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Autore: Dira_    28/05/2011    22 recensioni
“Mi chiamo Lily Luna Potter, ho quindici anni e credo nel Fato.
Intendiamoci: niente roba tipo scrutare il cielo. Io credo piuttosto che ciascuno di noi sia nato più di una volta e che prima o poi si trovi di fronte a scelte più vecchie di lui.”
Tom Dursley, la cui anima è quella di Voldemort, è scomparso. Al Potter lo cerca ancora. All’ombra del riesumato Torneo Tremaghi si dipanano i piani della Thule, società occulta, che già una volta ha tentato di impadronirsi dei Doni della Morte.
“Se aveste una seconda possibilità… voi cosa fareste?”
[Seguito di Doppelgaenger]
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga'
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Capitolo XXXII
 



 
Tutto ciò che è necessario per il trionfo del male, è che gli uomini di bene non facciano nulla
(Edmund Burke)
 
 
3 Dicembre 2023
Inghilterra, Londra, Ministero della Magia.
Dipartimento di Applicazione Legge sulla Magia, Ufficio della Direttrice Hestia Jones.
Mattina.
 
Harry trovava la burocrazia seccante.
Non poteva farci niente: sapeva che non era corretto pensare una cosa del genere ed essere allo stesso tempo capo di un ufficio del DALM. Ma lo pensava. E pure tenacemente.
Perché durante la guerra nessuno l’aveva mai fatto attendere per mezz’ora in un’anticamera, fosse stato pure il Ministro in persona. Scrimgeour aveva dovuto rincorrerlo. Non che avesse nostalgia di quei tempi terribili, ma doveva ammettere che gli mancava la fluidità incosciente e furiosa in cui aveva potuto muoversi.
E che diamine.
Si strofinò la fronte con un gesto seccato. Ron era in missione con la sua squadra; almeno ci fosse stato lui avrebbero potuto lamentarsi assieme.
Anche se nell’ultima settimana è stato intrattabile, con la faccenda di Rosie. E come se non bastasse, Herm è dalla parte dei ragazzi.
No, tutto sommato era meglio la solitudine. Peccato che dal lato opposto del salottino ci fosse Zacharias Smith. Forse, grazie all’anno prima, era riuscito a farsi rispettare – forse – ma di certo non a rendersi simpatico.
Certo, volerci sbranare per avere il caso della Thule non migliora la situazione…
L’altro infatti gli lanciò un’occhiataccia, prima di fissare un punto qualsiasi della stanza.
Almeno ci annoiamo in due…
Dopo quella che gli sembrò una sfibrante eternità, finalmente la porta si aprì e la segretaria della Direttrice – Harry nella sua testa la chiamava M, da quando recentemente, sotto consiglio di un collega, aveva visionato tutta la filmografia di James Bond – li chiamò.
Zacharias scattò in piedi e riuscì ad entrare per primo.
… come all’asilo.
Il clima da rivalità scolastica non migliorò all’interno dell’ufficio, visto che seduto su una sedia trovò Draco Malfoy intento a fissarlo. Male.
“Riunione inter-dipartimento, vedo…” Borbottò, beccandosi uno sguardo ammonitore dalla Direttrice.
“Che diavolo ci fa un mangia-carte dei piani bassi qua?” Disse invece senza mezzi termini il Tiratore Scelto. “Malfoy, poi!”
“Il piacere è reciproco Zacharias…” Replicò l’altro con un sorriso gelido. Harry si astenne saggiamente da qualsiasi commento.  
Malfoy, me e Smith. Hestia vuole davvero farci saltare in aria come i fuochi d’artificio dei Tiri Vispi?
L’aria esacerbata di Malfoy era dovuta palesemente a cosa era accaduto durante la Prima Prova. Se era lì, probabilmente era perché si sentiva tirato in causa.
… o forse no. In effetti i suoi maneggi non possono certo convincere M.
Che ci fa qui allora?
“Il Signor Malfoy è qui perché deve stare qui.” Tagliò corto la Direttrice, senza dare nessuna vera delucidazione. “Adesso sedetevi.”
Obbedirono entrambi, perché nessuno lì dentro aveva intenzione di perdere tempo.
La donna tamburellò con le dita inanellate brevemente, prima di fare cenno alla segretaria, che portò due grossi plichi. Uno era più voluminoso dell’altro.
Permessi di indagine… Quello toccherà a chi indagherà sull’attacco dei Dissennatori.
Harry vi piantò gli occhi addosso. Sarebbe stato suo.
“Le indagini preliminari degli Indicibili si sono concluse ieri sera.” Esordì la donna. “La nebbia che ha attirato i Dissennatori era opera di un mago oscuro. È stata usato un preparato magico per crearla. Illegale.” Specificò. “Per questo motivo, l’indagine andrà all’Ufficio Auror.”
Harry si impose di non esultare. Si limitò ad un lieve assenso, evitando di guardare verso Smith. Sapeva che l’altro stava schiumando di rabbia. Scoccò però un’occhiata di trionfo a Malfoy – semplicemente perché era lì, e perché era una vecchia abitudine. L’altro gli rivolse uno sguardo disgustato. Anche quella, una vecchia abitudine.

“All’Ufficio TS¹ competerà l’istituzione di pattuglie che sorveglieranno il perimetro della scuola. Saranno inoltre potenziate le misure di sicurezza già prese… ma troverà tutto nel fascicolo, Agente Smith.”
Harry notò come l’uomo avesse ridotto le labbra in una linea sottile. Ma prese il plico senza fare ulteriori rimostranze; perlomeno sapeva accettare una sconfitta.

Se non fosse stato per Thomas, ad Harry sarebbe quasi spiaciuto.
“È tutto Direttrice?” Chiese con una certa urgenza. Doveva immediatamente tornare in ufficio ed organizzare una squadra operativa condotta da Ron. Avrebbe passato le indagini del cognato a qualche altro caposquadra. Voleva solo i suoi uomini migliori su quel caso.
E Ron è anche l’unico che possa vedere smontato dal servizio.
Non si sarebbe più intromesso, no. Ma questo non significava che non avrebbe seguito pedissequamente le indagini.
“No, non è tutto Potter. Si sieda.”
Harry si trovò nella posizione di dover guardare preoccupato il proprio boss.
Cosa? Raccomandazioni?
In effetti, per come si era comportato l’anno prima, probabilmente erano… doverose.
“Si riferisce al ruolo del mio Dipartimento in quest’indagine, Potter…” Esordì a sorpresa Malfoy, fino a quel momento intento a guardare fuori dalla finestra con aria annoiata. Quando puntò lo sguardo su di loro però, era pungente come sempre.
Harry era riuscito, infine, a provare una sorta di gratitudine per quello che l’altro aveva fatto per Thomas.
Questo però non toglieva il fatto che in quel momento avrebbe voluto averlo lontano miglia.
Io e lui saremo sempre ai lati opposti dell’equazione. Non ci sputiamo più addosso … ma … beh.  
La Direttrice Jones, ignara dei pensieri che Harry sapeva di condividere con l’altro, annuì.
“Alla squadra che andrà a costituire, Signor Potter, sarà assegnato un agente di collegamento del DALM americano. Il Signor Malfoy è qui per darle le direttive del caso.”
“Che sono tutte comodamente elencate qui.” L’ex-serpeverde batté il palmo su un enorme faldone di carta che fino a quel momento Harry non aveva notato. Era praticamente il triplo rispetto al fascicolo che aveva tra le mani. “Naturalmente servirà qualche firmetta… Burocrazia bilaterale. Un vero inferno.” Soggiunse mellifluo.

