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Autore: Dira_    10/07/2011    19 recensioni
“Mi chiamo Lily Luna Potter, ho quindici anni e credo nel Fato.
Intendiamoci: niente roba tipo scrutare il cielo. Io credo piuttosto che ciascuno di noi sia nato più di una volta e che prima o poi si trovi di fronte a scelte più vecchie di lui.”
Tom Dursley, la cui anima è quella di Voldemort, è scomparso. Al Potter lo cerca ancora. All’ombra del riesumato Torneo Tremaghi si dipanano i piani della Thule, società occulta, che già una volta ha tentato di impadronirsi dei Doni della Morte.
“Se aveste una seconda possibilità… voi cosa fareste?”
[Seguito di Doppelgaenger]
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'Doppelgaenger's Saga'
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Capitolo XXXVI





We won't say ours goodbyes, we won't break, we won't die
It's just a moment of change
All we are, it's everything that's right.
(All We Are, One Republic)


22 Dicembre 2022
Hogwarts, Vascello di Durmstrang.
 
Sören ormai viveva in funzione della routine cabina-allenamenti-Lilian: era un dato di fatto.
Non che questo lo rendesse impermeabile al trascorrere del tempo; sapeva benissimo che al Ballo del Ceppo mancavano tre giorni e alla Vigilia due.
La mattina dopo infatti sarebbe tornato, via Passaporta, a casa di suo zio. Sarebbe tornato ad Hogwarts solo per il ballo.
Serrò le dita, sentendole graffiare contro il bordo di legno del parapetto della nave; era uscito sopracoperta proprio sulla scia di quel pensiero… soffocante.
Non gli era mai piaciuto tornare a casa per le vacanze. E l’idea di lasciare la scuola inglese, stranamente, lo immalinconiva.
Mentre rimuginava cupi pensieri au contraire attorno a lui c’era atmosfera di festa. Hogwarts era l’apoteosi dello spirito natalizio: il castello era stato decorato da cima a fondo, forse per impressionare proprio loro, gli studenti stranieri.
Lily aveva occupato quei giorni portandolo in giro, mostrandogli orgogliosa le meraviglie – il più delle volte sconcertanti, come armature che intonavano carole natalizie – che avevano trasformato la scuola britannica in un incrocio tra una grotta del profondo nord e un negozio di giocattoli.
Sören aveva trovato alcune trovate infantili, ma poi aveva notato le esclamazioni felici degli studenti più piccoli e aveva capito. Aveva dunque evitato commenti, anche perché  Lily condivideva quell’entusiasmo; aveva infatti passato l’intera settimana a rintronarlo con un fiume di chiacchiere sui suoi natali – dimenticandosi che glieli aveva già illustrati per lettera. Non a lui, naturalmente. Al vero Luzhin.
Era stato… piacevole. La ragazza aveva inoltre preso l’abitudine di prenderlo per mano e trascinarlo in giro come un bambino con un pessimo senso dell’orientamento: se inizialmente ne era stato imbarazzato, alla fine si era semplicemente abituato.
Era egoista, forse. Abbeverarsi a quel modo a gesti che in altre situazioni non gli sarebbero mai stati concessi: sconvenienti per la sua posizione, impossibili per via di chi era.
Non riusciva ad immaginare, difatti, una qualsiasi ragazza prenderlo per mano – per quella mano, poi – sapendo esattamente chi era.
Lanciò uno sguardo alla mole castello. E pensò a quello a cui non aveva voglia di pensare, proprio perché lo faceva infuriare.
Era un sentimento piuttosto nuovo, quella rabbia sottopelle, che improvvisamente usciva dal suo controllo e lo faceva sbottare, o prendere a pugni gente come Poliakoff.
Se il ritratto di Severus Piton non fosse stato tela e colori, probabilmente avrebbe preso a pugni pure lui.
 
… “Le presento il Professor Severus Piton.”
 
Sören era rimasto immobile come uno stoccafisso di fronte all’uomo che ultimamente aveva riempito la sua testa con pensieri inopportuni. Non era riuscito neppure a presentarsi adeguatamente ed era dunque stato Silente a rompere il silenzio creatosi.
“Bene!” Aveva trillato il mago più anziano. “Vi lascio soli!”
E prima che lui o l’altro mago, che sembrava piuttosto contrariato, potessero obbiettare Albus Silente era
scomparso dalla tela.
“… Dov’è andato?” Aveva chiesto stupidamente.
“Dove vanno tutti i quadri quando decidono di lasciare una tela.” Aveva ribattuto Piton lasciandolo comunque nel dubbio. “Così…” La sua voce era piatta, ma non priva di carattere. Era come se la tenesse sotto controllo. Era la voce di un insegnante. “… lei è un Prince.” Aveva concluso.
“Da parte di madre.” Aveva risposto pronto. “È una parentela cadetta, non porto il cognome.”

“Quanti anni ha?”
Si era leggermente rilassato all’incalzare di quelle domande. Ci era abituato. “Diciassette.”
Diciannove.
“Capisco.” Era stata la risposta.“Non ravviso nessuna somiglianza.” Aveva aggiunto poi.

Sören si era morso un labbro, sentendo un’incomprensibile fitta di dispiacere. “È naturale.” Aveva risposto comunque, ragionevole. “Come ho detto…”
“Aveva bisogno di chiedermi qualcosa, mi ha riferito il Preside.” Lo aveva interrotto. Non stava neppure tentando di instaurare una conversazione, neppure tramite convenevoli. Era scortese.

Sören se ne sentì suo malgrado affascinato come lo era stato in principio dai modi scomodamente diretti di Lily. “Non esattamente.” Aveva obbiettato, sentendosi sotto giudizio. Gli occhi di quell’uomo, per quanto fosse solo una parvenza, sembravano esaminarlo nel profondo. “No… in realtà, ho solo…”
“Se non ha domande che richiedano la mia presenza… buona giornata Signor Luzhin.” Lo aveva interrotto di nuovo, voltandosi per andarsene. Sören si era sentito preso in giro: se ne stava andando senza alcun riguardo, semplicemente dandogli le spalle?

“In realtà una domanda la avrei.” Lo aveva fermato. “Naturalmente se non le rubo del tempo.” Aveva aggiunto, e l’ironia l’aveva colta persino il ritratto, perché si era voltato con un sorriso sarcastico.
“Rubarmi del tempo? Le ricordo che sono un quadro.” È un Prince, come me, aveva pensato Sören sentendo una specie di calore allo stomaco.  
Era una sensazione molto diversa dalla rassegnazione che provava quando pensava alla sua famiglia.  
“Beh, Signor Luzhin? Parli. Se io ho tempo, sono certo che lei non possa dire lo stesso. Un Campione avrà molto da fare…”
Sören si era umettato le labbra, ignorando la frecciatina. Lily gli aveva pur detto che non era una persona piacevole.

Ma non pensavo fosse un uomo che parla solo tramite sarcasmo.
“Non ha… mai conosciuto nessuno della nostra famiglia?” C’era molto, troppo che voleva domandargli. Forse era meglio iniziare da un argomento neutro. “Intendo dire, a parte sua madre…”
L’argomento non era sembrato tale al quadro, perché aveva assottigliato lo sguardo. “Signor Luzhin… per i Prince, io ero un bastardo. Pensa veramente che qualcuno di loro sia venuto a portare doni, alla mia nascita? O che abbia cercato contatti, in seguito?”
Sören si era sentito arrossire. Nella sua disperata ricerca di una domanda iniziale, aveva scelto forse la più spinosa. “Naturalmente… io non intendevo. Mi perdoni.” Aveva mormorato. “È solo che non conosco molto del ramo britannico della mia famiglia.”
“Lo stesso vale per me.” Era stata l’aspra risposta. Gli aveva lanciato uno sguardo. La linea amara delle labbra del mago era tesa. Sì, Lily aveva ragione. Severus Piton era un uomo difficile. “Ha altri quesiti a cui non posso rispondere da sottopormi?”
“Perché ha tradito Voldemort ed è passato dalla parte della resistenza?” Era sbottato, e improvvisamente si era reso conto che era quella, l’unica domanda che voleva fargli.

