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Autore: Dira_    30/06/2011    20 recensioni
“Mi chiamo Lily Luna Potter, ho quindici anni e credo nel Fato.
Intendiamoci: niente roba tipo scrutare il cielo. Io credo piuttosto che ciascuno di noi sia nato più di una volta e che prima o poi si trovi di fronte a scelte più vecchie di lui.”
Tom Dursley, la cui anima è quella di Voldemort, è scomparso. Al Potter lo cerca ancora. All’ombra del riesumato Torneo Tremaghi si dipanano i piani della Thule, società occulta, che già una volta ha tentato di impadronirsi dei Doni della Morte.
“Se aveste una seconda possibilità… voi cosa fareste?”
[Seguito di Doppelgaenger]
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga'
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Capitolo XXXVI




 
 
Non avessi mai visto il sole avrei sopportato l'ombra,
ma la luce ha aggiunto al mio deserto una desolazione inaudita.
(Emily Dickinson)
 
19 Dicembre 2022.
Londra, Ministero della Magia.
Ufficio auror. Mattina.

 
“Non possiamo far finta che non ci sia, Ron.”
“Basta ignorarlo!”
Harry Potter, Capo-ufficio auror in servizio, fissò con malcelato divertimento l’enorme gufo che li squadrava con severi occhi gialli. Appollaiato sullo schienale della sedia dell’amico, incombeva come il rapace che era. “Forse dovresti prendere la lettera.”
No.
Harry lanciò un secondo, piccolo sospiro. Ron era un padre meraviglioso, attento e dedicato ai suoi figli. Sapeva scherzare, ma anche essere severo all’occasione. Era un buon padre, lo era davvero.

Ma in quel momento stava avendo uno dei suoi attacchi di irragionevolezza acuta. Il motivo era molto semplice e piuttosto buffo, dal punto di vista di un osservatore esterno.
Sua figlia si è innamorata del ragazzo sbagliato. Il più sbagliato al mondo, se proprio vogliamo dirlo.
“Rosie ti chiede solo di parlare… non mi sembra questa gran cosa.” Esordì lanciando uno sguardo al gufo che cercava di beccare le orecchie dell’amico.
“Non ho intenzione di parlare con lei! O meglio…” Si corresse, suonando forse troppo duro persino alle sue stesse orecchie. “Finché non dirà qualcosa di sensato.”
Harry sapeva che a momenti sarebbe arrivata l’agente Gillespie per conoscere Ron, e quel quadretto non era indice di serietà lavorativa. Doveva dunque correre ai ripari.

“Ron, non stai reagendo razionalmente al…”
“Al fatto che mia figlia è impazzita e si è messa con un Malfoy?!” Sbottò di colpo, quasi saltando sulla sedia per l’indignazione. Harry afferrò la tazza di caffè prima che si rovesciasse, con un vecchio movimento da Cercatore.

“Dovresti davvero parlarci.” Replicò senza dare giudizi. “Almeno sentire cos’ha da dire?”
Ron gli scoccò un’occhiata riottosa, curiosamente simile a quelle della loro adolescenza. “Lo dice anche Hermione.” Sbuffò poi, scacciando con un gestaccio il gufo, che si appollaiò però poco distante con la lettera stretta tra le zampe. “Ma non sono d’accordo, okay? Non approvo questa follia! Mia figlia e il figlio di Malfoy!” Sbottò, come se avesse detto una… follia, appunto.
“E ignorare le sue lettere funziona?”
Ron storse la bocca. “Non molto.” Ammise. “Non faccio in tempo a buttarne una che mi arriva un altro gufo, più battagliero del primo per giunta!”
“Tua figlia è testarda.” Sorrise Harry. “Chissà da chi ha preso.”

Ron emise un lungo sospiro, sedendosi. Lanciò un’occhiata velenosa al pennuto postino. Fu ricambiata. “È solo che non voglio litigare con lei.” Brontolò fissandosi le mani. “Ma mi sembra di non conoscerla più. Un anno fa pensava che quel mocciosetto fosse un cretino montato, e adesso lo rincorre per tutto il Castello dopo che ha minacciato me! Non posso credere che mi stia facendo una cosa del genere. Le ho sempre detto di tenersi lontana dai Malfoy!”
Harry fece una smorfia spazientita: capiva cosa si agitava nella testa dell’amico. L’antico odio che legava i Malfoy ai Weasley. La personale animosità che serpeggiava tra Ron e Draco. E per finire, l’istinto di naturale protezione di un padre verso la figlia femmina.
Un cocktail micidiale, in effetti…
Dulcis in fundo, Hermione non lo appoggiava minimamente in questa sua crociata.  
“Credo ci sia una cosa sola che non capisco, in tutte quelle che hai detto.” Proferì pacato. “Rosie non sta facendo nulla a te. Si è solo innamorata. Ha diciassette anni, prima o poi doveva succedere.”
Per quanto riguarda Lily naturalmente dovrà accadere tra circa un milione di anni. Grazie.
“Lo so, ma è un…”
“E questo l’abbiamo capito.” Lo interruppe spazientito. “Ma che importanza ha? Scorpius è entrato nel gruppo di amicizie dei nostri figli. È un dato di fatto.”
Ron emise uno sbuffo seccato. “Mi ha mentito.” Si scollò dal palato. “Hermione gliel’ha chiesto, e lei le ha detto che sì, stava con Malfoy. Ma dopo. Non me l’ha detto. Chissà per quanto ce l’ha tenuto nascosto!”
Harry bevve un sorso dal suo caffè. Si aggiustò gli occhiali, perché sapeva che quello che stava per dire avrebbe potuto avere delle conseguenze. Odiava fare l’avvocato del diavolo, ma lì si stava sfiorando il ridicolo.

“Non credi che ti abbia mentito proprio perché aveva paura di questa reazione?”
Ron lo fissò incredulo, aprendo la bocca per rispondere battagliero. Per fortuna la segretaria scelse quel momento per bussare alla porta. “Signor Potter? L’agente Gillespie è arrivata.”
“Perfetto, falla accomodare.” Sospirò di sollievo Harry. Lanciò un’occhiata all’altro. “Ne parliamo dopo.”
Il rosso richiuse la bocca, poco contento ma finalmente operativo. “Sissignore.” Borbottò ironico.

“Ron… prendi la lettera dal gufo.”
Quando entrò l’americana l’ufficio era finalmente sgombro da volatili.

“Harry, buongiorno.” Gli sorrise. Aveva già l’aria stanca e reggeva un faldone di documenti. Harry riconobbe lo stemma impresso: era quello del DALM americano. Gli strinse la mano, e poi guardò incuriosita Ron, che si alzò in piedi, finalmente professionale.
Meno male. Questa storia di Rosie lo sta facendo uscire pazzo…
“Ron Weasley.” Si presentò stringendole la mano. “Capo-squadra.”
“Nora, spero di vostro aiuto.” Replicò l’altra ironica, facendoli sorridere.

“Posso offrirti qualcosa?” Chiese Harry, recitando la commedia delle buone maniere, ma con un pizzico di sincero desiderio di esserle utile. Sembrava che la donna non avesse dormito che poche ore.
Se le ha dormite.
“No, grazie, ho mangiato qualcosa alla locanda.” Scrollò le spalle questa. “Ho atteso tutta la notte il pacco. Le spedizioni via Passaporta sono terribili. Sono a tempo, il pacco viene rimandato indietro se non lo intercetti e firmi la ricevuta di pagamento.” Mise sulla scrivania il plico, e scoccò un sorriso vedendoli perplessi. “E’ tutto ciò che abbiamo sulla Thule. Penso che lo scambio di informazioni debba essere reciproco. Io ho letto i vostri rapporti, voi leggerete quelli della mia squadra.”
“Ottimo!” Esclamò Ron, lanciandole un chiaro sguardo di approvazione. Harry invece scrutò il fascicolo. Era voluminoso, ma non come si sarebbe aspettato.