Harry non fece una piega. Perché era un uomo adulto, perché era un capo-ufficio ministeriale e se aveva voglia di affatturare qualcuno, si tratteneva.
Lo sapevo che sarebbero tornati a mordermi le chiappe, lui e quei maledetti americani! 

Si limitò a pulirsi vigorosamente gli occhiali.
La Direttrice vedendo quel gesto, ed intuendone i retropensieri, trattenne un sospiro di esasperazione. Harry era certo che fosse dalla sua parte, ma dall’altra, era sicuro che non sopportasse doverlo disciplinare come uno studentello.
Allora non mettetemi la politica in mezzo ai piedi! Se avessi voluto giocare a Risiko sarei diventato Ministro!
“Da quando sono obbligato per legge a coordinarmi con gli americani?” Chiese comunque con il suo tono più diplomatico.
“Da quando c’è il sospetto che questo caso abbia collusioni con la Thule.” Gli fu risposto dalla strega. “Gli americani sono stati i primi ad istituire una task-force dedicata. Tutti i casi inerenti ad essa devono tassativamente…” e qui calcò sulla parola. “… essere condivisi con loro.”
“Diritto magico internazionale, Potter. Niente contro cui voi ragazzoni col distintivo possiate combattere.” Chiosò Malfoy con l’aria beata di chi si stava divertendo un mondo a vederlo trattenersi dall’urlare.

“Se mi darete quell’Ethan Scott, non collaborerò.” Gli uscì di cuore. Forse era stata una frase ottusa, ma non se ne pentì. “Non mi interessa se finirò di fronte ad un comitato disciplinare, non voglio che quel tipo metta i bastoni tra le ruote ai miei uomini. Il giorno del processo ha ronzato attorno al mio figlioccio … e sappiamo tutti per quale motivo.”
“Non fare l’esagitato Potter.” Lo riprese Malfoy con aria spazientita, come un adulto di fronte ad un moccioso fastidioso e ottuso. Oh, quella fattura… “L’agente Scott è stato riassegnato.”
“Come?” Okay, al momento si sentiva ottuso.  

Non ne sapevo niente… anche se in effetti Tom non mi ha più parlato di lui.
Malfoy fece un cenno svogliato, quasi gli costasse spiegarsi. Ma stavolta l’occhiataccia della Direttrice non risparmiò neppure lui. “Al mio ufficio è giunta voce che abbia avvicinato il tuo figlioccio in un’altra occasione.” Fece una breve pausa. “Cosa che non era autorizzato a fare.”
“Arrivata voce…?” Malfoy si riferiva evidentemente all’episodio che Tom gli aveva raccontato più di un mese prima.
Quando lo ha avvicinato ad Hogsmeade dandogli informazioni su suo padre …
Ma Draco come fa a saperlo?
“Il tuo figlioccio è un serpeverde, mi sembra.” Sembrò quasi leggergli nel pensiero il biondo. “Quindi ha amici serpeverde. Per sua fortuna.” Aggiunse in un’irritante postilla. “Ma immagino che non sia questo che ti interessi.”
“No, infatti.” Si riscosse. Avrebbe dovuto chiedere a Thomas chi altro c’era con lui quella sera. A parte Albus. “Ma se è stato riassegnato…”
“Un nuovo agente.” Lo anticipò. “Avrai modo di conoscerla la prossima settimana.” E poi spinse verso di lui con un tocco di bacchetta la mole mostruosa di scartoffie. “Ora se non ti spiace… comincia a firmare.

 
Mezz’ora dopo, e una mano praticamente in cancrena, Harry usciva dall’ufficio accompagnato dal fruscio delle costose vesti di Malfoy. Smith se n’era andato non appena era terminata la conversazione:  probabilmente in quel momento stava pianificando la morte dell’intero Ufficio Auror.
Ma da quando uno che è finito a Tassorosso è competitivo in quel modo?
Lanciò un’occhiata all’ex-serpeverde. Immaginava di dover dire qualcosa mentre facevano lo stesso tragitto verso gli ascensori.
“Come sta Scorpius?” Esordì con buone intenzioni.
L’occhiata artica che l’altro gli scoccò gli fece capire che era un argomento delicato.
“Si riprenderà.” Disse però, forse smorzando i toni al suo interesse sincero. O perché ci teneva a sottolineare che il frutto dei suoi lombi non era persona da sottovalutare. “È un Malfoy.”
Appunto.
Harry però fu piacevolmente colpito dall’assenza di accuse: si era immaginato che l’ex-serpeverde avrebbe incolpato lui e persino Thomas di aver attirato la Thule ad Hogwarts.
Vecchio adagio. E invece…
Se ne vergognò: in fondo, se c’era qualcuno che sapeva come un adolescente potesse trovarsi bloccato in una situazione più grande di lui, era proprio Draco Malfoy.
Ignorò quindi la frecciatina che sentiva sulla punta della lingua. “Tuo figlio ha disputato una splendida Prova.” Disse invece. “Fagli i miei complimenti… ci servirebbero proprio ragazzi come lui.”
Dove?” Scandì il biondo guardandolo come se fosse una specie molto raccapricciante di doxy. Harry lo guardò divertito, perché a ben vedere, il tono era di puro panico.

“Che ufficio comando, Malfoy?” Chiese ironico, fermandosi davanti agli ascensori. “James mi ha detto che Scorpius intende entrare all’ Accademia Auror, preso il diploma. Sarei felice di averlo trai miei uomini.”
Malfoy non disse nulla, ma le labbra improvvisamente illividite parlarono per lui.
“È un bravo ragazzo.” Disse sincero e vagamente consolatorio. Lo pensava in ogni caso, specie perché il figlio maggiore glielo ripeteva in continuazione, con un impegno impossibile da ignorare. “I miei figli lo adorano.”
“Sì, lo è.” Convenne rigidamente glissando sulla seconda frase.

Harry represse un sorrisetto e calcò la pedana dell’ascensore non appena questo si aprì davanti a loro. Lanciò un’occhiata alle sue spalle. “Non vieni?”
“Aspetto il prossimo. Già a casa mia respiro troppi geni grifondoro … dividere lo spazio con il golden-boy rosso-oro mi sarebbe fatale.” Replicò sarcastico, strappandogli una risata.