Voleva sapere perché un mago che aveva creduto in un’ideale – non poteva essere altrimenti, Piton sembrava un uomo intelligente, non certo un ottuso gregario – avesse scelto di tradirlo in nome di un’amicizia. Al di là della visione romantica di Lily, lui vedeva altro: un amore non corrisposto non poteva aver fatto fare inversione di rotta alla mente di un uomo perché sì.
Ho bisogno di sapere perché. Il perché.
Il silenzio del ritratto gli aveva fatto arrischiare un’occhiata. Gli si erano bloccate le parole in gola quando aveva visto l’espressione del mago. Era furioso.
“Sono risposte che può trovare agevolmente nella melensa carta straccia scritta in mio onore…” Aveva sputato secco. Alla sua espressione sconvolta, aveva aggiunto. “Non creda che non abbia capito il suo giochetto, ragazzo idiota. Lei non è certo il primo che vuole farsi raccontare le mie gesta in prima persona… anche se, ammetto, è il primo che usa la lacrimevole scusa della parentela.”
“Non è una scusa!” Era sbottato incredulo, serrando i pugni. “Ho davvero sangue Prince!”
“E questo dovrebbe commuovermi? Darle un dispaccio speciale?” Fece una smorfia sardonica. Sören aveva sentito un tremito incontrollabile in ogni fibra nel suo corpo. Mai, mai era stato trattato in modo così sprezzante. Persino Doe, con i suoi lazzi e i suoi soprannomi, aveva saputo quando fermarsi.

“Lei è maldestro, Signor Luzhin. Può aver convinto Silente con questa storiella raffazzonata, ma non me. So benissimo che la famiglia di mia madre, al tempo in cui nacqui, contava solo due eredi in grado di portare avanti la linea di sangue. Mia madre e un fratello. Nessuna sorella che andò a sposarsi Oltre Manica.”
Sören si morse il labbro. Se avesse cambiato la sua versione, sarebbe stato sospetto. Se gli avesse raccontato la verità, sarebbe stato in pericolo.

Aveva quindi dovuto rimanere in silenzio, mentre il mago gli lanciava un’occhiata sprezzante.
Svuota la mente. Prendersela con un quadro è stupido. Non è neppure una persona vera, ma solo una parvenza.
Perché allora a stento riusciva a dominare la collera?
Anche Piton aveva dovuto accorgersene, ma aveva finto di ignorare la sua espressione.“ Pur le avessi creduto, non avrebbe funzionato. Persino la sciocca ultimogenita di Potter ha tentato di venire a conoscermi…” Aveva teso una smorfia. “… fortunatamente le difese dell’ufficio hanno retto.”
“Lily.” Aveva indovinato subito. Una nuova ondata di collera lo aveva scosso. Fantastico: da quando non riusciva più a controllare le proprie emozioni?
Svuota la men…
Al diavolo.
Stavolta l’aveva interrotto prima che aprisse bocca. “Non parli così di lei.”
Il mago era sembrato per un attimo sconcertato. Sicuramente irritato per il suo tono totalmente privo del rispetto che aveva cercato di usare fino a poco prima. “Prego?”
Le illazioni di Poliakoff gli erano tornate alla mente. Era stufo di essere preso in giro, ingannato, tenuto all’oscuro. E la colpa di fare la stessa cosa a Lily lo stava rodendo vivo.

“Ho detto…” Aveva sbattuto una mano contro il muro per non fare a pezzi il quadro. “Non si azzardi a parlare così di lei!”  
Poi, quasi fosse stata chiamata, era apparsa Lily.
 
Si era comportato in modo incomprensibile persino a sé stesso. Piton era stato sgradevole, ma non l’aveva insultato. Aveva semplicemente supposto che lo stesse prendendo in giro.
Ha davvero fatto finta di non notare le nostre somiglianze? Le ha riconosciute persino Albus Silente!
Non riusciva a capire se fosse rimasto più scottato dalle insinuazioni alla sua persona o da come l’altro mago avesse apostrofato Lilian. Forse da entrambe.
Forse è meglio che il mio soggiorno ad Hogwarts sia al termine…
Quest’atmosfera mi sta corrompendo. Scoppi d’ira così non ne avevo mai avuti. Mai.

“Luzhin.” Si sentì chiamare. Si voltò per trovarsi di fronte Dionis Radescu.
Replicò con un cenno della testa, in allerta.  
“È arrivata una consegna per te da Hogsmeade.” Gli porse un pacco. Sören lo prese: per quanto avesse trovato urticante la conversazione con Piton, aveva seguito l’unico suggerimento che gli aveva dato.
Sono risposte che può trovare nella melensa carta straccia scritta in mio onore…
“È un libro?” Chiese l’altro curioso.
Decise che non rischiava nulla a rispondergli. “Sì. Non era nella biblioteca della nave, così ho dovuto ordinarlo alla libreria del villaggio.” Scartò l’involucro e ne tirò fuori, un po’ sconcertato, un grosso volume dall’abbagliante copertina fucsia.
Radescu ebbe una specie di spasmo alle labbra, tremendamente simile ad una risatina.  
Sören gli scoccò un’occhiataccia. “E’ la biografia di Severus Piton, curata da Rita Skeeter.” Spiegò. “Mi è stato detto che è la più completa sull’argomento.”  
Il rumeno prese un’aria divertita. “Se ami la cronaca rosa…” Notando la sua espressione confusa, inarcò le sopracciglia. “Non conosci la Skeeter? È una giornalista di qui, molto famosa. All’estero però credo sia conosciuta più come biografa. Ad esempio, ha scritto la biografia, per quanto non autorizzata, di Krum. Viktor Krum?” Alla sua aria poco colpita sospirò. “Comunque… il suo stile non è obbiettivo.” Vedendolo infine corrucciarsi, aggiunse per buona misura. “… ma è indubbio che i suoi libri siano molto minuziosi.”
Sören annuì, incartando malamente il libro. La copertina era un’offesa per gli occhi.
Non capisco…

Radescu stava lì, e stava chiacchierando con lui come se fossero compagni.
Cosa vuole da me?
“Mi stai spiando?” Sbottò. Avrebbe dovuto essere più sottile, ma al momento non era dell’umore.
L’altro serrò le labbra. “No.” Ribatté secco. “Comunque, di che ti preoccupi? Non è come se ti denunciassi agli auror.” Indovinò i suoi pensieri. “La delegazione è tutta sotto Voto Infrangibile. Ma immagino tu lo sappia.”
No, non lo sapevo – pensò Sören sbalordito. Non che fosse colpa sua, la spada di Damocle che pendeva su quei ragazzi, naturalmente, ma…