Possibile che in anni abbiano redatto solo questi rapporti? Saranno al massimo trecento pagine!
Nora sembrò leggergli nel pensiero perché fece una breve risata. “Non voglio sembrarvi presuntuosa, ma sembra che il vostro sistema di archiviazione sia un po’ obsoleto.”
“Come?” Esclamò Ron confuso. “Che vuol dire?”
La strega indicò la scrivania. “Forse è meglio che facciamo un po’ di spazio. Vorrei evitare di far danno.” Osservò gentilmente i molti portafoto. “Ci sono cose preziose qui.”

Liberata la scrivania in pochi attimi, Harry la fissò interrogativo. “Usate un incantesimo di estensione irriconoscibile?”
“Una specie.” Concesse, prima di toccare il plico con la punta della bacchetta e mormorare qualcosa sottovoce. Sotto i loro occhi, i fascicoli cominciarono a duplicarsi l’un l’altro, vomitando fogli su fogli. Una valanga di carta in ordine sommario invase ben presto l’intero ripiano. “Li comprimiamo, per farla semplice.” Spiegò. “Risparmia spazio e ci permette di trasportali molto più facilmente.”
“Vedo…” Annuì Harry ammirato. Avrebbe dovuto chiedere al Ministero se potevano adottare quell’incantesimo. I loro schedari rischiavano mensilmente il collasso, e ogni anno venivano ampliati con incantesimi, ahimè, non molto stabili.

Non puoi allargare all’infinito uno spazio finito.
“Questa Hermione vorrà proprio vederla…” Disse Ron divertito. “È geniale!”
Nora ridacchiò del loro stupore. Non sembrava stupita dalla loro reazione.
Siamo così arretrati in Inghilterra?
“Sarei felice di insegnarvelo.” Si avvicinò poi alla scrivania, pescando a colpo sicuro un fascicolo numerato. “Questo è il primo caso in cui sia stata nominata la Thule, anche se allora pensammo ad un furto isolato. Da un centro brevetti della Louisiana venne trafugato un prototipo di incantesimo trasfigurante.”  
Harry si avvicinò, sbirciandone il contenuto. “Quanti anni fa?”
“Una ventina. Non fui io a lavorarci, anche se accadde nel mio distretto di competenza. Se ne occupò mio marito. Come si suol dire… fu il primo ad unire i puntini.”

“Quindi sono praticamente dei… ladri?” Ron corrugò le sopracciglia, sporgendo la testa e torreggiando su entrambi. Nora scosse la testa.
“Diciamo che li abbiamo individuati perché rubano. Ma non si limitano a questo. Trafugano oggetti e incantesimi sperimentali, è vero, ma ne ideano anche di propri. Lavorano a progetti. Il modo in cui è nato il Signor Dursley…” Esitò, guardandoli. “Quello era un progetto.”
Harry serrò la mascella, al ricordo del figlioccio. Per quanto lo amasse non poteva ignorare il fatto che la sua nascita fosse illegale e moralmente poco digeribile.   
“È questo il motivo principale per cui sono ricercati…” Continuò la donna. “Tuttavia, i primi casi vennero archiviati come fenomeni isolati. Mai un testimone, mai un indizio risolutivo. Cold case.”

“Mai risolti.” Intuì Harry. C’era un intero universo di parole che gli erano estranee. Per gli americani invece erano lemmi ormai consolidati. “L’America non era il solo terreno di caccia, suppongo.”
“Esatto. E questo non ha aiutato ad individuare un solo colpevole per più crimini …” Convenne Nora, voltandosi e cercando di nuovo qualcosa. Recitò un accio e un codice alfanumerico e subito le schizzò in mano una mappa; la dispiegò facendola ondeggiare sospesa di fronte a loro.

Il cartiglio rappresentava i cinque continenti ed era pieno di puntini rossi. Harry non ci mise molto a capire cosa significavano.
“Sono i luoghi dove hanno colpito?”
“Quelli fin’ora conosciuti, sì.” Confermò la creola, mentre Ron spalancava la bocca in una muta esclamazione di sorpresa. “Operano da decenni, ma questi rilevanti sono stati fatti dalla mia squadra, che è stata creata pochi anni fa. Fate i vostri calcoli.”

“Ma quanti sono?” Ron sembrava impressionato, e anche Harry sentì una sensazione spiacevole di smarrimento. Aveva sempre pensato alla Thule come una setta di scienziati pazzi.
Ma è leggermente più complesso, temo.  
Tanti.” Rispose senza mezzi termini l’americana. “L’Organizzazione ha all’attivo un centinaio di elementi, tra scienziati, alchimisti e uomini di fatica. E altrettanti agenti dormienti.”
“Dormienti?” Ron corrugò le sopracciglia. “Significa che normalmente sono gente… normale?”
“Gente che nella vita quotidiana lavora, ha una famiglia e una reputazione rispettabile. Non tutti sono John Doe, il Camaleonte.” Chiarì Nora, e Harry vide quanto questo le bruciasse, dalla piega dura delle labbra. Prese poi un altro grosso foglio, delle dimensioni della mappa e lo spiegò accanto ad essa. Era un organigramma. Era la catena di comando della Thule.

“In cima vi è il Consiglio. Tra di loro si chiamano fratelli. Non ci sono criminali o maghi schedati a questo livello. Solo maghi rispettabili, incensurati. Purosangue che decidono le sorti dei propri affari alla luce del sole… e poi, nel tempo libero, della Thule.”
“Vedo che funziona come una specie di azienda.” Ragionò Harry studiando lo schema. Era piuttosto semplice, da quel che poteva vedere.

Un oligarchia che controlla cellule separate e non in contatto tra di loro.
Non è facile tagliare la testa all’idra. Ci sono troppe teste. E le braccia lavorano separatamente.
“Scusate…” Esordì Ron, dopo che era rimasto in silenzio per qualche minuto. “Ma dall’organigramma qui… sembra che non ci sia un leader.”
“Perché non c’è. Come potete vedere, c’è un assemblea che prende le decisioni all’unanimità. È tutto molto rigido.”
“Perché allora nell’indagine sulla trafugazione dei Doni e del rapimento di Thomas è venuto fuori solo il nome di Von Hohenheim?” Chiese Harry a bruciapelo, perché aveva capito dove stavano andando a parare le domande dell’amico. E voleva sapere. “Ci avete dato ad intendere fosse lui l’unico mandante. Però adesso ci hai appena detto che la Thule opera a maggioranza.”

“Hohenheim è il fondatore. Dichiarato. Sappiamo che è lui, ed è l’unico per cui attualmente ci sia mandato di cattura.” Replicò la donna. “Ma non prende decisioni in solitaria.”
“Quindi?” Incalzò di rimando. “Ci avete mentito?”
L’americana li squadrò. Ad Harry sembrò di essere pesato nuovamente, ma stavolta l’analisi durò meno. Stava cominciando a fidarsi.
Perché facciamo le domande giuste.
“No.” Rispose infine. “Adesso… comincerò con le ipotesi. Non c’è niente di certo di quello che sto per dirvi.”
Harry le sorrise. “Tranquilla Nora. Andiamo forti in questo campo.”


****
 
Hogwarts. Vascello di Durmstrang. Ora di Pranzo.
 
Disciplina.
Si trattava di avere disciplina. In qualsiasi, singola ora del giorno.
La sera i suoi muscoli erano tesi e scattavano nel sonno, i nervi gli facevano tremare le mani. Ma era una fatica buona. Dormiva senza sogni e si risvegliava come se la notte fosse passata solo per permettergli di riprendere forze.

