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Autore: orual    20/05/2011    17 recensioni
Dopo le Cronache della Seconda Guerra... arrivano quelle della vita normale: tra progetti, studi, quotidianità, amori che sbocciano e bambini che nascono, carriere intraprese e ripensate, accompagneremo i nostri eroi nell'era post-Voldemort per scoprire che la routine non richiede meno impegno del pericolo. A voi la lettura!
...Rimasero un po’ in silenzio, poi Charlie si alzò. La notte intorno a loro era fresca e limpidissima.
La tomba di Tonks brillava lieve, illuminata dalle luci fatate dei fiori.
"Magari potrei davvero cercare qualcosa da queste parti. Giù in Galles, negli allevamenti statali...
Per qualche annetto e basta, o i Gallesi Comuni diventano un po’ noiosi.
Potrei veder crescere Teddy, per un po’...
Sì, potrei."
Charlie si incamminò, le mani in tasca, giù verso i cancelli.
"Il tuo... il vostro bambino è davvero uno splendore, Tonks."
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Famiglia Weasley, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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 Auff! Che fatica, ragazzi! Però sono di nuovo qui, con il secondo capitolo, e sono contenta che il progetto prenda forma. Ho alcune cosette da dire, ma lo faccio in fondo, per lasciarvi leggere in pace.
A voi!

 
La Tana
 
Era una primavera meravigliosa, quella. Le colline, intorno alla Tana, erano una profusione generosa di alberi fioriti, e non si vedevano altro che cieli azzurri da quando tutto... era finito. Due settimane, anzi, quasi tre, pensò Ron, cercando di appoggiare ordinatamente sul letto le cose che andava togliendo dal suo armadio. Erano state appena sufficienti per riaprire la Tana, quelle settimane, dopo il soggiorno della famiglia da zia Muriel il mese precedente alla battaglia finale, o almeno così pareva a Ron. Gli sembrava di non aver fatto altro che spolverare, o forse si era costretto a farlo per distrarsi. Le faccende di casa erano una delle cose più adatte a svuotare la mente: l’insegnamento che aveva ricevuto da Fleur a quel proposito, nel periodo che aveva passato a Villa Conchiglia quell’inverno, si era rivelato nuovamente provvidenziale. La guerra finita, la ricerca degli Horcrux terminata... avevano lasciato spazio libero nella sua povera testa, dopo un anno intero in cui non aveva pensato che a quello. E lo spazio libero rischiava di venire occupato da troppe cose: Fred e la sua assenza che echeggiava ovunque, per esempio, oppure cosa fare del suo futuro, oppure... oppure Quello.
Lo stomaco che brontolava lo avvertì che era quasi ora di pranzo, e lasciando perdere la biancheria sul suo letto, prese a scendere le scale: se a nessuno degli altri quel giorno era venuto in mente di cucinare, ci avrebbe pensato lui. Per ospitare ben nove persone al momento, la casa era incredibilmente silenziosa, in quei giorni: i suoi passi suscitarono echi per rampa di scale, mentre scendeva.
In cucina, però, trovò che qualcuno lo aveva preceduto: Hermione frugava gli scaffali più alti in punta di piedi, e sul fuoco c’era già una pentola dalla quale cominciavano a sollevarsi sbuffi di vapore. Si voltò quando lo sentì arrivare.
-Oh, sei tu... ho pensato che... potevo darmi da fare, vista l’ora, e...
Ron la raggiunse e prese senza sforzo dallo scaffale la ciotola che lei non riusciva a raggiungere, porgendogliela.
-Sì, venivo giù per questo. Ero a preparare i bagagli.
Hermione si irrigidì.
-Ron...
-Senti, risparmiami la discussione, per favore. Ne abbiamo già...
Inciampò in qualcosa che era stato lasciato per terra, ed imprecò sottovoce. Poi si chinò a raccoglierla.
-Che accidenti...?- cominciò, osservando la bottiglia vuota di Whisky Incendiario. Hermione esitò, con gli occhi pieni di tristezza. Ma la risposta venne da Ginny, affacciatasi in quel momento alla porta, con una tazza vuota in mano che posò nel lavello.
-George- disse solo.
-L’ha rifatto?- chiese Ron.
Era la seconda volta in pochi giorni che trovavano una bottiglia vuota.
-Credevo di averle buttate tutte.
