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Autore: Dira_    23/05/2011    22 recensioni
“Mi chiamo Lily Luna Potter, ho quindici anni e credo nel Fato.
Intendiamoci: niente roba tipo scrutare il cielo. Io credo piuttosto che ciascuno di noi sia nato più di una volta e che prima o poi si trovi di fronte a scelte più vecchie di lui.”
Tom Dursley, la cui anima è quella di Voldemort, è scomparso. Al Potter lo cerca ancora. All’ombra del riesumato Torneo Tremaghi si dipanano i piani della Thule, società occulta, che già una volta ha tentato di impadronirsi dei Doni della Morte.
“Se aveste una seconda possibilità… voi cosa fareste?”
[Seguito di Doppelgaenger]
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga'
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Capitolo XXXI
 
 


It can be possible that rain can fall only when it’s over our heads?
All the right things in all the wrong places, someday, we’re going down…
(All The Right Moves, One Republic¹)
 
I fatti non cessano di esistere solo perché noi li ignoriamo.
(A.L. Huxley)
 

2 Dicembre 2023

Scozia, Hogwarts, Torre di Grifondoro. Sala Comune e un punto di vista diverso.
 
Hugo sapeva sempre quando a Lily giravano.
Non era un sesto senso, non era una capacità. Lo capiva, tutto lì.
Erano cresciuti assieme, negli anni uniformi di Hogwarts. Lui e la cugina si erano ripromessi perenne supporto, anche se poi finiva sempre che lui faceva da valletto a lei. Ma andava bene, perché Lily aveva un sacco di amiche carine e poi attorno a lei non ci s’annoiava mai. Lily era quella sveglia, lui quello intelligente. Perché sì, c’erano delle grosse differenze.
Perché era lui quello che prendeva bei voti – tranne alcune inutili materie come Aritmazia e Pozioni. Se non fosse stato quello intelligente, non avrebbe mai potuto inventare un giorno l’Apparecchio Perfetto di Congiunzione tra Magia e Tecnologia. Perché era quello che avrebbe fatto. Un giorno.
Ma stava divagando…
Era una mattina relativamente tranquilla, tranne una probabile nevicata in serata, e lui era seduto su una delle stra-comode poltrone della Sala Comune ad aspettare che l’altra scendesse. E ancor prima di vederla spuntare dalle scale, ebbe la certezza che fosse di cattivo umore.
Perché?
Beh, c’erano stati vari segnali. Punto primo, Abigail Finnigan – Ragazza più Carina del Quinto Secondo Lui – gli aveva detto che Lily sarebbe scesa subito. Lily era sempre in ritardo. Quindi qualcosa non andava.
Punto secondo, non era scesa con Gail. Se era già pronta, perché aspettare?
Punto terzo, e poteva essere una stronzata ma Hugo sapeva non fosse così, sentiva delle cattive vibrazioni.
Grattò la testolina – o dove supponeva fosse – della sua puffola pigmea color polvere che teneva sulla spalla. “Sai Pod? Ho proprio idea che oggi ce la passeremo male…” Comunicò alla bestiola.
Per tutta risposta quella, codarda per natura, si nascose dentro la tasca sformata della sua uniforme.  
Fece appena in tempo: Lily arrivò pochi attimi dopo. Ed era una furia. Aveva i capelli mossi ad onde – usava un sacco di prodotti di bellezza babbani di cui faceva scorta nei mesi estivi – e gli occhi accesi dal sacro fuoco dell’incazzatura.
Hugo espirò appena, facendole un cenno. “Ohi…?” Tentò.
“Un cavolo.” Fu la replica. “Dai, muoviti, siamo in ritardo.”
“Cioè… veramente siamo in anticipo. Rispetto al solito, dico.” Tentò seguendola di buon grado. Sentiva Pod tremargli nella tasca. Creaturina intelligente.

“Pazienza.” E gli mollò la sua borsa senza troppe cerimonie. Hugo era contento che le borse della cugina – ne aveva un migliaio circa – non fossero come quelle di Rose. Perlomeno quel giorno non avrebbe rischiato la frattura di qualche vertebra.
“… ehm.”
Sapeva di doverlo dire e aveva paura.
“Cosa?”
“Niente!”
Perché fanculo, le ragazze fanno paura.

Erano spesso un mondo misterioso, in cui per avventurarsi bisognava armarsi di pazienza e una discreta dose di coraggio. Ma Lily… beh, lei era speciale. In tanti sensi, e non tutti buoni.
Lily era incavolata per un motivo estremamente preciso, che aveva nome e cognome.
Sören Il Tedesco Tetro Luzhin…
Così l’aveva ribattezzato Fergus, ed era un nomignolo perfetto.  
Quel tipo dall’aria soldatesca non si faceva vedere in giro da un bel po’. Cioè dal fine settimana della prova.  
Da nove giorni. Nove, lunghi giorni.
Lily era andata in tilt. Non che lo desse troppo a vedere, fosse mai che Lilian Luna Potter si facesse vedere in crisi per un ragazzo. Però era preoccupata.
Era mediamente confuso su quella faccenda, ma una cosa era chiara: Lily non sarebbe stata a lungo con le mani in mano. E quell’eventualità lo preoccupava. Molto.
La seguì silenziosamente nel lungo tragitto per la Sala Comune. Lily incedeva come una specie di amazzone e lui dietro.
Sì, insomma. Il solito.
Poi ci fu una pausa per poter mangiare, grazie a Merlino, e della colazione Hugo registrò soltanto che sua cugina bevve solo caffè con un sacco di panna e zucchero.
“Prima lezione? Abbiamo Pozioni? Dimmi che non abbiamo Pozioni…” Chiese finendo di leccarsi le dita sporche di zuccotto di zucca, prima di caricarsi di nuovo le loro due borse sulle spalle.
“Trasfigurazione. Come rendere migliore questa giornata…” Sibilò l’altra. “La McGrannit mi odia.”
Hugo decise saggiamente di non ribattere – nessuno ci credeva, ma si riteneva un tipo molto saggio.

La McGrannit ovviamente non la odiava. Era Lily il problema.  Era intuitiva, capiva le cose al volo e senza sforzo, ma era anche mostruosamente pigra e con la capacità di concentrazione di un colino. E se per il resto del corpo docenti era una piccola pecca, messa in secondo piano dal suo essere una studentessa nella media e sempre col sorriso sulle labbra… per la vecchia signora quello non bastava.
“È presto… non dobbiamo andare subito in classe se non c’hai voglia.” Le suggerì. “Andiamo in cortile?”
Lily gli lanciò un’occhiata grata e Hugo sogghignò: era l’unico a far centro, quando l’altra aveva quell’umore. Dopotutto era o non era il suo fottuto valletto?

 
“Perché non lo cerchi?” Gli chiese mentre bighellonavano attorno al porticato imbacuccati nelle proprie sciarpe, guardando il rientro dei pochi studenti di Durmstrang che facevano colazione sulla terraferma. “Cioè, cercarlo sul serio. Chiedi ad uno di loro!”
La vide irrigidirsi.  

“… Pensi che non l’abbia fatto? Mi sono beccata cinque inviti per il Ballo del Ceppo, ma nessuna maledetta informazione su Ren. Il più chiacchierone mi ha semplicemente detto che è giorni che non si vede sottocoperta.” Quando decideva di sbloccarsi, era un fiume in piena. Hugo annuì compitamente perché non poteva far altro. “E se stesse male? Che ne sappiamo di come si occupano dei feriti su quella bagnarola del cavolo? Poppy non era per niente contenta quando si è auto-dimesso. Magari sta male e non vogliono dircelo!” Concluse mentre si tormentava una ciocca di capelli.
Le lacrime stavano per arrivare, Hugo lo sapeva.
E un pochino pure la capiva: per motivi ignoti, Lily si era affezionata sul serio al Campione di Durmstrang, ed era una settimana che non aveva sue notizie. Quegli altri, le bocce rasate, erano tornate sulla terraferma, ma di Luzhin nessuna traccia.
E tutti i giorni stavano assieme come un baco con la sua mela.
“È il loro Campione, figurati se rischiano di perderselo…” La incoraggiò.
“Lo so, Hughie, ma guarda i fatti. Sembra che ci sia una cospirazione per tenerlo lontano da Hogwarts!”
“Non esagerare, magari la ferita era davvero super-seria e ha bisogno di riposo.”
“Ma non ha cercato neanche di mettersi in contatto con me!”

Sua cugina era sempre stata un po’ viziata. Non che fosse del tutto colpa sua: era carina da matti, era sempre di buon’umore e sin da bambina era quella che più si era fatta coccolare senza scocciarsi mai della cosa. Era abituata ad ottenere sempre ciò che voleva, appena lo voleva, o quasi.
E quindi, quando le cose non filano lisce come vuole…
“Boh.” Si strinse nelle spalle, perché non era poi così interessato, a dirla tutta. “Vai alla nave?”
“Già fatto. Ci sono più guardie che ad Azkaban… e sono peggio di quei buffi auror che fanno da guardia al palazzo della Regina babbana. Non mi hanno fatta passare!”