Non se la prese perché intuiva che non c’era voglia di ferire: a quel punto della sua vita lo poteva capire senza problemi. “Non cambi mai…”
“Posso dire la stessa cosa di te, Potter. Il tuo sviluppo emotivo si è fermato ai nostri quindici anni.” Ritorse l’altro mago, e Harry giurò che fosse divertito quanto lui. Poi si fece serio. “Potter…” Si vedeva che si stava sforzando per finire la frase. Quindi aspettò. “… prendi quel figlio di puttana e fa marcire ad Azkaban il suo teatrino degli orrori.” 

Harry sorrise. “Puoi giurarci, Draco.” 
 
****
 
Scozia, Hogwarts. Cortile centrale. Pomeriggio.
 
Durante l'inverno ho trovato che dentro di me c’era un'invincibile estate²…
 
Tom non ricordava dove avesse letto quella frase, ma gli venne in mente all’improvviso, mentre osservava la neve caduta innevare il piccolo chiostro.
Era seduto in una delle tante rientranze tra il porticato e il cortile, debitamente coperto da cappotto e mantello della divisa.
Le finestre dell’aula di Trasfigurazione erano schizzate di neve compatta, dato che una manciata di studenti vi stava giocando. Erano chiassosi, ma era ciò di cui aveva bisogno.  
Non voglio sentirmi pensare.
Si era comunque nascosto lì per evitare che gliene arrivasse qualcuna addosso per sbaglio. Perché solo per sbaglio sarebbe potuto succedere.
Nessuno tira palle di neve. Non a me.
E infatti fino a quel momento non era stato disatteso.
Sfogliò svogliato il libro che si era portato dietro, senza che una sola parola gli si imprimesse in mente:  altro non poteva fare, per lasciar sgocciolare via i minuti che lo separavano dall’incontro con il padrino.
Aveva provato a fare i compiti, a leggere in Sala Comune, ma niente gli aveva dato sollievo.
Specialmente perché Albus era in riunione con professori, Prefetti e delegazione provvisoria: ovvero preso completamente dai suoi compiti di Caposcuola in preparazione per lidi norvegesi.
Rilassati. Andrai con lui.
Osservò la piccola folla che giocava incurante del gelo. Vide Lily, in compagnia degli amici e dell’imprescindibile Hugo. E poi, poco distante, seduto sugli scalini della Torre di Astronomia, Luzhin.
Chiuse il libro con uno scatto secco: da lì il tedesco non poteva vederlo, ma lui al contrario aveva una visuale perfetta.
Luzhin era avvolto nella pesante pelliccia marrone della sua scuola, e indossava il colbacco abbinato, probabilmente per proteggersi dal freddo conseguito dal restare fermo.
Guardava giocare Lily e gli altri.
No. Non sta guardando tutti. Sta guardando lei.
Luzhin non perdeva una sola mossa delle movenze di Lily; del modo in cui scappava dall’attacco combinato delle amiche corvonero, del modo in cui rideva e cercava di liberarsi dalla presa di Hugo, che le aveva afferrato la sciarpa.
Sören Luzhin sembrava rapito.
Sembrava abbeverarsi a quel quadretto pre-natalizio. Come se non avesse mai visto nulla del genere. Come se fosse la prima volta e non volesse perdersi neanche un momento.
Che diavolo vuol dire?
Nulla, probabilmente. Ma era comunque strano. Tutto era strano nel Campione di Durmstrang.
Vide poi Lily avvicinarsi e afferrarlo per un braccio, invitandolo ad unirsi ai giochi. Stranamente, considerando quanto poco sembrava atto a certe cose, non ci volle molto a convincerlo.
Tom capì di averlo beccato in un momento di insperata quiete. Infatti non si vedevano in giro studenti di Durmstrang: gli unici stranieri erano Dominique, che stava costruendo una sorta di pupazzo di neve, e due suoi compagni, che la sorvegliavano rassegnati e infreddoliti. Vi riconobbe il biondino di Zabini, tal Mael e la tipa dal doppio cognome, amica di Malfoy.
Tom fu riscosso da un urlo di Lily. Allarmato si voltò, salvo per sentirla ridere – e quando rideva Lily si sentiva a due miglia di distanza.
Il tedesco l’aveva presa in braccio, forse per evitare di essere sommerso dalle di lei palle di neve. O forse semplicemente per divertirla.
Stava giocando. E stava giocando perché non c’era nessuno a controllarlo.
 
Durante l'inverno ho trovato che dentro di me c’era un'invincibile estate…
 
Di nuovo quella frase. Stava diventando un tormento.
Improvvisamente sentì un sibilo alla sua destra, e poi qualcosa di bianco gli entrò nella visuale. Fece appena in tempo a scansarsi che una palla di neve si schiantò alle sue spalle.
“Mancato, che peccato…” Disse una voce maschile e delusa.
Albus era in piedi davanti a lui, sorridente e imbacuccato da capo a piedi, con tanto di orripilante berretto creato dalle mani prive di senso estetico di Molly Weasley.

La nostra sciarpa è verde e argento. La sua giacca è a fantasia tartan verde e nera.
Perché indossa un berretto viola?
“Dove l’hai preso, ad un’asta di beneficienza per i poveri di Notturn Alley?” Replicò freddamente, rifiutandosi di mostrare la minima traccia di sollievo alla sua presenza.
Anche se lo provava.
Al si tolse il cappello, arruffandosi i capelli. “È il regalo di Natale di nonna Molly… quello dell’anno scorso.” Glielo porse. “Hai notato che i pon-pon sembrano boccini?”
“Avrei voluto evitare.” Si rifiutò di toccarlo. “Mi stanno sanguinando gli occhi.”

“A me piace!” Replicò l’altro, cacciandoselo in testa con un sorriso sadico. Si sedette accanto a lui, soffiandosi sulle mani. “Come fai a restare qui fuori, al gelo, senza muoverti? Non stai congelando?”
“Sai che non mi dà fastidio il freddo.” Anche se la mano di Al, calda ed intrecciato alla sua, era piuttosto piacevole. “… e poi avevo bisogno di respirare aria fresca. Non riuscivo a restare al chiuso.”

Al non disse nulla, ma appoggiò la spalla alla sua. “Tra quanto vai?” Chiese piuttosto retoricamente. Lo sapevano entrambi, e Tom era certo che entrambi contassero i minuti.
Un’ora, venti minuti e … cinquantasei secondi.
Glielo disse, facendolo ridacchiare. “Sei peggio di uno svizzero!”
“A guardare i miei natali, sembra che sia tedesco e russo in due esatte metà.”
I natali del mio corpo… se invece si parla della mia anima. Beh. Sono felice di essere in patria.

