo come un altro” parlò rapidamente Damon. Come se gli credessi davvero…
“Damon” dissi chiaramente, “che hai dovuto fare?” ridomandai, questa volta con più insistenza.
Lui mi fissò un attimo: “Questo incantesimo funziona solamente se ami una persona a tal punto da rinunciare a ciò che ti è più caro. Intendo, un oggetto. Un oggetto che ha un valore affettivo che non butteresti mai, ma che saresti disposto a bruciare per amore” spiegò tentando inutilmente di rimanere distaccato.
Cosa aveva combinato? A cosa aveva rinunciato per me? Per una che non l’aveva mai preso seriamente in considerazione. Per una che aveva ignorato senza scrupoli il suo dolore, senza preoccuparsi di ferirlo. Per una che non lo meritava. Per una che non aveva mai avuto il coraggio di ammettere i proprio sentimenti. “Cosa hai dato da bruciare a Bonnie?” chiesi lentamente.
“La foto della mia famiglia” rispose lui, con un velo di tristezza nella voce.
Non poteva averlo fatto davvero. Non aveva detto “una foto”, ma “la foto”. Il che significava…
“Era l’unica” conclusi io, con le lacrime agli occhi.
“Ehi!” intervenne, “l’ho fatto perché ti amo. Ti amo e farei di tutto per te, ok? L’unica cosa che puoi fare ora per ricambiare il favore è aprire quella scatola, pensare intensamente quello che vuoi e poi si realizzerà. Io ti aspetterò qui” aggiunse con un sorriso, tentando di mascherare la malinconia.
Annuii, non molto sicura ma mi fidavo di Damon. Sollevai il coperchio della scatolina marrone di legno intagliato con dei disegnini tondeggianti in rilievo. Misi un po’ di polvere sulla mia mano destra, e soffiai pensando intensamente a me nel cielo ma… non ero sola. Ero con Damon.
Strinsi forte la sua mano, con sua sorpresa. E poi non sentii più il ramo sul quale ero appoggiata prima. Non ci potevo credere! Chiusi gli occhi, senza una ragione precisa. Avevo paura? Ero felice?
 “Allora, puoi aprire gli occhi se vuoi!” gridò Damon, per farsi sentire.
Il vento mi scompigliava i capelli, che mi andavano in bocca e mi solleticavano la schiena. Era tutto così magico, come i sogni che facevo da piccola e che talvolta facevo tuttora.
“No! Non voglio rovinare tutto!” gridai io in risposta, incominciando a ridere senza un motivo.
“Perché ridi?” domandò lui, iniziando a ridere anche lui.
“Non lo so!” urlai in risposta. “Non è possibile. Che sta succedendo?” urlai.
“Se apri gli occhi lo capirai” disse lui.
Mi fidai e aprii gli occhi: quello che mi si presentò fu uno spettacolo mozzafiato. Non potevo crederci. Era troppo bello, meglio di quello che avevo immaginato nei miei sogni. Meglio di tutto quello che avevo sperimentato fino a quel momento.
Mi trovavo esattamente sopra l’oceano azzurro e limpido. L’acqua cristallina e increspata da qualche onda schiumosa che si rovesciavano una addosso all’altra. Vedevo la riva sempre più distante da me e da Damon che mi teneva. E vedevo gli scogli. Ora stavamo sorvolando la scogliera aguzza e appuntita. Fra i vari massi grigi potevo vedere qualche insenatura d’acqua, ed ero certa che là in mezzo ci fossero anche delle piccole creature del mare.
Ma la cosa più bella, quella che mi colpiva e che rendeva il tutto ancora più magico e unico era il tramonto: il cielo era tinto delle sfumature del rosso. In alcuni punti era più rosa, in altri era incredibilmente giallo. Era incredibile la quantità di luce che il sole riusciva a dare in quel momento: sembrava che fosse lì solamente per noi, per rendere perfetto quell’attimo. Non potevo credere che quella luce che noi vedevamo era solamente una minima parte di quella che lui riusciva a dare.
Potevo vedere il sorriso di Damon anche da quella posizione tremendamente scomoda. Era abbagliante, più del sole, più della luce che la luna  e le stelle messe assieme riuscivano a dare. Lo amavo. Amavo il suo sorriso, amavo lui, amavo tutto di lui.
La figura del vampiro in mezzo a quel paesaggio strepitoso che poteva tranquillamente essere il finale perfetto di una favola per bambine, non stonava. Avrebbe stonato se non avessi avuto la certezza che Damon non era la creatura delle tenebre che tutti credevano; era buono, dolce, gentile, altruista. Aveva commesso i suoi errori, ma se n’era pentito. E questo era l’importante.
“Mi hai voluto con te” esclamò Damon.
“Sì!” risposi io, urlando per farmi sentire mentre mi godevo fino in fondo quel momento tanto bramato.
“Pensavo fosse una cosa intima fra te e tua madre” gridò il vampiro.
Riflettei; era vero. Ma c’era un ma: “Sì, è vero. Ma io sento che lei vuole questo per me. Vuole che tu sia con me. La sento, Damon. La sento” risposi.
Lui non disse niente. Sentii che la magia stava svanendo e il cielo si stava scurendo. Era tutto finito, ma avevo amato ogni momento di quel volo tanto sognato. Quando una cosa è meglio di come te la sei sempre immaginata, non puoi fare a meno di essere felice come una pasqua. È indescrivibile la contentezza che senti dentro di te.
Sentii che quel momento rappresentava l’ora della svolta: dimenticare il passato, guardare al futuro. Ora non avevo più conti in sospeso con l’infanzia, potevo davvero cominciare a vedermi insieme a Damon per l’eternità. Felice come non avrei mai immaginato di poter essere.

