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Autore: ferao    03/06/2011    14 recensioni
- Cos’è quello, Bunbury? - domandò a bassa voce Evangeline, vedendo arrivare Percy.
Bunbury smise di osservare un gruppo di maghi e puntò gli occhi da avvoltoio sul ragazzo. - Temo sia lo sposo, Evangeline.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Percy Weasley | Coppie: Audrey/Percy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Una brezza lieve' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Questo capitolo, la cui stesura è stata complicata assai, è dedicato a tre persone speciali:
- a Fata Blu, perché si è messa, con una pazienza tanto incredibile quanto assurda, a rileggere i primi esecrabili capitoli di questa long dandomi tanti utili consigli per sistemarli
{grazie, mia adorata};
- a Charme, per il bel pomeriggio passato insieme a Roma e per riparare a tutti gli scappellotti e i tentativi di omicidio che Percy le ha fatto subire
{confermo: lui non ha ancora capito la battuta. LOL};
- ad aGNeSNaPe, perché sopporta e fomenta i miei cazzeggi e perché grazie a lei non ho più Percy in giro per casa
{a te prima o poi farò una statua, my dear}.




Meriterebbero una dedica ciascuno anche le altre persone che hanno recensito lo scorso capitolo, ma non mi basta lo spazio. Sappiate che vi ringrazio tutti, dal profondo.
















 

Una piccola chiazza rossa
















 
Non era lì. Di certo c’era uno sbaglio.
Non era lì. No.
Non era lì in quel momento. No no no.
Vi siete sbagliati, vi siete sbagliati tutti. Non era lì, non poteva essere lì in quel momento.
Di certo c’era un malinteso. Un errore.
È uno sbaglio.
È uno scherzo.
 
Non sentiva nulla a parte uno strano fischio nelle orecchie.
Chissà perché, poi?
Non vedeva niente tranne suo fratello.
Che fai? Mi prendi in giro, vero?
A un certo punto qualcuno gli urlò qualcosa. Qualcuno urlava “No”, più volte.
Si guardò attorno e vide che ad urlare era Ron.
Che ci fa, qui?
Io non sono qui. C’è uno sbaglio.
Ron urlava e urlava, e a terra c’era Fred. Fred.
No, è uno sbaglio. È questo che sta dicendo Ron.
C’è uno sbaglio, uno sbaglio. Di certo è uno sbaglio.
 
Il fischio si attenuò un po’. Riuscì a sentire quello che gli stava dicendo Ron.
- Non puoi fare nulla per lui…
Come no. Certo che sì.
Non è mica morto, no?
Come sei stupido, Ron. Non capisci?
È uno dei suoi scherzi.
Non sai com’è fatto Fred?
Lui scherza sempre.
È uno scherzo.
 
Uno scherzo. Non riusciva a pensare a nient’altro.
Dovevaessere uno scherzo, Fred lo stava facendo apposta per spaventare Percy a morte.
Mi hai sempre fatto scherzi, sempre. Anche questo è uno scherzo, no?
Dai. Piantala. Se non la smetti subito, giuro che non ti farò fare da padrino al Coso.
Dai.
Dai.
Alzati, dai.
Per favore.
Piantala e alzati.
Dai.
 
Altri rumori attorno a sé. Colse il movimento di Ron, che si alzava di scatto e correva via. Dove stava andando?
Perché si allontanava?
Poi qualcuno lo scosse. Chi era?
Che ci facevano tutti lì? C’era uno sbaglio.
 