Perché stiamo coinvolgendo tutte queste persone? Per una singola persona mettiamo a rischio tanta gente? Studenti?
La Thule non si è mai comportata così. Cerchiamo sempre il risultato senza meno complicazioni.
E qui sono pieno di complicazioni.
“Una precauzione ulteriore…” Continuò intanto il ragazzo. “Sanno tutti che noi allievi, oltre ogni cosa o persona, siamo fedeli al Direttore e alla scuola.”
Durmstrang über alles¹.
Sören ricordava il motto dei suoi sette anni all’Istituto. Era naturale che Radescu, allievo parte dell’élite, fosse devoto a tale principio come un soldato lo sarebbe stato al proprio comandate; Durmstrang era piuttosto famosa per la sua disciplina ai limiti del marziale.
Entri in un’età dove sei estremamente malleabile, psicologicamente parlando. Vi resti per sette anni, con contatti minimi con il mondo esterno…  
Una simile forma mentis avrebbe potuto toccarlo, certo. Se non avesse avuto suo zio e la Thule.
Io ho una fedeltà primigenia. Solo a quella rispondo.  
Non riusciva a capire però perché Radescu non lo guardasse come facevano gli altri. Non aveva il dovere di essere amichevole con lui.
“Perché?” Gli chiese. Ultimamente era una domanda che rivolgeva spesso. “Perché sei gentile con me?”
Il rumeno gli scoccò un’occhiata indecifrabile. “Tu non sei come Kirill.” Disse. “Kirill è avido e gretto. È un ratto.” Sören non rispose. Del resto gli dava ragione su tutta la linea. “Ti ho osservato.” Continuò. “Non ho la presunzione di capirti… ma ho capito questo. Tu sei fedele. E lo saresti a discapito della tua vita.” Fece una breve pausa, tirando un sospiro. “Questo devo rispettarlo.”
Sören batté le palpebre, colpito. Il rumeno annuì, quasi a rafforzare la precedente affermazione. “Te l’ho detto. So riconoscere un guerriero quando ne vedo uno…” Poi si fermò, aggrottando le sopracciglia.
Stava per pronunciare il mio nome, ma non vuole usare quello falso..
“Mi chiamo Sören. Il mio vero nome, intendo. È … Sören, lo stesso.” Mormorò. 
“Sören.” Confermò quello. Lanciò uno sguardo al castello. “Spero che, per quanto i tuoi fini siano altri, terrai alto l’onore di Durmstrang. Dopotutto, sei stato uno di noi.”
Si trovò ad annuire. “È mia precisa intenzione.”
L’altro gli fece un cenno della testa, un commiato. “Buona lettura.” Aggiunse, indicando il libro. Poi rientrò sottocoperta.  
Sören sospirò.  
 
****
 
Londra, Ministero della Magia.
 
“Ti ringrazio per essere venuto…”
“Figurati Tom, ci mancherebbe altro!”
Tom fece un mezzo sorriso alla figura del padrino, appena uscito da uno dei tanti ascensori del Ministero.
Sopportò di buon grado la pacca maschia che ne conseguì: non avrebbe mai apprezzato simili dimostrazioni, ma poteva fingere di farlo.

Era il minimo se Harry perdeva tempo ad accompagnarlo fino all’ufficio del Trasporto Magico, sezione Passaporte, dove avrebbero riscontrato Meike in arrivo dalla Germania.
Harry lo affiancò, passandosi stancamente una mano dietro la nuca. Aveva l’aria di chi stava pensando a tutt’altro: lo poteva capire. Al di là della quieta contentezza che provava all’idea di rivedere quel folletto teutone, non dimenticava l’episodio con Lily di pochi giorni prima.
E se persino Albus non ha tentato di dissuadermi dalle mie ‘deliranti idee’ stavolta… se l’ho convinto…
“Allora, come va a scuola?” Chiese il padrino, facendogli cenno di entrare in uno degli ascensori appena liberatisi. Dettò il piano al funzionario addetto e poi gli scoccò un’occhiata.
“Bene… nulla di diverso dall’ultima volta che ci siamo visti.” Scrollò le spalle, togliendosi la sciarpa e piegandola accuratamente nella tasca del cappotto. “A parte l’aumento esponenziale di decorazioni, si intende.”
Harry ridacchiò. “Ah, mi ricordi i Natali ad Hogwarts… magici!”
“Mh.” Non commentò di rimando; tutta quell’overdose di colori, luci e carole natalizie non erano nelle sue corde, e questo sin da bambino.

Forse è il trauma delle molteplici festività alla Tana?
Naturalmente Albus era elettrico, da bravo adepto del Clan: da giorni trotterellava in giro per i sotterranei con un maglione con un grosso abete sopra; né lui né Zabini erano riusciti a dissuaderlo dall’indossarlo.
La cosa peggiore è che nessuno lo prende in giro. Con tutte le cariche che ricopre gli altri sono terrorizzati dall’eventualità che tolga punti a Serpeverde per ‘oltraggio a scolastico ufficiale’.
… preferivo quando lo prendevano in giro.
“Lils… uhm. Lei come se la passa?”
Tom lanciò un’occhiata interessata al padrino. L’uomo aveva la solita espressione di tranquilla gentilezza stampata in faccia, ma vide un leggero nervosismo trapelargli sulle labbra.

“È molto eccitata per il Ballo, come puoi immaginare…” Osservò neutralmente, spiandone le reazioni. “… del resto, andrà accompagnata dal Campione di Durmstrang.”
“Sì, lo so, non parla d’altro da un mese.” Si schiarì la voce. “Sai, non conosco il ragazzo… che tipo è?”

Ho già sentito questa domanda… vediamo, dove? Ah, sì. Da me.
Solo che qui è semplice gelosia paterna, palese e terribilmente tale.
Sospirò: Harry aveva già troppe gatte da pelare, senza i suoi sospetti volatili su Luzhin: e poi, a dirla tutta, aspettava il parere definitivo di Albus sulla faccenda. Sapeva sarebbe arrivato presto, ora che aveva messo la pulce nell’orecchio dell’altro serpeverde.
“Luzhin è… riservato.” Eufemizzò. “Al di là dei meriti che lo hanno portato a ricoprire la sua posizione dicono tutti sia piuttosto noioso.”
Harry sembrò rilassarsi. “Noioso?” Chiese però confuso; conoscevano entrambi Lily: poteva essere una ragazza cordiale con tutti, ma in genere non mostrava particolare interesse per tipi alla Percy Weasley.
“Non è tipo da stare al centro dell’attenzione come Malfoy, ecco tutto.” Ghignò del sorrisetto divertito dell’uomo. “Comunque sta soprattutto con Lily e i suoi amici, non lo conosco bene.” Harry gli fece un sorriso di assenso, mentre le mascelle meccaniche dell’ascensore si aprivano con un cigolio.
Il Dipartimento del Trasporto magico era … spazioso. E l’aggettivo non gli rendeva giustizia, dato che serviva come punto di arrivo e di partenza per tutte le Passaporte Nazionali per la e dalla Gran Bretagna. Non essendo facile ottenerne una – chili e chili di scartoffie burocratiche – i viaggi oltre Manica era piuttosto rari, e organizzati sempre in gruppi. Quella di Meike era la Passaporta da Schwerin² delle undici e mezzo. Guardò l’orologio.
Una decina di minuti… 
Harry lesse l’ora sporgendosi dalla sua spalla. “Oh! Manca poco…”
“Già.”