“Ah, mi sa che parli delle guardie reali…”
“Okay, guardie reali.” Scrollò le spalle, prima di immobilizzarsi e fissare qualcosa oltre le sue spalle. “Eccolo lì.” Sillabò con aria da terminator. Hugo si preoccupò per quel poveraccio che era stato appena messo sotto target.

Voltandosi, notò che era uno di Durmstrang, l’unico della delegazione che non fosse massiccio ma semplicemente grasso.
Il tipo appena vide Lily dirigersi verso di lui, tentò una goffa manovra evasiva verso l’ingresso. Venne stoppato da sua cugina. Era incredibilmente svelta, anche se nessuno ci faceva mai caso.
Tu.” Lo apostrofò, indicandolo senza troppe cerimonie. “Dov’è Sören?”
Tizio fece una smorfia. Sembrava piuttosto scocciato, ma aveva in faccia la medesima espressione di tutti quelli che si imbattevano nella furia di sua cugina: vaga preoccupazione per la propria incolumità. “Non ha niente di meglio fare che dare tuormento a noi di Durmstrang fraülein?”
“Evidentemente no.” Replicò piazzando le mani sui fianchi. Non si accorgeva mai di farlo, ma lo faceva quando era veramente incacchiata. Come lo era adesso: di brutto.

“No affari tuoi.”
“Sono sua amica, sono affari miei!”

Il ragazzo le rivolse un ghignetto davvero sgradevolissimo. Hugo era certo che dietro quell’aria impettita e strafottente, si spogliasse Lily con lo sguardo. Si sentì quindi in dovere di avvicinarsi in modo minaccioso. Quello neanche lo notò.
La storia della mia vita.
“Bene. Allora perché non chiede di entrare in Roskilde se tu vuole stare tranquilla? Se ci riesce da porta principale…”
Hugo vide Lily esitare, e capì il conquibus: sua cugina non aveva in realtà nessun diritto di chiedere informazioni o di vedere il tedesco. Era solo una studentessa, perdi più minorenne e di un’altra scuola.

E mi sa anche che Luzhin può starsene quanto vuole rintana nel loro vascello. Non c’è nessuna regola che lo obbliga ad uscire e a frequentare Hogwarts…
“Ora tu non parla più, ah?” La provocò il durmstranghiano. “Tu sa, forse è Ren…” Hugo sapeva che era il nomignolo con cui Lily lo chiamava, ma fu pronunciato come un insulto. “Forse è tuo Ren che non vuole vederti. Tu impiccia troppo.”
E Lily crollò. Non fu un fenomeno particolarmente vistoso. Quando rimaneva ferita era bravissima a nasconderlo: era solo un leggero piegarsi delle spalle e il modo in cui non riusciva a ribattere subito, che lo faceva intuire.

Ad Hugo non serviva guardarla in faccia per capire che era un passo dalle lacrime.
“Ohi!” Lo apostrofò, imitando un piglio alla James. “Che ti costa dire a mia cugina come sta Luzhin? Sei davvero stronzo!” Si sentiva le orecchie bollenti e non gli piaceva per niente mettersi in mezzo, ma nessuno faceva piangere Lily quando lui era nei paraggi.
Era una questione di onore. Non c’erano Al e Jamie: toccava a lui.
Il tizio sbuffò esasperato. “Ma quanti siete? Tutti parenti, figliate come conigli!”
Hugo a quel punto vide rosso, perché per lui era facilissimo che accadesse. Per questo non si immischiava mai nelle liti di principio di Lily. Perché la prima cosa a cui pensava, era a squadernare la bacchetta e a menare incantesimi.
Hugo, no!” Esclamò Colei che Tutto aveva Iniziato. Troppo tardi, però. Si lanciò fieramente contro il tizio in uniforme, pronto a difendere baracca e burattini. Per principio. Perché era un Weasley e nessuno insultava uno dei suoi.
Poi si sentì afferrare per un orecchio.
Morsa d’acciaio! Ahia! Porca miseria! Morsa d’acciaio!
Lo pensò con dolore, mentre si accorgeva che, a meno di perdere un orecchio, non poteva muoversi.
“Buono Gogo.”  
E capì al volo che si trattava di Dominique. Solo lei lo chiamava così e solo lei poteva prendere una persona al volo in quel modo assurdo. Si voltò.
Era lì, in tutto il suo squinternato splendore: lentiggini, capelli argentati e piercing. L’uniforme era l’unica cosa che la rendeva membro di un’elegante accademia di magia.
Ma le sta in modo strano.
“Mollami!” Tentò. Poi guardò Lily, che in compenso sembrò molto sollevata dall’apparizione repentina.
Grazie tante, eh!
Dominique comunque non lo mollò. Apostrofò invece il durmstranghiano.
“Ehi, Tappo-Tombo. Anche io sono una della conigliata. Però, a differenza dei minorenni qui, so come si usa una bacchetta. Vuoi che ti faccia passare il resto della giornata con la testa al posto del culo?”
Il bello di Domi, rifletté Hugo, è che perdeva espressione quando minacciava qualcuno. Sembrava una serial killer.
Durmstrang in effetti sembrava molto preoccupato. Perché rispose, sebbene a denti stretti. “Sören riposa. Quando starà meglio, torna. Mi ha detto di dire a te.” Bofonchiò a Lily in chiusa finale.
“Visto, era tanto difficile? Ora levati dalle palle.” Lo apostrofò Domi, mollando lui di contraccambio. Fu felice di riavere indietro il suo padiglione auricolare.
Il tipo invece sputò qualcosa in una lingua che sembrava russo, ma si affrettò ad andarsene quando la Veela-per-meno-di-un-quarto rimise mano alla bacchetta.
“Domi, sei davvero la principessa delle fate.” La prese in giro Lily di nuovo sorridente.
“No Lilù, quella è mia sorella. Io sono quella davvero figa.” Replicò giovialmente, scrocchiandosi il collo. “Ognuno ha i suoi ruoli, nel nostro conigliesco clan, no?”
Ridacchiare fu molto liberatorio, stimò Hugo. Anche perché probabilmente quel tipo l’avrebbe rivoltato come un calzino, se non fosse arrivata Dominique.
“Grazie Domi…” Le disse Lily. “Poliakoff è davvero odioso. Ed a rendere tutto più disgustoso, ogni volta che ci parlo mi fissa le tette.”
“Se vuoi la prossima volta gliene faccio crescere un paio…” Offrì gentilmente l’altra. Lily sorrise contenta, e Hugo capì che la tempesta era passata. Almeno per il momento. “Comunque sono preoccupata anch’io per il tuo mangia-kartoffeln.” Soggiunse la francese. “Tra lui e RaggioDiSole Malfoy sembra ci sia stata una moria di Campioni… non so se comprarmi uno spioscopio o gioire perché sono l’unica ancora sana di corpo e di mente.”

“Di mente ne dubito.” Disse un’altra voce spuntata dal nulla – dalle loro spalle a dire il vero – con accento londinese così perfetto da sembrare quello di un’attrice della tv.
Era una ragazza con due grandi occhi scuri e il naso a patata, però del genere carino. Di Beaux-Batons come Dominique, a Hugo sembrava di averla già vista.
“Che diavolo stai facendo Nicky?” Chiese quella con l’aria di volerne dire quattro a tutti loro. Lily inarcò le sopracciglia.  
“Oh, Piggie! Ma niente. Ho quasi trasformato la faccia di un crucco in un culo.” Ghignò questa, beandosi probabilmente dello sguardo sgomento dell’altra.
“Demente di una mezza-Veela!” Fu la conseguente esplosione. Era minuta, ma incazzosa. “Smettila di andare in giro a far vergognare la nostra scuola! Finirai per far venire un infarto alla Madame! O al povero Mael! Riesci a non sembrare fuori di testa almeno per le ore di lezione?!”
“Neppure un quarto-veela, cherie.” Replicò senza ascoltarla. “Vi ho mai presentato Violet?” Esordì poi, affatto turbata dall’aria omicida della suddetta. “Dietro la sua aria da bambolina di porcellana, nasconde un caratteraccio da arrampicatrice sociale. Però è anche…” Non finì la frase che l’altra la trascinò via con  forza insospettabile. Specie perché Dom se voleva era inamovibile come un gigante di montagna. “Adieu!” Urlò quest’ultima. Poi svoltarono l’angolo sparendo alla vista.