-L’ha trovata in dispensa, credo. Mamma ne teneva una per farci le ciliegie sotto spirito... mi è venuto in mente adesso- rispose Ginny, in tono incolore.
-Quel... cretino!
-Ron...- lo interruppe Charlie, che veniva da fuori, con aria paziente.
-Dov’è?
Charlie accennò all’aia con il mento: sotto un albero, vicino al muretto posteriore del pollaio, tutti poterono vedere George seduto a fissare il vuoto.
-Almeno oggi è uscito- osservò Ginny. Era la prima volta dopo tre settimane. –Ron ha ragione, Charlie. Fred lo ammazzerebbe se lo vedesse.
Entrambi i fratelli sbiancarono a sentire il nome di Fred, ma Charlie si riprese immediatamente, e disse, brusco:
-Ognuno di noi reagisce come può. Guarda la mamma. Bisogna avere pazienza.
Ginny abbassò lo sguardo, fece una specie di alzata di spalle rabbiosa e se ne andò: la udirono risalire le scale. Passava quasi tutto il suo tempo con la mamma, in quei giorni. Tutti cercavano di non lasciare mai da soli lei, il papà e George. Il papà però era innocuo, nel dolore come in tutti i suoi aspetti, rifletté Ron, e si limitava a passare buona parte del suo tempo nel capanno, tra i suoi aggeggi babbani. Era chiaro che si sforzava di reagire: quando gli si parlava aggrottava dolorosamente la fronte, in uno sforzo patetico di rispondere a tono e cortesemente. La mamma andava peggio. Girava per la casa facendo le pulizie, o cucinando agli orari sbagliati, quando neanche Ginny riusciva a costringerla a letto. Avrebbe potuto sembrare uno sfogo equivalente a quello del capanno per il papà, ma non rispondeva a tono e terrorizzava i figli con l’evidenza del suo essere poco lucida. E George...
-Dobbiamo solo aspettare. Avere pazienza- ribadì Charlie.
La zuppa sul fuoco tracimò, tra sfrigolii di vapore, ed Hermione si riscosse, precipitandosi a girarla con la bacchetta. Usava ancora quella di Bellatrix, anche se il signor Olivander gliene aveva promessa una nuova. Di fatto, pensò Ron, non aspettavano che l’arrivo del pacco di Olivander per partire...
Lei ed Harry avevano fatto del loro meglio per sparire, in quei giorni. Si erano sobbarcati il loro carico di lavoro nelle pulizie, certo, e giravano per la casa come tutti, ma sembrava non si sentissero in diritto di soffrire con gli altri o di mostrare il loro dolore davanti a quello dei familiari. Harry aveva chiesto a Kingsley di far sì che lui, ma anche gli altri abitanti della Tana, poco meno celebri, venissero lasciati in pace, ed il Ministero aveva imposto una protezione intorno alla vecchia casa, per tenere lontani i curiosi. Lui quel giorno non c’era: era andato a trovare Andromeda e Teddy Tonks, per la prima volta dai funerali. Hermione lo incoraggiava molto nel suo intento di coltivare i rapporti con quella famiglia, ed anche Ron lo avrebbe ritenuto salutare per l’amico, se solo fosse riuscito a trovare il tempo di... soffermare la sua mente anche su quello.
Hermione tolse la zuppa dal fuoco, e Ron terminò di apparecchiare, preparando tutti i posti, nonostante George e la signora Weasley non mangiassero quasi mai con loro.
-E’ pronto!- gridò poi, e sentirono Percy scendere, il signor Weasley rientrare, e Ginny argomentare per costringere la mamma a tornare di sotto per il pranzo.
Un altro giorno che seguiva il suo corso.
 
-Cedro e corda di cuore di drago. Dieci pollici. Resistente. Davvero niente male, Hermione- osservò Percy, prendendole di mano la bacchetta nuova ed avvicinandosela agli occhiali cerchiati di corno. Sul tavolo ancora occupato dai resti della colazione stavano due pacchi lunghi e sottili, appena disfatti, e Charlie e Ginny osservavano con interesse Ron ed Hermione estrarne gli oggetti che vi erano contenuti. Il signor Olivander era stato gentilissimo a mandare loro così presto quelle nuove bacchette. Il gufo che le aveva recapitate aveva portato anche una lettera molto cortese:
 
“Vi prego sinceramente di informarmi se doveste riscontrare qualsiasi tipo di difficoltà con le vostre nuove bacchette. Le mie condizioni di salute mi impediranno di riprendere una regolare attività fino all’autunno, ma le mie scorte e la conoscenza pregressa delle bacchette che vi avevo venduto sono state sufficienti per realizzare degli strumenti che, umilmente, ritengo possano servirvi piuttosto bene. Resto sempre il vostro debitore
T.L.Olivander”
 
-E’ stato davvero gentile- commentò Hermione, appoggiando il foglio di pergamena accanto alla sua tazza di tè. Ron osservava con attenzione la sua bacchetta nuova, fatta di legno di pioppo, con un nucleo di crine di unicorno. La provò con un gesto distratto, e sorrise, compiaciuto:
-E’ quella giusta. Il vecchio Olivander è veramente un mago, nel suo mestiere.
