•○ I Feel You ○•
6.
Insieme
Any
moment, everything can change,
Feel the wind on your shoulder,
For a minute, all the world can wait,
Let go of your yesterday.
Fly,
Hilary Duff
Fissavo
quegli occhi azzurri come l’oceano che ci circondava e freddi
come il ghiaccio,
e mi ci perdevo. Non mi perdevo come quando sei in un bosco da sola e
non sai
più dove andare, perché io sapevo
come muovermi in quel mare così profondo. Conoscevo Damon
così bene che nessuno
scoglio nascosto avrebbe potuto ingannarmi.
“Forse
sarebbe meglio andare” suggerì lui, spezzando quel
momento così incredibile,
così magico.
Non
riuscivo a ritrovare l’uso della parola e mi limitai ad
annuire, alzandomi e
cominciando a prendere conoscenza con quella spiaggia.
La
sabbia era marroncino chiaro e piuttosto fina. Sulla riva le onde,
spinte dalle
correnti, avevano portato dei ciottoli che variavano
tonalità: andavano dal
nero pece al bianco neve. Erano sassi levigati e dalla forma
tondeggiante,
incredibilmente lisci al tatto. Ne raccolsi uno e me lo rigirai tra le
mani:
era bagnato e color grigio, ma con delle singolari sfumature bianche e
nere.
“Carino”
mi sussurrò alle spalle Damon, cogliendomi di sorpresa. Se
avessi voltato la
testa leggermente avrei incontrato di nuovo i suoi occhi e le sue
labbra, ma
questa volta a distanza quasi nulla. Se a mezzo metro di distanza mi
facevano
dimenticare chi fossi, chissà cosa poteva succedere con un
distacco di due
centimetri…
“Già”
risposi solamente, non sapendo bene cosa aggiungere.
Lo
vidi allontanarsi e piegarsi, scrutando bene la riva. Poi raccolse un
ciottolo
e me lo fece vedere: era lucido, un bianco quasi perfetto e aveva una
forma a
cuore. Non pensavo esistessero davvero quei sassi così
speciali; avevo sempre
creduto che fossero invenzioni fatte a computer per i bigliettini di
auguri
sdolcinati e romantici. Inutile
dire che
quel sassolino era a dir poco splendido, unico. Come lui, come Damon.
“Ecco”
disse, “questo è per te, per la mia
principessina”. Mi tese il sassolino dalle
curve un po’ sbilenche, ma comunque perfetto nella sua
imperfezione.
Era
incredibile quanto Damon fosse cambiato. Quando era con me, era
un’altra
persona che non avrei mai riconosciuto. Una volta voleva solamente
Katherine;
era lei che ossessionava i suoi pensieri ed ero pronta a scommettere
che
avrebbe ucciso persino me, se questo avesse significato riaverla fra le
sue
mani.
Sì,
perché io fino a un anno fa non contavo nulla per lui.
Poi
tutto era cambiato: Katherine era tornata e aveva rivelato di aver
provato dei
veri e intensi sentimenti solo per Stefan. Non glielo avevo mai
chiesto, ma ero
certa che era stato in quel periodo che Damon aveva capito che io
contavo più
di quanto avrei dovuto nella sua vita.
Perché
io ero la ragazza del fratello buono, quello che volevano tutti.
Nonostante lui
fosse innegabilmente più bello, affascinante, incantevole,
tutte preferivano
sempre Stefan (tranne le ragazzine con gli ormoni a mille). E quando mi
aveva
detto di aver sofferto per mille ragioni, era riuscito a toccare il mio
cuore,
che si era reso conto della sofferenza che contraddistingueva la sua
voce in
quel momento, quando in genere era provocante, seducente e sicura di
sé.
Era
riuscito a cambiare così tanto in molti aspetti per me.
“Grazie”
mormorai, riconoscente. Quel cuoricino era davvero bello.
“Figurati”
rispose. “Questo e altro per la mia principessa”
aggiunse sorridendo e
avvicinandosi sempre di più verso di me.