 
Si risvegliò, finalmente, quando vide Harry Potter prendere il corpo di Fred e trascinarlo via. Tutto d’un tratto tornò lucido: finalmente si rese conto di dove si trovavano e di cosa stava accadendo.
Erano sotto il fuoco di svariati incantesimi che trapassavano la finestra sopra di loro; in mezza frazione di secondo Percy capì che dovevano assolutamente spostarsi da lì: aiutò Harry, sollevando Fred a sua volta.
Pesa come un morto.
È morto.
No, no, non era il momento di pensarci, no.
No. Se avesse iniziato a pensare sarebbe stata la fine. Sarebbe rimasto lì, inchiodato al pavimento, in attesa che qualcuno uccidesse anche lui. Non poteva pensarci, no.
Doveva fare come gli aveva detto Fred.
Cosa gli aveva detto?
“Pensa solo a sopravvivere”.
Fred è morto.
No, no, no.
Magari… magari non era vero.
Invece sì.
Ma non poteva pensarci, ora. Non poteva.
E allora perché lo stava facendo?
Perché Fred è morto. È morto.
Morto.
 
 
 
 
 
Un dolore bruciante colpì Audrey alla spalla.
- Caz… Stupeficium! - strillò, andando poi a ripararsi in una nicchia della parete.
Sangue. Ci mancava solo questo. Sangue e dolore, proprio alla spalla destra.
Se la strinse forte, cercando di riprendere fiato per un istante. Decisamente non era stata una buona idea andare lì a Hogwarts: non aveva ancora visto Percy, e ora non poteva più nemmeno tornare indietro…
E sua madre, diamine: sicuramente stava morendo di pena, lì al pub, in mezzo a tutti quei ragazzini spaventati. Dannazione…
Se solo io…
Ma prima che potesse formulare qualsiasi pensiero fu piegata in due da una fitta al ventre, improvvisa e inaspettata. Boccheggiò, appoggiandosi al muro.
No, no, Coso, dai. Dai. Stai tranquillo.
Una fitta forte, fortissima: durò solo cinque secondi, ma sembrarono molti di più.
Non è niente. Non è niente, piccolo mio. Tranquillo.
Tranquillo.
Non è niente.
Il bambino parve calmarsi davvero; piano piano il dolore diminuì, e Audrey riuscì a riprendere fiato.
Non è niente, piccoletto. Tranquillo. Tranquilla.
Vide sfrecciare uno studente davanti a sé, inseguito da un tizio mascherato.
Forza, non è ancora finita.
Non è niente, Aud, non è niente.
 
 
 
 
 
Niente. Non pensava a niente. Non sentiva niente.
Avrebbe potuto - voluto - continuare a vivere in quel niente per anni, secoli. Un confortante nido di niente.
Percy non guardò il corpo di Fred dopo averlo deposto con Harry in quell’angolo sicuro. Non guardò nemmeno Harry. Non guardò niente.
Meccanicamente seguì Harry e corse via da quel corridoio, trovandosi subito dopo in mezzo al caos: gli studenti cercavano di tenere testa ai Mangiamorte come meglio potevano, ma stava diventando un’impresa sempre più difficile.
D’un tratto due ragazzi sfrecciarono davanti a Percy, inseguiti da un Mangiamorte a volto scoperto.
Percy ebbe modo di vederlo per una frazione di secondo, ma bastò per farlo uscire da quel niente in cui era piombato.
 
 
 
 
Correvano, quei ragazzini. Eccome se correvano.
Che corressero. Era molto più stimolante, così, per Rookwood. Un po’ di sano movimento, finalmente: quei mocciosi pensavano davvero di mettersi contro i Mangiamorte, che scemi, dovrò proprio insegnare loro un po’ di buone maniere, venite qui, bambocci…
Gli studenti svoltarono un angolo correndo all’impazzata, con Rookwood sempre più vicino. Qualche passo ancora e li avrebbe raggiunti, quei ragazzini erano troppo lenti per lui. Quattro passi, tre, due…
Due mani lo afferrarono alle spalle e lo spinsero con forza contro la parete di quel corridoio, curiosamente deserto. Rookwood si ritrovò con la faccia e lo sterno premuti contro il muro di pietra, e per il colpo perse fiato.
Cercò di reagire, ma l’altro non gli dava tregua; dopo averlo schiacciato contro il muro costrinse Rookwood a voltarsi e gli assestò cinque pugni in pieno viso, uno dietro l’altro. Si fermò solo quando vide Rookwood sanguinare: allora lo afferrò per le spalle e lo sbatté di nuovo contro la parete, con rabbia.
- Ti ricordi di me, stronzo? - ruggì Percy, con una voce che non aveva mai avuto. - Ti ricordi di me?
Gli occhi di Rookwood già si gonfiavano, ma il Mangiamorte li aprì lo stesso. Un ghigno insanguinato gli fiorì sulle labbra. Non era maledettamente ironica, quella situazione?
- L-l’amichetto di Scrimgeour… - ansimò, e per poco non si mise a ridere.
- Ciao, bimbetto…
Un altro pugno cancellò quel ghigno.
 