Sentirono la voce di Violet per un altro po’, però.
“Wow.” Commentò Lily. Inarcò le sopracciglia. “Sembravano intime.”
Hugo la scrutò, non sapendo di che diavolo stesse parlando.
In ogni caso, non voglio saperlo. Sul. Serio.
Comunque sembrava essersi ripresa. Forse perché aveva avuto le informazioni che voleva.
O forse perché Sören la ha lasciato detto qualcosa…
“Dai, ora sai che il tedesco sta bene…” Tentò, sperando che almeno quel capitolo fosse chiuso.
Quando intercettò l’occhiata della cugina, capì che non era affatto così.
“E pensi mi basti? Non se ne parla. Troverò il modo di salire su quella nave e controllare di persona.”
Checazzo…

Hugo sospirò: si riteneva un tipo saggio, ma soprattutto, doveva ammetterlo, per coprire il suo ruolo ci voleva tanta, tanta pazienza.
 
****
 
Scozia, Hogwarts, Aula di Trasfigurazione.
Ora di Pranzo circa.

 
“…devo consegnarvi i vostri temi della scorsa settimana.”
Lily sbuffò scocciata. Lo fece piano però, perché anche se era riuscita a retrocedere in terza fila, quella era Trasfigurazione e tra lei e gli altri studenti c’era Occhio-Di-Falco McGrannit.

Malfoy l’ha pensata davvero bene… il nomignolo è perfetto.
Abigail accanto a lei le sorrise incoraggiante. “Dai, sei migliorata un sacco! Sarà andata bene, me lo sento.”
Lily fece spallucce. In realtà un po’ ci sperava anche lei. Aveva passato ore in biblioteca per quella maledetta materia. Non erano state del tutto orrende, visto che era con…
Per tutte le sottane discinte di Morgana, smetti di pensare a lui!  
Mordicchiò la punta della piuma, ed aspettò che la sua pergamena svolazzasse fino a lei. Quella si posò delicatamente sul banco.
Lesse velocemente.

Oltre ogni Previsione?!
Sgranò gli occhi, mentre un sorriso le esplodeva in faccia. Quello era il primo bel voto che prendeva in Trasfigurazione da…
Sempre?
“Brava Lils!” Si sporse Hugo quasi facendo cadere il suo compito. “Ci hai dato dentro stavolta!”
“Già…” Mormorò, divisa tra il gongolare e il sentirsi uno straccio. Perché era solo grazie a Colui-che-era-uno-stronzo che era riuscita ad evitare il suo abituale Accettabile.

Ren. Ren e i suoi consigli e le annotazioni che mi ha fatto sul libro di testo…
Maledizione. Stupido! Sei uno stupido!
Infilò il compito in borsa, facendo per seguire il piccolo fiume di studenti che sciamava rumorosamente fuori dalla classe.
“Signorina Potter…” La richiamò la vecchia strega, seduta dietro la sua scrivania come una specie di giudice impietoso. “Rimanga qui, vorrei scambiare quattro parole con lei.”

Hugo, Fergus e Abigail le lanciarono identiche occhiate di preoccupazione mista a compartecipe incoraggiamento. Sorrise loro, e si diresse verso il fondo dell’aula come una condannata al patibolo. Coraggiosa e rassegnata.
Se mi accusa di aver copiato, urlo.
La donna stava riponendo dentro un grosso baule dei portafoto che aveva usato durante la lezione. Le erano serviti per essere trasfigurati in portaombrelli. Le fece cenno di avvicinarsi.
“C’è qualche problema?” Spiò incerta, sentendosi tutti i suoi quindici anni pesarle addosso. Non era giusto: ce l’aveva davvero messa tutta per fare quei trenta centimetri sulla Legge di Gamp!

Così Ren sarebbe stato fiero di me… Morgana, quanto sono stata cretina.  
Si sentiva come quelle stupide che ridacchiavano di fronte ad una mascella solida o dei bei lineamenti.
Cioè, non che non mi piacciano i ragazzi e non ridacchi. Ma lo faccio consapevole di farlo!
E invece stavolta…
Il flusso di pensieri fu interrotto dalle parole della docente. “In realtà, volevo dirle che ha fatto un buon lavoro.”
Eh?
La sua faccia sorpresa dovette parlare per lei, perché la McGrannit le rivolse un sorriso. Anche quello fu sgomentante. “Sta facendo progressi. E non parlo solo dei compiti fuori dalle lezioni, ma anche qui, in classe. È migliorata.”
“Ah… sì.” Annuì riprendendosi abbastanza per non sembrare una brutta copia di suo cugino Hugo. “Sì… mi sto facendo dare una mano. Delle ripetizioni intendo.” Si affrettò a spiegare visto cosa era successo durante la prima lezione. “A quanto pare non sono così disastrosa come pensavo…” Chiosò con un sorrisetto.

La donna inarcò un sopracciglio, come se avesse detto una cosa sciocca. “Lei non è disastrosa, Potter. È semplicemente svogliata e disattenta, cosa ben diversa.”
Prendi e porta a casa Lils. McGrannit uno, Le Tue Paturnie Adolescenziali zero.

Si risolse a non dire niente e stringere le dita sulla tracolla. “Quindi… era questo? Non è che… vuole…” Esitò incerta, perché si sentiva più scema ogni secondo che passava. Ma era così, con donne come la McGrannit o zia Hermione. Si sentiva sempre come se parlassero due lingue diverse, in lassi temporali abissalmente lontani. Per eufemizzare. “… non so, farmi una predica?”
Si sarebbe morsa le labbra non appena lo ebbe detto. Ma era ormai troppo tardi per evitare che la McGrannit inarcasse entrambe le sopracciglia.

“Il mio compito qui non è fare prediche, Signorina Potter, ma istruirvi e prepararvi per i GUFO di fine anno…” Fece una breve pausa. La guardò attentamente. “Al nostro primo incontro credo di aver detto qualcosa che l’abbia convinta che io rimpianga i tempi passati.”
“… io…” Capì dopo un attimo di cosa parlava.

Quando mi ha paragonato a mia nonna…
“No, io…”
Oh, dannazione.
Con donne del genere diventava afasica. Era tutta la cultura che si portavano dietro, o forse solo l’atteggiamento. Le veniva voglia di sbattere la testa contro un muro. Era frustrante, essere così diversi.
“Lei non è sua nonna, Signorina Potter”

Non era affatto una stupida, Minerva McGrannit. Lily lo pensò sentendosi arrossire, mentre gli occhi le si inumidirono di colpo. Sapeva dove battere il ferro, e quel particolare ferro era caldo. Bollente. Non era facile per lei passare oltre quelle insicurezze che avevano il suo stesso nome. E la professoressa l’aveva capito.
“Lo so.” Borbottò a mezza bocca, in una perfetta imitazione del maschio Weasley. Agghiacciante. Cercò di rimediare. “È che… non mi piace essere paragonata a lei. Succede… più spesso di quanto io non voglia. Forse è per il nome, non lo so. O per i capelli…”
La strega non disse nulla, poi chiuse il baule con un colpo della bacchetta. “Da lei mi aspetto esattamente ciò che mi aspetto da ogni studente. Perseveranza e serietà. Nient’altro. Detto questo, se continua così potrebbe persino aspirare ad un GUFO nella materia.”
“… ci proverò.” Mormorò sentendosi sciocca e orgogliosa.  

“Ne sono certa.” Ci fu un secondo sorriso. Lily rispose spontaneamente stavolta. “Ah… un’altra cosa.” La apostrofò. “Chi le dà ripetizioni? Ci sono alcune comparazioni che non dovrebbero essere nel suo libro di testo o in quello che le ho detto in classe…”
“Ah, quello…” Annuì tranquilla, sapendo che non c’era nessuna insinuazione dietro ormai. Era semplice curiosità da docente. “Forse è in quello di Durmstrang. Il ragazzo che mi sta aiutando è dell’Istituto…” Fu costretta a spiegarle alla sua aria sorpresa. “… Sören Luzhin. A volte si dimentica che abbiamo programmi diversi…”

E si lancia in spiegazioni comparative complicatissime. È così carino quando cerca di farmi capire di che diavolo sta parlando… Mi viene voglia di dargli retta solo per farlo contento.
Altra fitta di nervoso. Strinse le labbra.
“Capisco.” Fece un lieve cenno della testa. “Sembra un ottimo insegnante.”
“Lo è.”