Il padrino lo condusse attraverso un grosso arco di pietra; passatolo, si aprì davanti a loro un’enorme superficie, grande come la sala d’ingresso di Victoria Station. Anche le piattaforme d’attesa ricordavano vagamente quelle di una stazione: solo che al posto dei binari c’erano quadrati erbosi riempiti di cuscini.
Continuo a pensare che i trasporti magici dovrebbero essere decisamente aggiornati.  
Meike non aveva mai preso una Passaporta internazionale: l’atterraggio non sarebbe stato dei migliori. 
“Ecco… quella dovrebbe essere la piattaforma dalla Germania.” Indicò Harry con aria incerta. Arrivati risultò fortunatamente essere quella giusta.
Tom diede un’ennesima occhiata al suo orologio babbano, ignorando il sorrisetto benevolo del padrino.
Sette minuti…
Il giorno prima, finalmente, era arrivata una lettera da Cordula. Ovviamente poche righe, ma aveva avuto il potere di farlo infuriare e preoccupare in ugual misura.
Quando l’aveva tradotta per Albus perlomeno aveva avuto supporto altrettanto veemente.
 
Caro Stronzetto,
ti sembra che abbia valuta magica? Come diavolo hai potuto pensare che potessi pagare un gufo per risponderti?
Per fortuna Meike aveva qualche spicciolo e così ecco qua.
Si trova male a Durmstrang e quindi sì, voglio che si trasferisca da voi il prossimo anno. Non dare retta alle palle che si inventerà.  

So che te ne occuperai, perché ti conosco.
Stammi bene, stronzetto. E buon Natale.
Cordula

PS: Salutami il tuo ragazzo, la famiglia e quell’eroe.  
 
La vecchia Wollin aveva avuto il dono, in poche righe, di riassumere mesi di lontananza.  
E mi conosce ancora alla perfezione.
Toccò con la punta delle dita la lettera, dato che l’aveva messa in tasca; non pretendeva di conoscere gli usi e costumi di Durmstrang – quel poco che sapeva era per sentito dire, sui libri si trovava ben poco a proposito dell’Istituto. Ma era chiaro che i suoi dubbi circa la politica che la scuola nordica usava con le minoranze magiche erano fondati.
Ancora una volta, ho ragione.
Guardò di nuovo l’orologio.
Cinque minuti. Ma che diavolo ha che non va il tempo?
Fece uno sbuffo spazientito, ovviamente udito da Harry, che ridacchiò.
“Non essere impaziente…” Lo ammonì scherzosamente.
“Non lo sono.” Replicò secco. “Ci sono novità sul caso?” Chiese per farlo smettere di sogghignare. L’uomo infatti perse il sorriso e prese un’aria attenta.
“Sì, in effetti.” Sospirò. “Pare che le tue sensazioni sulle intenzioni di tuo padre non fossero sbagliate. È una cosa personale.”
E tre. Ultimamente sono pieno di ragione.
Si sentì correre un lungo brivido ghiacciato lungo la schiena.  

Assentì quieto, lisciando le frange della sciarpa verde-argento. Erano tremendamente attorcigliate… e quella era una macchia di cioccolato?
Fantastico. Ho preso quella di Al.

“Non sappiamo ancora perché tua padre sia così ossessionato da te.” Aggiunse l’uomo. “O meglio, è immaginabile. Sei suo figlio…”
“Allora perché concentrare gli sforzi solo adesso? Diciott’anni fa³ non lo ero?”
“Forse perché ti ha trovato, solo adesso. Ricordati che sei cresciuto nel mondo babbano…”

“Di questo non potrò mai ringraziarti abbastanza…” Fece una pausa all’aria sbigottita dell’uomo. “… odio il rock magico.”
Harry scoppiò a ridere e Tom suo malgrado sorrise. Detestava quando gli altri si preoccupavano per lui.
Mi irrita.
Un improvviso lampo squarciò la piattaforma e dovettero distogliere lo sguardo, abbacinati. Quando Tom si riabituò a non sentirsi cieco, sentì una vocetta sopra tutte. Che chiamava il suo nome.
Si alzò di scatto in piedi, mentre la figurina bionda di Meike si liberava dell’impaccio di due grossi cuscini per corrergli incontro, mollando dietro di sé armi e bagagli.
Sì, era il suo folletto di Rügen: capelli biondi, milioni di lentiggini ed enormi occhi verdi. C’era tutto, come se non fossero passati che pochi giorni da quando gli saltellava attorno chiedendogli di scaldarle l’acqua dell’oceano.
Fu preparato all’assalto dell’undicenne. Si chinò per afferrarla e tirarla su e fu gratificato da una risata contenta. Quando la strinse – c’era ovviamente un motivo per quel suo slancio affettuoso fuori copione - sentì quant’era magra sotto i vestiti.

Darò fuoco a Durmstrang – pensò ferocemente, mentre si faceva arpionare il collo dalle braccia della bambina. “Tom!” Gli strillò nelle orecchie. “Sei venuto! Mi sei mancato tanto! Il viaggio è stato stranissimo! Hai visto come sono atterrata bene?” Continuò in un fiume di tedesco che cercò di assorbire frastornato. “Dicono che la prima volta ci si fa un sacco male!”
“Sì, sei stata brava…” Convenne dandole una pacchetta sulla schiena. Era troppo magra. Non poté analizzarle l’anatomia del viso, dato che lo teneva saldamente conficcato nella sua scapola, ma aveva già la sua diagnosi. Durmstrang l’avrebbe pagata. “Hai fatto buon viaggio?”
“Te l’ho detto! È stato troppo strano! Però mi è piaciuto!” Replicò, tirandogli una ginocchiata nelle costole tentando di assestarsi. Avrebbe dovuto far notare a lei – ma anche ad Al – che non c’era bisogno di procurargli lividi e abrasioni per dimostrargli affezione.

Non adesso però.
Vide con la coda dell’occhio Harry con il sempiterno sorrisetto urticante prendere i bagagli. Lo ignorò; in compenso la bambina finalmente si degnò di guardarlo in faccia.
Cordula doveva averla rimpinzata fino al collasso, ma comunque non aveva potuto riempire le guance che ricordava molto più piene e lentigginose.
“Tom!” Emise contenta. Immediatamente dopo gli occhi le si riempirono di lucciconi e prese a singhiozzargli sulla spalla.
Cosa diavolo…
Lanciò uno sguardo preoccupato al padrino – terrorizzato, lo avrebbe poi descritto Harry alla moglie, la sera stessa.

“Meike, cos’hai? Ti senti male?” Chiese, senza avere risposta. Forse era per la materializzazione? Si era fatta male?
Harry si avvicinò, accarezzandole la testa solo come i padri sapevano fare, “È solo stanca… È stato un lungo viaggio, non è vero?” La bambina fece un piccolo assenso, tirando su con il naso. “Forse è meglio se la portiamo subito a casa dei tuoi…” Aggiunse.
Tom annuì, e nonostante le sue braccia non fossero fatte per portare bambine piangenti, glissò e seguì il padrino verso gli ascensori.

Persino arrivati alla macchina Meike si rifiutò di mollare la presa e così non gli restò che sedersi dietro con la bambina sulle ginocchia, quando di solito preferiva il sedile accanto al guidatore. Da solo.
“Cos’ha?” Chiese al padrino una volta che si fu addormentata, all’altezza di Claygate: dopo un paio di commenti sui campi sotto di loro che sembravano coperte patchwork, gli aveva posato la testa su una spalla ed era crollata di botto.
Era una fortuna che la delegazione di Durmstrang fosse ancora ad Hogwarts.
Così potrò affatturare quel figlio di puttana del loro Direttore. Non era presente? Non ha importanza.
Uno paga per tutti.
Harry gli lanciò un’occhiata poi sorrise alla sua aria temporalesca. “Troppe emozioni, penso. È tanto tempo che non ti vede, dopotutto.”
“Ridicolo. È chiaro invece che Durmstrang l’abbia traumatizzata.”
Harry ridacchiò. “Ha undici anni … e forse sì, non si è trovata bene. Ma le passerà, ora che è con te.”
“Non tornerà laggiù.” Replicò serrando la mascella; Cordula gli aveva dato un compito e di certo non aveva intenzione di disattenderlo.