Quella mattina non era salito ad Hogwarts per colazione. Lily gli aveva detto che avrebbe passato ogni momento libero a provare combinazioni estetiche per il ballo, e che quindi poteva raggiungerla solo nel tardo pomeriggio.
‘Devi vedere il prodotto finito, Ren! Non il processo! Quindi, sciò!’ Gli aveva detto ridendo.
Sören aveva obbedito di buon grado. In quelle ultime settimane la vicinanza di Lily era foriera di strane sensazioni. Aveva infatti notato un lieve cambiamento nel modo di fare della ragazza: sembrava quasi lo stesse studiando, ma non con gli stessi intenti indagatori dell’inizio.
Sembra cercare qualcosa in me… però non capisco cosa.
Scosse la testa, concentrandosi sul lanciare un nuovo incantesimo verso il manichino da allenamento. Parò il contrattacco e schivò il secondo colpo a sorpresa.
“Sören, ah, sei qua!”
Fece una smorfia alla voce di Poliakoff. L’assistente era appena entrato nella saletta degli allenamenti. Aveva delle briciole sulla bocca e doveva aver appena fatto pranzo.

“Sei sporco.” Sentenziò, mentre l’altro si passava goffamente una mano sulla bocca. “Cosa vuoi?”
“Che accoglienza!” Esclamò il russo infastidito. “Ti ricordo che sono il tuo assistente, non un servo!”

“Ne sono consapevole.” Replicò, rinunciando a continuare i propri allenamenti; era evidente che l’altro fosse in vena di chiacchiere. Prese un asciugamano e si pulì il viso dal sudore.
In quei giorni si erano a malapena frequentati. Kirill stava lavorando all’indizio sulla Seconda Prova e lui si era limitato a tener compagnia a Lily ed allenarsi.
Erano state delle buone giornate.

“Sì, come no.” Ribatté l’altro. “Ti ricordo che sono l’unico a cui puoi affidarti qui.”
Sören strinse un sorrisetto trai denti. “Affidarmi? Tu sei qui per ordine di mio zio. Non ho richiesto io la tua presenza.”
Detestava l’arroganza che cominciava a manifestarsi nell’altro.

Nessuno di noi è indispensabile alla Thule. Non io, non tu.  
Il russo gli scoccò un’occhiata rabbiosa. “Ho cercato di essere cortese con te, Prince…”
“Non chiamarmi così. Io qui sono Luzhin.” Lo ammonì, anche se erano soli. Ma un ambiente ristretto come la plancia di una nave aveva orecchie ovunque.

Anche se le suddette sono informate della natura della mia presenza qui.
Kirill gli servì un improvviso ghigno. “Questo teatrino comincia a piacerti, eh?”
“Prego?”
“Oh, non cercare di fingere con me… sono quattro mesi che sto con te. Ti ho capito.” Gli si avvicinò, i lineamenti tesi in una linea compiaciuta. “Comincia a piacerti, essere Sören Luzhin, il Campione. Il cavaliere senza macchia che corteggia la piccola dama inglese.”
“Non la sto corteggiando.” Ribatté subito, stupendosi lui stesso del tono aspro che gli uscì. L’altro invece non sembrò sorpreso, anzi, parve quasi aspettarselo.

“Cosa pensi di stare facendo con lei, Prince?” Replicò suonando incredulo. “Cosa pensi che lei pensi di te?”
“Non capisco dove vuoi andare a parare.” Sentì un sapore ferroso in bocca e capì di essersi morso l’interno della guancia. “Assolvo al mio compito. Mio zio mi ha detto di tenerle compagnia e entrare…”
“… nelle sue grazie.” Terminò per lui con aria divertita. Sören sentì l’impulso di picchiarlo. “Davvero non hai capito cosa le stai facendo?”

“Non le sto facendo niente.”
Lo so cosa sto facendo. La sto ingannando. Ma ingannati si può vivere. Questo basta. Deve.   
“Oh, beh… quando tutti gli altarini verranno scoperti, le spezzerai il cuore.” Si divertiva a tormentarlo, intuì improvvisamente. Poliakoff rideva di lui. “Te lo ricordi, sì, che non sei un bel cavaliere dall’armatura scintillante ma il drago che la divorerà?”
Sören non rifletté quando lo colpì in pieno volto. Sentì soltanto i muscoli tendersi come una sartia della nave e poi il braccio scattare.

Poliakoff emise un lamento sorpreso, barcollando indietro. “Che diavolo ti prende?!” Sbottò soffocato.
Sören non sapeva esattamente cosa diavolo gli stesse prendendo, ma il suo corpo trovò sensato attaccare di nuovo l’altro. Lo fece cadere su una sedia con un semplice colpo mirato al plesso solare che gli tolse il fiato. Poi lo afferrò per il colletto della casacca e gli puntò la bacchetta alla gola. L’altro neppure tentò di difendersi.

“Vogliamo parlare di te, Kiriev?” Chiese, usando il nomignolo che sapeva l’altro detestasse. Glielo aveva detto durante uno dei suoi infiniti monologhi. “Vogliamo parlare di chi va oltre i suoi compiti?”
Il russo lo guardò con occhi allarmati, mentre il sangue sul labbro usciva a bagnargli il mento e il colletto della divisa. “Allontana quella bacchetta!”
“Parlo di quando hai convinto Lily a seguirti, il giorno della Prima Prova…” Lo ignorò, premendone la punta sulla guancia sudata. “Parlo di quando l’hai lasciata da sola in mezzo ai Dissennatori.”
La paura fece fremere i lineamenti dell’altro, e Sören capì che non era solo una supposizione; Lily gli aveva detto che era stato lui ad indirizzarla alla Tenda dei Campioni. Inizialmente aveva pensato che fosse stata lei a costringerlo. Sapeva essere cocciuta.

Ma è il contrario. È lui che ha preso l’iniziativa.
“È … è stata lei a chiedermi dov’eri! Non potevo lasciarla andare da sola… così le ho detto dove ti avevo visto l’ultima volta! L’ho accompagnata, ma poi l’ho persa di vista!”
“Non è vero. Lily conosce i Dissennatori. Non si sarebbe mai mossa per cercarmi, se qualcuno non l’avesse convinta che ero in pericolo immediato. Da sola, per giunta. È impulsiva, ma non stupida.”

Poliakoff rimase in silenzio, ansimando e fissando la bacchetta come se da un momento all’altro ne potesse scaturire una maledizione.  
“Perché l’hai messa in pericolo? Cosa speravi di ottenere?” Lo incalzò.
“Io…” Iniziò quello umettandosi le labbra. Si vedeva come cercasse disperatamente una spiegazione. Sören provò un moto di furia e disgusto.

Ha avuto un’idea balorda e l’ha seguita. Tutto qui.
“Volevo vedere quanto fosse disposta a fare per te!” Sbottò improvvisamente. “Tuo zio… il… il Magister, ha detto che voleva capire che razza di strega fosse. Ed ho pensato, che… non c’era di meglio per valutare il suo attaccamento!”
… tutto qui?
“Hai rischiato la sua vita!” Urlò. Si sentì urlare, e probabilmente l’espressione sgomenta del russo era gemella alla sua. Inspirò, aggrappandosi alla poca calma che provava. “C’erano altri modi e tu non eri autorizzato a fare una cosa del genere.”