Al non replicò, stiracchiandosi invece le gambe. Lanciò un’occhiata verso la sorella. E poi sorrise. “Che carini…” Esordì, riferendosi ovviamente anche a Luzhin, che al momento stava raccogliendo il proprio berretto, caduto a terra a causa di un chirurgico tiro – Lily aveva una mira micidiale.
“Lo sono perché non c’è in giro la sua guardia.” Commentò Tom non riuscendo a frenarsi.
“La guardia di chi?”
“Di Luzhin… quel Poliakoff. Stanno sempre assieme, ma oggi non è qui.” All’occhiata esasperata dell’altro, sbuffò. “Non sto insinuando niente. È solo un dato di fatto … sembra che si rilassi solo quando non è in presenza dei suoi compagni.”
“Magari non gli piace stare a Durmstrang… come a Meike.” Scrollò le spalle. “Sai che vanno assieme al Ballo?”
“Chi, Poliakoff e Luzhin?”
“Non ce li vedo, come coppia.” Ridacchiò Al. “No, mia sorella e Sören. Lils me l’ha detto stamattina… mi ha assordato, in realtà. Era davvero su di giri.”
“Beh, lui è un Campione e lei ama stare al centro dell’attenzione. Sono la coppia perfetta.” Ignorò la gomitata che gli altro gli ficcò con abilità consumata tra la terza e quarta costola. “Comunque…” Fece una pausa in cui tentò di spingerlo nella neve, senza risultato. “Ho trovato un modo per entrare in delegazione.”
Sapeva di essere stato estemporaneo, perché Al, che stava ancora lottando con il suo braccio, gli lanciò un’occhiata confusa, prima di fare mente locale. Sembrando preoccupato. “Ti prego, dimmi che non è niente di pericoloso.”
“Dipende.”
“Tom!”
“Voglio propormi come assistente di Malfoy.” Ci aveva pensato: era quella la soluzione più comoda e priva di intoppi. Inoltre Scorpius sarebbe tornato a giorni, secondo la rete di pettegolezzi della scuola.  

Gli parlerò quando lo vedrò. Ma accetterà. Deve accettare.
Al lo guardò assorto per un momento. Poi tirò un sospiro. “Dovrei convincerti che è un’idea stupida, e che ti stai gettando coscientemente nelle braccia del pericolo… ma sarebbe inutile, vero?”
“Già.” Convenne pacato. Era la verità: oltre alla paura che provava, c’era quella sorta di lucida consapevolezza: non poteva stare con le mani in mano ad attendere l’inevitabile.

Sarebbe da deboli. Ed io non lo sono.
“E se Malfoy non ti volesse?”
Tom fece spallucce. “È stato lui il primo a propormelo, e al momento, visto che ha rotto con Rose, non ha neppure supporto ufficioso.” All’espressione alterata dell’altro, si affrettò a correggere il tiro. “Non intendevo dire…”
“Sei proprio stronzo.” Scattò comunque. Mai toccargli la cugina, al momento ancora alla deriva dei propri sentimenti.

Tom afferrò Al prima che decidesse di piantarlo lì. Non fu difficile afferrarlo per la cintura, visto che non tentava sul serio di scappare. Lo rimise bruscamente seduto e parlò prima che l’altro potesse prenderlo a pugni per l’inciviltà del gesto.
“Non ti lascio andare a Durmstrang da solo.” Esordì. Fermezza ci voleva con Al, prima di tutto. Anche perché l’alternativa era un destro diretto alla sua spalla. “E poi Malfoy ha davvero bisogno di aiuto. È uno scambio equo… e per Rose, non c’è niente che possiamo fare. È lei a dover far chiarezza su cosa vuole.”
Al rimase fermo per un tempo sufficiente a fargli venire il dubbio che si fosse arrabbiato sul serio. Sapeva di stare facendolo preoccupare, ma non poteva lasciar perdere.  
Hohenheim mi ha sfidato ed io voglio chiudere questa storia. Voglio chiuderla per sempre.
“Maledetto idiota ragionevole…” Mormorò infine mordicchiandosi un labbro. Si calò il berretto da una parte, in un movimento che veniva fuori solo d’inverno, con capi del genere disponibili. Era così intensamente adorabile che era quasi fuori luogo. “… Vuoi che venga con te da papà?” Soggiunse.
“No.” Scosse la testa. Non sarebbe riuscito a rimanere calmo e determinato con quel paio di occhi enormi che lo fissavano inquieti. E Harry di conseguenza non gli avrebbe mai dato retta.
Gli eroi parlano solo il linguaggio degli eroi. Nessuna esitazione concessa dunque.
“Okay.” Sospirò l’altro. “Senti, mancano due ore all’appuntamento. Possiamo tornare dentro? Ci facciamo portare una cioccolata dagli elfi domestici. Davanti al camino.” Suggerì invogliante.
“Sono troppo teso. Sarò insopportabile…” Replicò, perché da un po’ di tempo aveva necessità di essere sincero. Lo faceva stare meglio, aveva scoperto.  
“Tu lo sei sempre, Tom.” Fu l’adeguata risposta. “Ma ti sopporto da quattordici anni. Penso di averci fatto l’abitudine ormai.” Gli sorrise. Tom afferrò la sua mano tesa e si tirò su.  

E un bacio ci stava come Merlino avrebbe comandato. Labbra fredde e bocca calda. Tom si perse un attimo in quel gesto in apparenza tanto semplice. L’anno prima, l’aveva riportato in sé più volte di quanto  avesse adesso voglia di contarne.
 
Durante l'inverno ho trovato che dentro di me c'era un'invincibile estate…
 
 
****
 
Hogsmeade, Tre Manici di Scopa. Pomeriggio.
 
“No.”
Sapeva che non sarebbe stato facile.
Tom lanciò un’occhiata al padrino, che lo stava fissando…
Beh, al momento lo stava fissando come se volesse incenerirlo. E considerando che gli aveva appena comunicato che avrebbe condotto le indagini per arrestare l’uomo che gli dava la caccia… 

Sì. È piuttosto bizzarro.
Forse aveva sbagliato a dirglielo subito, senza mezze misure. A dirgli del supposto piano di Hohenheim e delle sue conseguenti intenzioni in merito.
Ma dopotutto quello era il vero motivo per cui aveva tanto atteso quell’incontro.
Perché dovevo dirgli cosa voglio fare. Dovevo farlo. Ne avevo bisogno.
“Harry… ho già preso la mia decisione.” Spiegò, osservando il proprio cucchiaino girare nella tazza di the che aveva ordinato. Aveva scoperto che concentrarsi su incantesimi basilari lo aiutava a mantenere la calma. “Te la sto semplicemente notificando.”
Harry Potter il Salvatore per-intero-tutto-scandito sembrava furioso. Tom l’aveva visto poche volte con la mascella così tirata.