E improvvisamente, le si accese un lumos chiarificatore in testa.
La professoressa è una professoressa. Del corpo insegnanti. Dello staff di Hogwarts. Quindi ovviamente facente parte dell’organizzazione del Tremaghi.
E se potesse aiutarmi?
“Senta, potrei chiederle una cosa?” Ad un cenno affermativo, si apprestò a spiegare. Non fu difficile inventarsi una scusa. Dopotutto Sören poteva effettivamente aver preso per sbaglio uno dei suoi libri di testo e non averglielo ancora ridato. E lei aveva davvero bisogno di riaverlo indietro.
Come posso privarsi anche solo per un paio di giorni del manuale di Incantesimi nell’anno dei GUFO?
Non posso, ecco.
Il difficile fu farlo credere all’anziana strega, che le scoccò un’occhiata piuttosto eloquente in merito.
Non ha funzionato, eh?
“Vediamo se ho ben capito… lei mi sta chiedendo un’autorizzazione scritta a salire sul Vascello di Durmstrang…”
“Esatto! Perché ho idea che funzionerà solo quella con quelli… ehm. Con quelli come loro. Stranieri, cioè. Con regole diverse.” Fece il sorriso più convincente del suo repertorio. Non bastò, glielo lesse in faccia. “Così potrò riavere il mio Ren… libro! Riavere il mio libro!” Si corresse imbarazzata.

E siamo già a quota due lapsus.
Gli succedevano sempre quando era agitata.
Maledetti geni di zio Ron.
Era totalmente colpa loro. Ne era certa.
Fu anche sicura però di intravedere un brillio divertito negli occhi acuti della professoressa.
“Non ho l’autorità per fare una cosa del genere, Signorina Potter.” La freddò però. “Sono una professoressa è vero… dubito che sarò altro per tutta la vita…” E qui la frecciatina Lily la colse. Si dispiacque per averle dato della zitella. Davvero. “… ma una richiesta simile la deve rivolgere al suo Direttore di Casa, non a me.” E qui la mimica facciale fu inequivocabile. Era una dritta. “Mi risulta sia il Professor Paciock, no?”


****
 
Inghilterra, Wiltshire, Malfoy Manor.
Pomeriggio.

 
James si passò una mano sulla nuca, guardando incerto l’immensa atrio di Villa Malfoy.
Quella mattina si era svegliato con in testa l’idea di andare a trovare l’amico, e non era riuscita a scacciarla finché non aveva smontato dall’Accademia per materializzarsi lì. Scorpius non rispondeva ai suoi Gufi, e neanche allo specchio comunicante che gli aveva regalato per il suo compleanno.  
Si era dunque preoccupato.
Per fortuna mi aveva detto che stava dalle parti di Stonehenge. Sennò sai come trovavo ‘sto posto…
Non sapeva se avesse fatto bene a venire lì in realtà. Cioè sì, aveva fatto bene, però…
Qua ci hanno pur sempre imprigionato papà e gli zii…
Certo, Scorpius per lui non era mai stato uno di quelli. Cioè sì, ma prima. Insomma, era stato strano varcare quei cancelli. Parecchio.
Specie perché adesso era fissato dagli imponenti e arcigni ritratti che stavano appesi un po’ ovunque. Ce n’erano una dozzina. E lo fissavano tutti.
“È un mezzosangue!” Esordì una tipa con grosse palpebre e un orrendo vestito a balze nere.
“Sicuramente.” Convenne un vecchio sottile e dalla carnagione singolarmente verdastra. “Del resto l’igiene approssimativa è cifra stessa di quelli come loro…”
“Ehi, mi lavo! Tu non ti fai un bagno da quanto nonnetto?” Sbottò bellicoso, ben felice di trovarsi qualcosa da fare mentre aspettava che qualcuno lo venisse a prendere.  

 
“Signor Potter?”

Una voce di donna lo fece voltare. Si trovò di fronte a quella che era evidentemente Lady Astoria. L’aveva vista solo una manciata di volte in vita sua, e tutte da lontano. Non ci aveva mai parlato di persona, neppure quando aveva cominciato a frequentarsi con suo figlio.

Si ravviò i capelli con una mano, in un gesto che lo aiutava a darsi un tono. “Ehm… salve. Non stavo litigando con…”
“Chi è quest’insolente, Astoria?” Sbottò il vecchiaccio con piglio piuttosto vitale per essere solo vernice e tela. “Fallo immediatamente cacciare via!”
“Va tutto bene zio Abraxas… è un amico di Scorpius.” Spiegò pacata scendendo le scale.

Indossava un vestito semplice e dalla foggia curiosamente babbana. James ricordò di averla sempre vista con vestiti sfarzosi, confezionati sicuramente dai migliori sarti magici.
Sembra diversa … meno spocchiosa. Forse perché è a casa? È in tenuta da casa?
La donna intanto lo raggiunse. “Vieni James… posso darti del tu?”
“Certo! Quasi nessuno mi chiama Signor Potter da quando ho lasciato Hogwarts.”

Lady Astoria gli sorrise, toccandogli leggermente il gomito, come ad invitarlo a seguirla. Salirono assieme le scale e James la guardò un po’ meglio. Ora che ce l’aveva davanti, notò che Scorpius le somigliava un sacco. Non tanto nei colori, in quelli l’amico era dichiaratamente un Malfoy. Ma nelle espressioni. Avevano lo stesso sorriso, nella bocca ma anche negli occhi.
“Sono felice che tu sia venuto a trovare mio figlio…” Esordì. Aveva un tono di voce molto basso. Curioso per James, abituato ad avere sempre attorno presenze femminili dalla voce squillante. “Ha bisogno dei suoi amici adesso, ma purtroppo sono tutti ad Hogwarts…”
“Non tutti, signora. Ci sono io.” Disse sincero. “Non ha risposto ai miei Gufi, così ho pensato di dover… insomma, di dover venire a controllare. Mi dispiace per l’improvvisata.” Aggiunse, perché ricordava nebulosamente esistesse un’etichetta anche per le visite.  

La donna fece un sorrisetto obliquo, lo stesso che il figlio usava poco prima di combinare qualche guaio. “Oh, sì… è stata una sorpresa.” Ammise. “Ma Scorpius sicuramente la gradirà.”
“Ma non suo marito.”
“Non preoccuparti caro. Draco sarà a Londra fino a stasera.”

Si scambiarono uno sguardo inequivocabilmente complice, e ripresero a camminare.  
I corridoi sembravano labirinti. James si guardava attorno stranito, mentre Lady Astoria lo scortava con sicurezza incredibile per metri e metri di scalinate, salotti e porte.
Io mi sarei già perso…
Era così strano pensare che quel posto fosse la casa di un tipo allegro come Scorpius. Non che fosse brutta. Era un maniero, dannazione: era sfarzoso, impressionante e c’era roba che probabilmente valeva quanto casa sua, ma…
È tutto così lugubre. Peggio che la Sezione Proibita ad Hogwarts. È come se fosse una specie di fottuto mausoleo per ritratti arcigni.
Di quelli ce n’erano davvero tanti in effetti.
“Tutti questi… ehm, signori sono Malfoy?” Chiese all’ennesima strega con la puzza sotto il naso che lo fissava con aperto disgusto.
“Non tutti, no.” Spiegò la donna, aprendo una porta. “I Malfoy sono una delle famiglie più antiche del Mondo Magico… e sono pressoché imparentati con tutte le famiglie purosangue esistite o tutt’ora esistenti.” Fece un cenno ad un ritratto senza voltarsi neanche a guardarlo. “Qui vi sono ritratti di Black, Prewett, Nott, Burke… Dì un cognome purosangue e ci sarà di sicuro.” Aggiunse. “Una bella collezione.”
“E parlano tutti?”
“Per fortuna no.” Stavolta fu proprio certo di averle visto strizzare l’occhio. “Quelli troppo loquaci li abbiamo fatti coprire. Mi dispiace per prima… zio Abraxas era il nonno di mio marito, fa eccezione.” Si fermò di fronte ad un corridoio sgombro di ritratti. James intuì che la stanza dell’amico era lì.

Lady Astoria a quel punto gli fece l’ennesimo sorriso da Monna Lisa. “È l’ultima stanza a destra. Ti accompagnerei, ma ho delle faccende che richiedono la mia attenzione…”
“Va bene lo stesso e… grazie.” Disse sinceramente, non sapendo bene il perché. Forse perché gli aveva dimostrato di non essere una stronza purosangue. Purosangue lo era, in ogni singolo poro, ma lo era come poteva esserlo Scorpius. Un po’ strana, ma buona.

“Grazie a te James.” Gli rispose, toccandogli appena un braccio. Probabilmente per i canoni di un Malfoy era come se lo avesse stretto in un abbraccio.“Scorpius non lo ammetterà mai, ma il fatto che tu abbia accettato la sua amicizia conta moltissimo per lui.”
“Signora, sono stato un cretino a non averlo fatto prima.” Replicò di getto. La donna gli sorrise in risposta, e poi con un lieve cenno di commiato si allontanò.

Wow. Se non avessi il mio Teddy, vorrei una femmina così.
Inspirò e poi si diresse dritto filato verso la stanza indicatagli. Non bussò neanche, entrò semplicemente.
Beccò l’amico steso sul letto, mentre faceva sprizzare scintille dorate dalla bacchetta.
Si fissarono per un breve, intenso attimo sorpreso.
“Hai un’aria miserabile, Malfuretto.”
“Non si usa bussare Poo?”