Poi gli sovvenne un pensiero.
Il modo in cui sono caduto ed ho perso i sensi. Come se qualcuno mi avesse aggredito…
Poliakoff indietreggiò ancor prima che potesse afferrarlo di nuovo. Non servì a molto comunque, visto che era intrappolato contro lo schienale della sedia.
“Sei stato tu ad aggredirmi?”
L’altro batté le palpebre con aria confusa. “Cosa…?” Articolò.
“Alla tenda dei Campioni. All’arrivo dei Dissennatori qualcuno, approfittando della confusione, mi ha colpito e fatto perdere i sensi.” 
Sul volto però stavolta apparve solo smarrimento. “Non so di che parli!” Esclamò. “Perché diavolo avrei dovuto fare una cosa simile?!”
Non è stato lui?
Sören lo lasciò di colpo, allontanando la bacchetta.
Allora sono semplicemente caduto. Chi altro avrebbe avuto motivo di aggredirmi, altrimenti?  
Nessuno sa di me, di noi.
Poliakoff si aggiustò sulla sedia, rassettandosi l’uniforme. Tentò anche di tamponarsi con il fazzoletto il labbro tumefatto.
Sören provò un modo di disgusto per quel tremante idiota. Non capiva neppure lontanamente in cosa era inciampato. Pensava fosse un onore, servire la causa. E tentava maldestramente di farsi notare.
Quelli come te, finiscono ammazzati…
“Se ti azzardi di nuovo a prendere iniziative personali dovrai risponderne a me.” Gli comunicò tentando di calmarsi. Il fiotto di rabbia che gli aveva annebbiato il cervello era ancora lì, presente. “Io mi occupo di Lily Potter. Nessun’altro.”
Il russo tentò un ennesimo tamponamento della ferita, ma poi ci rinunciò. Si leccò le labbra, con espressione incattivita. “Occuparti… oh sì, te ne occupi sul serio.”  
“Smettila con gli scherzi. Sai che non li tollero. Oltretutto, mio zio dovrà essere informato della tua alzata di ingegno.”
“Scherzo?” Lo apostrofò Kirill sarcasticamente. Non sembrava preoccupato dall’eventualità della delazione. L’aveva anzi ignorata. “Quale scherzo?  È stato forse per scherzo che l’hai tenuta fuori dalla Prima Prova?”
Sören sentì un brivido gelido ghiacciargli repentino la nuca.

Come l’ha saputo?
Poliakoff si alzò in piedi, malfermo. Era evidente che l’adrenalina gli facesse ancora tremare le gambe.
“Io prendo iniziative personali… ma le prendi anche tu, principino.” Non quel nomignolo, pensò Sören sentendo l’ansia montare come una marea. “Pensi che non mi fossi accorto che l’inglesina non era alla Prova? Pensi che non mi fossi accorto che era reduce da un oblivion?” Schioccò la lingua con una smorfia. La bocca doveva fargli male. L’aveva colpito forte. “Non farmi la predica… perché il tuo compito è ingannarla, non proteggerla dai cattivi.” Storse un ghigno. “Abbiamo entrambi i nostri segreti. Ma sta’ tranquillo. Io ti sono fedele, se tu lo sarai con me.”
Sören avrebbe voluto colpirlo di nuovo. No, peggio. Avrebbe voluto ammazzarlo.
Sentì la collera montargli fino a quasi serrargli la gola, quasi fosse una brutta reazione allergica. Strinse entrambi i pugni sentendo il braccio, quel braccio, bruciargli.
Era in collera, ma aveva anche paura. Perché Poliakoff aveva ragione.
Non era un ordine. Era un’iniziativa personale.  
Non ribatté. Uscì dalla saletta, perché sentiva le pareti stringerglisi addosso. Doveva uscire dalla nave. Doveva uscire subito.
 
Camminò come un automa fino ad Hogwarts. Non aveva con sé il mantello e fitto nevischio gli sbatteva in viso. Affondò più volte nella neve e si rese conto che non aveva gli stivali adatti: si era lasciato quelli con cui si allenava.
Non voleva pensare. Pensare non avrebbe dovuto essere concesso ad uno come lui.
Guarda che succede, quando pensi. Iniziative personali? Credere di dover proteggere una tua vittima? Volerle bene?
Le vuoi bene, non è vero?
Si passò le dita trai capelli, tirandole via bagnate da grossi fiocchi di neve mentre varcava il portone ignorando i ragazzi che giocavano in cortile.
Come quando hai giocato con lei a palle di neve? Quello faceva parte del compito?
Sei un egoista. Ti bagni alla sua luce, ti prendi i suoi sorrisi, e cosa le darai in cambio?
Doveva trovare Lily.
Senza rendersi conto di come ci fosse arrivato, si trovò in un corridoio che non aveva mai visto.  
Sembra che la planimetria cambi disposizione almeno due volte al mese.
 
“Signor Luzhin.”

Si voltò di scatto, sentendosi il cuore schizzare in gola. Il corridoio era vuoto, quindi…

Guardò i ritratti appesi e trovò ciò che cercava. O meglio, chi lo stava cercando.
“Buongiorno Preside Silente…” Mormorò, mentre l’urgenza lo spingeva ad andarsene. “Mi scusi, in questo momento sono di fretta.”

Il vecchio mago lo fissò attentamente dietro gli occhiali. Quei maledetti, penetranti occhi azzurri…
Non mi leggono dentro, vero? È solo un quadro. Un quadro.
“Lo vedo, ragazzo mio.” Convenne in tono da conversazione. “Speravo, in verità, avesse un minuto…”
“Ha visto Lily?” Lo apostrofò senza ascoltarlo. Poteva averla vista dopotutto. I maghi ritratti si spostavano continuamente di cornice in cornice.

Solo dopo ricordò che con Lily poteva indicare almeno una ventina di studentesse.
“Lily …” Disse questi meditabondo. “Lilian, la figlia di Harry Potter, presumo.” Indovinò.
“Esatto.” Non aveva tempo per chiedersi come avesse fatto a capirlo al primo colpo. “La sto cercando.” Non riusciva ad accantonare quell’urgenza. C’era; non poteva fare a meno di risolverla. “Sa dov’è?”
“Non ne ho idea.” Confessò tranquillamente. “In ogni caso non si preoccupi, sta bene.”
“Come…?” Non gli aveva fatto una domanda sullo stato di salute. Ma perché allora si sentiva improvvisamente sollevato quasi gli avesse dato la risposta che cercava?

“La sua amica sta bene.” Ripeté l’anziano mago con aria rassicurante. “Ora… se non ha impegni improrogabili, vorrei presentarle una persona.”
Sören corrugò le sopracciglia. Si sentì di colpo piuttosto stupido. Era arrivato lì, animato da una fretta incomprensibile.  
Perché dovrei cercare Lily, quando non ne ho motivo?
Doveva essere stato lo sgradevole faccia a faccia con Poliakoff ad agitarlo tanto.
“Certo…” Si risolse a dire. Del resto gli sembrava scortese non accontentare l’anziano stregone quando era stato disponibile con lui. “Con piacere.”
Silente sembrò deliziato dalla sua risposta. “Ottimo!” Un’ombra si insinuò dentro il quadro. Ad una seconda occhiata, Sören capì che era  piuttosto un uomo interamente vestito di nero. Quando lo riconobbe quasi sobbalzò. “Le presento il Professor Severus Piton.”
 
****
Sala Grande, Poco dopo pranzo.
 
“Lily.”
Lily stava bellamente pensando a tutto fuorché ai venti centimetri per Incantesimi che la aspettavano sul tavolo della Sala Grande, davanti a lei. Quindi sussultò, non aspettandoselo.

“Oh, Tom!”  
L’interpellato le rispose con un cenno della testa. Aveva la borsa piena di libri e probabilmente era lì per il suo stesso motivo. Era forse  l’unico della scuola che in quel periodo avrebbe studiato davvero. “Compiti?” Le chiese.
“Ci sto provando.” Replicò con un sorriso. “Mi fai compagnia?”
Hugo era sparito da qualche parte con Fergus, a trovare il coraggio di invitare ragazze per il ballo. Abigail invece era ancora nel delirio di scelta del vestito. Aveva rifiutato ogni aiuto e si era chiusa in stanza a mandare Gufi alla madre in cerca di nuovi fondi per acquistare quello perfetto. Dunque era sola.