Non era stato possibile recuperare le loro bacchette, rimaste a Villa Malfoy dopo la loro fuga: al momento tutti i possedimenti della famiglia erano sotto Sequestro Ministeriale, in attesa che si aprisse il processo, e comunque avevano convenuto con Harry che le bacchette non avrebbero più potuto servirli bene, dal momento che erano state loro vinte e sottratte.
-Mi manca la mia vecchia bacchetta- osservò un po’ malinconica Hermione, producendo con noncuranza dal nulla un folto stormo di uccelli, che uscirono in uno sbatter d’ali dalla finestra aperta.
-Beh, non mi pare che la tua abilità ne risenta!- fece Harry, appena sceso per la colazione. Percy si strinse a Charlie per fargli posto, ma Ginny si alzò così bruscamente che tutti rimasero interdetti.
-Vado a portare la colazione a mamma- fece, in tono piatto, e tolse la teiera sbeccata dal tavolo, per metterla su un vassoio insieme ad una tazza e un piatto di biscotti.
Uscì come un turbine, lasciando la cucina in preda all’imbarazzo ed Harry più che mai mortificato.
-Perce, credo che dovremmo andare a cercare George. Papà si serve da solo prima di chiudersi nel capanno, e alla mamma ci pensa Ginny, ma credo che sia ora che anche lui riprenda a fare colazione regolarmente- esordì Charlie, afferrando poi il fratello per il gomito e trascinandolo fuori con ancora la forchetta in mano. Harry, Ron ed Hermione restarono soli intorno al tavolo, mentre Harry si accasciava lentamente su una sedia.
-E’... è solo sconvolta per Fred, Harry- fece Hermione, così in fretta da farfugliare.
-Lo siamo tutti- commentò Ron, e lei si affrettò a stringergli una mano sotto al tavolo.
Ginny si era tenuta a distanza da Harry in modo sempre più evidente via via che passavano i giorni, e nessuno in casa sembrava avere la forza per indagare quel comportamento. Ron non si azzardava a fare ipotesi: come aveva spiegato ad Hermione, prendeva atto solamente del fatto che Ginny stava reagendo al lutto in modo diverso da lui, ma del resto questo si poteva dire di tutti loro. Hermione, però era preoccupata per Harry, e trasmetteva la sua ansia anche a lui.
-Devi darle tempo, e...
-Per favore, Hermione. Non ho alcun diritto su Ginny, non stiamo insieme, e suo fratello è appena morto- la interruppe Harry. Sembrava così depresso che Ron sembrò temere che avrebbe sprofondato la faccia nel piatto di bacon che Hermione gli aveva sospinto davanti, e gli mise una mano sulla spalla. Harry si raddrizzò stancamente e li guardò.
-Abbiamo bisogno di tempo, Harry- ripeté Hermione, addolorata.
-Lo so.
-Allora, non ci hai ancora raccontato della tua visita ad Andromeda...- tentò Ron, per cambiare argomento.  Harry era stato a trovare la signora Tonks il giorno precedente. Aveva preso sul serio il ruolo di padrino che Lupin gli aveva affidato prima di morire, ed era chiaro a tutti che si rivedeva nel piccolo orfanello. Interpellato a quel modo, fece un sorrisetto.
-I capelli gli cambiano colore in continuazione.
-Proprio come Tonks- mormorò Hermione, un po’ commossa ed un po’ intenerita, -E lei come sta?
-Puoi immaginare. E’ disperata. Credo che non sia crollata solo perchè sa che deve occuparsi del bambino. Però... è davvero in gamba. Mi piace.