 
 
 
Dove sei, dove sei, dove diavolo sei…
Niente, Percy sembrava non essere da nessuna parte in mezzo a quella confusione. Più di una volta Audrey aveva scorto delle chiome rosso fiamma come quella di Percy, ma si erano sempre rivelate appartenenti ad altre persone.
Dove sei, dove sei…
Ripensandoci, anni dopo, si sarebbe chiesta molte volte come avesse fatto a sopravvivere in quella battaglia con quel pancione di otto mesi. Era stata veramente incosciente: attorno a lei i Mangiamorte non si facevano scrupoli ad attaccare e uccidere degli adolescenti, come aveva potuto pensare che per lei sarebbe stato più facile?
Ma cazzo, io voglio solo trovare Percy!
Dove sei…
 
 
 
 
 
- Guardami, stronzo.
Il Mangiamorte ormai era privo di forze, respirava appena. Percy non sapeva quante Cruciatus gli avesse lanciato in quei pochi minuti, né gli importava.
Doveva soffrire.
Doveva morire.
- Guardami, avanti.
Avevano ucciso Fred. Avevano ucciso Fred e lui non aveva potuto fare niente, niente.
Avevano ucciso il Ministro, avevano mandato in galera Adams e decine di innocenti come lui, avevano costretto Percy a separarsi da Audrey e dal bambino. E lui non aveva potuto fare niente.
Ma adesso era diverso; adesso Rookwood era ai suoi piedi, rantolante. Adesso Percy poteva fare qualcosa.
Ucciderlo.
Troppo poco.
- Guardami.
Il Mangiamorte perdeva ancora sangue da naso e bocca e stava vanamente tentando di rimettersi in piedi; la sua bacchetta era volata lontano, verso l’imbocco del corridoio.
Percy si chinò su di lui. Non aveva mai provato tanta furia in vita sua.
- Hai ammazzato mio fratello, pezzo di merda - ringhiò.
Rookwood era praticamente esanime, ma da qualche parte doveva aver conservato una certa lucidità perché rivolse a Percy il suo solito, orrendo sorriso ironico. - Lo spero proprio.
- Hai tanta voglia di morire? Eh, stronzo?
Percy si rimise in piedi e lo sovrastò, puntandogli contro la bacchetta.
L’avrebbe ucciso, subito. Al diavolo le cazzate sull’anima e sul rimorso, doveva morire, era una bestia e doveva morire. Se Fred era morto, perché quella carogna doveva vivere?
- Tanto… Tanto non mi ammazzerai - rantolò Rookwood, fissandolo spaventato. - Non ce la farai.
- Non sperarci.
- Sembra facile, ma pochi ci riescono.
- Avada…
Fu raggiunto da una fattura che gli fece fare un volo di diversi metri; sbatté violentemente contro il muro e rimase a lungo privo di sensi.
 