 

 

 

Angolino della Matta Fra

Salve care!
Ok, sarà da secoli che non aggiorno vero? I’m so sorry… Ma ho cambiato una cosa all’ultimo minuto di questo capitolo e quindi… vi avviso che mi avete convinta a scrivere qualche capitoletto in più. Intanto sicuramente un capitolo lo dedicherò a zio Damon
J e spiegherò un po’ di cosine. Ma questo era programmato… probabilmente inserirò un flashback di questa cosa della foto. La trovo tremendamente romantica questa cosa dell’incantesimo, o no?
Bene intanto mi scuso per non aggiornare più Please Come Back, ma si tratta di una cosa temporanea. Lo so che sono imperdonabile, ma è una questione da pazza Fra, che improvvisamente ha sentito la necessità di porre la parola “completa” a una sua pazza storia. E quindi…
Ok, presto tornerò anche con ♥Damon&Elena♥, la mia pazza raccolta di OS che vi invito a leggere se avete voglia di ridere come delle sceme.
J Parlando di robottini mi viene da pensare a   GLObulesROUGE, che ha scritto una OS che presto andrò a leggere. E mi scuso per essere la solita ritardataria. J
Poi ringrazio tutte coloro che hanno aggiunto questa storia tra le preferite, tra le seguite, tra le ricordate e soprattutto chi ha recensito. In particolare grazie a  sciarpa_a_righe, che ha tentato questa “cosa” senza neanche sapere chi fosse Damon e chi fosse Elena. Intanto ti consiglio questo telefilm, perché è la cosa più bella che è stata creata dal mondo. Beh non esageriamo, le cose più belle inventate dal mondo siete tutte voi, che mi sostenete in continuazione. Grazie, questa ff in particolare senza di voi NON ESISTEREBBE.
Vi invito a RECENSIRE numerose, mi interessano da matti i vostri pareri. Soprattutto qui in questo capitolo! Quindi… forza, non siate timide. Anche due parole, qualsiasi cosa!
Ora pubblicità: tutte le storielline di  sciarpa_a_righe, che onestamente non ho ancora letto tutte, ma ti pubblicizzo perché te lo meriti davvero. Ma anche… Breathe Again, una delle storie più ben costruite che abbia mai letto di  Stella94,  ♥Elena&Damon♥ di  DelenaVampire (non ha NIENTE a che vedere con la mia ♥Damon&Elena♥, anche se i titoli sono simili. Ma Glo sa che niente può essere ai livelli della raccolta di pazzie che scrivo
J, a parte la sua Alla Ricerca Di Klaus) e infine  Love Sucks di Marghe alias  TVD.
Che poema… ora vado a rispondere alle vostre recensioni. E a leggere la meraviglia di Mary… oddio!
Bacioni e grazie mille
Fra

   
 
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