Il
cervello fa le valigie e va alle
Hawaii. La ragione parte per Sydney. La mente ritorna a casa, a Mystic
Falls.
Il buonsenso va a farsi una nuotata nelle acque ghiacciate
dell’oceano. Conclusione:
Elena non risponde più ai comandi.
Chiusi
gli occhi, visto che tutto quello che mi aiutava a ragionare nella vita
mi
aveva abbandonato senza farsi troppi scrupoli. E dopo quelle che
sembrarono
ore, le nostre labbra si toccarono. Un bacio dolce che non pretendeva
nulla.
“Dovremmo
andare a montare la tenda” mi informò lui,
staccandosi per respirare. Si
sentiva che però non ne aveva poi così tanta
voglia. E questo non mi aiutava. Potevamo
stare qua tutta la notte, una spiaggia, il mare, nessuno in giro. Sarei
rimasta
ore lì con Damon a baciarlo, ad amarlo e ad abbracciarlo.
“Perché?”
chiesi, pronta a rimpossessarmi della sua bocca.
Lui
inizialmente mi assecondò, poi si staccò di nuovo
con mio grande disappunto:
“Perché dopo non avremo più
tempo” spiegò paziente. E questa volta la magia
finì, definitivamente.
Ritornò
alla barca, si assicurò di averla legata per bene al palo
che spuntava fuori
dall’acqua e si avviò con lo zaino e la borsa da
spiaggia che avevamo portato
dietro verso un boschetto che spuntava a qualche metro di distanza.
“Nel
bosco?” domandai, correndo come una pazza per stare dietro al
suo passo da
gigante. Stupidi poteri soprannaturali vampireschi… sbuffai
al pensiero.
Lo
vidi annuire e sorridere: “Hai paura degli animali
cattivi?” chiese ironico.
Scoppiai
a ridere: “No, perché so che il mio principe
è pronto a mangiarseli tutti pur
di risparmiare la mia vita” dichiarai sicura di me.
“Chi
ha detto che farei indigestione per te?” chiese lui,
fingendosi scettico.
Alzai
le spalle: “Prima mi hai detto che mi ami” dissi
con disinvoltura, quasi con un
tono menefreghista. Come se il fatto che mi amasse fosse di scarsa
importanza…
come potevo essere così ipocrita non ne avevo idea, visto
che per me il suo
amore se non era tutto, ci mancava poco.
“Ah
giusto, lo avevo detto” sussurrò lui,
improvvisamente dietro di me. “Ho
cambiato idea…” aggiunse mormorando e dandomi dei
baci brevi ma bollenti sul
collo. Mi stava facendo impazzire, ogni minimo contatto con il suo
corpo mi
faceva rabbrividire. In quel momento volli una cosa che non mi ero mai
ritrovata a desiderare: volevo che mi mordesse, volevo essere sua anche
nel suo modo, non solo nel mio. Il
pensiero
che il mio sangue circolasse nel suo corpo era troppo irresistibile, ma
sapevo
anche che quel momento doveva
essere il momento. Non uno
qualsiasi. Quindi mi
trattenni e non dissi nulla.
“Dobbiamo montare la tenda” ribadì
all’improvviso.
Sbuffando
e ancora leggermente in trance per quel rapido e improvviso
allontanamento dal
mio vampiro, mi avviai a malincuore verso uno spiazzo senza alberi e
con pochi
legnetti. Afferrai qualche chiodo e cominciai a piantare i paletti per
terra,
sperando davvero che la tecnologia avrebbe inventato presto tende
auto-montanti.
Dopo
ore spese nel silenzio con l’unica colonna sonora di
martelletti e chiodini,
Damon riuscì a tirare su quel telo dalla forma indefinita.
Non
si poteva dire che la nostra tenda assomigliasse a una tenda. Era
sbilenca,
leggermente troppo bassa a sinistra e fuori misura a destra. Dava la
stessa
impressione di una torre costruita con i blocchi di legno giocattolo:
era
chiaramente in pericolo di crollo.
Squadrai
l’opera da ogni lato possibile. Dopo aver fatto
un’analisi attenta ruotando
attorno alla costruzione per cinque volte, commentai:
“Beh…”.
