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Autore: Julia Weasley    21/05/2011    16 recensioni
Seguito di “Eroi non si nasce, si diventa”.
Regulus è morto in circostanze misteriose, lasciando dietro di sé soltanto domande senza risposta. Ma quando una fidanzata che non si dà pace, un vecchio Indicibile in pensione e un elfo domestico che sa molto più di quanto possa sembrare incroceranno per caso le loro strade e uniranno le forze, tutto sarà destinato a cambiare.
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Black, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Ordine della Fenice, Regulus Black
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'R.A.B.'
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Non può piovere per sempre

Capitolo 25
Capro espiatorio

« Tim, non dovremmo essere qui ».
Timothy ignorò la voce lagnosa alle sue spalle e si sporse con cautela, cercando di restare mimetizzato nel sottobosco.
« Dai, torniamo indietro! » insisté l’altro ragazzino, tirandogli la manica rattoppata.
« Se vuoi andartene, vai. Io resto qui » replicò Tim, seccato.
L’altro non si mosse, anche se continuò a bofonchiare frasi di protesta.
« A Fenrir non piacerà… non piacerà per niente… »
Ignorandolo, Timothy insinuò il volto in un cespuglio, facendo attenzione a non ferirsi gli occhi, e cercando di osservare la scena che si stava svolgendo nella radura.
Greyback stava parlando con un’aria serissima. Sputava le parole con rabbia, mentre i lupi mannari seduti in cerchio intorno a lui non osavano dire una sola parola.
« Abbiamo subito molte più perdite di quanto ci aspettavamo. Abbiamo sottovalutato la capacità di reazione dell’Ordine della Fenice, e non succederà più… Ma qui c’è qualcosa di molto più grave da risolvere… »
Lo stesso Tim, dal suo nascondiglio, si sentì invadere da una sensazione di timore.
« Come già sospettate tutti, nel nostro branco c’è sicuramente qualcuno che riferisce all’Ordine della Fenice i nostri piani. Non credo che si trovi tra voi fedelissimi » aggiunse, scrutando con attenzione i presenti. « I sospetti, a parte i mocciosi, sono tutti quegli adulti che non ho convocato qui ».
Tim deglutì. Non erano poi molti gli assenti. Mancavano circa quattro o cinque licantropi, e tra questi anche…
« A me non convince molto Macfow. Se ci pensate, è da quando è entrato nel branco che è iniziata la fuga di notizie » disse Hati.
Greyback annuì.
« Anche io sospetto di lui. Il fatto che non si sappia quasi nulla sul suo conto conferma i sospetti… »
« E allora cosa aspettiamo a ucciderlo? » intervenne Sköll.
Greyback gli ringhiò contro.
« Modera la tua impulsività, Sköll » gli suggerì un altro licantropo, Freki.
« Esatto. Ti consiglio di imparare a controllarti, o te lo insegnerò io. Fai tutto troppo di testa tua. A Drybrook non ti sei ritirato con noi, no, sei rimasto e hai rischiato di farti uccidere. Quindi resta al tuo posto, perché il capobranco sono io e devo essere io a decidere. È chiaro? »
Sköll ricambiò l’occhiataccia di Fenrir ringhiando a sua volta. Sembravano sul punto di azzannarsi a vicenda, anche se adesso che la luna piena era passata avevano sembianze umane. Ma alla fine decise di non ribellarsi, altrimenti avrebbe fatto una brutta fine, dal momento che nessun altro sembrava avere l’intenzione di schierarsi dalla sua parte.
Sköll sbuffò, ma non aggiunse altro. Greyback parve soddisfatto di avere ristabilito l’equilibrio…

« Come sei entrato? »
« Chi sei veramente? »
« Tim… »
« Chi sei?! »
Timothy era balzato in piedi, pieno di rabbia, il volto lentigginoso chiazzato di rosso per la collera.
Remus non aveva la più pallida idea di come comportarsi, ma quando vide lo sguardo impaurito e allo stesso tempo furioso che il ragazzino rivolgeva alla sua bacchetta, decise di smettere di puntargliela contro.