“Tom, non posso credere che tu sia così …” Si fermò, evidentemente per non insultarlo. “Ascolta. Forse hai ragione, forse dietro l’attacco dei Dissennatori c’è un piano preciso. Ma che sia vero o no, non puoi prendere una decisione così sconsiderata come quella di allontanarti da Hogwarts. Qui sei al sicuro!”
“Non è vero, e lo sai.” Negò serrando le labbra. Avrebbe voluto che fosse così. Una parte di sé, quella che ancora ricordava come si fosse sentito felice e protetto anni prima durante la sua prima traversata sul Lago Nero… beh, quella parte sperava che la scuola fosse ancora un porto sicuro. Ma era una sensazione fallace.

Ne ho avuto la riprova più volte direi…
L’uomo in compenso non gli rispose subito, preferendo bere un sorso della proprio sidro. Lo fece evidentemente di malavoglia, per calmarsi.
Sapevo che non l’avrebbe presa bene… anche perché non sopporta l’idea che io esca fuori dal suo radar. Harry Potter deve sempre avere tutto, e tutti, sotto controllo.
E lo capiva. Fin troppo bene.
“Harry…” Disse infatti cercando di scongelare un po’ l’espressione gelida che sapeva di aver assunto. Era un ostacolo in quel momento. “So che sei preoccupato per me, che lo siete tutti.” Prese un lieve respiro. “Ma Hohenheim mi ha mandato un messaggio, con quell’attacco.” Piantò gli occhi nei suoi. “Farà del male ad altre persone innocenti se non asseconderò il suo schema.”
“Thomas…” Il padrino scosse la testa, con una smorfia. Cercava di essere ragionevole. Di farlo ragionare, più probabilmente.“… questo è immolarsi. Okay? Se andrai a Durmstrang, non avrai lo stesso grado di protezione che hai qui. Neppure vagamente paragonabile.”
“Ed è ciò che voglio.” All’espressione sbigottita dell’altro, si apprestò a spiegare. “Non voglio immolarmi. Non mi sento una vittima, né tantomeno un eroe. Voglio semplicemente vivere senza dovermi preoccupare di aver sempre un’ombra alle spalle, che mi ricorda da dove vengo e cosa sono.” Il cucchiaino prese a girare vorticosamente, spargendo the bollente lungo il tavolo. Tom lo afferrò e lo tirò fuori prima che rovesciasse la tazza.

Calmati.
“Tu sei Tom.” Ribatté Harry con forza. “Non sei…”
So chi sono.” Lo interruppe. “E mi trovo piuttosto bene con me stesso. Non è questo il punto. Sono stanco di aspettare il prossimi colpo, tutto qui. Perché mi sta uccidendo.”  Osservò le mani del padrino. Erano forti, adulte. Salde. Le sue soltanto magre. E tentava di non farle tremare. C’era tanto contrasto. Tanto, ancora, che doveva imparare.

Ma le mie certezze le ho.
“Ti capisco, ma…”
“Appunto perché mi capisci. Perché sai.” Scandì con forza. “Non puoi chiedermi di restare.”

Attorno a loro il chiasso del pub quasi strideva. Le decorazioni natalizie scintillavano sopra le loro teste e gli avventori chiacchieravano festosamente, agitando boccali luccicanti.
È quasi consolante pensare che il mondo va’ avanti anche quando il tuo non fa che andare fuori asse…
“Allora cos’hai intenzione di fare?” Chiese pacato il padrino, aggiustandosi gli occhiali sul naso. “Vuoi andarlo a cercare?”
“Sarà lui a trovarmi. A fare la sua mossa. Credo di capirlo, Harry…” Mormorò, in una confessione che aveva negato persino a sé stesso fino a quel momento. “So che non è mio padre, io ho già un padre.” Spiegò. “Ma quell’uomo ha il mio stesso sangue. E per quanto la cosa mi faccia ribrezzo… penso di capire cos’abbia in mente. Vuole un confronto. E finchè non lo avrà, farà… cose assurde…” Inspirò. “Certo, potrebbe essere tutta una mia teoria…” Aspettò una negazione da parte del padrino. Non venne. Almeno lui, non lo considerava un mero paranoico. “… ma se anche lo fosse, sento che è a Durmstrang che devo andare.”

Harry gli lanciò un’occhiata valutativa. In quel momento era l’auror, non il familiare affezionato.
“Spiegati.” Decisamente un tono da caserma. Ma Tom lo apprezzò: sempre meglio che quella rabbia ansiosa e protettiva.
“Tutto quello che ha fatto… dall’anno scorso…” Prese la tazza di the tra le mani, riscaldandosi piacevolmente la punta delle dita. Perché sentiva freddo fin nelle ossa. “… trafugare i Doni, corrompere un agente americano… e anche quello che ha fatto adesso… sembra che abbia solo un obbiettivo.”
Harry non ebbe bisogno di chiederglielo. “Te.” Intuì grave.
Tom annuì. “Per quanto ho capito grazie al prezioso aiuto dell’agente Scott…” Usò del sarcasmo e fu contento di vedere un mezzo sorriso balenare nel volto dell’altro. “… Hohenheim è a capo di un organizzazione complessa. Lui è in cima, ma c’è qualcosa sotto. Qualcuno. Credo che… abbia cercato di prendere i Doni per rapire me senza doversi giustificare.”
“Hohenheim è il capo, e per esperienza personale Tom… persone del genere non devono spiegazioni a nessuno.”
Voldemort.” Lo pronunciò tranquillo, e gli occhi del padrino ebbero guizzo indecifrabile. “Voldemort era il genere di leader che impostava tutto sul culto della sua persona. Riportare in auge il sangue puro era solo un mezzo… Quello che voleva, era essere adorato.” Elaborò. Sentiva un sapore amaro in bocca, e bevve un sorso di the. Era amaro pure quello. “Ma Hohenheim… lui non è così. Ha ri-creato la Thule per ricercare la conoscenza, per servirla. Servirla, Harry… tutti lì, devono avere uno scopo e portare dei risultati. Anche la punta della piramide.”
“Non avevo idea che ne sapessi così tanto…”
“Se cerchi informazioni, di solito le trovi. È quel che ho fatto. Non si combatte qualcuno, se prima non lo si conosce.” Guardò fuori dalla finestra, dove aveva preso a nevicare con forza invernale. I vetri tremavano addirittura.

Al sarà incollato al camino in questo momento…
Si riscosse e riportò l’attenzione sul padrino. L’uomo si stava pulendo gli occhiali. Gli fece un mezzo sorriso quando intercettò il suo sguardo.
“Sei proprio deciso…” Mormorò. “Merlino, Tom… non posso proibirti di andare.”
“Non può farlo nessuno.” Convenne. “A conti fatti, sono maggiorenne.”