 
 
Percy fu risvegliato solo molto tempo dopo dalla voce di Voldemort, che sembrava aver invaso ogni angolo del castello, ogni angolo della terra.
- Avete un’ora. Disponete i vostri morti con dignità…
Aprì gli occhi. Per un po’ non vide nulla, perché entrambe le lenti degli occhiali si erano rotte nell’urto con la parete; cautamente appoggiò le mani a terra e si sollevò, con difficoltà. La gamba sinistra vacillò paurosamente, ma alla fine riuscì a rimettersi in piedi.
Gli doleva praticamente tutto; con mano malferma raccolse la bacchetta e riparò gli occhiali, dopodiché dovette rimettersi seduto perché la testa aveva preso a girargli, così forte che per un attimo provò un gran senso di nausea. Si sentiva stordito e confuso; che era successo?
Ricordava Rookwood, il suo sorriso insanguinato… E poi qualcuno doveva averlo colpito. Quel bastardo gli era sfuggito, dannazione.
- … donna o bambino che abbia cercato di nasconderti a me. Un’ora.
Aveva sentito ma non aveva capito. Si rese conto, d’un tratto, che il silenzio era piombato nel castello; non si sentivano più schianti, urla, colpi. Che fosse… finita?
No. Ragiona, Perce: ha detto un’ora.
Si fece forza e si rialzò. La gamba sinistra tremava di meno adesso, ma muoverla gli dava fastidio. Doveva andarsene di lì, doveva raggiungere i suoi e…
- Perce!
In fondo al corridoio era comparsa Ginny; la ragazza corse verso il fratello e, sorprendentemente, lo abbracciò.
- Perce, meno male, ti stavamo cercando… Hai visto Fred? Non lo trovo… E poi c’è una ragazza che ti…
- Fred.
- Cosa?                                                                          
Fred.
Fred era rimasto lì, in quella nicchia. Fred.
Come avrebbe fatto a dirlo ai suoi?
Percy guardò Ginny negli occhi, sperando che lei capisse. Sperando che non avrebbe dovuto dirglielo.
- Percy, sai dov’è Fred?
- Ginny…
Un urlo disumano fece voltare entrambi.
Non era più necessario che Percy dicesse alla sua famiglia di Fred: Molly aveva potuto constatarlo da sola.
 
 
 
 
 
- Lasciami in pace, Aber!
- Madame, è meglio se butta un occhio anche a questa qua!
- Cazzo, Aber, sto bene!
In pochi minuti la Sala Grande si era riempita di persone, vive, morte e ferite. Madama Chips era stata velocissima a far sparire i tavoli e ad organizzare il punto di raccolta per i feriti e lo spazio dove accogliere i defunti, al centro della Sala.
Audrey non capiva bene come avesse fatto Aber a prenderla di peso e a trascinarla lì; quei minuti di pausa erano preziosi, finalmente poteva cercare Percy e trovarlo, o perlomeno vedere se era ancora vivo o se…
- Aber, lasciami!
- Che succede qui? - Madama Chips arrivò tutta trafelata. - Che cosa… Oh, santo cielo!
La donna fissò lo sguardo sulla pancia di Audrey, che sbuffò irritata.
- Senta, madama Chips, sto benissimo, ora…
- Credo si sia ferita a una spalla, madame. Se poi dà un’occhiata anche al resto è meglio.
Audrey sbuffò di nuovo. Aberforth non faceva mai domande, non si intrometteva mai nelle vite altrui: perché in quel momento non si faceva gli affari suoi?
La ragazza si rivolse a madama Chips: - Senta, ci sono persone ferite in modo più grave, qui, è meglio se…
- A che mese sei?- domandò la donna, incurante di ciò che Audrey diceva.
- Non è proprio il caso che…
- Settimo, giusto?
Un altro sbuffo. - Ottavo.
Audrey si aspettava un’altra serie di rimbrotti, ma questi non arrivarono: madama Chips era una persona discreta.
- Fammi vedere la spalla, poi controlleremo se lì dentro è tutto a posto.
- Le ho già detto che…
- Gli altri feriti devono ancora arrivare, quelli che sono qui sono poco gravi. Avanti, la spalla.
Il tono non ammetteva repliche. Audrey guardò Aber, e anche il suo sguardo lasciava intendere che non avrebbe accettato altri rifiuti.
Sbuffò per la quarta volta e si lasciò visitare. Prima, però, gettò uno sguardo ansioso verso il centro della Sala: stavano iniziando a radunare i cadaveri, a disporli in modo dignitoso. E se…
- È meglio se non guardi. Avrai tempo… dopo.
Di nuovo, madama Chips non ammetteva repliche. Audrey obbedì e diede le spalle al resto della Sala, proprio mentre tutta la famiglia Weasley – tutta meno uno – entrava in silenzio.
 