Due secondi dopo si sogghignavano virilmente. James si sedette sul bordo del letto, mentre l’altro si alzò a sedere.
“Come hai fatto a trovare casa mia? Di solito anche i maghi fanno fatica a trovarla …” Chiese perplesso. “Certo, a meno che non siano stati invitati. E tu, non per colpa mia, sai che ti adoro Potty, non lo sei.”
“Infatti.” Confermò tirandogli un pugno sul ginocchio. “Ho girato a vuoto come un idiota per ore, finché non mi sono incazzato e ho preso a calci una pietra. Quella ha sbattuto contro qualcosa di solido, solo che era in aria. Così ho trovato i cancelli. Mi ci sono attaccato urlando finché non è venuto un elfo domestico… Quello ha riferito a tua madre… ed eccomi qua.” Disse tutto di un fiato, con il piglio più allegro del suo repertorio. Perché dietro la risata con cui gli rispose, Malfoy aveva l’aria di uno che non se la passava bene. Doveva indagare.

Dopotutto sono un auror. Allievo auror. Comunque.
“Sono davvero impressionato dalla botta di culo allucinante che hai avuto. Quante probabilità c’erano che colpissi proprio…”
“Come stai?” Lo interruppe, senza girarci troppo attorno. Non era il suo stile.

L’altro lo sapeva perché fece una smorfia, senza provare ad imbastire scuse. “Hai saputo quello che è successo con Rose?”
Non la chiama manco con uno di quei nomignoli del cazzo… Ahia.

“Ho chiesto a Lils, che l’ha saputo da Al. E poi c’ero anch’io quando hai dato di matto, ti ricordi?”
Scorpius fece un sorrisetto stanco. “Sì, vero. Comunque è… temporaneo. È solo…”
“E lei lo sa? Che è temporaneo, dico.” Indagò perché era un migliore amico, ma anche un cugino. “Perché Lils mi ha detto che sta malissimo.”

Scorpius gli lanciò un’occhiata. Quella, perlomeno, fu vitale. Perché sembrava spento, come se gli avessero tolto una delle due pile che lo alimentava.
Paragoni babbani a parte…
Era chiaro avesse preso una brutta botta con la questione dei Dissennatori. Probabilmente era stata solo la goccia che aveva fatto traboccare un calderone già colmo, ma comunque restava il fatto. Il Malfuretto era in uno di quei momenti di apatia che seguivano un grosso sforzo di cuore, cervello e nervi.
Ha bisogno di una ricarica.
“Mi dispiace…” Mormorò intanto quello. “Comunque lo sa. Le ho parlato prima di andarmene. O meglio… è venuta a cercarmi lei. Io me ne sarei andato comunque.” Ammise quietamente. “Non ce la facevo più.”
James rimase un attimo in silenzio. Doveva raccogliere le idee e dire la cosa giusta. Perché era quello di cui Malfoy aveva bisogno, e poteva farlo solo lui.

“Sei un cazzone.”
Ecco, era un buon’inizio, specie perché Scorpius lo fulminò con un’occhiataccia.
“Come, scusa?” Sbottò. “Sei venuto qui ad insultarmi? Perché se è…”
“Certo che sono venuto qui per insultarti!” Lo bloccò. “Sono il tuo migliore amico, è quello che devo fare se ti comporti da cazzone!”

“Non mi sto…”
“Non sei autorizzato a parlare.” Lo afferrò e lo trascinò in piedi, di fronte alla finestra, ignorando i suoi tentativi di liberarsi. Del resto aveva incautamente posato la bacchetta sul comodino. “Guarda fuori.” Gli intimò.

Perché?” Esclamò l’altro mediamente infuriato.
“Perché fuori c’è il mondo reale, cazzone.” Ribadì scandendolo lentamente mentre gli tirava un ceffone sulla nuca. “Non risolverai nulla stando qui dentro a sprizzare scintille con il legnetto che ti ritrovi.”
“Ehi, non è un legnetto! È ben quattordici pollici!” Protestò indignato. “E so cosa stai cercando di fare!” Si liberò con uno strattone violento. Bene, era sulla buona strada. La reazione fisica era il primo passo di ripresa. Lui lo sapeva bene. Era fatto uguale. “So che devo rimettermi in piedi, che sono il Campione e che non posso mollare il Torneo, deludere chi crede in me e trascinare la scuola nel fango! Lo so! Ma sono stufo, okay? Non è servito a niente farmi un culo da folletto domestico per dimostrare a tutti che non ho il Marchio Nero stampato nel dna! Hai visto cos’è successo con il padre di Rose! Ed hai letto il Profeta ultimamente?” Inspirò bruscamente come se avesse appena mangiato qualcosa di acido. “Un'altra fuga alla Malfoy!” Citò con rabbia.

James non disse nulla. Aveva letto gli articoli a cui si riferiva. Quando, grazie a sua madre, aveva scoperto dove abitava il giornalista che li aveva redatti… beh.
Quel tipo avrà un brutto problema di odore per mesi. Grazie caccabombe a lunga durata di zio George.  
Senza contare quello che aveva fatto, a distanza, il resto del clan Potter-Weasley. Anche ad Hogwarts arrivavano i giornali, dopotutto.
E siamo tipetti vendicativi… 
Scorpius si risedette stancamente sul letto. “Odio il Mondo Magico. Forse diventerò un babbano.”
“Faresti schifo come babbano. Ti daresti fuoco con un tostapane elettrico.”
“Vero…” Alzò appena lo sguardo. “Senti, se sei qui per spronarmi…”
“No, sinceramente di quello non mi frega un cazzo.”

“… scusa?” Malfoy aveva davvero una faccia stupendamente beota. “Ma non volevi … dirmi…?”
“No.” Confermò. “Non volevo dirti.” Gli mise le mani sulle spalle, perché discorsi seri imponevano mimica ad hoc. “Sono qui perché sono preoccupato per te. Senti, puoi prenderti tutto il tempo che vuoi, ma poi devi tornare. Perché hai messo quel nome nel Calice per dimostrare a te stesso e nessun altro che sei un campione. E lo sei, amico… Hai cavalcato un ippogrifo, cazzo.”

Oh, odiava la parte in cui l’altra persona lo fissava con occhi grandi come tazzine da the. Nei film era sempre più figo. Loro invece sembravano due idioti.
“Non mi ci sento neanche un po’ al momento… però… grazie.” Bofonchiò Scorpius. James fu felice di non essere l’unico a sentirsi in imbarazzo. Almeno lui non aveva gli occhi lucidi. Forse.  
La parte delle emozioni proprio non si può tagliare?
“Ti vogliamo bene, Malfuretto.” Ribadì, perché ormai c’erano dentro fino al collo, ed erano due grifondoro. Bisognava dunque andare fino in fondo. “Io, Albie, Teddy, Lily, Hugh… Rosie, quei due stronzi di Serpeverde… Ci teniamo tutti a te. A noi andresti bene anche se fossi il solito pazzo logorroico. Se vuoi essere un campione, fallo solo per te stesso e ‘fanculo gli altri. Non ti copriremo le spalle.”
“È il verbo di James Sirius?” Sorrise l’altro. Ora andava bene. Ora sembrava il solito deficiente con il sole in bocca.
“Certo e guarda dove mi ha portato. Ad avere chi volevo, a stare dove volevo e ad essere un tipo assolutamente fichissimo.” Ghignò di rimando. “Dà i suoi frutti, fregarsene della gente.”
“Lo terrò a mente.” Annuì Scorpius. “E…”
“Se stai per dire qualcosa di strappalacrime, ti avverto che abbiamo già fatto il pieno.”
“Giusto.” Convenne. Poi però fece un sorrisetto stronzo. “Ti voglio bene anche io, Poo.”

“Cazzo Malfoy.” Sbuffò. “Vuoi un abbraccio?”
Scorpius rise, e James si sentì davvero l’amico più fico del mondo…
“Ah, Poo. Voglio farmi un tatuaggio che implichi ribellione all’ordine costituito. Che ne pensi?”
Questo è il mio Malfoy!”
 
****
 
Vascello di Durmstrang. Pomeriggio.
 