« D’accordo » disse, mentre la riponeva nella tasca. « Mi chiamo Remus Lupin. Angus Macfow era un nome falso ».
Timothy lo guardava con un’espressione di sconforto e delusione.
« Perché ci tradisci? » chiese, con un groppo alla gola.
Remus sospirò.
« Greyback è malvagio. Mi ha morso quando avevo più o meno la tua età. Mi ha rovinato la vita, Tim ».
« I maghi ci hanno rovinato la vita! Sono loro i cattivi! Fenrir non poteva controllarsi ».
« No, l’ha fatto apposta. Fa così con tutti. Pensi che allevi te e gli altri bambini perché si sente in colpa per avervi morsi? Vi vuole solo usare per creare un esercito di lupi mannari… »
« Non è vero! »
« Invece è così »,
Timothy era sull’orlo delle lacrime. Sembrava fuori di sé.
« I maghi ci odiano; vogliono sterminarci… e tu lavori per loro! »
Remus lo trattenne, afferrandolo per le spalle. Il ragazzino cercò di divincolarsi ma non ci riuscì.
« Non è vero. Non tutti i maghi ci odiano. Mi hai spiato tutta la sera, quindi avrai visto i miei amici. Loro sanno che sono un lupo mannaro, ma si fidano di me e mi sono rimasti accanto, nonostante tutto ».
Per la prima volta, Timothy non seppe cosa rispondere.
« Com’è possibile? » chiese, scrollando la testa.
« Greyback ti ha sempre mentito » rispose Remus.
In un attimo, le guance di Timothy si rigarono di lacrime. Remus si sentiva malissimo nel vederlo così, e si sentiva di capirlo: dopo aver subito il lavaggio del cervello da parte di Greyback, non doveva essere facile rendersi conto che la realtà era completamente diversa.
« Dai, siediti e bevi quella camomilla… Non ti farò nulla » aggiunse, quando l’altro gli rifilò un’occhiata sospettosa.
Alla fine però Tim si convinse. Remus si sedette di fronte a lui, guardandolo sorseggiare lentamente il liquido scuro.
« Ti ho seguito per tutto il pomeriggio » ammise il ragazzino, senza che Remus gli avesse chiesto nulla. « Fenrir aveva detto che sei tra i sospettati, e io volevo essere sicuro che non lo fossi. Poi ti ho visto entrare qui, toglierti la barba e cambiare faccia... »
« Mi dispiace di averti mentito, non potevo raccontarti tutto. Ma ti assicuro che sto cercando di fare la cosa giusta. Greyback si è alleato con Voldemort » disse, e qui Tim sgranò gli occhi, orripilato. « Crede di riuscire a conquistare il mondo così, ma in realtà Voldemort sta usando i lupi mannari. Quando vincerà la guerra, si sbarazzerà di voi… di noi, perché lui è uno di quei maghi che ci considerano mostri da uccidere. Dalla mia parte invece ci sono i maghi più tolleranti ».
Timothy era visibilmente confuso.
« Non capisco. Se Tu-Sai-Chi è cattivo e sta usando Fenrir, allora perché dici che Greyback è cattivo anche lui? Dovrebbe essere buono, no? »
Remus si sentì intenerire. In effetti non era facile spiegarlo ad un bambino: a quell’età era normale che considerasse il mondo rigidamente diviso tra bene e male.
« Diciamo che Greyback è cattivo… ma Voldemort lo è di più. Le vere vittime siete voi, anche se Greyback sta cercando di farvi diventare malvagi come lui ».
Tim non sembrava ancora molto convinto, ma forse iniziava a capire qualcosa.
« Non mi stai dicendo queste cose per ingannarmi, vero? »
« Te lo giuro, sto dicendo la verità questa volta. Mi sono affezionato a te, e anche se non mi avessi scoperto, avrei cercato di salvarti da Greyback e le sue idee. Se vuoi lasciare il branco, io e i miei alleati possiamo nasconderti e proteggerti ».
« Io voglio tornare nel branco. Me lo permetterai? »
Remus esitò. Se Timothy non gli avesse creduto, avrebbe raccontato a Greyback che l’infiltrato era lui. Ma capiva il desiderio di Tim: il branco era la cosa più simile ad una famiglia che avesse.