Percy avrebbe tanto voluto essere al posto di quell’uno. Non riusciva a pensare ad altro, mentre la sua famiglia si stringeva attorno a ciò che restava di Fred. Sarebbe dovuto toccare a lui.
Non vide Audrey, né lei vide lui, durante quella lunga – lunghissima – ora.
 
 
 
Poi? Beh, poi è storia.
Avanti; chi non sa cosa è successo dopo
Harry Potter morto, no, vivo; decine e decine di persone che venivano dal paese per aiutarli a difendersi, e insieme a loro creature di ogni genere. Una gran confusione, un caos assoluto.
Percy conservò pochi ricordi ben definiti di quell’ultimo atto della vicenda: il più vivido sarebbe rimasto sempre quello in cui sua madre, irriconoscibile, uccideva Bellatrix con una durezza in viso che nessuno si sarebbe mai aspettato da lei.
Per il resto, confusione. Confusione. Persino nel momento in cui si era ritrovato spalla a spalla con suo padre, persino mentre abbattevano insieme lo stesso Mangiamorte la sua mente era invasa dalla confusione. La chiarezza si era persa nel momento in cui Fred era morto; dopo c’era solo confusione.
Forse fu per questo che, per tutta la durata dell’ultimo scontro, Percy non si accorse di Audrey; non la vide mentre, assieme ad altri due studenti, correva su per le scale verso il terzo piano cercando di sfuggire a due Mangiamorte.
Madama Chips l’aveva visitata da cima a fondo, un’ora prima; le aveva sistemato la spalla, aveva storto il naso sentendo dire che si era Smaterializzata (“Una cosa del genere è pericolosissima, se sei incinta!”), aveva fatto un rapido controllo e aveva sentenziato che sì, fondamentalmente stava bene, ma di certo quello non era il posto più adatto a lei.
Un po’ tardi oramai, no?
Dal piano terra venne un boato. I due Mangiamorte si fermarono a metà gradinata, confusi, e Audrey e il più grande degli studenti ne approfittarono per farli volare giù dalle scale.
Dopodiché si fermarono anche loro in attesa di capire cosa fosse successo. All’improvviso in basso era calato il silenzio, un silenzio denso e pieno di attesa. Dal terzo piano non si sentiva nulla di ciò che accadeva nella Sala Grande, ma io e voi lo sappiamo: Harry Potter stava finalmente fronteggiando Voldemort.
- Scendiamo, voglio vedere che succede! - disse in fretta uno degli studenti all’altro, poi corsero via entrambi giù per le scale. Audrey fece per seguirli, ma qualcosa la bloccò; d’un tratto era diventata incapace di fare anche un solo passo.
Che succede?
Era… stanca. Improvvisamente stanca.
Si appoggiò con la schiena ad una delle pareti del corridoio, sentendosi debole. Perché?
Fino a quel momento era stata bene, affaticata sì, in preda alla paura ma bene, e ora…
Che succede?
Quel dolore. Di nuovo quel dolore, lo stesso di poche ore prima; lo stesso dolore che le aveva tolto il fiato, ma stavolta non durò cinque secondi. Stavolta era più forte, immensamente più forte, così forte che le gambe non la reggevano più, e fra le gambe qualcosa di caldo, qualcosa che non doveva…
Si accasciò a terra, lentamente, finché non si ritrovò sdraiata, senza capire che diamine stesse succedendo.
Che succede?
Chiuse gli occhi e non se lo chiese più.
 