Lily stringeva in pugno la lettera firmata da Neville quando si addentrò nell’enorme mole della Roskilde.
Il lasciapassare aveva funzionato veramente.
Okay, diciamo che è stato un po’ un azzardo. Però ha funzionato, quindi va bene così.
Dopo un po’, notando che non riusciva ad orientarsi, si fermò. Lo fece anche il ragazzo che la stava accompagnando, o scortando. O più probabilmente sorvegliando.
“C’è qualche problema fraülein?” Le chiese. Il tono di precisa e schietta domanda le ricordò Ren. Decise immediatamente che le era simpatico.
Ma comunque…
“Questa non è la strada per andare alla cabina di Sören.” Disse indicando con un cenno l’intero corridoio: erano allo stesso piano, ma in una parte diversa della sottocoperta, ne era sicura.
State cercando di fregarmi?
“Luzhin non è lì.” Le spiegò. “Prego. È nella stanza dei Duelli. Prego.” Ripeté facendole cenno di seguirlo. Un freddo, cortese moretto dai lineamenti slavi.
Mmh. Penso potrebbero cominciare a piacermi questi soldatini…
Pensandoci, e Lily lo fece seguendolo di buon grado… era da un bel po’ che non usciva con un ragazzo.  
Fermi. Attimo…
… è dall’inizio dell’anno! E se si esclude la folle pomiciata con Nott alla festa di compleanno di Malfoy…
Oh per tutti i cappelli di Morgana. Sono mesi che non ho un ragazzo!
… e non ne sento il bisogno!
La notizia fu sgomentante. Ed era sgomentante anche il fatto che non ci avesse pensato fino a quel momento.
Che mi è successo?
In realtà, le suggeriva un afflato della sua coscienza, c’era una spiegazione. Non gli era mancata la compagnia di un ragazzo… perché effettivamente quel tipo di compagnia l’aveva. Pomiciamenti esclusi.
Sören. Che praticamente si comporta come il mio ragazzo.
Cavolo. Lo fa. Fa colazione con me, mi porta i libri e mi aspetta finite le lezioni. Parliamo per ore. Mi ha accompagnato ad Hogsmeade. Mi dà persino una mano coi compiti!
Si morse le labbra, incerta e imbarazzata. Non ci aveva mai fatto caso. In fondo erano due amici che passavano del tempo assieme. Tutto lì.
‘Sì, certo Lils. Infatti hai un mucchio di amici maschi con cui passi il tempo da sola. Tanto tempo.’
Era quello che gli aveva detto Abigail quasi un mese prima. Non ci aveva dato peso, ma…
Con tutto quello che era successo, svenimenti, Dissennatori succhia-anima e preoccupazione a palate…
Adesso si sentiva confusa.
Favoloso. Mentre sto per vederlo dopo una settimana in cui sembra essersi dimenticato della mia esistenza. Tempistica perfetta.  
Il suo accompagnatore si fermò di fronte ad una porta con due massicce ante. Era impressionante, specie perché sopra vi erano incisi motivi di sirene – non quelle babbane, quelle vere – e tritoni dall’aria sinistra.
“La Sala Duelli, fraülein.” Spiegò il ragazzo, aprendo la porta con un leggero tocco della bacchetta. Lily vide che non c’erano maniglie o aperture di sorta.
Si apre ad incantesimo. Wow. Molto magico. Molto purosangue.
Quella di Hogwarts erano uno stanzone fornito di pedana, molti cuscini e pochissimi oggetti con cui collidere. Quella era … diversa.
Al di là dell’arredamento color sangue – chissà che diavolo di legno era – c’erano ben tre pedane, lunghe almeno una decina di metri, segnate da bruciature di incantesimo. Teche, recanti bacchette e premi vinti. E ai lati poltrone in cui alcuni ragazzi si stavano rilassando fumando pipe di corno. Erano in uniforme.
Ma ci vivono dentro?
Lily si inoltrò in quell’ambiente saturo di testosterone con la sua consueta nonchalance.
Anche se è un po’ inquietante che mi fissino tutti…
La sua guida scambiò qualche parola scherzosa e in tedesco con i compagni, che nel frattempo si erano alzati al loro ingresso, in un’etichetta che non finiva mai di stupirla.
“Non c’era bisogno che si alzassero…” Tentò incerta.
“Lei è una ragazza. Dobbiamo.” Gli spiegò l’altro tranquillo. “Prego, di qua. Luzhin si sta esercitando nella saletta privata del Campione. È la prossima stanza.”
“Ed è… solo?” Chiese senza pensarci. Vedendo l’occhiata dell’altro, si affrettò a spiegarsi, capendo che aveva frainteso alla grande. “Non vorrei ci fosse Poliakoff. Io e lui non ci piacciamo a vicenda.”
Nein fraülein. Kirill non è con lui, è in libera uscita oggi.” Rispose con una lieve smorfia. Impercettibile, probabilmente per chiunque altro a parte lei.
Disgusto, irritazione. Rabbia? Wow. Bel misto!
“Non piace neanche a te, eh?” Gli sorrise solidale. Il ragazzo distolse lo sguardo, ma l’occhiata sorpresa Lily la colse tutta.
“È l’assistente del Campione.” Disse, senza dire niente. Ad eludere i durmstranghiani erano bravissimi.
“Okay.” Gli diede una leggera pacca sulla spalla. “Da qui posso continuare da sola. Grazie per avermi accompagnato!”
Il ragazzo le rivolse un sorriso aperto stavolta. “Dovere, fraülein. Se ha bisogno di qualcosa, non esiti a chiamarmi. Sono Radescu. Dionis.” Aggiunse.

“Sei carino Dionis…” Lo ringraziò, perché dovevano esserci più ragazzi come lui al mondo. Le ragazze si sarebbero sentite decisamente più principesse. “Ma al Ballo ci vado già con qualcun altro.” Colse con colpevole divertimento l’espressione sbigottita e delusa dell’altro.
Ehi, serve a qualcosa capire le intenzioni della gente guardandola, no? Oltretutto, sembra proprio che Ballo del Ceppo si dica più o meno allo stesso modo anche in tedesco.
Si congedò con un sorriso ed entrò nella saletta adiacente, fortunatamente senza strane aperture, visto che si era dimenticata la bacchetta in camera.
Se lo sapesse papà mi ucciderebbe.
L’ambiente era più piccolo, ma fedele miniatura dell’altro. Sören era lì: le dava le spalle e si stava esercitando, scagliando incantesimi su un manichino che glieli rigettava indietro con pari intensità.
Lily ritenne saggiamente di dover aspettare, e quindi si sedette su una delle poltrone accanto alla porta.
Il suo amico era sé stesso soprattutto quando pensava di non essere visto. Lily l’aveva capito da un po’. Non che fingesse completamente; ma molti dei suoi atteggiamenti erano filtrati da qualcosa.  
Forse dalla sua educazione?
Quindi lo osservò.
Scagliava incantesimi contro il manichino come se volesse…
Beh, ucciderlo.
Ed era usare un eufemismo. Quegli stessi incantesimi che gli tornavano indietro con violenza, ogni volta li parava con furia, come se volesse scagliarli via più che neutralizzarli.
Lily notò che c’erano uno specchio, proprio davanti alla pedana, forse per osservarsi mentre si compiva il movimento di bacchetta. Si sporse per guardarvi dentro, per vedere l’espressione di Ren.
Soffriva. Non c’era altro modo per dirlo, non altrettanto diretto. Non di un dolore fisico, questo no. I suoi erano movimenti troppo energici per essere quelli di una persona convalescente.
Era come se qualcosa lo stesse rodendo dentro. Si stava allenando, ma stava pensando ad altro. A qualcosa che lo faceva stare male.
Forse mi sbaglio, ma…
Frase proforma. Perché non sbagliava. In un compito di Trasfigurazione magari, ma con le persone mai.
Non sopportava di vederlo così, anche se era arrabbiata con lui.
“Ren!” Lo chiamò a voce abbastanza alta da poter essere udita.
L’altro saltò in aria. Letteralmente e non in modo buffo. Fece anzi uno scatto repentino e si voltò, con un espressione… Morgana benedetta, l’aveva spaventato a morte.
Tanto che si sentì in colpa, anche se era dalla parte della ragione. Da una settimana. “Scusa, è che sembravi così preso…”
Il ragazzo la fissò per un momento, quasi non la capisse. Poi si riscosse e l’espressione atterrita venne rimpiazza da una … meno spaventata?

Comunque…
“Lilian…” Mormorò. Era sudato di una fatica sfiancante. Aveva i capelli fradici ravviati malamente all’indietro, e la leggera casacca da allenamento appiccicata al torace. Lily per quanto fosse preoccupata dalla situazione, notò che aveva dei pettorali insospettabili. “Perché sei qui?”  
Che ci faccio qui?! Secondo te? Una passeggiatina in una nave carica di maschi?
… potrei, ma non è questo il caso.

La ragazza sentì quella familiare fitta di fastidio attraversarla. Ci si stava abituando. Il che era ancor più irritante. “No. Non ci siamo.” Sbottò senza troppi complimenti. “Rifallo, perché così non va… Ciao Lily, che bello vederti. Questo è salutare un’amica.”
Sören la fissò con uno sguardo smarrito, quasi la considerasse un’estranea che diceva cose senza senso.