Ci
avevo provato, davvero, a inserire dell’entusiasmo nel mio
misero commento, ma
proprio non ce l’avevo fatta. Onestamente, non si sarebbe
potuto neanche darmi
torto: quella cosa sembrava il telo di un ombrello rotto appoggiato su
tre rami
caduti dagli alberi.
“Beh,
non è male” si difese Damon. Lui era
più soddisfatto, si sentiva. A meno che
non avesse doti artistiche sconosciute nel campo della recitazione.
Sbuffai
sonoramente: “Questo è un grande colpo per la mia
autostima”. Già, lo era
davvero. Non sapevo neanche montare una tenda.
Damon
mi strinse forte a sé: “Suvvia. Non è
poi così male” tentò di consolarmi.
Scossi
la testa: “Menti a te stesso quanto vuoi, ma ti avviso che la
tenda non
smetterà di avere la forma di una tartaruga impiccata con le
tue preghiere” lo
informai.
“Elena”
cominciò. Ma cosa aveva? Avevo ragione io, punto e basta.
Non gli andava bene
la tartaruga? Allora il gatto decapitato… sorrisi al
pensiero della nuvola a
forma di gatto decapitato. Chissà che risate si era fatta
mamma con quelle mie
idee così pazze e infantili.
“Damon”
risposi con lo stesso tono.
“Non
discutiamo” disse lui, tentando di calmare gli animi.
Annuii,
riconoscendo che fosse la cosa migliore da fare.
“E
andiamo a dormire” aggiunse con un sorriso. “Sono
davvero stanco” specificò
sbadigliando. “No, ma perché a dormire?”
domandai io, con la voce da bambina
piccola che non fa altro che lamentarsi dalla mattina alla sera.
“Perché
sono stanco” ripeté lui, sbadigliando
un’altra volta. Era così bello e
innocente quando apriva la bocca in quel modo. Vedevo un Damon
più piccolo, un
bambino tenero che crollava a dormire appena sfiorava il materasso. Non
avevo
mai visto una foto della sua famiglia, oppure una foto di
quand’era piccolo. Me
lo immaginavo un bambino dolce, con le fossette agli angoli della bocca
e sulle
mani. Due occhi grandi come palline da ping-pong e dei teneri capelli
ricci e
neri spettinati che cadevano sulla fronte.
“Bene,
andiamo” acconsentii io. Lo lasciai entrare per primo: io in
quella cosa non volevo proprio
andare e non la
vedevo come la più bella esperienza del mondo.
Appena
fui certa che la tenda non mangiava uomini, misi un piede
all’interno e entrai.
Mi sdraiai al fianco del vampiro più bello che potessi avere
e chiusi gli
occhi, in attesa del nuovo giorno e chiedendomi quando saremmo
ritornati al
nostro hotel.
Per
quanto detestassi quel posto dove mi toccava dormire, realizzai che non
avevo la
minima voglia di ritornare nella mia stanza verde. Perché
fuori dalla tenda
tutto era ancora più verde e soprattutto, a differenza
dell’hotel, non c’erano
pareti. Avrei potuto anche alzarmi e correre a perdifiato fra gli
alberi. E
amavo correre e sentirmi libera. Mi ricordava l’infanzia e i
giochi con le mie
amiche Caroline e Bonnie.
Notai
con disappunto che il terreno era irregolare sotto di me ed ero
più rialzata
rispetto a Damon. Potevo ammirarlo meglio nel sonno.
E
appena vidi quello sguardo così dolce, così perso
nei suoi sogni, capii che
c’era un’altra ragione per la quale preferivo
immensamente stare in tenda,
invece che nella mia comoda stanza d’hotel.
*
Il
giorno dopo ci alzammo tardi. Il sole era sorto da un bel
po’, ma amavo
starmene a letto fino a tardi, anche se quello dove avevo dormito non
potevo
seriamente considerarlo un letto.
Sarebbe stata una bestemmia imperdonabile.