« Sì ».
« Anche se non ti credessi? »
« Anche in quel caso. Però ti chiederei di dirmi se hai deciso di fidarti di me oppure no, almeno saprò se posso tornare nel branco o non presentarmi più. Per favore. Sarebbe un patto tra noi due ».
« Quindi devo decidere adesso se fidarmi di te? »
« Sì ».
Tim tacque per parecchi minuti che parvero ore. Remus continuò a fissare i suoi occhi inquieti, altrettanto agitato. Se Malocchio lo avesse visto in quel momento gli avrebbe dato dell’idiota. Probabilmente lui non avrebbe permesso al bambino di uscire di casa. Lo avrebbe rinchiuso da qualche parte per non compromettere la missione. Ma Remus non era Malocchio e non voleva costringere Timothy a fare qualcosa che non voleva, anche a costo di perdere la possibilità di spiare Greyback.
Infine il ragazzino lo guardò con determinazione.
« Ho deciso ».

Soltanto mezz’ora più tardi, Tim era al cospetto di Fenrir Greyback, il quale lo scrutava con sospetto.
« Dimmi, cos’hai di tanto importante da comunicarmi? »
« Fenrir… credo di sapere chi è la spia nel branco » rispose il ragazzino, mentre il cuore gli batteva all’impazzata e un sudore gelido gli ghiacciava la fronte.


« Sköll, alzati! Fenrir vuole parlarti ».
L’uomo ringhiò, infastidito per essere stato svegliato quasi di prepotenza. Si mise a sedere sul suo materasso di foglie, fissando Hati con irritazione.
« A quest’ora? »
« Dice che è urgente. Ti aspetta al fiume, muoviti ».
« Non darmi ordini » sbottò Sköll, irritato.
Hati non rispose, limitandosi a scoccargli un’espressione di rimprovero che non ammetteva repliche.
Continuando a ringhiare per la rabbia, Sköll si alzò in piedi, schiacciando le foglie secche sotto i suoi piedi, e si incamminò verso la radura, passando accanto ai corpi degli altri lupi mannari addormentati. Se fosse stato meno arrabbiato e avesse fatto più attenzione a questi ultimi, si sarebbe accorto che nessuno di loro russava come al solito. Al contrario, intorno a lui regnava un silenzio teso e innaturale.
Greyback lo aspettava alla riva di un ruscello e gli voltava le spalle. Sköll digrignò i denti anneriti non appena lo vide. Non sopportava più di vederlo a capo del branco. Lui si considerava molto più forte e violento di Fenrir e riteneva di essere più degno di ricoprire il ruolo di capobranco.
D’accordo, il branco lo aveva creato l’altro, ma Sköll aveva deciso di entrarne a far parte solo per convenienza, perché con dei compagni sarebbe stato più facile cacciare, nulla di più. Ma non approvava gli obiettivi di Greyback, non perché li trovasse disdicevoli, ma perché non gli importava di creare un esercito di lupi mannari. Non voleva conquistare il mondo; voleva soltanto saziarsi. Per questo molte volte lui e Greyback si erano ritrovati su fronti opposti: Sköll non lasciava in vita le sue vittime per poi educarle come voleva l’altro. Gli piaceva farle soffrire, per poi ucciderle.
Ma del resto Sköll non provava la rabbia e il risentimento che Fenrir nutriva nei confronti degli umani. Non era stato morso: era nato lupo mannaro e quindi non sapeva cosa significasse non subire l’influsso della luna piena.
Greyback invece sì. Un tempo era stato umano, un giovane mago come tanti, desideroso di frequentare una scuola di magia e di possedere una bacchetta. Quando era stato morso, la sua vita era cambiata.
E Sköll sapeva che Greyback, dentro di sé, era invidioso dei maghi, perché loro possedevano tutto ciò che lui non avrebbe mai avuto.
Era da tanto tempo che desiderava farlo fuori e prendere il suo posto, ma non aveva ancora potuto. Tutti gli altri lupi erano fedeli a Greyback, e organizzare un ammutinamento da solo sarebbe stato un suicidio. Doveva convincerli lentamente e con pazienza, ma era sicuro che prima o poi ci sarebbe riuscito.