Quello le fece male come quando era caduta nel laghetto di fronte alla Tana, rovinandosi il vestito nuovo e sbucciandosi mani e ginocchia.
Quindi squadernò un bel sorriso a trentadue denti. “… Bene. Sono felice di vedere che non sei morto. Vedo che sei occupato. Magari ci vediamo più tardi. Per la Seconda Prova o forse mai più. Ah, comunque sono quella tipa di Hogwarts che era preoccupata per te.” Sibilò con l’improvvisa voglia di correre via. E poi singhiozzare sulla prima spalla familiare disponibile.  
A quel punto Sören sembrò ricordarsi che ruolo giocava nella sua vita, perché scattò e la afferrò per un polso. “Lily, aspetta!” Esclamò. Aveva il fiatone, e la mano bollente. Era anche sudato e appiccicoso, ma stranamente quello non le diede il minimo fastidio. Di solito rifuggiva maschi in tali condizioni.  
“Sono qui, mi pare. Non mi sono gettata dall’oblò.” Mormorò con la sua espressione più fredda. Doveva essere una regina delle nevi. Perché quell’idiota se la meritava tutta, la sua indignazione.
“… Scusa. Non andartene, sono stato scortese.” Sussurrò e Lily scoprì con una certa dose di sorpresa che le era mancato quell’accento teutone. “… è che non mi aspettavo venissi. Hanno rafforzato la sicurezza attorno alla nave e visto come sei entrata le ultime volte…”
“Infatti stavolta sono venuta autorizzata.” Replicò sentendo cedere la sua risoluzione. Il maledetto era bravissimo nella faccia da cucciolo bastonato.

E sì, a me fa effetto. Tanto.
Sören le lasciò delicatamente il polso, riponendo la bacchetta nel fodero legato alla coscia. “Come?”
“Foglio di via dal mio Direttore di Casa. Gli ho detto che dovevi ridarmi un libro… libro di testo fondamentale.”  

“Astuto.”
“Perché sono una ragazza astuta.”
Sören le sorrise. Non riusciva a capire se era contento di vederla. Sembrava, ma qualcosa le diceva non fosse del tutto così: era disturbante.  

A volte proprio non capisco che gli passa per la testa…
“Senti… devo farmi una doccia.” Esordì l’altro dopo una pausa in cui si erano guardati in un modo che Lily a posteriori giudicò come scomodamente intenso. “Non credo tu mi voglia attorno in queste condizioni…” Aggiunse ironico.
“In questa settimana ti avrei voluto anche se avessi puzzato come mio fratello Jamie dopo gli allenamenti di Quidditch.” Replicò mordace. Non le era certo passata. “Invece niente. L’ultima volta che ti ho visto eri steso in un letto, incosciente.”

Sören non disse nulla. Meglio, sembrò voler dire qualcosa, ma poi tese le labbra. E tacque.
A quel punto Lily capì che doveva prendere la situazione in mano. “Ti aspetto nella tua cabina? Possiamo parlare lì.” Non era una domanda. E l’altro lo sapeva, perché acconsentì con un cenno della testa. Lily uscì dalla saletta con la sensazione che la loro conversazione fosse appena iniziata.
 
Sören non sapeva cosa fare.
Per questo era di fronte alla porta della propria cabina. Dentro c’era Lily. Se la immaginava seduta sul suo letto, oppure a curiosare in giro. Più probabile la seconda.
Fortuna ho incantato tutto ciò che può essere sospetto…
Non era panico, era davvero non sapere che pesci prendere. Sapeva di aver fatto una cosa estremamente stupida ad allontanarsi da lei e a non dare sue notizie per quasi nove giorni. Adesso era comprensibilmente arrabbiata con lui.
Avevo bisogno di pensare… sgombrarmi la mente. Non che abbia funzionato, ma…
Ma almeno adesso aveva delle certezze. La prima, era che la missione aveva uno scopo. E che lo conosceva, finalmente. E la seconda che non avrebbe coinvolto Lily, non nel senso di farle del male.
Suo Zio glielo aveva assicurato.
La sensazione di frustrazione non era scomparsa, e si sentiva sempre i nervi tesi. L’atmosfera della nave non aiutava. Quei ragazzi lo odiavano. Lo trattavano come se avesse contratto il vaiolo di drago. E Radescu continuava a fissarlo come se si aspettasse qualcosa da lui.
Cosa? Cosa pensi che debba fare? Io ho dei doveri. Come te. La mia fedeltà va ad un uomo, e non ad una scuola. La differenza è solo morale.
Serrò appena le labbra. Doveva affrontare un problema per volta. 
Il problema è che non sapeva come affrontare il suo primo e fondamentale problema, dietro quella porta. Non dopo ciò che era successo. Non dopo che le doveva la vita.
E l’anima Sören, non dimenticarti la tua anima.  
Inspirò e poi aprì la porta, rifiutandosi di rimanere ancora lì come un ragazzino timoroso. Non lo era.
Lily era ovviamente nel bel mezzo di un’esplorazione. Era chinata sulla sua scrivania – talmente piccola e scomoda che ci teneva solo qualche effetto personale e dei libri.
Al rumore della porta si raddrizzò di scatto con aria colpevole. Beh, perlomeno sembrava meno infuriata di prima.
“Non stavo curiosando!”
Gli venne spontaneo sorridere al modo in cui lo disse. “Puoi farlo se vuoi… non ho nulla da nascondere.”
“Se cerchi di farti perdonare…” Borbottò l’altra cincischiando con quello che riconobbe come il nastro verde che gli aveva dato per la Prima prova.

“Ci sto riuscendo?” Chiese, stupendosi del fatto che voleva davvero saperlo. Gli dispiaceva di averla evitata – perché è quello che aveva fatto – e averla fatta preoccupare di conseguenza.
E ti dispiacerà quando Lily si accorgerà di essere stata ingannata?
Accantonò il pensiero come si faceva con dello sporco sul pavimento.
Lily gli rivolse una smorfia imbronciata. “Forse.” Si girò la fettuccia di stoffa attorno alla dita. “L’hai tenuta…”
“Certo che l’ho tenuta. Mi ha portato fortuna, come avevi pronosticato.” Convenne. Era una bambina. Lily era ancora una ragazzina, per quanto a volte dimostrasse una maturità emotiva non comune tra le sue coetanee. L’aveva ignorata, e quello che adesso voleva era che lui le assicurasse che c’era.

Stai cominciando a capirla. Bene. No? È un bene…
Quel giorno sembrava la sua testa formulasse pensieri senza che lui avesse voce in capitolo.
Non solo oggi. Da un bel po’, direi.
“Non te ne ha portata molto, visto che ti sei ferito…” Obbiettò Lily rimettendola sul tavolo, dove era precedentemente.
“A proposito di questo… credo di doverti ringraziare. E sarebbe comunque riduttivo.” Mormorò di rimando, avvicinandolesi. Quel giorno gli sembrava stranamente… intimidita.
Non che questo l’abbia comunque fermata dal farmi sapere la sua opinione sulla mia defezione.
Ma non lo stava guardando negli occhi. E di solito gli piantava addosso quei fari verdi incredibili, di un color bosco brillante, senza pudore, con una semplicità irritante e parimenti disarmante.
“Cose di ordinaria amministrazione, se sei una Potter.” Replicò di rimando mordicchiandosi l’angolo delle labbra, sondandole appena coi denti.
“… non sono cose di ordinaria amministrazione, Lilian.”
“Forse.” Concesse. “Ma che avrei dovuto fare? Eri in pericolo… non ho pensato.”
“Sei stata straordinaria.” Lo disse di getto, senza mediare. Perché era vero, e doveva riconoscerlo.

L’altra ebbe una reazione piuttosto forte: lo guardò sgranando gli occhi, ma non disse niente: si mordicchiò semplicemente le labbra con più forza.
Curioso. I complimenti, quelli non diretti al suo aspetto esteriore, la mettono a disagio.
“Non è stato niente di che…” Replicò infatti. “Quell’incantesimo non è così difficile e come ti ho detto, non pensavo. E poi ero lì.” Snocciolò in sequenza.
“Già. A proposito …” Sören capì che non era il caso di insistere. “Come mai eri lì?”
Lily a quel puntò gli lanciò un’occhiataccia, facendolo sentire come lo stupido del villaggio. “Secondo te? Ti cercavo! Nessuno ti aveva visto ed ho pensato che fossi rimasto indietro, visto che eri nell’arena. Ho perso quell’idiota di Poliakoff, e forse è stato un bene perché…”

“Lui era con te?” Significava forse che era stato Kirill a portarla fino all’arena, con il rischio che la attaccassero i Dissennatori? Strinse la mascella.
Dovrò parlargli di questo. Del perché.
Non gli stavano piacendo i giochetti fuori dalle quinte di quel viscido russo. Sembravano innocui, ma forse… beh, forse non lo erano.
“Sì, ma non è importante, e poi c’è un’altra cosa che ti devo dire…” Esitò. “Non sono riuscita a vedere la tua Prova.” Si grattò una guancia con incertezza. “Mi sono… tipo, addormentata. So che è assurdo, ma forse ero stanca…”
No, eri narcotizzata e mentre lo eri ti ho anche fatto un incantesimo di memoria. Questa è semplicemente la spiegazione più logica che ti ha dato la mente. E va benissimo.