Avevamo
fatto colazione con dei pezzi di pane avanzati dalla colazione del
giorno
prima. Faceva leggermente schifo: era secco e duro. Ma Damon riusciva a
rendere
la peggiore delle colazioni in una delle migliori che avevo mai fatto.
Poi
eravamo andati a correre un po’ nel bosco; non quel genere di
corsa che ti fa
stancare e dopo la quale l’unica cosa che vuoi fare
è sdraiarti, morire e resuscitare
dopo mesi, ma quel tipo dove corri solamente per divertirti. Era in
stile
“prendi e scappa”; lui aveva dovuto prendermi per
ben sette volte e non sempre
ci era riuscito. Anche se avevo questa mezza ma forte convinzione che
mi avesse
fatto vincere apposta, perché gioiva nel vedermi felice.
Lo
sapevo perché vedevo come mi fissava quando ridevo come una
matta. Qualche
volta Bonnie e Caroline ci avevano fatto delle foto di nascosto, magari
mentre io
facevo qualcos’altro e non ero accanto a Damon. Lui mi
fissava sempre, in
quegli scatti, e aveva uno sguardo così,
così… pieno d’amore. Quel genere di
premura che non mi sarei mai aspettata che lui possedesse. Ma a quanto
pareva
sì, l’aveva nel profondo del suo essere e io,
Elena Gilbert, ero riuscita a tirarla
fuori.
Quella
mattina avevamo anche fatto un bagno in mare, ma l’acqua era
un po’ fredda. Era
stato divertente, comunque. Damon ti avrebbe scaldato anche se ti fossi
trovato
al Polo Sud.
Poi
avevamo saltato il pranzo, semplicemente per mancanza di viveri. Su
questo
argomento ero leggermente preoccupata, tantoché avevo
sentito la necessità di
cominciare l’argomento: “Damon… ma
quando torniamo a casa? Intendo…
all’hotel”
avevo domandato mentre stavo prendendo il sole.
“Non
oggi” aveva risposto lui, tranquillo.
“Ma
il cibo? Se avessimo fame, che facciamo?” avevo continuato a
chiedere.
Lo
avevo visto alzare le spalle: “Mangeremo lumache”
aveva risposto.
Avevo
fatto una smorfia più che degna della sua proposta:
“Sul serio, Damon” avevo detto,
cercando di far trasparire nel migliore dei modi la mia preoccupazione,
ma
senza raggiungere livelli melodrammatici.
“Dobbiamo
fare ancora una cosa. Poi dormiamo e domani mattina torneremo a casa,
ok?”
aveva risposto lui.
Missione
compiuta ma… di nuovo misteri.
E poco
dopo mi trovavo a camminare sulla sabbia bollente, in salita, con le
infradito
che si riempivano di sabbia che si attaccava alla plastica. Lui mi
trascinava,
io tiravo indietro.
“Quanto
manca, Damon?” domandai, stufa di camminare. Avevo fatto una
nuotata eterna,
abbastanza lunga da mettermi ko.
Guardò
l’orologio: “Oh cavoli. Dobbiamo
sbrigarci!” esclamò lui, accelerando
ulteriormente il passo. Che ci fosse una maratona sulle isole
dell’Atlantico?
Visto che le uniche vite umane presenti su quell’isola
eravamo noi, trovavo
difficile che ci fosse una gara in corso.
Borbottai
qualcosa seguito da un lamento stridulo e continuammo a camminare per
un’altra
buona mezz’ora.
Avevo
quasi perso le speranze, quando la voce di Damon mi
risvegliò dal mio sonno ad occhi
semichiusi . “Siamo arrivati” annunciò
lui trionfante.
“Giura”
risposi io, incredula e con la voce roca e stanca.
“Giuro”
disse lui solennemente.
Mi
fidai ciecamente, ma non potevo non guardare dove quel pazzo mi avesse
trascinata.
Era
il tramonto. Il cielo si stava tingendo delle tonalità
più belle che secondo me
esso potesse assumere: un rosa pallido, in alcuni punti più
rosso, in altri
arancione. Qualche nuvola interrompeva quel dipinto, dandogli un tocco
più
originale, realistico e romantico.