Harry fece una breve risata, amara però. “Alla tua età avrei detto la stessa cosa. Avrei fatto, ed ho fatto, la stessa cosa.”
“Ne è valsa la pena?”
“Credo di sì. Sono qui, no?” Stirò un secondo sorriso, infilandosi gli occhiali. “Ma non posso fare a meno di pensare che adesso capisco Molly. Sai… tentò di fermare me e gli altri, tentò di ostacolarci in ogni modo dal partire per cercare gli Horcrux.”
“Ma non ci riuscì.”
“No, e non ci riuscirò neppure io.” Gli lanciò un’occhiata così piena d’affetto che Tom ebbe l’impulso di scusarsi. A prescindere. “Ho solo paura che sarà troppo per te. La Thule… ha una task-force internazionale che le dà la caccia, Tom. È un organizzazione pericolosa, e per guidarla, non si può essere che una mago pericoloso. Ed io non potrò aiutarti dove sarò. Non come potrei farlo qui. Sarai solo.”
“Non sarò solo. Ci sarà Al.”

È anche per lui che vado. Ma questo non è necessario che tu lo sappia. Già hai troppo da fare a preoccuparti per me.
Harry fece un sorriso triste, quasi avesse indovinato i suoi pensieri. Ma era infattibile, giusto?
“Non sai questo quanto mi tranquillizza e spaventa assieme.” Mormorò. A Tom, a volte, sembrava che l’altro avesse capito.
Poi però… Sa e finge di non sapere?
“Non permetterò ad Hohenheim di torcergli un capello.” Disse comunque, sottolineandolo quasi per ricordarlo a sé stesso. “Non voglio metterlo in mezzo ai miei…”
“Lo so.” Lo fermò gentilmente  l’uomo, dandogli una lieve stretta al braccio. “Ma l’amore, l’affetto e l’istinto di protezione che ne conseguono sono spesso armi a doppio taglio. Ed io non voglio perdere nessuno di voi due…”
“Non succederà. Siamo serpeverde, non tendiamo ad immolarci, ma a vendere cara la pelle.” Replicò con una tranquillità che era ben lungi dal provare. Harry dovette intuire anche quello.

“Ne sono certo…” Disse. “Riuscirò a prendere quel bastardo prima che tu debba averci a che fare, Tom.”
Spero di no.

Aveva bisogno di confrontarsi con quell’uomo. O forse, con la raffigurazione del suo passato. E chiedergli perché lo volesse così tanto.
Deve sapere che preferirei ammazzarmi che stare al suo fianco. Con l’anno scorso deve averlo capito, se ha presa sulla realtà. Allora… perché?
Rimasero in silenzio, ognuno preso dai suoi pensieri. Era stato detto abbastanza, e nessuno dei due era un chiacchierone.
“A scuola la situazione è tranquilla?” Chiese comunque Harry per spezzare la tensione che ancora aleggiava tra di loro, pesante.
“A parte i soliti drammi adolescenziali e l’isteria pre-ballo?” Convenne facendolo sorridere. “Hogwarts si rialza sempre in piedi.”
“Assolutamente vero.” Convenne l’altro con un sorriso.


Thomas era cresciuto.
Non tanto nel fisico, o nei tratti del viso, che si erano comunque fatti più adulti, più posati, ben diversi dalla cupa introversione che li aveva contraddistinti fino all’anno prima.
Era cambiato dentro. E in meglio: mostrava adesso, invece che nascondere. Non che fosse diventato una persona con il cuore appuntato al petto come poteva essere James…
Ma non è più il ragazzino per cui devo preoccuparmi. Che devo tener d’occhio, per vedere se prende la giusta direzione…
Thomas l’aveva presa da solo, e la stava seguendo senza tentennamenti. Come lui aveva fatto un tempo.
Ma probabilmente strepitando molto meno.  
“Sai…” Esordì mentre l’altro gli scoccò un’occhiata incuriosita. “… sembra solo ieri che ti ho preso tra le braccia tirandoti fuori da quell’incendio. E adesso te ne stai qui, a dirmi che vuoi affrontare i tuoi demoni da solo.” Si sfiorò la cicatrice in un vecchio movimento allenato. “Suona un po’ da vecchio nostalgico, vero?”
Il ragazzo fece un mezzo sorriso. “Sì, un po’.” Ironizzò. “Ma non staremo qui a parlarne, se non fosse stato per te. Comincio a pensare che il Fato abbia scelto un’espiazione molto particolare per la mia anima…”

Già…
Harry si trovò a sorridere, suo malgrado. Perché il giorno in cui era diventato un eroe uccidendo la sua nemesi, non avrebbe mai pensato che se la sarebbe ritrovata vent’anni dopo sotto forma di un ragazzo a cui voleva un bene tremendo.
“Quel che sia, Tom… sei un ottimo mago. Un ottimo uomo.” Disse, mettendogli una mano sul polso, con gentilezza. “Ed io sono orgoglioso di te.”
Il ragazzo arrossì, cercando di nasconderlo con una mezza smorfia. “Grazie Harry…” Disse piano. “Grazie.” Lo ripeté, e l’uomo capì che non si riferiva solo alla contingenza.

Anche quella fu l’ennesima, piccola riprova che le ultime ombre di quello strano, incredibile ragazzo erano scomparse.
Almeno Harry la vedeva così. In fondo, era un inguaribile ottimista.
O non sarei vivo per raccontarlo.
 

****
 
Torre di Grifondoro, Sala Comune. Dopocena.
 
“E così andiamo tutti a Durmstrang!”
Lily lanciò la frase in mezzo al consesso di cugini e fratelli. Del resto, c’erano solo loro: in quell’ora che poco precedeva il coprifuoco il salottino dei grifondoro era deserto.

La mia banda… - pensò affettuosa e un po’ infantile.
Rose, che se ne stava rannicchiata nella poltrona più vicina al fuoco, debitamente fornita di cioccolata e libri. Hugo, steso sul tappeto, con un cuscino sulla pancia e il naso per aria, a elaborare complesse idee per ibridi magico-babbani.
E infine c’erano i due intrusi, ma sempre benvenuti Albus e Thomas, seduti sullo stesso divano. Il fratello, rannicchiato e sgranocchiante caramelle e Tom, adagiato con perfetta eleganza dal lato opposto.
“Io mica ci vengo.” Rimbeccò Hugo concentrandosi sulle lingue di fuoco del camino che funzionava a pieno regime per via del freddo che imperava fuori.
“Sì, e mi mancherai tantissimo.” Si imbronciò appena, perché era vero. Però era contenta: cosa poteva esserci di meglio che due mesi di vacanza in compagnia delle sue persone preferite?
“Non sarà una vacanza.” Replicò Tom con un lieve sospiro piuttosto umano.
“Dovremo comunque studiare Lils…” Aggiunse Al virtuoso. “E nel mio caso, occuparmi di voi come farebbe una balia.”
“Occuparci.” Si inserì Rose, dalla sua postazione densa di disperazione romantica. Quest’ultimo aggettivo, pensò Lily, mal si adattava alla cugina. Sembrava più altro preda di una brutta, brutta indigestione.
Forse era anche per la cioccolata che si era ingurgitata in quella settimana. 
Beh, non è un’eroina tisica da romanzi d’appendice. È… Rosie.
Le sorrise. “Sono contenta che tu abbia inoltrato la candidatura per Caposcuola… sono sicura che ti prenderanno!”
“Sono disperati, certo che lo faranno. Non c’è nessuno che voglia sobbarcarsi di altri impegni, l’anno dei MAGO.” Rimbeccò l’altra con una scrollata di spalle.