E mi sto annoiando a morte.
“Certo.” Tom si sedette accanto a lei, stupendola di nuovo. Non si aspettava avrebbe accettato l’invito: non studiava mai con qualcuno che non fosse Albus.
Si lanciarono un’occhiata in contemporanea. “Non sei qui per fare i compiti assieme a me, vero?” Indovinò.
L’altro le servì un’espressione innocente quanto quella di un assassino seriale. “Perché non dovrei?”
“Perché chiunque ti deconcentra, Tommy.” Lo canzonò, vedendolo corrucciarsi. “Sai che ti adoro… però è vero. Non abbiamo mai studiato assieme.”
“È il concetto dell’insieme che mi irrita. Perché condividere qualcosa che si dovrebbe far da soli?” Ribatté con sussiego. Lily represse una risatina.
C’era stato un periodo in cui Tom metteva in soggezione chiunque. L’anno prima era addirittura diventato inquietante. Adesso però era diverso. Era sempre il solito allampanato scorbutico, ma si era… addolcito.   
Se glielo dicessi mi ammazzerebbe.
“Beh, sai… se ragionassero tutti come te le scuole non esisterebbero. Faremo tutti lezioni private.”
“Il mio sogno.” Replicò tirando fuori i libri e il necessario per scrivere.

“Che bugiardo…” Gli servì un sorrisetto, disegnando un fiore al lato della propria pergamena. “Ti piace da morire compararti alla massa e uscirne vincitore. Se studiassi da solo sopra chi ti eleveresti, Signor Oltre Ogni Previsione?”
Tom le scoccò un’occhiataccia, ma lo vide anche incurvare le labbra in un sorriso. “La ragazza superficiale con un cervello…” La apostrofò.

“E il misantropo con un indole da romanticone.” Rintuzzò beccandosi uno sguardo raggelante. “Piuttosto, con chi ci vai al ballo?”
Tom fece una smorfia, incrociando significativamente le braccia al petto. “È la domanda standard delle ragazze, in questo periodo?” Chiese con un sorrisetto sarcastico.

Ah, povero Bello e Dannato… 
“Tanti inviti?” Lo prese in giro. 
“La tua metà del cielo è arrivata a tendermi agguati.”
Lily rise, pensando a come Al in quei giorni fosse d’umor nervoso. C’era dunque una spiegazione.“Ci vai con la tua piccola amica tedesca, no?”
“Sì, le farà piacere.” Disse con il tono di  chi l’aveva ripetuto più volte e sapeva di fare una buona azione.

Ah-ah.  
“Sarà lei a fare un piacere a te, visto che non sai ballare.” Abbassò il tono di voce, perché sapeva quanto all’altro bruciasse non essere in grado di fare qualcosa. “Con una dama vera avresti dovuto imparare, no? Probabilmente un undicenne non si aspetta che la guidi sulla pista da ballo… ragazzo astuto.” fece una pausa. "Pensavo ci andassi con Al, però..."
"Con Albus? Ci va con Rose."
"Ci va con Rosie per farle compagnia..."
"Sì, lo so. E quindi?"
Lily sospirò: Tom a volte era proprio un tragico incapace nelle relazioni sociali.
Non puoi fare il bello e misantropo senza essere anche un rincoglionito sociale. Se vuoi la scopa, ti toccan anche gli scossoni.
Tom la fissò di nuovo, stavolta con aria indagatoria. E poi fece la domanda per cui probabilmente le aveva rivolto la parola in primis.

“Posso chiederti una cosa?”
“Potrei mai negarti qualcosa, Tommy?” Scherzò, anche se un po’ era vero. La sua prima, notevole, cotta l’aveva avuta per lui, alla veneranda età di nove anni. E glielo aveva pure detto.  
Anche se l’unico risultato che ho ottenuto è stato vederlo scappare inorridito da Al…
Tom dovette concludere che era davvero disposta a concedergli parola, battute a parte. “Luzhin… tu lo conosci bene.” Esordì.
Lily confermò con un cenno della testa, perplessa. “Sì, certo… perché?”
Tom rifletté. Si vedeva che cercava di formulare la domanda in modo da avere la risposta che cercava. “Ti è mai sembrato strano?” Si risolse infine, con una smorfia scontenta.

“Strano?” Ripeté, sentendo suonare un campanello d’allarme. Allora non era una sua impressione, Tom stava davvero spiando l’amico. “È straniero!”
“No, intendo dire…” Fissò con apparente interesse la copertina del suo libro di Trasfigurazione. “… come se nascondesse qualcosa.”
“Pensi che stia truccando il Tremaghi?” No, non pensava quello, stimò Lily. Certo, Tom era diventato l’assistente di Malfoy e quindi poteva essere quello.
Ma del Torneo in realtà non gliene importa niente

Non era l’unica ad essersi accorta che Sören aveva atteggiamenti singolari, dunque.
Forse siamo gli unici in tutta la scuola. Io perché… beh. Si sa. E Tom, perché è un paranoico.
Ma un paranoico che ha la brutta abitudine di avere ragione.
“No, non è quello.” Disse infatti il ragazzo. “Per esempio, alla Prima Prova…” Esordì.
“Non c’ero.” Lo anticipò subito. “Non ci sono andata.” Tom le scoccò un’occhiata perplessa. “Sì, beh. Mi sono addormentata poco prima.” Scrollò le spalle. Perché adesso la guardava come se volesse dissezionarla? “Che c’è? Sarò stata stanca!”
“Non lo trovi strano?” E ancora. Lily sentì l’irritazione salirle. Non capiva, in realtà, dove volesse andare a parare. E la cosa non le piaceva: di mezzo c’era Sören.

“Vuoi piantarla di ripeterlo? Succedono un sacco di cose di cui spesso non si ha spiegazione! È andata così, non c’è bisogno di guardarmi come avessi fatto qualcosa di assurdo!”
“Non ricordi di esserti addormentata.” La apostrofò l’altro. “Ti sembra normale?”

Lily sentì una spiacevole sensazione di disagio. No, non lo era. Ma aveva accantonato quelle riflessioni perché portavano a ragionamenti che non le piacevano.
Sentì l’impulso improvviso di andarsene. Non voleva entrare nei ragionamenti contorti di Thomas. Gli voleva bene, ma non voleva avere nulla a che fare con la storia in cui era invischiato.  
“Non so che dirti, Tom…”
E dire che quest’estate non vedevo l’ora di essere coinvolta nell’azione. Che cretina. L’azione fa paura.
“Invece penso di sì.” Ribatté afferrandola per un polso, forse percependo il suo desiderio di darsi alla fuga. “Penso che tu abbia capito che Luzhin ha qualcosa che non va. Che sta nascondendo qualcosa… penso che tu possa saperlo meglio di chiunque altro.” E serrò la presa, appena, ma a Lily sembrò di essere bloccata.
“Lasciami andare.” Disse di colpo, senza riuscire a trattenersi. L’altro aggrottò le sopracciglia, cocciuto. “Non ho niente da dirti su Ren. Per quanto ne so io, è un ragazzo perfettamente normale!”
Un ragazzo perfettamente normale spaventato da qualcosa che non c’entra niente con il Tremaghi.

Un ragazzo perfettamente spaventato di cui mi sono innamorata.
La realizzazione – che poi tale non era, lo sapeva già – le fece strattonare il polso via dalla presa dell’altro.
Tom non amava essere contraddetto, lo sapevano tutti. Ancor meno amava che le persone non si comportassero come voleva lui. Cercava di nasconderlo, ma a volte non ci riusciva. Come in quel momento, perché tento infatti di riacciuffarla. “Lily, mi devi ascolta…” Non finì la frase perché la ragazza-che-doveva-ascoltarlo lo schiaffeggiò. A cinque dita.
Tom la guardò sbigottito, bloccandosi nell’atto di incomberle addosso.
“Lascia in pace Ren!” Sbottò, e poi corse via, tra gli sguardi di tutta la Sala.
 