Ron pensò cosa doveva significare perdere così tante persone care in poco tempo. Ancora, non credeva che si sarebbe mai ripreso dalla morte di Fred, nonostante cercasse di pensarci il meno possibile (forse era quello il suo modo di reagire?), eppure aveva Harry, Hermione, e tutti gli altri, che si occupavano di lui o di cui lui si doveva occupare.
Harry si alzò, bloccando le proteste che Hermione aveva già sulle labbra:
-Non ho fame. Non preoccuparti, mangerò qualcosa a pranzo-, ed uscì dalla porta che si apriva sull’aia assolata, probabilmente per un’altra delle sue passeggiate sotto il Mantello. Hermione sospirò, prese la bacchetta nuova e spedì tutte le stoviglie nel lavello, dove cominciarono a rigovernarsi da sole con un acciottolio tranquillo. Qualche altro colpo di bacchetta, e la cucina era sistemata.
-Dovresti insegnarmi- osservò Ron, carezzando con un dito la sua bacchetta nuova.
-Anche se ti insegnassi, non lo faresti- rimbeccò lei.
-Non è vero!- rispose Ron indignato –Hermione, sei ingiusta. Dopo Natale sono molto migliorato, lo avevi ammesso anche tu.
Lei gli fece un sorriso, ed uscì a sua volta dalla cucina, facendo udire i suoi passi sulle scale.
La guerra aveva cambiato tutto, pensò Ron, seduto nella cucina vuota. Forse Ginny aveva bisogno di un po’ di tempo. In fondo non aveva visto Harry, né aveva avuto sue notizie per mesi e mesi, e non era facile ricucire un simile strappo. Doveva essere per quello che lui ed Hermione invece erano più vicini che mai, in quei giorni. Ma anche per loro non era tutto uguale, rifletté, girando senza accorgersene il cucchiaino nella tazza già vuotata, che gli era rimasta in mano e che quindi non era finita nel lavello con le altre. Dopo la battaglia non avevano ancora parlato di... Quello. Sembrava troppo poco importante rispetto a tutto il resto. Forse il fatto che Hermione continuasse a ripetere che non voleva che la accompagnasse in Australia, era un rifiuto in qualche modo paragonabile all’ostilità di Ginny per Harry. Perchè non lo voleva? Lui, in quei giorni, non desiderava altro che starle accanto, al punto da sentirsi leggermente in colpa nei confronti di tutti gli altri, e l’idea che lei facesse un lungo viaggio da sola era praticamente insopportabile. Il pensiero gli fece venire in mente che Hermione aveva annunciato che sarebbe partita non appena avesse potuto contare sulla nuova bacchetta.
Si alzò, spedì la sua tazza a ripulirsi con le altre e si affrettò a seguire Hermione.
Lei era nella stanza di Ginny, quella dove aveva sempre dormito nei periodi trascorsi alla Tana. Stava riempiendo la sua borsa di perline, e l’immagine era così familiare ed ansiogena per Ron, che gli provocò un momento di vertigine.
-Hermione?
Lei sobbalzò, voltandosi a guardarlo sulla soglia.
-Santo cielo, Ron, mi hai spaventata.
-Stai partendo?
Lei assunse un’aria imbarazzata.
-Beh, sì, lo sai. Devo andare a cercare i miei, non ce la faccio più a... non so neanche dove sono esattamente, e devo andare. Ora ho la bacchetta, sarà tutto più semplice.
Ron annuì.
-Certo, lo so. Volevo solo dirti che...- esitò –che sto finendo le valigie anche io.
Lei, che sembrava aspettarselo, strinse le labbra.
-Ron, ti ho detto che non voglio che tu venga.
-Ma... perchè non vuoi?
Lei si guardò le mani, esitante:
-La tua famiglia ha bisogno di te.
-Anche tu hai bisogno di me- rispose Ron, chiedendosi un attimo dopo se Smaterializzarsi potesse essere la soluzione appropriata, a quel punto. Hermione, però, non sembrava colpita dalle sue parole, e continuava a discutere:
-Oh, beh, questo lascialo giudicare a...
-Non vorrai fare come Ginny?- si lasciò sfuggire Ron, e vide che Hermione spalancava la bocca.
-P-prego?- balbettò.
-Lo sai cosa intendo. Cos’è, una specie di... di rifiuto?
-Ma che stai...?
-Allora perchè non ne abbiamo ancora parlato?
-Di cosa?
-Lo... lo sai!
Lei arrossì.
-Cosa c’entra questo, adesso?