Lily rimase in silenzio: sapeva benissimo perché l’altra lo stava facendo, anche se quella mattina l’aveva annunciato at urbi et orbi adducendo il motivo di arricchire il suo già farcito curriculum scolastico.
Malfoy va a Durmstrang. Rosie, va a Durmstrang.
Era un’equazione semplice, tenera e dannatamente cocciuta. Insomma, alla Weasley.
Beh, le cose funzionano così. Se vuoi riprenderti il tuo uomo, non lo molli solo per mesi in scuole straniere. Facile.
Lily in quel momento, imbacuccata in un vecchio maglione blu di James – che le stava comunque deliziosamente – e davanti al fuoco natalizio, si sentiva molto saggia e felice.
Manca solo Ren.
“Perché la vostra Sala Comune è più calda della nostra? È fastidioso.” Borbottò dopo un po’ Tom.
Lily pensò che sarebbe sembrato più tagliente se non si fosse definitivamente abbandonato sul divano, con la testa sulle ginocchia di Al.
“Io lo trovo meraviglioso invece…” Replicò quest’ultimo con un dolce mezzo sorriso. “Vorrei essere a Grifondoro solo per il vostro eccellente sistema di camini.”

“In effetti i sotterranei sono una ghiacciaia.” Convenne Rose e attese. Al e Lily si scambiarono un’occhiata.
Lily sospirò.
Sappiamo tutti cosa attende… la controbattuta di Malfoy.
Che ovviamente non arrivò, perché Malfoy non c’era.
Rose tese appena le labbra, e staccò con ferocia un morso dalla sua barretta di Mielandia. Ne aveva fatto rifornimento una settimana prima e nessuno osava toccare quelle sacre scorte consolatorie.

Neppure Hugo, sebbene lanciasse loro languide occhiate desiderose.
“Comunque se ti fa caldo, perché sei qui?” Soggiunse Rose rivolta a Tom, che fece spallucce.
“Al è qui.” Disse con tono definitivo, e l’altro gli sorrise contento.
“Hai incontrato papà stasera?” Chiese Lily, che aveva notato del sommovimento – di nuovo – nelle faccende del cugino acquisito.
Sta succedendo qualcosa. Di nuovo quell’orribile organizzazione?
Non che avrebbe mai avuto risposte, lei. Tom infatti le lanciò un’occhiata incolore. “Sì, dovevamo metterci d’accordo per Natale… probabilmente quest’anno verrà anche la mia famiglia alla Tana. Più Meike, naturalmente.”
Mentiva, ma l’informazione di copertura era comunque interessante. “Meike…? Parli di quella bambina tedesca che ti ha ospitato?”
“Mi ha ospitato sua nonna, comunque sì.” Puntualizzò il puntiglioso, socchiudendo gli occhi pigramente alle carezze di Al, esattamente come avrebbe fatto un gatto. Sembrava stanco, come reduce da un’intensa fatica.

Ma il tragitto per Hogsmeade non è faticoso. Voglio dire sì, nevica, ma papà l’avrà materializzato ai cancelli… e da lì la via è breve. 
Sembrava più che altro stanco di una fatica mentale, come quella che seguiva ad un esame difficile.
Lily non indagò oltre però, preferendo le facezie natalizie. Le preferiva sempre. Natale era il suo periodo dell’anno. “E quando viene? Non vedo l’ora di conoscerla!”
“È molto simpatica.” Convenne Albus posando la mano delle carezze sulla spalla dell’altro. Passarono pochi attimi prima che Tom la afferrasse e la rimettesse dov’era prima, ovvero trai suoi capelli.

Lily e Al si lanciarono uno sguardo divertito.
A volte somiglia ad un gatto… E come un gatto, si lascia coccolare solo quando si sente in un ambiente protetto. Noi siamo il suo ambiente protetto.
Certo, c’è voluto diciassette anni perché se ne accorgesse ma… meglio tardi che mai?
“Durmstrang chiude per le vacanze invernali il 5 dicembre. Tra due giorni…” Spiegò intanto Tom, con aria soddisfatta. “Meike starà da sua nonna fino al 23, poi verrà da noi per la Vigilia e resterà fino alla ripresa delle lezioni…” Il tono in cui lo disse era più anodino di quello di un’agenzia turistica, ma Lily poté notare come si era rilassato a spiegar loro la tabella di marcia.
È contento di vederla. Tom sotto sotto è un tenerone. Molto sotto.   
“Sì, sapevo di San Nicola³! Me l’ha detto Ren… la sua delegazione resterà per il Ballo del Ceppo, però. Impegni istituzionali.” Scandì bene la parola, con divertimento. Gliel’aveva detta l’amico quella mattina, e lei era scoppiata a ridere, pensando che non c’era proprio niente di istituzionale in un branco di adolescenti che avrebbero reso una festa ufficiale l’applicazione pratica del caos.
Ma è meglio se non glielo dico. Ho idea che lo metterebbe in agitazione.
“A proposito del ballo… voi ci andate assieme, come coppia?” Chiese al fratello, ignorando lo sguardo orripilato di Hugo. Era buffo notare come tentasse strenuamente di dimenticare, ogni volta, che quei due stessero assieme.
“No, ci vado con Rosie…  A proposito cuginetta, dobbiamo cercarci entrambi il vestito!” Esclamò Al. Tom fece una smorfia incommentabile, ma per fortuna Lily fu l’unica a notarlo e a nascondere conseguentemente una risata tra le dita.   
L’interpellata sbuffò, mentre fissava la neve vorticare violentemente fuori dalle finestre. “Per quanto mi importa, posso pure andarci con un sacco di juta.” Fece una pausa. “Probabilmente sarebbe meglio del vestito che nonna Molly ha promesso di farmi arrivare…”
No.” Esclamò Lily, sentendosi il cuore tremare d’orrore. “Piuttosto ti cedo quello che ho adocchiato io ad Hogsmeade. Anche se forse non ti starebbe di seno…”
“Taci, donna scarlatta.” Ringhiò Rose.

“Di capelli e di fatto!” Trillò contenta.  
“Vi prego, in nome di tutti gli usi del sangue di drago … potreste smetterla? Mi vengono i brividi…” Borbottò Hugo con aria tetramente disperata.
“Sarete entrambe bellissime.” Si inserì Albus diplomaticamente. “Dai Rosie… non vuoi essere bella come una principessa? Ci sarà Malfoy.” Aggiunse poi con un colpo di coda da vera serpe.
Rose gli lanciò un’occhiata incendiaria, poi staccò un altro morso dalla cioccolata. “Come se quel cretino sapesse vestirsi…” Brontolò.
“Si veste meglio di te.” Replicò Tom con un ghignetto. “O di Al, che è daltonico.”
“Ma basta con questa storia! Sai benissimo che non lo sono!”