****
 
Lily aveva saputo da Hugo che Sören la stava cercando.
Beh, non proprio.
In realtà il cugino le aveva detto che aveva visto il crucco – Malfoy doveva averlo contagiato con quella sua fissazione di dare nomignoli a tutti – entrare come una furia dentro la scuola. Da solo.
Lily era certa che cercasse lei per il semplice motivo che, se fosse stata una faccenda del Tremaghi, l’amico sarebbe venuto accompagnato dal proprio Direttore. Quindi sì, Ren la stava cercando.
E considerato che non ha ancora imparato ad orientarsi qua dentro, potrebbe pure essersi perso.
Ovviamente mancavano solo una manciata di minuti alle inevitabili prove con il coro della scuola, e lei saliva e scendeva scale ignorando lo scorrere del tempo. Era nervosa: non sarebbe potuta andare alle prove serena se prima non l’avesse trovato, accertandosi che stesse bene.
La colpa era tutta di Thomas, ormai avviato sulla promettente carriera di stalker pazzo.  
Come se Ren centrasse qualcosa coi suoi problemi! Si sono a malapena rivolti la parola in quattro mesi!
Guardò dentro l’ennesimo corridoio vuoto. A quell’ora gli studenti erano tutti nelle proprie Sale Comuni a finire i compiti o fuori ad approfittare degli ultimi minuti prima del buio; la luce invernale dava colori quasi spettrali al castello, disegnando ombre lunghe e scure.
Lily fece un sospiro, rassegnata. Probabilmente l’amico si era arreso prima di lei ed era tornato alla nave.
Si stiracchiò, ritornando alla scale mobili e aggrappandosi con nonchalance ad una particolarmente vivace. Tornò al primo piano, diretta con tutte le sue migliori intenzioni in Sala Grande.
Se tardo un'altra volta il Preside mi trasforma in un canarino per un’intera settimana.
E poi se lo trovò davanti. Sören, non Vitious. L’amico era di fronte ad un muro e lo… fissava?
Lily inarcò le sopracciglia, perplessa. Subito dopo capì che non fissava la nuda pietra, bensì un ritratto.
Lo guardava così ferocemente che neppure si era accorto di lei. Sembrava volerlo strappare e fare in mille pezzi.
“Ren?” Lo apostrofò e l’altro si voltò di scatto, quasi sussultando. “Che stai facendo?”
“Niente.” Sbottò teso, frapponendosi in una frazione di secondo – lo vide quasi pensare – tra lei e il dipinto. “Che ci fai qui?” La accusò quasi.

“Ci studio? È la mia scuola.” L’altro era tremendamente sulle spine, come se da un momento all’altro volesse acchiapparla e portarla via di lì. L’espressione di urgenza era quella, perlomeno. “E poi ho saputo da Hugo che eri qui, in giro. Mi cercavi?”
“Sì.” Confermò quasi con sollievo. “Andiamo, voglio vedere le prove del tuo coro.” E questa era palesemente una scusa inventata sul momento, pensò Lily, dato che lo vide sbirciare gli spartiti che le spuntavano dalla borsa.
“Perché stavi fermo a guarda il vuoto?” Gli chiese senza spostarsi di un millimetro.
“Non stavo guardando il vuoto. Non sei in ritardo?” Sembrava davvero agitato e Lily per un momento pensò quasi di rinunciare. Per un attimo, poi la curiosità la vinse e lo spostò letteralmente di peso. Sören non poteva fermarla, a meno di non costringerla. Lo sapevano entrambi.

Nessuno ferma la mia curiosità divorante.
Nessuno ad eccezione di un dipinto animato raffigurante Severus Piton.
Oh. Per. Tutti. I Troll. Della. Gran. Bretagna!
Ammutolì e fu certa di assumere un’aria assolutamente cretina: James diceva sempre che nei momenti di stupore assoluto sembrava uno scoiattolo arruffato.
James era un idiota, visto che lei non assomigliava a nessun maledetto animale della foresta. Ma comunque.
Severus Piton era lì. Sveglio, quando tutti sapevano che il suo dipinto dormiva da decenni. Sveglio e che la fissava come a pesarla su una bilancia estremamente sensibile.
Lily arrossì. Fece in tempo a far solo quello perché perché l’amico l’afferrò improvvisamente per un braccio. “Ce ne andiamo.” Sbottò rabbioso. Detto questo, la tirò via. Non riuscì a divincolarsi, a meno di non farsi seriamente male.
“Ren! Ehi, lasciami! Aspetta!” Tentò, ripetendolo più volte, ma senza che l’altro gli desse ascolto. Fecero praticamente di corsa le scale che collegavano quel piano all’ingresso di fronte alla Sala Grande. “Mi fai male!” Gli urlò infine, perché era vero.
Solo allora l’altro sciolse la presa, serrando le labbra. “Io…” Iniziò, guardandole il polso, su cui spiccavano cinque segni rossi. “ Scusa… ho…” Ispirò bruscamente. “… ho stretto troppo?”
“Direi!” Esclamò massaggiandosi la parte offesa, incredula. “Se non ti avessi dato retta me l’avresti rotto! Ma non sei capace di dosare la forza?!”

“… non volevo.”
“Lo spero!”
Ren esitò e poi, probabilmente senza rendersene conto, si portò la mano alle labbra per martoriarsi un’unghia. Aveva notato che si mangiava le mani, ma davanti a lei non l’aveva mai fatto.
Stress?
Lily sentì la rabbia scemare. Un pochino, almeno. “Ma che è successo?”
Sören aggrottò le sopracciglia. “Ho avuto una conversazione… spiacevole.” Si risolse a dire. “Ti fa tanto male?” Disse poi, occhieggiandole il polso. “Sono mortificato, non era mia intenzione…” Continuò frettoloso, come se gli avesse appena strappato un braccio per darlo in pasto ad un licantropo.
“Non mi fa male, tranquillo.” Mentì abbassando la manica del maglioncino con indifferenza. “Però non azzardarti a farlo più. Ti assicuro che le fatture Orcovolanti della mia famiglia sono leggendarie.”
Sören le sorrise debolmente e Lily si sentì disarmata. L’amico aveva un’aria così abbattuta, che non ebbe più tanta voglia di fargli milioni di domande.

Con Tom era stato diverso, le sovvenne. Tom si era meritato quel ceffone.
Prendersela con Sören sarebbe stato accanimento.
“Hai avuto una brutta giornata?” Disse invece, mettendogli una mano sulla spalla. L’altro si irrigidì, ma dopo una breve pacchetta rassicurante, le concesse un accennato rilassarsi.
“Sì, direi di sì…” Concordò. “Ho litigato con Kirill.”
“È successo anche col ritratto del Preside Piton?” Tentò, ma l’altro scosse la testa. “No? Perché pareva di sì.”
“È…” Chiuse la bocca e la riaprì. “Non ho voglia di parlarne.” Tagliò corto.  

Ma non era ansioso di sapere tutto su Severus Piton? Come mai adesso sembra il contrario?
“Okay.” Gli concesse senza indagare. Per il momento. “Quindi diciamo che sei venuto per vedermi cantare…” Non ci credeva minimamente. Ma non era quello il punto.
“Sì.” Confermò grato. “Posso?”
Lily sospirò. Tom si era meritato quel ceffone, ma non perché era un pazzo stalker e paranoico.
Ma perché, come al solito, ha una buona parte di ragione. Sì, Ren è strano.
Tommy, ti odio.  
Non voleva pensarci, si disse cocciutamente. Non voleva, punto e basta.  
Tese la mano all’altro ragazzo. “Certo che puoi, e poi canto benissimo e tu dovrai coprirmi di una pioggia di complimenti.” Vide che Sören le fissava la mano esitante. Merlino Benedetto, le persone si prendevano per mano continuamente. “Andiamo?” Gliela tese di nuovo.
Ne hai bisogno, qualsiasi cosa ti sia successa. Non ci vogliono milioni di parole, me l’ha insegnato papà che a volte basta un gesto.
Sören si decise infine ad afferrarla, stringendola piano. Lily evitò volutamente il suo sguardo, perché sapeva che la stava fissando di nuovo come se fossero in mezzo ad un deserto e lei fosse l’unica persona viva sulla terra.
“Forza, che siamo in ritardo!”
Stavolta fu lei a trascinare lui, e andò molto meglio.

 
****
 
Dormitorio Serpeverde. Prima di cena.
 