-C’entra, perchè...- Ron si bloccò. Oh, no, pensò, non sarebbe tornato un sedicenne innamorato della propria compagna di classe. Quell’epoca era finita, l’adolescenza si era bruscamente conclusa per tutti loro, ed ora non ci sarebbero state altre scuse.
-A Natale mi hai detto che dovevamo aspettare, ma solo fino alla fine della guerra- fece, fissandola negli occhi. Hermione continuò a diventare lentamente rossa come un pomodoro. Per un attimo ebbe l’aria più che esplicita di star pensando che non immaginava che la guerra sarebbe finita tanto improvvisamente, poi bisbigliò:
-Ron, tutto questo non c’entra nulla con... con i miei genitori. Io devo partire per ritrovarli, e tu devi restare con i tuoi. Le nostre famiglie hanno bisogno di noi.
-Tu fai parte della mia famiglia, Hermione. Tu ed Harry fate parte della mia famiglia.
-Io... oh, Ron, lo so, è così bello da parte tua, e...
-E comunque io sono innamorato di te.
La bacchetta di cedro sfuggì dalle dita di Hermione e cadde con un colpo secco e nitido sul pavimento di legno della stanza. Ron sentì che la bocca gli si asciugava e che la gola gli si seccava, e fu soddisfatto di aver detto quelle parole, visto che probabilmente non avrebbe mai più parlato in vita sua. Le braccia abbandonate lungo i fianchi, si limitò a guardare Hermione, che da rossa che era diventava pallida. Negli occhi di lei fiorirono due lacrime che rotolarono in sincronia sulle sue guance.
Naturalmente lo sapevano entrambi, ma Hermione forse pensava che lui non l’avrebbe mai detto così esplicitamente, e nel mezzo di una discussione, poi.
-Da anni- aggiunse Ron, e si sentì soddisfatto: dopotutto era riuscito a dire qualcos’altro, anche se la sua voce era suonata orribilmente stridula.
Hermione non diceva ancora nulla, anzi, intensificò il pianto, che però restava muto, senza singhiozzi. Aveva stretto le braccia intorno al corpo, come per contenere il tremito che la scuoteva tutta. Come se le gambe gli fossero diventate di legno, Ron mosse con estrema difficoltà i due passi che lo separavano da lei. Poi allungò un braccio e le sfiorò una spalla, incerto, e lei gli gettò le braccia al collo, mentre il suo pianto diventava improvvisamente rumoroso, da silenzioso che era stato, come se qualcuno avesse rimosso un Silencio praticato su di lei. Farfugliò qualcosa di incomprensibile.
-C-come dici?- chiese lui, sorreggendola e cercando di decidere se essere spaventato o compiaciuto.
-Lo so!- ripeté Hermione, ficcandogli in bocca i capelli castani, più crespi che mai, e subito dopo alzando di scatto il viso per fissarlo con occhi indecifrabili, tanti erano i sentimenti che vi si affastellavano.
Incapace di resistere oltre, Ron la baciò: era la prima volta che lo faceva, visto che l’unico bacio che si erano scambiati era stato un’iniziativa di lei, si disse in un momento di lucidità, l’ultimo prima che ogni altra cosa fosse cancellata dalla sensazione delle labbra di Hermione che si schiudevano al suo tocco esitante. Lei profumava di acqua di Colonia, come sempre, ed i capelli, colpiti dal sole che entrava dalla finestra, avevano qualche riflesso più chiaro, tendente all’oro, ed indossava un vecchio maglioncino grigio che aveva sempre trovato incantevole addosso a lei, ed aveva le labbra morbidissime, e le sue lacrime gli stavano bagnando la faccia, ed era bello che fosse tanto più piccola di lui e che lui potesse racchiuderla tutta tra le braccia, ed era la sua Hermione, e la guerra era finita, e lei non era rimasta uccisa come nei suoi incubi, anche se Fred era morto, e nulla, nulla avrebbe potuto essere come prima, ma forse qualcosa avrebbe potuto cambiare anche in meglio, e avrebbe continuato a baciarla per sempre, e...
 Quando a malincuore allentò la stretta e le permise di respirare, fece un sorriso storto al vedere quanto fosse rossa in viso. Lei disse solo:
-Oh!- ed abbassò gli occhi, come se la testa le stesse scoppiando per i troppi pensieri.
-Non abbiamo ancora avuto, ehm, il tempo di parlarne, ma...- balbettò lui –la guerra è finita, ed avevamo detto di aspettare, e Fred è morto ed io non voglio sprecare più nulla della mia vita, e...