« Che cosa c’è? » sbottò, quando lo ebbe raggiunto.
Greyback finalmente si degnò di guardarlo. Aveva un’espressione molto concentrata.
« Devo parlarti, Sköll. Sai, sono molto… turbato ».
L’uomo lo guardò, corrugando la fronte. Quell’esordio era molto strano.
« Per la storia della spia nel branco? »
« Vedo che mi leggi nel pensiero, ed è proprio per questo che ho convocato te. Stavo pensando che, se non riusciamo a trovarlo per tempo, quel traditore potrebbe riuscire a farmi fuori. Quindi è il caso di decidere chi possa sostituirmi. Tu vorresti essere il mio successore? »
Gli occhi di Sköll non poterono fare a meno di lampeggiare di brama, ma qualcosa in quella conversazione lo stava allarmando. Da quando Greyback pensava alla possibilità di non sopravvivere? No, c’era decisamente qualcosa di insolito in quel discorso, quindi cercò di non tradirsi da solo.
« Io pensavo che Hati… in fondo è lui il tuo braccio destro… »
Fenrir esibì una smorfia.
« Hati non è adatto a fare il capobranco, funziona meglio come secondo. Tu invece sei più violento, più forte… sì, sei tu il più adatto a sostituirmi. Non è forse quello che hai sempre voluto? »
Sköll finse sempre di mantenersi calmo. In realtà dentro di sé già esultava. Forse non avrebbe avuto bisogno di uccidere Fenrir, pensò.
« Sì, in effetti lo vorrei » rispose.
Greyback sfoderò un ghigno diabolico, mostrando i denti sporchi e affilati.
« L’hai detto. Non è così, amici miei? » disse.
Sköll non capì cosa significassero quelle ultime parole, almeno fino a quando non udì alcuni scricchiolii alle proprie spalle.
Si voltò, mentre il cuore iniziava a battergli come un tamburo nel petto. Da dietro gli alberi, erano spuntati gli altri licantropi che prima – ora se ne rendeva conto – avevano solo finto di dormire. In un attimo, avevano circondato lui e Fenrir, senza lasciargli la minima via di fuga. Hati lo guardava con un ghigno soddisfatto.
Un sudore ghiacciato gli coprì il corpo, mentre il terrore iniziava a invaderlo.
« Che dia- » provò, ma non fece neanche in tempo a voltarsi verso Greyback e concludere la domanda.
Con la coda dell’occhio, scorse la luce della luce che brillò da qualche parte lì in basso, riflessa in qualcosa di molto simile ad una lama, mentre Greyback alzava il braccio, per poi abbassarlo velocemente.
All’inizio non sentì nulla. Per qualche istante in cui il tempo parve fermarsi, tutto sembrava identico a prima. Poi qualcosa di caldo e fluido iniziò a sgorgare dalla sua gola.
Il dolore arrivò subito dopo. Sköll provò a gridare, ma non ci riuscì. L’aria usciva ma non emetteva più alcun suono.
Sköll si portò le mani al collo insanguinato, cadde in ginocchio ai piedi di Greyback e lo guardò, senza riuscire a nascondere l’orrore che lo aveva invaso.
« Credevi di ingannarmi così facilmente, Sköll? Avrei dovuto immaginare che la spia eri tu » parlò Fenrir, ringhiando con rabbia e ignorando le proteste silenziose e disperate del licantropo ferito. « Hai tradito il branco per mettermi in difficoltà e farmi perdere credibilità, così saresti riuscito a prendere il mio posto. Purtroppo per te, il tuo piano non ha funzionato, e ora paghi per il tuo grosso errore ».
Sköll non riteneva neanche più importante discolparsi. Voleva solo vivere, ma già sentiva le forze abbandonarlo.
Cadde all’indietro sul terreno sabbioso, i capelli sporchi e aggrovigliati immersi nell’acqua, mentre il dolore proveniente dallo squarcio al collo aumentava sempre di più.
« Lo lascio a voi » disse Greyback, rivolto agli altri licantropi. Questi ultimi si avventarono sul corpo agonizzante di Sköll, alcuni armati di pietre, altri solo delle proprie mani.