Tom lanciò uno sguardo tra l’avvilito e l’irritato ad Albus, che stava finendo di scrivere in bella copia la sua relazione di Pozioni. Ignorandolo. La guancia gli bruciava da morire e il suo orgoglio non vessava in condizioni dissimili.
Schiaffeggiato sulla pubblica piazza. Questa mi mancava.
Aveva cercato di trovare solidarietà nel più piccolo, ma Al prima l’aveva guardato come se fosse deficiente, poi gli aveva detto che se l’era meritato. Aggiungendo come postilla, che lui, al posto della sorella, avrebbe lavorato di bacchetta.
“Mi fa male.” Si lamentò, infuriato dalla mancanza di sensibilità dell’altro.
Al gli lanciò un’occhiata dalla piccola scrivania davanti alla falsa - finestra della stanza. Fece un sospiro. “Dai… non è possibile. Sono passate ore.” 
“Invece sì.” Borbottò, tenendosi una pezzuola bagnata sulla guancia, unico conforto che gli era stato concesso. I pugni di Zabini erano stati meno dolorosi.
Forse perché Al ti ha curato subito. Mentre stavolta no.
“È solo uno schiaffo, per l’amor di Merlino!” Fece un sorrisetto divertito e finalmente si alzò dalla sedia, per avvicinarglisi. “Smettila di fare il moribondo sul letto… hai una soglia del dolore ridicola.”
“Non è vero. È tua sorella che ha le mani di uno scaricatore di porto.” Ringhiò, sentendo l’umiliazione montare di nuovo. Se non fosse stata Lily, gliel’avrebbe fatta scontare con gli interessi.

Ma è la piccola, dolce Lily. Nel caso tu ti volessi vendicare, ti troveresti addosso l’ira di metà clan Potter-Weasley ivi stanziato.   
Albus si sedette sul ciglio del letto, scacciandogli la mano con uno schiaffetto e togliendo il fazzoletto ormai asciutto. “Wow.” Ammise. “Bei segni.”
“Appunto. Se mi restano anche domani giuro che…”
“Non dire cose di cui ti potresti pentire.” Lo fermò, alzandosi e cominciando a frugare nei cassetti. L’ordine di Al, persino quando aveva una camera tutta per sé, era tendente al caos. “Dovrei avere una pomata da qualche parte…” Mormorò distratto.

“Le ho solo fatto delle domande.” Riprese il filo del discorso. Non che si fosse aspettato totale collaborazione dalla ragazza, ma perlomeno che convenisse con lui. Il modo in cui aveva reagito però gli aveva comunque dato delle risposte.
Luzhin nasconde qualcosa, se persino Lily diventa nervosa.
Al tirò fuori un barattolo, lanciandolo in aria e riacchiappandolo. “Sapevo di averlo ancora! Sarebbe per le contusioni da caduta, ma andrà bene lo stesso. Dovrebbe ridurre il gonfiore.”
Mi sta ignorando.
“Albus.” Lo apostrofò. “Ti sto parlando.”
“Sì, ti ascolto…” Si risedette, svitando il tappo e cominciando ad applicare la pomata. “Cosa vuoi che ti dica?” soggiunse inarcando le sopracciglia. “A volte, pur essendo intelligente, manchi completamente di empatia.”
“Che significa?” L’unguento aveva un fresco odore di menta e gli diede immediato sollievo. Ringraziò silenziosamente la mania di Al, in quanto Cercatore Serpeverde, di essere più attrezzato di un medimago alla Coppa del Mondo di Quidditch. 

L’altro gli rimise la pezzuola a contatto con la guancia, intimandogli con un gesto di tenerla lì. “Significa…” Iniziò buttando la pomata dentro il cassetto del comodino, totalmente a caso. “… che Lily non ti darà mai retta, anche nel caso remoto condividesse le tue idee sul tedesco.” 
Tom aggrottò le sopracciglia. “Perché non dovrebbe?”
 
Al aveva una gran stima delle capacità deduttive del suo ragazzo. Seriamente.
Però a volte Tom non ci arrivava. Poteva capire i punti deboli di una persona, poteva capire se aveva certi sentimenti per un’altra. Ma poi non si evolveva a comprendere le implicazioni del caso.
Un giorno ci arriverà e diventerà un bambino grande.
“Tom… l’hai detto tu, tempo fa. Probabilmente si è presa una cotta per Sören.” Gli fece notare quietamente. “Quindi qualsiasi cosa cattiva tu dica su di lui, lei la prenderà sul personale. Molto sul personale.”
“Ma le ho solo chiesto se lo trovava strano!”
“… appunto.” Sospirò, perché quella fissazione per Luzhin stava cominciando a diventare pesante. A suo parere, Tom aveva bisogno di trovare un obbiettivo, qualcosa di fisico, qualcuno verso cui indirizzare le sue angosce.

E non una figura inquietante che trama a miglia di distanza…
Luzhin era semplicemente . Ed in effetti era sufficientemente chiuso e sinistro da poter soddisfare i requisiti.
“Ascolta…” Incrociò le braccia al petto, meditabondo. Aveva milioni di cose a cui pensare, ma non appena Tom chiamava, lui le buttava alle ortiche. Forse non era giusto, ma date le contingenze, se ne fregava. “… mettiamola così. L’anno scorso, un sacco di gente si era accorta che eri completamente fuori di testa.”
“Grazie.” Ma lo sguardo si fece attento. “E tu eri tra questi.”
“Già… e ti difendevo davanti a tutti, ti giustificavo. Ti assicuro, non era facile.”  Gli diede un colpetto sul fianco, gentilmente. Tom non disse nulla: ci sarebbero voluti anni, probabilmente, prima di togliergli quell’espressione cupa dalla faccia davanti a certi argomenti. “Non capisci? Se una persona ha dei problemi, e non dico che Luzhin li abbia… chi gli vuole bene tende a proteggerlo. A fargli scudo davanti alla curiosità altrui. Tu hai ficcanasato, e Lily si è chiusa a riccio, perché è sua amica.”

“Sì, ha senso.” Ammise Tom sfiorandosi con una smorfia la guancia offesa. Poi lo inchiodò con uno sguardo di colpo trionfante. “Ma perché difenderlo così aggressivamente, se non ha problemi?”
Albus ammutolì, fregato dal suo stesso ragionamento. In effetti, la reazione di sua sorella era stata esagerata, non da lei. Lily era una ragazza impulsiva, ma non violenta: se passava alle mani, era proprio perché non ci vedeva più dalla rabbia.

Tom, intuendo i suoi pensieri, si tirò a sedere, chinandosi su di lui con un sorrisetto vittorioso. “Allora… le mie fissazioni cominciano ad avere senso?”
Al si umettò le labbra, pensieroso. A lui Luzhin sembrava il tipico studente dell’Istituto, niente di più. Aveva interagito con molti durmstranghiani, prima come Caposcuola, poi come coordinatore di delegazione; erano tutti ugualmente chiusi e poco inclini ai dialoghi rilassati.

Certo è pur vero che con lui ho parlato una volta sola. Per il resto, convenevoli.
“Non lo so.” Concesse. “In fondo siamo tutti molto tesi per quel che è successo alla Prima Prova… e ricordati che Sören è un Campione. Sarà sotto una quantità di stress enorme.”
Tom fece una smorfia insofferente. “Si parla di tua sorella, Al.” Era di certo una bieca tecnica per tirarlo dalla sua parte, ma c’era anche sincera preoccupazione nello sguardo di Tom: era bravo a fingere le emozioni, ma un disastro a nasconderle. “Lily si è legata una persona di cui non sappiamo nulla… e dato i tempi che corrono, dato quel che è successo l’anno scorso con la Prynn… Hai piena certezza che i miei siano soltanto ragionamenti campati in aria?”
Al non ribatté. Forse era il momento facesse due chiacchiere con Sören Luzhin, però.
 
****
 
Devonshire, Casa Potter – Weasley (Il Mulino).
Poco prima di cena.
 