 
 
Quella battaglia era iniziata nella confusione e terminò nella confusione, ma a nessuno importò.
Nessuno si fece domande sul significato di quello che Harry e Voldemort si erano detti; nessuno. Il Ragazzo ce l’aveva fatta, erano vivi, avevano tempo ora per compiangere i morti, l’importante era che fosse finita, finita finalmente…
Nel trionfo che seguì la morte di Voldemort, tutti i Weasley corsero verso Harry, insieme ai professori e agli studenti; tutti a circondarlo in un unico immenso abbraccio, lui che li aveva salvati tutti, in un modo incomprensibile ma ce l’aveva fatta.
Solo poche persone rimasero indietro, vuoi per lo stupore, vuoi per le ferite. Percy Weasley apparteneva al primo gruppo, anche se il dolore alla gamba aveva sicuramente contribuito alla sua immobilità.
È finita? È veramente finita?
Finita, all’improvviso. Da quanti mesi aspettavano quel momento? Era così difficile da realizzare, lì per lì; soprattutto era impossibile pensare a quante cose sarebbero successe da quel momento in poi. Tutto sarebbe stato come prima, meglio di prima: il Ministero sarebbe tornato alla normalità – beh, magari sarebbe stato un po’ migliore; Adams sarebbe uscito di galera, insieme a tutti gli altri; lui e Audrey avrebbero avuto un bambino e…
No, non era tutto come prima. Mancava qualcosa, mancava qualcuno.
Guardò sua madre e suo padre che si abbracciavano. Dovevano aver finito le lacrime, oppure dovevano pensare che non era quello il momento di piangere ancora. Attorno a loro, i suoi fratelli si stringevano, felici di essere vivi, disperati per quel vuoto enorme ed incolmabile; quel vuoto che, forse, non sarebbe scomparso mai.
La sua famiglia.
Ad un tratto si voltarono verso di lui, tutti insieme. Con tenui sorrisi intrisi di tristezza, lo guardavano e sembravano dirgli: manchi solo tu.
Non sarebbe tornato tutto come prima, ma forse qualcosa sì.
Percy fece un piccolo sorriso involontario, poi iniziò a camminare verso la sua famiglia.
- Eccoti, finalmente!
Sorpreso, Percy si fermò e si voltò: la signora Bennet era lì a pochi passi da lui, e l’espressione sul suo viso tradiva un sollievo infinito mescolato all’esaltazione della vittoria.
- Lucy?! - esclamò lui. - Che cosa ci fa, qui?
- Ah, adesso mi chiami per nome! - bofonchiò Lucy, fintamente arrabbiata, poi fece un gran sorriso e gli corse incontro per abbracciarlo forte.
Percy avvampò, sentendo alle sue spalle gli sguardi curiosi di tutti i Weasley. - Ehm… signora Bennet…
- Oh, per Merlino, meno male che stai bene! Non ti avevo visto fin adesso, avevo paura che… Eravamo così preoccupate per te…-. Si staccò, e Percy ne approfittò per domandarle di nuovo cosa ci facesse lì.