E in quel momento Sköll accolse quasi con sollievo l’ultimo respiro mentre, intorno alla sua testa, l’acqua del ruscello si tingeva di rosso.

Remus guardò il ragazzino sconvolto accanto a lui. Non sapeva se essere orripilato da quanto era appena accaduto oppure sollevato.
« P-pensavo che lo cacciasse dal branco e basta, non che lo… » disse Timothy, interrompendo la frase per scoppiare in singhiozzi.
Remus gli si avvicinò, posandogli le mani sulle spalle. Lui non si ritrasse.
« Lo so, non è colpa tua » rispose.
« Sköll aveva ucciso un sacco di persone, quindi se lo meritava. Ma allora perché mi sento così? »
Remus tacque, angosciato.
« Perché ancora non conosci davvero l’odio. Non avevi pensato a cosa sarebbe potuto succedere. Hai fatto di tutto per salvarmi, e te ne sono grato. Non hai agito con cattiveria. In ogni caso, non sentirti troppo in colpa per Sköll. Hai detto una mezza verità: prima o poi sarebbe successo lo stesso, perché lui desiderava troppo il posto di Greyback ».
Tim annuì, un po’ rassicurato.
Remus lo guardò con ansia. Quel ragazzino lo aveva salvato, aveva annullato i sospetti su di lui, almeno da parte di Greyback e dei licantropi, ma per farlo aveva accusato Sköll, anche se aveva sottovalutato la capacità di reazione di Greyback.
E non poteva fare a meno di vederlo da un altro punto di vista, con una sorta d’inquietudine, nel pensare che quella guerra stava costringendo a sporcarsi le mani anche chi a quell’età doveva essere soltanto spensierato e innocente.


Regulus era arrabbiato. Anzi, furibondo.
Si era chiuso nella stanza in cui dormiva, senza riuscire a trattenersi dallo sbattere la porta alle proprie spalle.
Era rimasto in piedi per un’infinità di tempo, mordendosi la lingua e serrando i pugni tremanti per la rabbia. Non riusciva a credere che Rachel non volesse ascoltarlo. Quella ragazza aveva la testa così dura…
Lei confermò subito quel pensiero, bussando alla porta e intimandogli di aprirle.
« Non ne voglio più parlare » sbottò lui, da dietro la porta chiusa.
« Invece ne parliamo, e subito » replicò lei, senza cedere.
L’elfa Sory, preoccupata, chiese alla padrona cosa fossero tutte quelle grida, ma Rachel la congedò con un “Non preoccuparti” poco convincente.
« Regulus, apri questa porta, dai ».
Lui sbuffò, ma alla fine la fece entrare.
Rachel entrò nella stanza a braccia incrociate, fermandosi al centro della stanza per poi voltarsi a guardarlo, mentre lui richiudeva la porta.
« Senti, cerchiamo di discuterne da persone civili » disse lei.
« D’accordo. Tu non andrai da nessuna parte, perché l’ho deciso io. Fine della questione » fece lui, laconico.
« Perfetto! Allora sai cosa facciamo? Mandiamo un gufo a tua cugina Narcissa e le chiediamo di spedirci il diario che suo marito ha nascosto in casa loro. Sono sicura che sarà lieta di accontentarci » replicò lei, sarcastica.
Regulus alzò gli occhi al cielo.
« Perché non ti rendi conto che è rischioso? »
« Io me ne rendo conto, ma non c’è un’altra soluzione ».
Il ragazzo voleva replicare, ma non lo poté fare. Sapeva bene che prendere l’Horcrux nascosto a villa Malfoy, uno di loro si sarebbe dovuto intrufolare nel maniero. Era necessario, ma lui non voleva che fosse proprio Rachel a farlo.
« Regulus, ascoltami » esordì lei con un tono improvvisamente più dolce. « Qualcuno deve per forza recuperare quel diario, ed io corro meno rischi di far nascere sospetti in Voldemort ».
Lui la guardò, affranto. Come poteva lasciarle correre un pericolo tale?