La neve si stava posando in grossi fiocchi nei terreni attorno al Mulino.
Vent’anni esatti prima quel posto era poco più che un rudere, meno di una casa. Harry ci era passato davanti durante una passeggiata con Ginny e aveva pensato che non gli ricordava affatto la casa dei suoi genitori a Godric’s Hollow. Quindi l’aveva comprata.

Dopo un massiccio restauro durato quasi un anno, Ginny vi aveva fatto crescere le giunchiglie¹ più belle e panciute dei dintorni. James era nato alla fioritura dei primi boccioli.
Harry amava quella casa proprio perché non gli ricordava nulla: a vent’anni aveva voluto una vita nuova, non oberata dai fantasmi di quella vecchia. C’era riuscito? Forse.
Osservò pigramente il giardino, adesso debitamente coperto da incantesimi permanenti che impedivano al freddo di far gelare la terra. Posò una mano sul vetro del bovindo e disegnò distratto, seguendo gli arabeschi gelati.
Si sentì abbracciare da dietro. “Ehilà, Signor Potter.”
“Signora Potter…” Le sorrise, voltandosi per un bacio e per offrirle un sorso di the caldo. “Sei arrivata presto, oggi.”
“Non c’è molto da fare in questo periodo…” Ribatté la donna accettandolo con un sorriso. “La stagione sportiva è lontana. Con questo tempo poi, persino il Puddlemere ha sospeso gli allenamenti.”
“Il Puddlemere allenato da Baston?” Chiese un po’ incredulo.

Ginny rise, appoggiando il mento sulla sua spalla. “Diciamo che dopo un certo articolo polemico sui metodi stakanovisti dell’allenatore che hanno causato infreddature a ripetizione dei titolari, il suddetto si è messo una mano sulla coscienza.”
“Incredibile.”
“Vero?” Ginny intrappolò la lingua trai denti, in un’espressione monella che gli ricordò sia la loro adolescenza, sia Lily. “Che dire… a Natale siamo tutti più misericordiosi.”

Harry abbozzò un sorriso, lasciandole il resto della tazza mentre si scioglieva dall’abbraccio e si sedeva sul divano, accanto al fuoco.
Il colloquio con l’agente Gillespie era stato… illuminante. E preoccupante in ugual misura. Non riusciva a smettere di pensarci, nonostante i casuali pensieri dovuti all’atmosfera casalinga, capace di rilassarlo anche dopo la più dura delle giornate.
Ginny gli lanciò un’occhiata indagatoria, a cui rispose con una scrollata di spalle. Non che servì: la moglie infatti  gli si sedette accanto, facendo scivolare le gambe di traverso alle sue.
“Allora.” Esordì inarcando un sopracciglio. “Le mie doti di giornalista sportiva mi dicono che oggi hai ricevuto delle brutte notizie sul lavoro.”
“Non ti si può nascondere nulla…” Sospirò ironicamente. “Ma no, in realtà non sono state esattamente brutte. Ti ho parlato di quel nuovo agente di collegamento americano?”
“Sì, la bella creola.” Ribattè Ginny con sguardo quieto solo in apparenza. Alla sua espressione sconcertata, spiegò. “Come ben sai, mio fratello ha la brutta abitudine di non pensare quando apre bocca. Hermione mi ha riferito tutto. L’ha persino incrociata al Ministero.”

“Ah…” Deglutì a disagio. “Non avevo notato fosse attraente. Davvero!”
“Certo, Potter, certo.” Lo canzonò bonariamente, tirandogli un calcetto. “Comunque sì, ho presente. Continua.”

Harry si schiarì la voce. “Oggi ci ha portato i loro rapporti sulla Thule e… ne abbiamo discusso. È un’organizzazione più ramificata di quanto credessi.”
“Più dei Mangiamorte?” Chiese Ginny, che aveva molti meriti e conoscenze, ma non nella criminalità magica internazionale. Per fortuna.
“Peggio. Perlomeno, i Mangiamorte avevano un capo riconosciuto. Lì prendono decisioni a maggioranza, sono divisi in cellule separate. I livelli più bassi non si conosco tra di loro e…” Prese a raccontare la superfice di quello che aveva saputo. Ma c’era altro.

Il campo delle ‘supposizioni’ dell’agente Gillespie si era rivelato molto più interessante delle informazioni da protocollo.
 
“Abbiamo avuto informazioni da una fonte interna, secondo cui Hohenheim sta prendendo iniziative personali.”
“Personali in che senso?”
“Tutta la faccenda del tuo figlioccio, Harry. È personale. Il primo tentativo era combinato con la trafugazione dei Doni. Appoggiato, dunque. Ma sembra che questo secondo non sia benedetto dalla maggioranza.”
“Significa che agisce alle spalle dell’organizzazione?”
“Non proprio. Il Consiglio sa cosa sta facendo e chi sta impiegando. C’è un infiltrato, nel Torneo, secondo voci…”
“Che voci?” Ron aveva sempre il merito di rivolgere la domanda giusta.

“Sempre il nostro informatore, ma prima che tu me lo chieda Ron no, non conosciamo la sua identità. I suoi Gufi non sono tracciabili.”
“… va bene. Questo informatore vi ha detto che è lui, e solo Hohenheim, che vuole Thomas? Gli altri quindi non sono d’accordo?”
“Gli altri si stanno preoccupando, Hohenheim si sta esponendo troppo. L’anno scorso ha perso uno dei suoi gregari più fidati, Doe… e adesso ha infiltrato qualcun altro, sembra non chiedendo il parere o il beneplacito del Consiglio.” Aveva fatto una pausa. “È un nuovo
modus operandi, quello che sta usando. Non manda una squadra, ma un solo elemento fedele a lui, più che all’Organizzazione stessa. Come ho detto, è personale.”
“Avete idea di chi possa essere l’infiltrato?”
“No, purtroppo. La vita privata di Hohenheim è come una cassaforte di una banca. Inaccessibile se non dal diretto interessato.”
“Non può essersi infiltrato, chiunque sia. Sono stati controllati tutti gli addetti al Tremaghi!” Era intervenuto di nuovo Ron. “Più volte. Gli spettatori, anche. I professori sono tutti regolari dipenti delle rispettive scuole. Da anni! È impossibile che abbia passato i controlli!”
“Allora c’è una falla nella vostra sicurezza.” Vedendo le loro espressioni riottose, Ron in testa, si era affrettata a correggere il tiro. “Oppure si è nascosto maledettamente bene.”

 
“Quindi il padre di Tom è una specie di cane sciolto…” Interloquì Ginny aggrottando le sopracciglia. “Non è una buona notizia, Harry. Tipi del genere sono doppiamente pericolosi.”
“Lo so.” Confermò guardando scoppiare un ciocco dentro il camino. “… ma è anche un vantaggio, da un certo punto di vista. Se la sua organizzazione non lo appoggia più, significa che non lo proteggerà. A quanto mi ha detto Nora, la Thule funziona bene perché è un meccanismo oliato, come un azienda. Ognuno ha un compito.”

“E se qualcuno devia dal compito assegnatogli…” Iniziò la donna.
“… probabilmente prima o poi commetterà un errore che non verrà coperto.” Finì per lei Harry, accarezzandole gentilmente una gamba. “Una volta Luna mi disse che da soli, non si è mai una grande minaccia. Ho sempre pensato che avesse ragione.”
Ginny gli sorrise. “Speriamo sia vero anche in questo caso…”
Harry la baciò di rimando.
Speriamo, sì.
 
****
 
Note:
Eh, non proprio un capitolo allegrissimo. Ma coraggio. Nel prossimo arriva Meike, ci sarà un bel po’ di Teddy ‘Ragione e Sentimento’ Lupin, Rose in assetto da battaglia e si scoprirà che diavolo ha detto Piton al nostro Ren.
Qui la canzone. Ascoltatela, perché personalmente, la adoro. *_*
1.Le giunchiglie o più comunemente narcisi. Ne ho viste nello stesso periodo in Irlanda, e me ne sono innamorata. Qui la foto che ho scattato al St. Stephen Green.
  
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