“Allora è proprio masochismo, quello di vestirti con certa roba…”
Cosa?

 
“Ehi.”
 
C’era una sola persona in tutto Grifondoro ad avere quell’accento snob, senza sembrare snob.
Scorpius Hyperion Malfoy li fissava dall’ingresso del quadro, in mantello da viaggio e l’aria imbarazzata di chi sapeva di aver interrotto qualcosa.
Però sorrideva, come sempre.
Tutti si voltarono ovviamente verso Rose, che si era cristallizzata sulla poltrona, quasi le avessero scaricato una palata di neve addosso.
Scorpius si schiarì la voce. “Sono, ehm, tornato…”
Fu incredibilmente Hugo il primo a muoversi. Il goffo, spinoso, Weasley, Hugo Weasley.
Si avvicinò in due brevi, dinoccolate falcate. E poi diede una pacca sulla spalla di Scorpius.
“Bentornato, eh.” Disse, prima di lanciare loro uno sguardo confuso. “C’abbiamo Malfoy.” Aggiunse, come se trovasse incredibile che non avessero ancora fatto nulla in merito.
In effetti… e bravo Hughie!  
Quello sbloccò definitivamente la situazione. Albus si alzò in piedi, andando ad abbracciare il biondo, che ricambiò divertito e un po’ preoccupato quando, subito dopo, toccò a Tom salutarlo.
Anche Lily se lo strinse per bene. Era dimagrito, notò. “Bentornato splendore, a te e ai tuoi muscoli…” Gli disse con il suo miglior tono suadente. L’altro ricambiò con un ghignetto grato. Certe cose bisognava rimanessero le stesse per far funzionare tutto, ne era profondamente convinta.  
Rose intanto era rimasta al limitare del piccolo gruppo. Lily poteva capirla: come si salutava un ex, che non era un ex ma era solo un fidanzato in pausa?
Bel dilemma. Questa non la so manco io.
Scorpius in compenso le sorrise, facendo un passo avanti. “Ciao Rosie…” Mormorò piano, mentre Lily si sentiva diventare una figura di sfondo. E andava bene così: quello non era un momento corale, ma a due.
“Ciao.” Deglutì l’altra. “Stai… insomma. Stai bene?”
“Meglio. Adesso sto meglio.” Fece una breve pausa. “… Posso abbracciarti?”

Aw.
Se questi due fanno la fine di Romeo e Giulietta, quei due babbani scemi, giuro che li prendo a calci.
 
Gli occhi di Rose si fecero enormi e pericolosamente lucidi. Odiava piangere, davvero. Anche perché non aveva fatto altro negli ultimi dieci giorni e la cosa le stava causando emicranie irritanti e l’espressione perenne di un panda stupefatto.
Ma quello…
Stupido biondino idiota.
Fu un tutt’uno pensarlo e stringerlo in un abbraccio forse più adatto alla lotta greco-romana che ad aneliti romantici. Ma anche Malfoy rispose alla stretta con uguale intensità, quindi…
“Mi sei mancato…” E al diavolo tutti i suoi ragionamenti sul restare amichevole, cortese ma distaccata. Erano in pausa, ma lei non era in pausa dai suoi sentimenti.
“Anche tu…” Borbottò Scorpius. Lo sentì irrigidirsi, e Rose capì che stava oltrepassando la linea che l’altro aveva tracciato. E dietro cui era ancora.
Quindi si staccò, sorridendogli con, sperava, sufficiente convinzione.
Faceva male, averlo vicino. Ma era un dolore sopportabile. Ed era comunque meglio di saperlo chiuso nel suo maniero a rimuginare.
Era ancora troppo presto, si ripeté, troppo presto: ma aveva tempo. Avevano tempo.
“… ti va di venire accanto al fuoco? Sei appena arrivato, e fuori fa freddo…” Gli chiese, e stavolta fu certa di suonare serena e amichevole. Come se non fosse successo nulla. O meglio, come se fosse successo, ma l’avessero superato.
Scorpius adesso ha bisogno di noi più che mai… Niente piagnucolii. Niente richieste.
Miseriaccia, fosse facile…
“Volentieri! Fuori è un tempo siberiano… o scozzese, a scelta.” Esclamò l’altro togliendosi il mantello. Sembrava immensamente, teneramente sollevato dall’accoglienza. “Di che stavate parlando? Ho sentito che mini – Potter è daltonico.”
“Non lo sono, è solo Tom che fa il cretino.” Rimbeccò suo cugino tirando una gomitata esplicativa all’interpellato, che non emise fiato, a parte un lieve corrugarsi delle sopracciglia. “Parlavamo di vestiti per il Ballo del Ceppo.”

Scorpius si aprì in un sorriso dei suoi. “Ah, il mio l’ho già scelto con Potty. Vi farà impazzire!”
“C’entra il fichissimo tatuaggio che ti intravedo sul collo?” Chiese Lily e Rose le fu grata, perché con i convenevoli di prima aveva terminato la sua dose di serenità amichevole.
“Brava piccola Potter. È un accessorio!” Sorrise a Lily, ma poi si voltò verso di lei. “Sai Rosie… ho un tatuaggio!”
E Rose seppe immediatamente cosa rispondere.

“Non dubitavo che in assenza di coetanei sani di mente accanto a te avresti fatto qualche sciocchezza.” Scorpius rise. E se le era mancata quella maledetta risata.
“Bentornato, Malfoy…” Ripeté perché sentiva che era giusto ribadire il concetto.
Scorpius le fece un gran sorriso. “Mai stato più felice di averlo fatto.”
È qui. E non lo lascio andare via di nuovo.
 
 
****
 
Note:
 
Si ringrazia non-mi-ricordo-chi-scusa! per l’osservazione su un probabile daltonismo di Al. No, non è daltonico. Sì, ha un senso estetico talvolta atroce.
So di essere indietrissimo a rispondere ai commenti. Ma purtroppo, ho a malapena la forza di scrivere. E il tempo, soprattutto… il tempo!
Qui la canzone.  
E poi... poi, ecco qui un MERAVIGLIOSO disegno di Iksia sul primo incontro tra Lily e Ren. Godetevelo, vi prego, in tutto il suo meraviglioso splendore: First Sight
 
1. TS: sta ovviamente per Tiratori Scelti. Abbreviazioni! :D
2. La frase è di Albert Camus. La fonte è “Return to Tipasa” (1952).

3. San Nicola (festeggiato il 6 Dicembre) in alcuni paesi del Nord (Russia, Olanda, Germania) è considerato il giorno in cui si festeggia Santa Claus, ovvero, colui che porta i doni. È considerato più questo giorno, come Natale, che il 25 Dicembre. ;)
  
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