« Sai perfettamente come il Signore Oscuro protegge i suoi Horcrux. Potresti restarne uccisa… » mormorò con un filo di voce.
Lei gli si avvicinò, incupita.
« Studieremo un piano sicuro. In fondo il medaglione era un suo cimelio di famiglia, quindi Voldemort teneva sicuramente di più a quello che al diario. Il primo era custodito… molto bene » esitò, tremando al solo ricordo degli Inferi, e anche lui fu scosso da un brivido. « Ma il secondo l’ha affidato a Malfoy, perciò forse sarà più facile impadronirsene ».
« Certo, che problema c’è? » commentò lui, sarcastico, anche se sul suo volto non apparve alcuna traccia di un sorriso. « In fondo dovrai solo farti accogliere in casa da un Mangiamorte e frugare il salotto senza farti scoprire. Un gioco da ragazzi… Sei appena sopravvissuta per un soffio ad una battaglia in cui hai rischiato la pelle, e anche la volta scorsa sei stata quasi uccisa. Che cosa dovrei fare, chiedere a Kreacher di ricominciare a pedinarti? »
Lei tacque, e nel fissarla Regulus sentì sparire ogni briciolo di rabbia. Ora aveva solo una gran paura di perderla.
« Non voglio che ti succeda qualcosa » sussurrò, quasi scongiurandola di non accettare, ma lei sembrava decisa.
« Lo so che ti preoccupi per me, ma devo farlo ».
« Si può sapere perché non ci va Silente? » ringhiò lui, mentre la rabbia tornava a invaderlo.
Rachel distolse lo sguardo, come se stesse per dire qualcosa di terribile.
« Regulus, se Silente venisse catturato e ucciso, Voldemort avrebbe praticamente vinto la guerra… »
« Quindi se venissi catturata tu, non sarebbe un danno così grave. Stai dicendo questo? » le chiese lui, i pugni che tremavano.
« Voldemort teme Silente, non certo me. Lo so, è terribile da dire, ma… per il mondo magico lui è necessario, io invece non sono così import- »
« Al diavolo il mondo magico, sei importante per me! » non poté fare a meno di dire, anche se la conseguenza di quell’affermazione fu un improvviso rossore imbarazzato che coinvolse anche lei.
Cercò di calmarsi, mentre un’ondata di odio nei confronti di Silente lo invadeva.
« Ti rendi conto che ci sta usando? Io per lui conto più di te, perché so cose che potrebbero fargli comodo. Tu invece non conti nulla, ti usa per fare il lavoro più pericoloso, perché se ti succedesse qualcosa, per lui non sarebbe una gran perdita. Ho tradito il Signore Oscuro perché non ne potevo più di obbedirgli, e ora non ho intenzione di farmi comandare da Silente. E non sopporto che tu ti faccia usare così ».
« Non mi ha imposto lui di recuperare il diario, l’ho deciso io. Lo so che Silente non ti piace, ma qualcuno deve pur pensare al bene comune, al di là di tutto il resto. Io non credo che gli piaccia il suo ruolo né che gli faccia piacere far combattere tutto l’Ordine della Fenice contro un nemico molto più forte, ma non ha costretto nessuno a farlo ».
Regulus alzò gli occhi al cielo, maledicendo il giorno in cui aveva accettato di collaborare con Silente.
« Questa guerra deve finire » continuò Rachel. « Tu hai deciso addirittura di sacrificarti per permettere a qualcun altro di uccidere Voldemort. Sei stato tu ad insegnarmi per cosa vale la pena lottare » disse semplicemente.
« Ma… »
Regulus tacque, perché non riuscì a trovare un argomento per replicare. Ma non si sarebbe arreso così. Avrebbe fatto di tutto per evitare che le accadesse qualche altro incidente grave, anche se sapeva già che non avrebbe potuto impedirle di entrare nel maniero dei Malfoy, e il solo pensiero sarebbe presto riuscito a farlo impazzire.
« D’accordo » disse ad un certo punto, con un tono molto più determinato di prima. « Ci andrai, ad una sola condizione, però ».
« E quale sarebbe? » chiese Rachel, sospettosa.
« Io verrò insieme a te ».

Lei sgranò gli occhi.