Dovessi mettere sotto imperio qualcuno.
Harry gli lanciò una seconda occhiata. “Al mi ha già parlato della sua situazione. Faremo il possibile.”
“Non è abbastanza.”
L’altro alzò gli occhi al cielo. “Lo sarà, Tom… ora pensiamo a farle passare delle belle vacanze.”

Suo malgrado, dovette acconsentire.
“Cerchiamo di passarle tutti…” Aggiunse  con un sospiro. Tom non rispose subito, preferendo assestare Meike su una posizione più comoda. Per entrambi. Ci rifletté, e non se la sentì di fare il cinico.
“Faremo del nostro meglio.”  
Harry gli sorrise.

****
 
“Ehi, Malfoy!”
Scorpius si voltò, rischiando di perdere l’assetto e ruzzolare giù per le scale che collegavano la Torre al Sesto Piano.
Ma del resto, se era Rose a chiamarlo, era disposto anche a fratturarsi un osso. Più o meno.

Si voltò dunque.“Ehi Rosie.” Sorrise di rimando. “Finite le lezioni?”
Quel giorno era ufficialmente terminato il trimestre. Scorpius si sentiva di umor allegro, anche se il suo assistente aveva lasciato il castello anzitempo portandosi dietro gli appunti che avevano preso.

Mostro il cuore non gli occhi. Nel mio cuore, al momento, c’è molto odio per Dursley.
La ragazza annuì. “Sì, Aritmazia era l’ultima… Il professor Finch -Fletchley ci ha caricato di compiti.”
Scorpius annuì, chiedendosi perché Rose avesse comunque l’aria soddisfatta. “Uhm, sei contenta per la mole di compiti?” Indagò.
Rose fece una risatina divertita. “Non esagerare, neanche io sono così secchiona.”
“Giuusto… quindi?”
“Non noti niente di diverso?” Chiese con un sorrisetto incoraggiante. Scorpius la scrutò, cominciando a sudare interiormente.

Per tutti i troll. Quando le ragazze dicono così c’è sicuramente qualcosa. Solo, cosa?
Forse i capelli? No, non mi pare… e non porta più quella trappola babbana ai denti, l’ha tolta al Quarto anno. Quindi…  
 
Rose guardò divertita l’espressione di Scorpius accartocciarsi nel dubbio. “Taglio di capelli nuovo?” Tentò angosciato. Alla sua espressione, aggiunse in fretta. “Oh, ti prego, non odiarmi! Non ne ho idea!”
“Deficiente, non ti odio per così poco…” Sospirò, sentendosi improvvisamente a disagio. Non era stato facile averlo trai piedi in quelle settimane volendolo ma dovendo aspettare, come per ogni buon piano.

La mia attesa è finita, domani torno a casa. Papà non potrà sfuggirmi.
“Okay… dunque.” Borbottò l’altro contrito. “Dai, cosa? Non ci arrivo!”
“Va bene, ti do un indizio. Petto.”
“… ti sei incantata le tette?”
Rose non seppe se scoppiare a ridere o ucciderlo a colpi di borsate sui denti. Tirò un lento sospiro, poi indicò la porzione di stoffa sotto lo stemma di Grifondoro, dove faceva mostra una nuova spilla, ben più grande e con diverse iniziali rispetto a quella di prima.

Caposcuola!” Esclamò l’altro, colto finalmente da illuminazione. “Sei diventata Caposcuola!”
“Ho una buona media ed ero già un Prefetto. Praticamente ho spazzato via la concorrenza.” Spiegò, quando in realtà la concorrenza non si era neanche fatta viva.

La candidatura più facile della storia della scuola. Il Preside mi ha quasi ringraziata.
Scorpius le fece un gran sorriso. “Ottimo lavoro Weasley!” Poi fece un buffo movimento indeciso. Era chiaro volesse abbracciarla, ma c’era quella cosa della pausa addizionata dal fatto che doveva fare il principe azzurro irraggiungibile.
E poi, siamo inglesi. Non abbracciamo granché.
“Malfoy, non stiamo assieme, ma siamo amici.” Ribatté, complimentandosi per il tono colloquiale che le uscì. “Penso che un abbraccio di congratulazioni vada bene in questi casi.”
Scorpius sembrò rilassarsi, e la strinse stupendamente a sé. Per quanto avesse mediamente le mani gelate, sapeva abbracciare come nessun altro.

Beh, suppongo il fatto che voglia mettergli le mani addosso aiuti…
Si beò virtuosamente del contatto e ignorò elegantemente il suo bisogno di baciarlo a morte quando si staccarono. “Allora… domani torni a casa?”
Scorpius annuì. “Potevo anche restare qui per il banchetto della Vigilia, ma voi non restate e mia nonna ci tiene che ci sia per le feste. Poi sai, scartare i regali a mezzanotte da noi è una specie di rito. Un po’ ingessato, ma siamo tutti ingessati. Siamo Malfoy.” Blaterò come suo solito.
Rose ascoltò a metà, anche perché aspettava solo l’imbeccata. Passò quindi le dita sulle cinghia della borsa. “A questo proposito… io vado domattina, e visto che stasera in Sala Comune ci sarà tutta Grifondoro…” si schiarì la voce all’aria perplessa dell’altro. “Vorrei darti il mio regalo. Adesso.”

“Regalo…” mormorò l’altro. Poi gli occhi gli si accesero di una luce maniacale.
Bingo.
Era universalmente nota, dalla Vigilia prima, l’autentica fissazione che Malfoy aveva per i regali di Natale.
Ed io ho intenzione di sfruttarla.  
“Pensavo me li mandassi per posta come gli altri!” Esclamò, puntandole la borsa come un segugio da caccia. “Ma va bene lo stesso! Anzi, meglio! Posso aprirlo ora?”
Rose sospirò con aria paziente, come se fosse indecisa, frugando nella borsa. “Dovresti aspettare …”

“Va bene comunque, se mi dai il permesso!” La fermò. “Posso assicurarti che è una legge non scritta del Natale!”
“Che bugiardo.” Sbuffò, poi gli tese il pacchetto. “Va bene, dai. Ma vedi di trovarmi un regalo adatto da spedirmi via Gufo.” Aggiunse, mascherando l’ansia all’idea che non glielo avesse fatto.

L’altro si congelò, con la mano tesa.
Come pensavo, visti gli ultimi sviluppi è normale… - pensò, sentendo un dolore sordo al petto.
“Il tuo regalo!” Sbottò invece l’altro. “Hai ragione! Vado a prendertelo! Così ce li scambiamo!” Annunciò, prima di voltarle le spalle e scappare verso la Torre di Grifondoro.
… okay. È pazzo.
Rose dovette frenarsi da ridere dal sollievo: c’erano un po’ troppi ritratti che avevano seguito il loro scambio di battute con aria interessata.
Non fece in tempo a chiedersi se si fosse ammazzato per le scale a chiocciola del dormitorio, che l’altro tornò col fiatone e un pacchettino stritolato in mano.
“Eccolo!” Annunciò trionfante. “Te l’ho… ehm, comprato mesi fa.” Aggiunse per buona misura, perché lei lo stava ancora corteggiando.
Argh.
“Okay… ed ecco il tuo.” Glielo tese, prendendo poi il maltrattato pacchetto. “Inizia tu.”
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte: si liberò della carta con una furia primitiva.