Un’opera
d’arte dai colori intensi e caldi, che mi faceva sentire
meglio dopo quella
camminata e mi faceva trovare un senso in tutta quella fatica.
“Voglio
che tu sia felice in questo momento” mi disse dolcemente
Damon.
Mi
voltai a fissarlo: “Davvero pensi che io non lo
sia?” domandai incredula.
Si
strinse nelle spalle: “Per tutto il viaggio fino a qua non
hai fatto altro che
lamentarti, chiedere quanto manca e dove stessimo andando”
spiegò lui. Lo vidi
ferito.
“Scusami.
Non avevo idea di cosa avessi in testa, mi dispiace. E…
farei il doppio della
fatica per ritornare qui una sola volta ancora, insieme a te”
confessai per
nulla imbarazzata mentre lo dicevo, ma quando finii mi sentii avvampare
e
istintivamente abbassai lo sguardo.
“Sei
così bella quando arrossisci” mi fece notare lui.
Sentii la sua mano liscia
come seta accarezzarmi una guancia con dolcezza, e mi beai di quel
contatto.
“Ora
devi solo fidarti di me. Andiamo su quell’albero”
disse lui piano, guidandomi
verso una palma vertiginosamente alta. Con indugio lo seguii e mi
arrampicai.
Era da tanto che non lo facevo, ma quel poco che avevo imparato da
piccola mi
stava tornando utile.
Per
quanto il mio buonsenso mi dicesse che stavo facendo la cosa
più stupida e
insensata che potessi fare, non sapevo fermarmi. Non ne trovavo la
forza: era
come se le mie mani fossero nate per toccare quella corteccia
così ruvida e
irregolare al tatto, che avrebbe potuto tagliarmi da un momento
all’altro.
“Ora
che devo fare” sussurrai, misto fra l’impaurita e
l’eccitata.
“Tieni
questa” mi disse piano. Estrasse dalla tasca delle bermuda
una scatolina;
quando la presi fra le mie mani realizzai che aveva un certo peso.
“Cos’è?”
domandai curiosa ma allo stesso tempo incantata.
“Prima
che sconfiggessimo Klaus, avevo paura per te. Avrei
fatto di tutto per te. Così sono andato da Bonnie
e le ho
chiesto aiuto. La polvere che è contenuta nella scatolina ti
permette di
realizzare un sogno. Se fossi stata in punto di morte con Klaus, te
l’avrei
data per farti sopravvivere. Ma non c’è stato
bisogno di farlo. Ora la tengo e
questa… beh, mi sembra una buona occasione per
usarla” spiegò lui, leggermente imbarazzato,
con mia grande sorpresa. Damon Salvatore imbarazzato? Sì,
incredibile ma vero.
Riflettei
su quello che mi aveva detto; quindi lui aveva fatto questo per me. Ma
si sa
che questi generi di incantesimi hanno sempre un prezzo:
“Cosa hai dovuto fare
per avere la polvere? Come ha fatto Bonnie a crearla?”
domandai, sperando capisse
che avevo intuito che aveva dovuto fare un sacrificio.
Lo
vidi stringersi nelle spalle: “Niente, assolutamente niente.
Un incantesimo
come un altro” parlò rapidamente Damon. Come se
gli credessi davvero…
“Damon”
dissi chiaramente, “che hai dovuto fare?”
ridomandai, questa volta con più
insistenza.
Lui
mi fissò un attimo: “Questo incantesimo funziona
solamente se ami una persona a
tal punto da rinunciare a ciò che ti è
più caro. Intendo, un oggetto. Un
oggetto che ha un valore affettivo che non butteresti mai, ma che
saresti
disposto a bruciare per amore” spiegò tentando
inutilmente di rimanere
distaccato.
Cosa
aveva combinato? A cosa aveva rinunciato per me? Per una che non
l’aveva mai
preso seriamente in considerazione. Per una che aveva ignorato senza
scrupoli il
suo dolore, senza preoccuparsi di ferirlo. Per una che non lo meritava.