“Non fa nulla. Anzi, forse è meglio così… almeno hai evitato il panico della folla.” Sapeva che c’era bisogno di un contatto fisico a quel punto. Lo intuiva, perlomeno. Le mise quindi una mano sulla spalla. Gli sembrava una buona idea. “Grazie Lily. Mi hai salvato più della vita.”
E in questo, credo proprio tu sia sincero, vero Sören?
Stava diventando fastidioso quel suo parlare in seconda persona.
Stavolta l’altra avvampò furiosamente. Non si era sbagliato, era intimidita. Il che era bizzarro, visto che era una persona tutt’altro che poco disinvolta. Corrugò le sopracciglia: era successo qualcosa che la stava facendo comportare così, era evidente.
Forse qualcuno degli altri l’ha infastidita?
“Lily, cosa c’è?”
 
Era una stupida. Seriamente, era una stupida, frivola cretina.
Ma aveva anche quindici anni, quindi forse era giustificata.
Perché, per quanto fosse arrabbiata con lui, per quanto fosse inquietata da quello che aveva visto nella Sala Duelli e per quanto fosse stata preoccupata per la sua salute …
Nonostante tutto quello aveva una voglia tremenda che lui le chiedesse di portarla al Ballo.
Frivola? Decisamente. Ma non voleva parlare delle sue favolosi doti di Salvatrice. Era poi cosciente del fatto che se Tom avesse deciso di parlare, si sarebbe ritrovata una ventina di strillettere da parte di tutto il clan.  
Mai più. Cioè, sono felice di averlo salvato, certo. Ma ho avuto paura da morire. E l’ho quasi ammazzato per rianimarlo. No, non sono fatta per queste cose.  
Quindi, per tornare al punto…
Se vuoi ringraziarmi, invitami.
Ci aveva pensato per colpa dell’invito non detto di quel Dionis. In effetti, di inviti ne aveva ricevuti tanti.
Modestamente, sono favolosa.
Però aveva già in mente di andarci con l’amico. E non solo perché era un Campione e quindi avrebbero aperto le danze.
Anche se la cosa non mi dispiace per niente.
In fondo voleva solo divertirsi. Erano appena successe cose orribili e aveva la sensazione non fossero ancora finite. Al momento voleva solo preoccuparsi di scegliere il vestito perfetto, del suo cavaliere e di partecipare all’evento sociale dell’anno.
Ma Sören non gliel’aveva ancora chiesto. Doveva farlo lei? Sarebbe stato strano. Di solito era il ragazzo che invitava, non viceversa.
Perché diavolo non me lo chiede?
In tutto questo ancora l’irritazione per essere stata dimenticata come una scarpa vecchia non le era passata. Quindi era in una buffa ed esasperante tensione emotiva. E anche l’altro doveva essersene accorto perché la guardava perplesso da un po’.
“Lily cosa c’è?” Le disse infine. Ed era sincero, mentre glielo chiedeva. Voleva saperlo. Era questo che le piaceva di lui. Non chiedeva mai proforma. Chiedeva sul serio.
“Sono ancora arrabbiata con te.” Esordì. L’altro incassò con classe, annuendo semplicemente.
“Lo so. Mi farò perdonare. Avevo bisogno di riposo, ma avrei dovuto contattarti… è che la sorta di coprifuoco continuo che abbiamo dopo quello che è successo… ammetto di non aver fatto mente locale.”
“È stato sbagliato.”
“Lo so.” Convenne di nuovo. “Scusa.”


Lily gli lanciò una buffa occhiata esasperata, ma alla fine annuì. “Va bene… dopo quello che hai passato, posso capirlo. Ma che non risucceda. Più. 
“Non è nelle mie intenzioni.” Non lo era sul serio. Per dovere… e per voglia. Per quanto fosse sbagliato, e non gli importava… Lily gli era mancata. Le sue chiacchiere vivaci, le sue smorfie buffe e quel modo particolare che aveva di sorridere e toccarlo. Come se fosse naturale voler bene ad una persona e dimostrarglielo sempre.
Per lei lo è. Non per me. E questo fa tutta la differenza del mondo, suppongo.
Comunque continuava a sembrargli strana.
“C’è qualcosa che ti turba…” Iniziò, e dovette indovinare, perché l’altra distolse lo sguardo, di nuovo insofferente e imbarazzata. Come se volesse dirgli qualcosa, ma non riuscisse a farlo.
Da quando non dice tutto ciò che le passa per la testa?
“Non è che mi turba.” Scandì scuotendo la testa. “È … che sarebbe strano.”
“Cosa?”

Nessuna risposta.
Sören sospirò un po’ spazientito. Non era particolarmente empatico, e usare il legimens gli sembrava assurdo. Oltre al fatto che comunque con una LeNa non avrebbe funzionato.
“Lily, se non mi dici qual è il problema, non posso risolverlo.”
“Non è un problema!” Sbottò. “È una richiesta. Devi farmi una richiesta!” E poi di nuovo silenzio.  

“Temo di non capi…”
“Invitami al Ballo, maledizione!” Esclamò. Poi si bloccò, mettendosi una mano sulle labbra.

Oh.
Era quello. Gli era completamente passato di mente che il Ballo del Ceppo si sarebbe tenuto tra venti giorni, e lui effettivamente era uno di coloro che avrebbe dovuto non solo presenziare, ma anche aprire le danze. Era un Campione dopotutto.
Lily intanto sembrava voler scappare. L’espressione era quella, anche se era ancora di fronte a lui. Sören ne fu sottilmente divertito.
Si aspettava che la invitassi…
Era una cosa buona, supponeva.
Al diavolo il piano. Guardala. Se non le dici qualcosa penserà che tu non voglia. E non ci vuole un esperto in quindicenni per sapere come la prenderà, vero?
Sören fece appena in tempo a prenderle la mano: toccandola la sentì rigida e pronta allo scatto fuori dalla cabina. Le fece allora un lieve inchino, come etichetta di Durmstrang prevedeva, e la sentì rilassarsi immediatamente. Evidentemente tale etichetta la conosceva anche lei.
“Lily, vuoi venire con me al Ballo del Ceppo? Sarei onorato se tu fossi la mia dama…” Non era la prima volta che presenziava ad un evento di tal genere, ma aveva la netta impressione che stavolta sarebbe stato diverso che stare al fianco di suo zio e far ballare streghe della nobiltà mitteleuropea.
Perché vide Lily sorridergli a trentadue denti. “Sì!” Esclamò, prima di gettargli entusiasta le braccia al collo. Sören, che l’aveva previsto, indietreggiò solo leggermente per il contraccolpo e si premurò di metterle una mano sulla schiena. Si faceva così.
“Ne sono lieto.” Dopo un breve e imbarazzante – ma solo per lui – momento, l’altra si tirò indietro.
“Sì, devi!” Ripetè allegra. “… anche se è stato un invito pilotato.”
“Non è vero. Ti avrei invitata. Solo… suppongo tu ne abbia già altri. Intendo, di inviti…”

La qual cosa, lo scoprì quando lo disse, non gli faceva molto piacere.
“Oh, certo.” Replicò Lily con una scrollata di spalle. “Ma io voglio andarci con te!”

“Bene…” Non trovò altro da dire. “Allora, suppongo… che sia tutto a posto?”
“Solo se nei prossimi venti giorni sarai un cavaliere ineccepibile.” Scandì con finto sussiego.
“È nelle mie intenzioni.”
Lily gli fece un nuovo sorriso, poi si sporse, o forse lo tirò a sé, per baciargli la guancia. “Bentornato nelle mie grazie, Ren.” Soggiunse scherzosa, prima di liberarsi dalla presa con leggerezza ed afferrare uno dei suoi libri. Era la copia del Beowulf. “Per la copertura. Magari lo leggo pure.” Spiegò. “Adesso devo andare, è ora di cena. Ci vediamo domani?”
“Ci vediamo domani.” Confermò.
La vide andare via e chiudere la porta. Sospirò appena, e si guardò allo specchio. Sorrideva, dopo giorni.

 
****
 
 
Note:
Okay, stavolta è stato mastodontico. E prima era anche peggio. Sul serio!
1. Qui la canzone.
Per chi volesse vedere il volto dell’onesto Radescu, ecco qua: Dionis . Ho anche scoperto che Dionis è il diminutivo per Dionisie in rumeno. Meglio Dionis. 
 
  
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