Tipica dei bambini viziati…
Non riusciva a trovarlo un difetto, neppure quello.
Stadio terminale.
“Sono occhiali, Malfoy…” Sospirò all’aria perplessa quando li tirò fuori. “Occhiali da sole babbani.” Specificò mentre questo cercava di pulire le lenti, ignaro del fatto che non fossero sporche, ma nere. “Servono durante le giornate di sole. Visto che ti ostini a stenderti a pelle d’orso sull’erba senza nessuna protezione…” 
Scorpius, capitone la funzione, li indossò immediatamente. “Sono meravigliosi!” Esclamò. “Non ci vedo un tubo, li indosserò per il Ballo!” Aggiunse senza logica. “Saranno perfetti con il completo.”
Ah, ecco. Il completo meraviglioso che nessuno ha ancora visto. Tremo.
“Si usano all’esterno, non dentro un castello.” Glieli raddrizzò, sentendo un’ondata d’affetto sommergerla. La tacitò a colpi di forza interiore. “Comunque non credo che la tua dama apprezzerebbe …”
Quella vacca francese.
“Ma tu sì!”
Seguì un silenzio scomodo. Rose ebbe l’impulso di sbattere la testa contro il muro.
Non dirmi certe cose quando poi vuoi che stiamo lontani, stupido idiota!
“Malfoy…”
“Scusa.” Intuì, avendo il buon gusto di sembrare imbarazzato. “Non apri il tuo?” chiese poi, pieno di aspettativa. Rose sospirò, glissando sul battito accelerato del cuore. Scartò il pacchetto con la stessa furia – okay, forse Malfoy non era viziato.

Era una collanina con un ciondolo smaltato di bianco, e il ciondolo era a forma…
“È un fiore di cactus. Prima di andare in gioielleria mi sono informato sulla forma. Insomma, non è un fiore che si usa molto, per… le collane.” Borbottò l’altro, sempre con quegli stupidi occhiali addosso.
 
Il Piano di Violet prevedeva che Rose avrebbe finito per sedurlo, o saltargli addosso. Lui, allora, magnanimo – e interiormente felicissimo – avrebbe acconsentito. Risultato: storia vissuta alla luce del sole e vissero tutti felici e contenti.
‘Vedrai Scorpius, la tua Weasley non potrà resistere a lungo… e non sarai tu, stavolta, a corrergli dietro come un povero scemo. Certo, poi forse tuo padre ti diserederà…’
Il resto del discorso non l’aveva ascoltato. 
Il problema di tutta la strategia, Scorpius se n’era accorto solo dopo, era uno.
Non abbiamo calcolato la fibra morale di Rose.
Gli aveva promesso che avrebbe messo le cose a posto con suo padre, prima di riprendere la loro storia.
Sfortunatamente quel cavolo di pel di carota si è reso irrintracciabile!
Il che significava che lui non poteva riprendersela perché aveva messo su tutto quel teatrino e lei non si sarebbe mossa finché non avrebbe risolto le cose con quel rompipalle.
Tradotto. Più di un mese.
Non che non avesse accolto volentieri quella pausa: gli era servita per far chiarezza dentro di sé.  
Anche sa avrò un suocero orripilante, so che è lei la donna che voglio accanto per il resto della mia vita.
Anche perché solo la donna della sua vita avrebbe guardato quel ciondolo con gli occhi pieni di lacrime.
“… ti piace?” Chiese, sapendo bene la risposta. Le donne non piangevano quando detestavano un regalo. Quelle che aveva conosciuto lui, di solito te lo tiravano in testa o lo distruggevano a parole.
“È… ehm.” L’altra si schiarì la voce. Tre volte. “Devo andare.”
“Non lo indossi?” Le chiese. “Ti aiuto ad allacciartela se vuoi!”

“Devo. Andare.” Scandì stringendo la collanina in pugno e poi scappando a gambe levate in direzione opposta alla Torre. Curiosamente, verso i sotterranei.
Ah, dove c’è mini – Potter. Una chiacchierata tra ragazze è un buon segno, giusto?
… non è che ho sbagliato a questo giro?
 
****
 
Albus si stiracchiò, risalendo la via dai sotterranei all’ingresso principale.
Rose era la sua cugina preferita ma a volte ricordava perché fossero in Case diverse; in effetti, soltanto una grifondoro avrebbe potuto irrompere nella Sala Comune di Serpeverde chiedendo di lui come se fosse questione di vita o di morte, salvo poi rivelarsi banali problemi di cuore.
Pensavo che Zabini l’avrebbe affatturata. Odia quando viene interrotto durante una partita a scacchi.
Si era davvero rischiato l’incidente diplomatico, ma per fortuna un paio di scuse a Michel e l’aver trascinato Rose in camera sua, ben lontana da qualsivoglia serpeverde, avevano risolto la faccenda.
Malfoy è un sadico comunque… darle un regalo del genere e poi volere solo amicizia?
Forse dovrei farci una chiacchieratina…
Non che avrebbe funzionato; l’altro grifondoro era repellente a qualsivoglia minaccia o avvertimento.
O non sarebbe amico di di quella capra di Jamie.
Si stiracchiò di nuovo: quella notte aveva dormito male. Decisamente male.
Era un po’ imbarazzante, ma ormai per avere sonni confortevoli doveva avere Tom tra le lenzuola. E l’altro era andato via il giorno prima, per recuperare Meike e, supponeva, passare tempo extra in famiglia.

Non che lo ammetterebbe mai…
Salutò con un sorriso un paio di studentesse che lo guardarono con risolini pieni di significato.
Oh - oh.
Si sentì congelare il sorriso sulla faccia.
Mi sa che non si è ancora chiusa la caccia al cavaliere…
Accelerò l’andatura, onde evitare di essere placcato: aveva chiesto a Lily di spargere la voce che aveva già una dama, ma sembrava non aver funzionato.
Certo, non sono stato praticamente molestato com’è successo a Tom, e non ci sguazzo neppure come Mike… ma insomma. Non capiscono che non sono interessato?
Lily gli aveva assicurato di sì, ma aveva aggiunto che per alcune ragazze i suoi orientamenti sessuali erano un dettaglio insignificante. Il suo cognome, il suo aspetto e le sue cariche, au contraire, estremamente appetibili.

Specialmente per le Corvonero e naturalmente, per le ragazze della mia casa.     
Svoltò bruscamente l’angolo e questo gli permise di trovarsi praticamente ad un paio di passi Luzhin, che si stava allacciando il cappotto, pronto ad affrontare le intemperie esterne.
Deve essere stato a trovare Lils…
Non ci rifletté tanto prima di raggiungerlo. “Sören!” Esclamò affiancandoglisi. “Cercavo proprio te!”
Il tedesco sembrò sorpreso di vederselo apparire affianco. “Albus…” Esordì, senza saper cosa aggiungere. Non che avessero rapporti tali per giustificare quel piglio amichevole.
“Sì, ehm, ciao.” soggiunse frettoloso, lanciando uno sguardo alle sue spalle. Erano aumentate? Erano aumentate. E ora stavano puntando persino il durmstranghiano!