Per una
che non aveva mai avuto il coraggio di ammettere i proprio sentimenti.
“Cosa
hai dato da bruciare a Bonnie?” chiesi lentamente.
“La
foto della mia famiglia” rispose lui, con un velo di
tristezza nella voce.
Non
poteva averlo fatto davvero. Non aveva detto “una
foto”, ma “la foto”. Il che
significava…
“Era
l’unica” conclusi io, con le lacrime agli occhi.
“Ehi!”
intervenne, “l’ho fatto perché ti amo.
Ti amo e farei di tutto per te, ok?
L’unica cosa che puoi fare ora per ricambiare il favore
è aprire quella
scatola, pensare intensamente quello che vuoi e poi si
realizzerà. Io ti
aspetterò qui” aggiunse con un sorriso, tentando
di mascherare la malinconia.
Annuii,
non molto sicura ma mi fidavo di
Damon. Sollevai il coperchio della scatolina marrone di legno
intagliato con
dei disegnini tondeggianti in rilievo. Misi un po’ di polvere
sulla mia mano
destra, e soffiai pensando intensamente a me nel cielo ma…
non ero sola. Ero con Damon.
Strinsi
forte la sua mano, con sua sorpresa. E poi non sentii più il
ramo sul quale ero
appoggiata prima. Non ci potevo credere! Chiusi gli occhi, senza una
ragione
precisa. Avevo paura? Ero felice?
“Allora,
puoi aprire gli occhi se vuoi!” gridò
Damon, per farsi sentire.
Il
vento mi scompigliava i capelli, che mi andavano in bocca e mi
solleticavano la
schiena. Era tutto così magico, come i sogni che facevo da
piccola e che
talvolta facevo tuttora.
“No!
Non voglio rovinare tutto!” gridai io in risposta,
incominciando a ridere senza
un motivo.
“Perché
ridi?” domandò lui, iniziando a ridere anche lui.
“Non
lo so!” urlai in risposta. “Non è
possibile. Che sta succedendo?” urlai.
“Se
apri gli occhi lo capirai” disse lui.
Mi
fidai e aprii gli occhi: quello che mi si presentò fu uno
spettacolo
mozzafiato. Non potevo crederci. Era troppo bello, meglio di quello che
avevo
immaginato nei miei sogni. Meglio di tutto quello che avevo
sperimentato fino a
quel momento.
Mi
trovavo esattamente sopra l’oceano azzurro e limpido.
L’acqua cristallina e
increspata da qualche onda schiumosa che si rovesciavano una addosso
all’altra.
Vedevo la riva sempre più distante da me e da Damon che mi
teneva. E vedevo gli
scogli. Ora stavamo sorvolando la scogliera aguzza e appuntita. Fra i
vari
massi grigi potevo vedere qualche insenatura d’acqua, ed ero
certa che là in
mezzo ci fossero anche delle piccole creature del mare.
Ma
la cosa più bella, quella che mi colpiva e che rendeva il
tutto ancora più
magico e unico era il tramonto: il cielo era tinto delle sfumature del
rosso.
In alcuni punti era più rosa, in altri era incredibilmente
giallo. Era
incredibile la quantità di luce che il sole riusciva a dare
in quel momento:
sembrava che fosse lì solamente per noi, per rendere
perfetto quell’attimo. Non
potevo credere che quella luce che noi vedevamo era solamente una
minima parte
di quella che lui riusciva a dare.
Potevo
vedere il sorriso di Damon anche da quella posizione tremendamente
scomoda. Era
abbagliante, più del sole, più della luce che la
luna e le stelle
messe assieme riuscivano a dare.
Lo amavo. Amavo il suo sorriso, amavo lui, amavo tutto di lui.
La
figura del vampiro in mezzo a quel paesaggio strepitoso che poteva
tranquillamente essere il finale perfetto di una favola per bambine,
non stonava.
Avrebbe stonato se non avessi avuto la certezza che Damon non era la
creatura
delle tenebre che tutti credevano; era buono, dolce, gentile,
altruista. Aveva
commesso i suoi errori, ma se n’era pentito. E questo era
l’importante.