Non poteva averlo detto davvero.
O almeno era quello che lei sperava.
« Sei matto? »
« No. Le condizioni sono queste: o tutti e due o nessuno ».
Rachel stava per replicare, ma quando vide l’espressione determinata di Regulus capì che questa volta non sarebbe mai riuscita a fargli cambiare idea.
« Reg, per favore… »
« Ormai ho deciso ».
« Avevamo detto che non puoi uscire di casa. Lo so che ti senti prigioniero ma è per la tua sicurezza ».
« Non vedo perché io debba stare al sicuro se non lo sei anche tu. Verrò con te, e se proverai a impedirmelo dirò a tuo padre che vuoi compiere un’altra missione per conto di Silente ».
Lei sgranò gli occhi.
« Da quando vi siete alleati, voi due? » chiese.
« Da quando è l’unico modo per evitare che tu ti faccia uccidere alla prima occasione ».
Rachel tacque, sconsolata.
Regulus le impose di guardarlo mentre parlava.
« Sul serio, ricordi che per prendere il medaglione non bastava una sola persona? Forse sarà lo stesso anche per il diario. Tra l’altro io sono l’unico a conoscere il maniero e i suoi abitanti: una piantina non potrà mai sostituirmi. Quanto alla segreta nascosta sotto il salotto, lì sono nascosti parecchi veleni illegali, e ho pensato che, se saremo fortunati, potremo trovarne qualcuno che possa distruggere gli Horcrux. Non puoi fare tutto da sola, perciò verrò anche io. Abbiamo abbastanza tempo per preparare una scorta di Pozione Polisucco, così non ci riconosceranno ».
Rachel era spaventata ma, per qualche strana ragione, non protestava più. Sapeva che Regulus non aveva tutti i torti, ma non era ancora convinta. Era spaventata all’idea di dover prendere una decisione. Se avesse acconsentito e poi fosse andata male, la responsabilità sarebbe stata tutta sua… e non se lo sarebbe mai perdonato.
« Se dovessero catturarci e ti smascherassero, sarebbe la fine… » disse, angosciata.
« Lo so, ma faremo in modo che non accada » fece lui, avvicinandosi. « D’ora in poi, qualsiasi pericolo o rischio lo affronteremo insieme ».
Rachel si sentì improvvisamente accelerare i battiti. Quelle ultime parole sembravano nascondere decine di sottintesi. Regulus non voleva lasciarla sola né restare da solo. Voleva che il loro fosse un unico destino.
Rachel cercò di controllare la propria emozione. Si sentiva molto più debole del solito in quel momento, e le parole di Regulus erano un vero e proprio colpo basso.
E avevano funzionato.
« E va bene » cedette alla fine. « In effetti hai detto delle cose giuste. Però non ti ci abituare, sarà solo per questa volta » rispose Rachel con una smorfia, al pensiero del pericolo che Regulus avrebbe corso.
Ma doveva ammettere che si sarebbe sentita più sicura di farcela se lo avrebbe avuto con sé.


Il Dissennatore si fermò davanti ad una cella in fondo al corridoio, estraendo dal mantello nero e logoro un mazzo di chiavi, tenute strette dalla mano putrida e fredda.
Albus rabbrividì. Nonostante cercasse di restare il più lontano possibile da quella creatura, il gelo che essa portava con sé gli era già penetrato fin dentro le ossa. Il Patronus a forma di Fenice era accanto a lui e gli faceva scudo, impedendo alla disperazione di invaderlo completamente.
Dalle sbarre delle altre celle, decine di braccia erano tese verso il Patronus, attirate dalla novità e desiderose di trovare un minimo di sollievo all’angoscia cui erano condannati.
Il Dissennatore aprì la cella e si fece da parte, permettendo a Silente di entrare. Mentre gli passava accanto, Albus ebbe la sensazione di udire in lontananza, come attraverso una radio male sintonizzata, una voce maschile che gridava, ma il Patronus si frappose tra lui e la creatura, facendo sparire la voce indesiderata.
La porta si chiuse alle sue spalle con violenza, facendo scuotere l’animo dell’uomo. Un senso di oppressione lo invase. Il Dissennatore gli diede le spalle e si allontanò, lasciandolo solo con il prigioniero all’interno della cella.