- Sono venuta da Hogsmeade, insieme alla gente del paese. Sono andata con Audrey alla Testa di Porco dopo che… a proposito! - La signora Bennet parve dimenticare la preoccupazione, il sollievo e la vittoria, e rivolse a Percy uno sguardo inferocito. - Come ti è venuto in mente di mandarci un gufo? Sono venuti due del Ministero a casa mia, armati, e ho dovuto Schiantarli! Ma sei impazzito? Testa di rapa! Potevano farci del male! Merlino, che razza di padre di famiglia vuoi diventare?
Percy era ancora troppo stordito da tutti gli avvenimenti delle ultime ore, per cui ebbe bisogno di qualche secondo per capire di cosa stesse parlando la signora Bennet.
- Gufo? Ma quale gufo, io…
- Il tuo gufo, idiota! Avevi la posta controllata, te ne sei scordato? Tanto valeva mandare al Ministero un biglietto da visita col mio indirizzo! Testa di rapa! Sei proprio degno di mia figlia!
Percy fu investito dalla furia di Lucy; cercò faticosamente di mettere insieme quello che la donna stava dicendo, e quando ci riuscì impallidì. Finalmente aveva realizzato l’enormità della stupidaggine che aveva compiuto ore prima; si coprì la bocca con le mani e spalancò gli occhi, incredulo.
- Oh… cazzo! Vi… Vi ho mandato un gufo!
- Eh, già! - borbottò Lucy, che ormai si era sfogata per bene.
- Oh, merda
- Precisamente.
- … Non posso crederci! Io… Io sono un deficiente! Un deficiente!
Alle spalle di Percy i signori Weasley e Bill si erano avvicinati, curiosi di sentire di cosa stesse parlando con quella donna sconosciuta.
- E… E sta bene, signora Bennet? Le hanno fatto qualcosa? E Audrey? Sta bene? Non le hanno fatto niente, vero?
- Oh, Audrey sta benone, figurati, lei… aspetta un momento! - Lucy impallidì, molto più di Percy. - Perché lo chiedi a me?
- E a chi dovrei chiederlo?
- Ma… Ma non è con te? Tu non l’hai vista?
- Vista? Perché avrei dovuto vederla?
- Perché… Audrey è qui! È venuta apposta per cercarti… davvero non l’hai vista?
- Audrey è qui?!
- Perce, che sta… - intervenne Arthur.
- Che diavolo ci fa Audrey qui? - gridò il ragazzo, ignorandolo, mentre una paura feroce si insinuava in lui.
- Te l’ho detto, è venuta a cercarti… -. La signora Bennet mostrava i segni della stessa identica paura.
- Oddio, Percy, se non è con te dov’è?
Di sicuro non era il momento adatto per perdere tempo con certe domande. Percy si lanciò verso le scale, diretto ai piani superiori; alle sue spalle la signora Bennet provò a muoversi a sua volta ma non ci riuscì: rimase semplicemente immobile, paralizzata dalla fatica e dal panico. Scivolò sulla panca più vicina e si sedette, attanagliata da mille pensieri uno peggiore dell’altro.
Quando alzò lo sguardo, trovò di fronte a sé sette persone dai capelli rossi che attendevano una spiegazione da lei.
 