-Oh, Ron...
-Ma naturalmente non è perchè Fred è morto che voglio stare insieme a te- si affrettò ad aggiungere Ron, temendo di venire frainteso, -è solo che abbiamo perso tanto di quel tempo e... beh, insomma, Hermione, lo sai...
-Oh, Ron...- ripeté Hermione, come incapace di dire altro: la sua parlantina sembrava bloccata. Tirò qualche respiro per calmarsi, appoggiando la fronte al mento di lui, le braccia ancora intorno al suo collo. Sembrò che fossero passati anni, quando parlò.
-Beh, io... io... immagino che potrei avere b-bisogno di una mano per trovare Wendell e Monica Wilkins in una nazione di ventidue milioni di abitanti, e...
Ron, incredulo per la sua capacità di stare al punto, le prese il viso fra le due mani e lo inclinò all’indietro, zittendola immediatamente mentre si guardavano negli occhi:
-Santo cielo, sei incredibile, sai? Mi ero dimenticato che stavamo parlando del viaggio in Australia! Comunque...
-...io... mi piacerebbe tanto che tu venissi con me, Ron. Solo che... io pensavo che ci servisse ancora tempo per parlare di... Quello, e poi...
Anche lei chiamava tutta la questione dei loro sentimenti Quello! Ron pensò che probabilmente, a dispetto delle apparenze, erano sin troppo simili, e rise. Rise di cuore, per la prima volta da settimane.
-...e non volevo toglierti ai tuoi finché non fosse stato chiaro quello che c’era tra noi e...- continuava lei imperterrita.
-Altro tempo? Hermione, tu sei matta!- la interruppe lui.
Lei lo guardò, si alzò sulle punte dei piedi e lo baciò timidamente, allontanando poi il viso subito per impedirgli di zittirla a lungo, come lui già si accingeva a fare con molta buona volontà:
-Comunque... anche se vado da sola, non devi preoccuparti di... Quello. Devi fare ciò che è meglio per i tuoi, ed io me la caverò benissimo, e quando tornerò... beh, ci sarà tempo. Per me ed Harry hai già dato così tanto che...
Fu allora che si ripresentò agli occhi di Ron l’immagine di Fred morto. Prima era certo di voler andare, perchè perdere di vista Hermione e lasciare che i tenui fili di Quello, tessuti con tanta fatica attraverso la guerra, si sfilacciassero, gli sembrava una cosa che non sarebbe riuscito a sopportare, neanche se la separazione fosse durata un giorno soltanto. Ora però tutto era chiaro tra loro, e forse, la saggezza di Hermione avrebbe potuto convincerlo a restare. Pensò a sua madre con Ginny sempre accanto, agli occhi spenti di suo padre. In quei giorni non aveva mai trovato il tempo o il coraggio di sedersi con lui nel capanno e fargli semplicemente compagnia. Però Hermione era fragile e sola, mentre gli altri erano tanti... ecco a cosa serviva essere in tanti: a sostenersi.
-Tu... sei sicura che riusciresti a cavar...
-Ma sei scemo, Ron?
La voce di George, aspra sulla porta della camera, li fece sobbalzare entrambi. Con la coda dell’occhio, Ron vide Hermione diventare pallida come un cencio, e fu sicuro di essere sbiancato a sua volta. Lei fece per divincolarsi dal suo abbraccio e non ci riuscì solo perchè lui, istintivamente, aveva irrigidito la presa sulla sua schiena.
-G-George...- cominciò.
-Dille che vai. Non la lascerai andare da sola? Tanto cosa resti a fare qui?
Hermione fece uno strano suono, a metà tra un sospiro ed un gemito, mentre Ron si sentiva tremare le mani.
-Io... voi come...?
-Ce la caveremo.
Era pallido, George, l’ombra di se stesso, gli occhi come annegati nel gonfiore e nelle occhiaie che circondavano le iridi, la barba lunga, le labbra screpolate, ed aveva parlato con un tono rauco che denotava come non aprisse bocca da settimane.
-E allora... tu smettila col Whisky Incendiario!- ribatté Ron, senza avere idea di dove avesse trovato il coraggio di dire una cosa simile. George alzò le spalle e fece una strana smorfia.
-Tanto me lo avete buttato via tutto.
-Perché eri così idiota da continuare!