Le pareti erano umide e ammuffite. Faceva freddo anche senza la presenza dei Dissennatori. Dalla minuscola finestra non entrava alcuna luce, e l’unica fonte di illuminazione era costituita dal Patronus, che poco dopo però sparì. Albus usò l’incantesimo Lumos, illuminando un angolo nel quale era rannicchiata una sagoma.
Era un uomo, ovviamente, ma le sue condizioni erano talmente pessime che non sembrava quasi più tale. I capelli aggrovigliati erano sporchissimi, il respiro affannoso, la bocca priva di molti denti. Era anche strabico. Probabilmente avrebbe avuto un aspetto inquietante anche da libero; a maggior ragione ad Azkaban.
L’uomo fissava Albus, anche se uno dei due occhi sembrava guardare da tutt’altra parte. Non parlava, in attesa che fosse lui a esordire.
« Sei Orfin? » gli chiese allora Albus.
Quello ebbe un sussulto, ma non rispose.
Silente gli si avvicinò.
« Sei tu Orfin Gaunt, giusto? »
E in quel momento accadde qualcosa di strano.
Il prigioniero iniziò a sibilare esattamente come avrebbe potuto fare un serpente. Ciò che diceva era incomprensibile, ma quei soffi e sibili ebbero il potere di fare rabbrividire l’anziano mago.
« Sì, sei proprio tu » commentò, rivolgendosi più a se stesso che al discendente di Salazar Serpeverde.
Qualcosa gli diceva che non sarebbe stato facile ottenere qualche informazione utile, soprattutto se Orfin avesse insistito a parlare in Serpentese. Ma era deciso a non rendere vana quella sua visita ad Azkaban.


*Angolo autrice*
Mi piacerebbe sapere se ci siete cascati e avete pensato che Tim avrebbe davvero tradito Remus oppure no... Forse mi odierete dopo avervi fatto prendere l'ennesimo infarto, ma il capitolo ha molta più suspance così, vero? xD
Per l'omicidio di Sköll mi ero addirittura chiesta se fosse il caso di alzare il rating della storia, ma alla fine direi che il giallo va già bene così. Però se avete qualcosa in contrario fatemelo sapere.
Che altro dire? All'inizio non era previsto che Regulus partecipasse alla missione a villa Malfoy (in realtà mesi fa pensavo che ci sarebbe stato l'Ordine della Fenice al completo, vabè...) ma si sa, mentre si scrive le idee cambiano all'improvviso. E poi non posso più vederlo ad annoiarsi, anche perché senza di lui a villa Malfoy si combinerebbe molto poco. u.u
Infine, non vedevo l'ora di introdurre Orfin. Non so perché ma in questo periodo mi ispira molto... e sarà anche piuttosto importante in una tappa della storia. Qui è ad Azkaban perché sta ancora scontando l'omicidio dei Riddle, anche se lo sappiamo tutti che non è stato lui a farli fuori!

Questo è il penultimo capitolo prima della pausa estiva. Il prossimo l'ho iniziato a scrivere solo ieri, e temo che mi ci vorranno più di due settimane, probabilmente tre... Spiacente, ma martedì ho il primo esame, quindi sono impegnatissima. ç__ç
Comunque, spero di farcela entro l'11 giugno. Se non vedete nulla entro quel giorno, avviserò su Facebook e, per chi non ce l'ha, modificherò queste note finali. Quindi se vorrete sapere qualcosa, questo sarà il posto giusto in cui cercare!
Buon weekend!

EDIT 4/06/2011: vi avviso che il capitolo è in gran parte scritto, mi manca poco alla fine, e poi dovrò leggerlo e revisionarlo. Non è ancora sicuro al 100% ma credo che riuscirò a mantenere l'impegno di pubblicare entro l'11. Nei prossimi giorni aggiungerò qualche avviso sempre qua sotto!

8/06/2011: il capitolo è concluso! In questi giorni lo sto rileggendo, e penso che riuscirò a pubblicarlo addirittura prima del previsto, probabimente il 10 giugno! ^^

  
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