“Mi
hai voluto con te” esclamò Damon.
“Sì!”
risposi io, urlando per farmi sentire mentre mi godevo fino in fondo
quel
momento tanto bramato.
“Pensavo
fosse una cosa intima fra te e tua madre” gridò il
vampiro.
Riflettei;
era vero. Ma c’era un ma: “Sì,
è vero. Ma io sento che lei vuole questo per me.
Vuole che tu sia con me. La sento, Damon. La sento” risposi.
Lui
non disse niente. Sentii che la magia stava svanendo e il cielo si
stava
scurendo. Era tutto finito, ma avevo amato ogni momento di quel volo
tanto
sognato. Quando una cosa è meglio di come te la sei sempre
immaginata, non puoi
fare a meno di essere felice come una pasqua. È
indescrivibile la contentezza
che senti dentro di te.
Sentii
che quel momento rappresentava l’ora della svolta:
dimenticare il passato,
guardare al futuro. Ora non avevo più conti in sospeso con
l’infanzia, potevo
davvero cominciare a vedermi insieme a Damon per
l’eternità. Felice come non
avrei mai immaginato di poter essere.
Angolino
della Matta Fra
Salve
care!
Ok,
sarà da secoli che non aggiorno vero? I’m so
sorry… Ma ho cambiato una cosa all’ultimo
minuto di questo capitolo e quindi… vi avviso che mi avete
convinta a scrivere
qualche capitoletto in più. Intanto sicuramente un capitolo
lo dedicherò a zio
Damon J e spiegherò un
po’ di
cosine. Ma questo era programmato… probabilmente
inserirò un flashback di
questa cosa della foto. La trovo tremendamente romantica questa cosa
dell’incantesimo,
o no?
Bene
intanto mi scuso per non aggiornare più Please
Come Back,
ma si tratta di una cosa temporanea. Lo so che sono imperdonabile, ma
è una
questione da pazza Fra, che improvvisamente ha sentito la
necessità di porre la
parola “completa” a una sua pazza storia. E
quindi…
Ok,
presto tornerò anche con ♥Damon&Elena♥,
la mia pazza raccolta di OS che vi invito a leggere se avete voglia di
ridere
come delle sceme. J Parlando di robottini mi viene da
pensare a GLObulesROUGE,
che
ha scritto una OS che presto andrò a leggere. E mi scuso per
essere la solita
ritardataria. J
Poi
ringrazio tutte coloro che hanno aggiunto questa storia tra le
preferite, tra
le seguite, tra le ricordate e soprattutto chi ha recensito. In
particolare
grazie a sciarpa_a_righe,
che ha tentato questa “cosa” senza neanche sapere
chi fosse Damon e chi fosse
Elena. Intanto ti consiglio questo telefilm, perché
è la cosa più bella che è
stata creata dal mondo. Beh non esageriamo, le cose più
belle inventate dal
mondo siete tutte voi, che mi sostenete in continuazione. Grazie,
questa ff in
particolare senza di voi NON ESISTEREBBE.
Vi
invito a RECENSIRE numerose, mi interessano da matti i vostri pareri.
Soprattutto
qui in questo capitolo! Quindi… forza, non siate timide.
Anche due parole,
qualsiasi cosa!
Ora
pubblicità: tutte le storielline di sciarpa_a_righe,
che onestamente non ho ancora letto tutte, ma ti pubblicizzo
perché te lo
meriti davvero. Ma anche… Breathe
Again,
una
delle storie più ben costruite che abbia mai letto di Stella94,
♥Elena&Damon♥
di
DelenaVampire
(non
ha NIENTE a che vedere con la mia
♥Damon&Elena♥, anche se i titoli sono
simili. Ma Glo sa che niente può essere ai livelli della
raccolta di pazzie che
scrivo J, a parte la sua Alla
Ricerca Di Klaus)
e infine Love
Sucks
di
Marghe alias TVD.
Che
poema… ora vado a rispondere alle vostre recensioni. E a
leggere la meraviglia
di Mary… oddio!
Bacioni
e grazie mille
Fra