Era stata Ginny a parlare, anzi, a gridare alle spalle del fratello, comparendo all’improvviso sul pianerottolo. Negli istanti di silenzio che seguirono, Percy si affacciò dalla ringhiera del piano superiore, e Charlie salì le scale. Stavano tutti lì a guardarsi, sul disimpegno ridicolmente stretto, con George come incorniciato dalla porta della camera delle ragazze, che non guardava nessuno di loro.
-Non è facile per nessuno- disse lentamente Charlie, come aspettandosi che qualcuno esplodesse da un momento all’altro, -...qualcuno mi spiega cosa sta succedendo?
-Ron vuole accompagnare Hermione a cercare i suoi genitori. Gli ho detto di farlo- fece George con voce atona.
-Beh, ma certo, fa benissimo...- rispose Charlie.
Ron non chinò la testa per guardare Hermione, ma a giudicare dal tremito che avvertiva tenendola abbracciata, dedusse che solo perchè la sua bacchetta giaceva ancora per terra non si era Smaterializzata lasciandoli a dirimere le loro questioni familiari.
-N-non era così scontato- disse –La mamma sta male, e papà...- prese un respiro -...e tu, George...
-Beh, cosa pretendi?- esplose inaspettatamente George. Respirava forte: si reggeva con una mano allo stipite, e Ron ricordò che probabilmente non mangiava sul serio da giorni –Cosa pretendi?
-Io... n-niente, solo che...- rispose Ron, spaventato e sconvolto per gli improvvisi sbalzi di reazione del fratello.
-Solo che Fred non avrebbe voluto che...- cominciò invece Ginny, dura, ma George si voltò verso di lei con una furia che nessuno di loro aveva mai usato verso la sorella, e prima che chiunque potesse intervenire, la colpì.
-Non osare! Non OSARE dirmi cosa Fred avrebbe o non avrebbe fatto!
-Smettila!-urlò Charlie sconvolto, trattenendogli il braccio e quasi sorreggendolo, visto che barcollava, mentre Percy scendeva di corsa i gradini che lo separavano dagli altri e Ron lasciava Hermione, che lo stava spingendo via, per correre verso Ginny, che fissava George con gli occhi spalancati, tenendosi scioccata una mano sulla guancia dove il fratello l’aveva colpita.
George cadde in ginocchio di schianto, e cominciò a piangere: un pianto disperato e furente che sembrava squarciare l’aria, con singhiozzi simili a latrati. Charlie si era inginocchiato con lui, trattenendogli le spalle come poteva, e Ron sentì che anche Ginny -Ginny!- piangeva tra le sue braccia, squassata dai singhiozzi, e Percy si era chinato al fianco degli altri due con le lacrime che scorrevano da sotto gli occhiali cerchiati di corno, ed Hermione, che adesso stava dirimpetto a lui, inquadrata dalla porta della camera, piangeva in piedi con  il viso nascosto tra le mani, e certamente stava pensando che non era giusto che lei fosse lì, perchè ancora credeva di essere un’ospite.
Si chinò, per assecondare il movimento di sua sorella, e anche loro due raggiunsero gli altri sul pavimento, tutti e cinque sconvolti, mentre il dolore per Fred sembrava rimbalzare sulle pareti del pianerottolo e colpirli e colpirli ancora. Poi Ginny si allungò verso George, lo sfiorò, e George scattò in avanti per abbracciarla, soffocandola nella sua stretta, mentre lei si avvinghiava al suo collo.
Tutte le lacrime del mondo non sembravano sufficienti a piangere per Fred.
 
Era un’alba tersa, ed erano venuti tutti a salutarli: persino la signora Weasley. I figli avevano discusso per decidere se dirle che Ron partiva di nuovo, timorosi delle sue possibili reazioni, ma Bill, consultato da Ron in merito alla questione, aveva deliberato di chiedere al signor Weasley, ed il signor Weasley si era pulito gli occhiali, era uscito dal capanno, era entrato nella camera da letto sua e della moglie e le aveva comunicato la notizia semplicemente, seguito dal codazzo attonito dei figli. E la signora Weasley si era alzata dal letto ed aveva detto, con lo sguardo meno assente che le avessero visto in quei giorni:
-Ronnie, caro... tu ed Hermione avrete bisogno di biancheria pulita da mettere in valigia.