Corse, corse, senza sapere dove stava andando, dove doveva andare. Audrey era lì, maledizione, era stata lì tutto quel tempo e non l’aveva vista… che le era saltato in mente di venire, nelle sue condizioni…
Bennet, cazzo, sei impazzita?
Corse e corse, su per le scale. Nei corridoi c’erano ancora dei corpi, soprattutto di Mangiamorte; quelli dei ragazzi erano stati già portati quasi tutti in Sala Grande, ma quello di Audrey non c’era. Che fine aveva fatto?
Corse e corse, guidato solo dal panico. Ad un tratto Percy incespicò e fu costretto a fermarsi: una fitta acuta alla gamba sinistra lo aveva bloccato; si appoggiò ad una parete, ansante.
Cazzo, Bennet, dove sei… per favore, Aud, almeno tu, per favore...
Fu allora che la vide.
Quando si dice la coincidenza; o la fortuna, decidete voi. Era lì, a due passi da dove Percy si era dovuto fermare.
Riversa a terra, scompostamente, c’era Audrey. Sotto di lei una piccola chiazza rossa.
















*saltella anche se non c’è niente da saltellare*
Yep. Lo so. Due settimane di attesa per questa… roba disgustosa. Già.
Complici un sacco di scadenze a fine maggio, un esame incombente e la visita di un fidanzato che mancava da troppo tempo, ho tardato assai nello scrivere il capitolo. In più ci si è aggiunta una specie di rifiuto nell’affrontarlo: non so perché, ma sono stata davvero bloccata. Questo è il modo migliore in cui sono riuscita a trattare il tutto.
Mi spiace se avete aspettato e se il risultato vi ha delusi, davvero.
 
E mi spiace anche per il finale traggico da telenovela; col prossimo capitolo toccheremo il fondo, perché per come l’ho impostato finora mi sembra una puntata di “Beautiful”. (Oh, the horror…)
 
Ma basta sciocchezze. Tanto so che a qualcuno, inspiegabilmente, piacerà lo stesso, quindi taccio.
Passiamo alle attesissime (?!?) ciacole:
 
1) Non scriverò mai più una ff subito dopo aver letto il blog di Fastidious: ogni volta che passo di lì mi vengono i sudorini freddi e la tremarella al pensiero di vedere una mia storia commentata da loro. (Perché tanto lo so, prima o poi mi troveranno, non posso nascondermi, e allora… ARGH!)
Diamine, inizio davvero a farmi le paranoie, non scherzo!
Brrr…
(Comunque, se non lo conoscete fatevi un giro nel sito, è meraviglioso! Sto rosicando perché l’ho scoperto così tardi, diamine… la mia vita sarebbe stata diversa se l’avessi trovato prima.)
2) Indovinate? Credo di essere riuscita ad allungare la ff di uno/due capitoli. (Spero che questa notizia non vi porti a crisi di vomito e/o tentativi di suicidio… dai, resistete, arriviamo al capitolo 27 e poi vi lascio liberi, ognuno per la propria strada!)
3) Le frasi di Voldemort sono prese dai Doni, pagine 606-607 dell’edizione italiana.
4) Sarebbe stato bello ri-descrivere tutta la battaglia dal punto di vista di Percy o di Audrey, e in effetti ci ho provato: mi sono però resa conto che era un’impresa titanica e che mi stava venendo anche piuttosto male, quindi ho lasciato perdere e mi sono data ai “sottintesi”. Spero vivamente che ciò non vi dispiaccia, la sottoscritta fa del proprio meglio...
5) Come già feci al capitolo 20, anche stavolta devo onorare una promessa, anzi due. Stavolta ho evitato di scassarvi a inizio capitolo, ma desidero davvero che deste un’occhiata alle seguenti raccolte:

- "Come Fantasma.": superba raccolta/long di Taminia sul nostro amato Fred, in una veste un po’… particolare. Una ff veramente meritevole di essere letta, anche se finora conta pochissimi estimatori (e la sottoscritta è fra i più entusiasti). Se la leggete, e ve lo consiglio CALDAMENTE (trad.: o la leggete o vi vengo a cercare casa-per-casa), lasciate anche qualche recensione, perché, lo ricordiamo, un commento, anche se non viene richiesto, fa sempre piacere.

- "A whole life together": restiamo in tema Weasley! Ecco una graziosa raccolta sulla coppia Arthur/Molly, mooolto tenera e simpatica (con cui potrete tirarvi su di morale dalle traggedie di questo capitolo) e con un Arthur semplicemente fantastico! Anche qui, se lasciate una recensione non fate un soldo di danno, ANZI.
(Tra parentesi ringrazio l’autrice, che è una seguitrice di questa mia assurda long, per aver consigliato quest’ultima a tradimento in uno dei capitoli della sua bella raccolta. Grazie, cara ^^)


Bene, ce l'ho fatta: con questo ho ufficialmente più capitoli che anni. Forse non sono poi così vecchia, in fondo.
Grazie di aver letto/commentato/preferito/seguito/ricordato. Grazie. Forse, se non fosse per voi, avrei già cestinato questa ff da secoli. Forse.
A presto, spero.
Sempre vostra
Fera

   
 
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