Ma se Lily ha urlato ai quattro venti che è il suo cavaliere? Avvoltoi!
Sören sembrò intuire la fonte delle sue preoccupazioni, dato che sembrò altrettanto a disagio. “In cosa posso esserti utile?” Chiese comunque con cortesia.
“Si dà il caso che abbia…” Pensò velocemente. Voleva andare a controllare Fanny, prima di tornare a casa, e sapeva che ogni tanto si faceva vedere alla Capanna di Hagrid. “Vorrei andare dalla mia fenice.” All’aria sbalordita dell’altro, aggiunse. “Sì, ne ho una. Cioè, ne conosco una… solo che ho dimenticato la mia bacchetta in camera e affogherei nella neve prima di arrivare alla Capanna del Professor Hagrid. Mi accompagneresti?”
Il ragazzo sembrò valutare la richiesta. Gli occhi passarono da lui al gruppetto di ragazze ridacchianti.
“Sì, ci stanno puntando.” Convenne Al con aria seria. “Siamo prede.”
Luzhin parve piuttosto angosciato dalla cosa. “Molto volentieri.” Borbottò, facendogli cenno di fargli strada.

Uscirono dall’ingresso principale in fretta, seguiti da mormorii di delusione. Suo malgrado, Al fece una risatina divertita.“Merlino, va bene che ci sono più streghe che maghi a scuola… ma sono davvero…”
“Spaventose.” Terminò sorprendentemente il tedesco, aggrottando le sopracciglia. “Io ho già una dama.”
“Anche io! Ma suppongo siano arrivate ad attentare persino ai cavalieri occupati…” Fece una sorriso, a cui l’altro rispose con una smorfia. “Ma non preoccuparti, mia sorella difenderà il presidio!”
La reazione di Luzhin fu solo un lieve rossore in zona guance e collo.

Rimasero in silenzio attraversando il cortile centrale. Poi Luzhin tirò fuori la bacchetta e cominciò a sciogliere la neve alta e compatta – ben due piedi - che imbiancava il sentiero per la capanna di Hagrid.
“Ti ringrazio.” Esordì Al dopo un po’ mentre le parole di Tom gli rimbalzavano tra le sinapsi.
Lily sta frequentando una persona di cui non sappiamo nulla…  
Lily stessa aveva smesso di parlarne a getto continuo. Il che era… strano.
“Nessun problema.” Replicò l’altro concentrato nell’incantesimo scongelante.
Albus si mordicchiò un labbro, stringendosi le braccia al petto. Il freddo e il vento non aiutavano la conversazione, ma doveva parlare. Doveva capire.
Stranamente, fu Luzhin a riprendere la conversazione. “Così hai una fenice…”
“Ehm, non è che la possiedo. Siamo amici.” Si schiarì la voce all’occhiata confusa dell’altro. “L’ho vista per la prima volta l’anno scorso e… beh, quando sono nei guai si fa trovare nei paraggi. Mi aiuta, ma non è che sia il mio famiglio. Ho già un gufo.”
“Le fenici non si legano facilmente agli esseri umani.” Replicò l’altro, lanciandogli un’occhiata valutativa. “Se lo fanno, lo fanno con maghi di estremo valore.”
“Ah, non è il mio caso!” Agitò la mano, imbarazzato. “Te l’ho detto, ogni tanto viene a trovarmi. È successo anche a mio padre, sai.” Aggiunse per dare credibilità alla cosa. Luzhin avevano uno sguardo scettico. “… la fenice era di Silente, ma si mostrava quando aveva bisogno di aiuto. A volte.”
“Un tratto familiare…” osservò. “Non c’è dubbio, voi Potter siete maghi insoliti…” Alla sua espressione confusa, si schiarì la voce. “Ho notato che sembrate provare fastidio, quando vi vengono fatti complimenti sulle vostre capacità magiche.”

“Non è fastidio…” Al capì che Lily doveva aver avuto uno dei suoi moti di intolleranza ai complimenti che non riguardavano la favolosa sé stessa.
Allora si è aperta davvero con lui, se è arrivato a notare che non usa la bacchetta solo per incantesimi cosmetici…
“È più che altro che… beh. Siamo stati messi sotto il mirino dell’opinione pubblica praticamente da sempre. Sai, figli di eroi di guerra… dell’eroe per eccellenza poi!” Sbuffò. Non amava particolarmente Diagon Alley proprio perché ogni volta che ci metteva piede era tutto uno sguardo. Perlomeno ad Hogsmeade ormai i paesani lo conoscevano tutti e avevano smesso anni prima di additare lui e i fratelli come fossero bestie a tre teste.
“Fama riflessa.” Convenne Sören.
“Esatto! Certo, i nostri genitori ci hanno protetto, non siamo come i figli delle star babbane, in realtà viviamo una vita normale, sia a scuola che a casa…” Vedendo che l’altro non coglieva, riprese il filo del discorso. “… quello che voglio dire, è che essere sempre riconosciuti, e quindi messi sotto giudizio, ti porta a sviluppare dei meccanismi di difesa. Piuttosto che mostrare a tutti quanto abbiamo ereditato da nostro padre, preferiamo evitare del tutto di paragonarci a lui. E da qui, la modestia aggressiva.” Sorrise a Sören.
Beh, a parte Jamie. È da quando siamo piccoli che non fa che berciare che supererà papà.
Sören capì l’hint e sorrise di rimando. “Anche a Lilian non piace parlare della sua forza magica.”
“Lo odia, vero?” Rise. “Però è brava. Si sforzasse di imparare qualcosa che non siano incantesimi su come rendere liscia la pelle o aggiustare i vestiti…”
L’altro fece un sorriso, poi tornò serio. “Non è soltanto brava. A mio parere, tua sorella è straordinaria.”
Al capì allora perché Lily fosse tanto attirata da quel tizio austero: i suoi complimenti non erano ammantati da falsità. Non erano neanche gentili, visto che li diceva con una faccia serissima. Erano attestazioni.
E Merlino solo sa quanto in fondo Lily sia insicura sulle sue capacità magiche… Un estraneo che non la blandisce, per lei dev’essere una vera e propria scoperta.
 
Quando giunsero a destinazione Hagrid li accolse sulla porta, dato che stava liberando il vialetto di ingresso dal ghiaccio. Luzhin si presentò rispondendo educatamente ai convenevoli del vecchio professore, ma non prese parte alla conversazione. Si allontanò piuttosto di un paio di passi, lasciando poi vagare lo sguardo sulla Foresta e sui terreni innevati.
“Se vuoi puoi andare… la via adesso è libera, posso tornare da solo.” Disse Al dopo una manciata di minuti; gli dispiaceva farlo attendere al freddo quando era chiaro si stesse annoiando.
“Non preoccuparti, ti riaccompagno. Non ho impegni urgenti.” Fu la risposta.   

“Perché non entrate in casa che ci offro una tazza di the caldo?” Propose Hagrid lanciando uno sguardo incuriosito a Sören che in effetti, rifletté Al, sembrava montare la guardia più che aspettare la fine della conversazione. “Ho fatto dei dolcetti!”
Oh, nonononono!

“Come se avessimo accettato…” Si schiarì la voce. “Dov’è Fanny? Volevo mostrarla a Luzhin. È qui?”
“Ah, vero! Con questo tempo, non è facile cacciare, vale anche per lei… dovrebbe arrivare tra pochetto.” Convenne l’omone grattandosi la barba. “Ma magari è meglio se ce l’aspettate dentro casa!”