Adesso, i due coniugi stavano in piedi uno a fianco dell’altra, terribilmente sciupati ed invecchiati, a guardarli partire. Si sarebbero Smaterializzati subito fuori dal cortile, diretti ad Heathrow, e c’erano un paio di Auror a qualche metro di distanza, che verificavano che nessuno importunasse la famiglia, nonostante avessero scelto di partire all’alba proprio per evitare i curiosi. Hermione aveva deciso di viaggiare in aereo fino a Sydney: Smaterializzarsi era improponibile ad una distanza così grande, e Ron aveva acconsentito senza fiatare, anche se sarebbe stato il primo aereo che avrebbe preso in vita sua. Avevano immagazzinato i bagagli nella borsa di perline, ma una volta all’aeroporto avrebbero dovuto tirarli fuori, per non dare troppo nell’occhio affrontando un volo intercontinentale con un minuscolo bagaglio a mano. Ron teneva un braccio intorno alla vita di Hermione, disegnando con la manica del suo golf infeltrito una striscia marrone sulla giacchetta chiara di lei.
George teneva Ginny vicina a sé, un braccio intorno alle sue spalle. Non aveva ricominciato a mangiare regolarmente, in quei tre giorni, ed i fratelli lo tenevano tacitamente d’occhio come prima, ma dopo l’esplosione erano tutti più tranquilli, in qualche modo.
Harry baciò Hermione sulle due guance. Le aveva offerto di venire con loro, ma lei aveva rifiutato decisamente. Pensava che avesse diritto ad un po’ di tranquillità, ed in un momento in cui Ron non c’era, gli aveva suggerito di non restare sempre alla Tana. Non riusciva a togliersi dalla testa cosa avrebbe potuto accadere ad Harry, con la sua mania di sentirsi sempre il responsabile di tutto, se avesse potuto assistere alla scena del pianerottolo. Probabilmente non avrebbe neanche capito che quello sfogo aveva fatto bene a tutti. Ma la strada era ancora lunga, per ciascuno di loro, e lei pensava che Harry avrebbe dovuto stringere più legami possibili con Teddy: un rapporto tutto nuovo, senza aspettative o compiti da portare a termine, per una volta nella sua vita.
-Se non tornate entro due settimane vengo a cercarvi- fece lui, cercando di scherzare, ma un po’ abbattuto.
Si teneva il più lontano possibile da Ginny, evitava persino di guardare dalla sua parte. Un altro problema in sospeso, pensò Hermione sospirando, ma ci sarebbe stato un tempo anche per quello... ci sarebbe stato un tempo per tutto,  un’intera vita per ricostruire, progettare, pensare... adesso doveva pensare ai suoi genitori, e poi si sarebbe occupata di... tutti. Abbracciò forte Harry, si voltò a salutare con la mano anche Charlie, Percy un po’ in disparte come sempre, Bill e Fleur arrivati da Villa Conchiglia per l’occasione.
 Poi strinse forte la mano di Ron, Ron che la guardava con una tenerezza che le toglieva il fiato e che non l’avrebbe mai lasciata sola, e girò sul posto, Smaterializzandosi con lui.
 
 
Allora. Era la prima volta in assoluto che descrivevo una scena apertamente romantica, completa di dichiarazione (!!) e bacio, tra Ron ed Hermione. Finora, come sa chi ha letto le altre mie storie, ho sempre lasciato il romanticismo ad un livello molto “platonico” ed implicito, perchè volevo lasciare il primo bacio a zia Jo, come di dovere. Avevo ed ho una gran paura di sbrodolare, giunta al dunque, quindi ho riscritto la scena una ventina di volte prima di ritenerla io stessa più o meno “funzionante”. Però ho bisogno urgente dei vostri riscontri.
Poi, Fred. Dunque, questo capitolo non doveva parlare di Fred, ma la scena si è scritta da sola. Cioè: siamo alla Tana e Fred è morto. Come si fa a lasciare la cosa in secondo piano, anche se vogliamo parlare di Ron ed Hermione? Comunque ci sarà un capitolo, anzi, più di uno, dedicato più specificamente a George ed ai suoi sentimenti. Non so se la scena della crisi vi è sembrata un po’ troppo forzata.
Quando ho scritto (anzi, la tastiera ha scritto da sola) che George schiaffeggiava Ginny e poi la abbracciava, mi sono messa a piangere.
Ho parlato anche troppo. Spero tanto che vi sia piaciuto.
Vi mando un bacio e vi do appuntamento al prossimo aggiornamento!
 

   
 
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