Prima che ad Albus venisse dato l’onere di rifiutare, Fanny apparve dal folto della Foresta.
Davvero, mi salva ogni volta… - pensò sorridendo, mentre la fenice volteggiava attorno al capanno.
“Una fenice…” Mormorò Luzhin, con un’espressione di sorpresa assoluta.
Credeva mentissi?
“Te l’avevo detto, no?” Fischiò per attirare l’attenzione del rapace che dopo un breve, sinuoso giro finì per appollaiarsi vicino allo steccato a pochi metri da loro.
“Sì…” Convenne l’altro. Guardava la fenice con un misto tra stupore e timore.
Cosa c’è da aver paura? È solo… beh. Fanny?
L’aveva introdotta alla famiglia quell’estate. Ne erano rimasti tutti estasiati. L’unico che ne era rimasto poco impressionato era stato, ovviamente, Thomas.
Ma è naturale. Odia tutti i volatili, meno Kafka e solo perché è suo.
“Ah, eccola qua… ci vuoi dare un po’ di pappa, Albie?”
Tentò di non arrossire al nomignolo, dato che il tedesco gli lanciò un’occhiata velatamente divertita. “Grazie Hagrid… Ren!” Lo apostrofò in uno slancio di simpatia. “Ti va di darmi una mano a darle da mangiare?”  

Insomma, è rimasto solo per potermi riaccompagnare!
Il tedesco si schiarì la voce, in difficoltà. “Non credo sia il caso… le fenici allo stato brado sono molto…”
“Ah, sciocchezze!” Lo fermò. Fanny si era fatta coccolare da Lily, quando si erano conosciute. “Non ti farà niente!” Prese una manciata di semi da un secchio attaccato alla staccionata. “Dai, ti faccio vedere come si fa!”

Luzhin lo seguì con la faccia meno convinta della storia.
“Ti fa paura?” Chiese gentilmente. “Anche a Tom non piace molto. Dice che somiglia ad un avvoltoio.” Ne seguì uno stridio oltraggiato – la fenice sentiva e soprattutto, capiva tutto.
“Non è questo…” Ribatté il durmstranghiano, incrociando le braccia al petto in un chiaro gesto di chiusura. “È solo che tendo a non avere familiarità con creature non addomesticate.”
Al sorrise: Sören aveva la stessa espressione di Tom quando tentava di nascondere il timore per cose relativamente innocue. “Sta’ tranquillo. È del tutto…” Si interruppe, perché Fanny iniziò a cantare. Batté le palpebre stranito: l’unica volta in cui l’aveva fatto era stato un anno prima, durante il loro primo incontro.

Ero parecchio giù… anzi, diciamo pure avrei voluto buttarmi da un ponte. E il suo canto mi ha fatto bene. Mi fa bene anche adesso.
Ma in quel momento non aveva bisogno di un’infusione di coraggio.
Se non io, Luzhin?
Lanciò uno sguardo dietro di sé e scoprì che l’altro non sembrava affatto confortato: era terrorizzato.
Fissava la fenice quasi fosse la creatura che aveva dovuto affrontare alla Prima Prova, anzi, peggio.

“Io… devo… scusate. Devo andare.” Mormorò affrettato, prima di voltarsi e correre via.
Ma che diavolo…?
Hagrid gli si affiancò, altrettanto confuso. “Che gli è preso? Che, si sente poco bene?”

“Non lo so…” Rispose, perché davvero non ne aveva idea. Accarezzò la testa di Fanny, che pigolò soddisfatta mentre beccava il mangime dalla sua mano.
Perché ha reagito così?  
Poi ricordò una frase che aveva letto.
Il canto della fenice infonde coraggio nei buoni e terrore nei…
“… malvagi?”


****
 
Teddy si affacciò alla porta della serra principale di Erbologia.
Sapeva che Neville era lì: quando non era a lezione o a casa con la famiglia, era con le mani nella terra.

Bussò con le nocche ad una delle finestrella di vetro. “C’è nessuno? Posso entrare?”
Seguì un gran rumore di cocci.
“Nev!” Entrò dentro e raggiunse la fonte del rumore; il buon professore era finito lungo disteso, coperto di terra e con cocci sparsi ovunque. “Nev, per Nimue… mi dispiace tanto, ti sei fatto male?” Chiese chinandosi per tirarlo su.

L’uomo fece un gesto dismissivo, spazzandosi via il terriccio dai vestiti e guardando malinconicamente quello che doveva essere un vaso da trapianto.
“Non è niente, non è niente… Sono il solito maldestro.” Sospirò con un mezzo sorriso gentile ad illuminargli il volto. Nev era una persona gentile.
Per questo aveva un disperato bisogno di confidarsi con lui.

Si ritorna al solito punto. Quando non si ha amici stretti, ci si rende conto di quanto sia difficile prendere decisioni da soli…  
“Posso aiutarti?” Chiese sollecito. “Spero che la mia entrata non ti abbia spaventato…”
“No, no.” Gli assicurò, frenandolo dal tirare fuori la bacchetta. Prese la sua e pulì il disastro in pochi attimi. Una volta gli aveva confidato che la sua bravura con gli incantesimi di pulizia derivava da un’infanzia passata a rimediare alle conseguenze della sua goffaggine. “Ho fatto tutto da solo… non ti avevo neppure sentito.”

Ted annuì, poco convinto. “Posso…?” Tentò ancora.
Neville gli lanciò un’occhiata un po’ esasperata. “Va tutto bene. Posso fare io qualcosa per te?”

Teddy deglutì: dall’anno prima i loro rapporti si erano… raffreddati.
Normale. Quando è venuto a sapere della mia relazione con Jamie deve aver pensato che l’abbia frequentato quando eravamo ancora insegnante e allievo.
Cosa che ho fatto, in effetti.
L’unico motivo per cui era lì era perché, nonostante tutto, Neville era l’unica persona a cui potesse chiedere consiglio. L’unico con cui fosse riuscito ad aprirsi senza avere una crisi di angoscia.
Mi ha aiutato l’anno scorso, quando ero completamente fuori assetto. Magari…
Era un tentativo azzardato, ma del resto non sapeva da chi altro andare.
Ho bisogno di un parere. Prenderò una decisione, ma ho bisogno di un parere.  
“Sì… beh, speravo avessi un po’ di tempo. Dovrei parlarti… se hai tempo.” Sottolineò.
Neville si grattò la nuca, tirando subito indietro la mano e facendo una smorfia alle sue unghie sporche. “Beh… va bene.” Acconsentì. “The?”
Dieci minuti dopo erano nel piccolo ufficio dell’uomo, direttamente ricavato dall’ex-stanza per gli attrezzi. C’era odore di erba e terriccio e a Teddy era sempre piaciuto, anche quando era studente.
Neville si appoggiò allo schienale della propria poltrona, inarcando le sopracciglia. “Allora, cosa c’è?”  
Ted si umettò le labbra, guardando la tazza come se da essa potesse provenire una risposta.
“Ted?” Lo richiamò.
“Pensi che la mia relazione con James sia sbagliata?” Sparò a bruciapelo. Non era ciò che voleva chiedergli, ma doveva pur sempre sondare il terreno.
Neville fu altrettanto diretto nel rispondergli. “Sì, lo penso. E immagino tu sappia perché.”
Ted strinse la tazza tra le dita, sentendo la familiare ondata d’ansia e inadeguatezza investirlo. Intrappolò una scusa tra le labbra. “Sì, lo so. Ma non…” si fermò, inspirò. “… non mi importa. Non l’ho favorito, e l’ho sempre valutato come qualsiasi altro mio studente. Sai che non avrei fatto diversamente. E adesso…”

Neville lo fermò con una mano. Gli lanciò un’occhiata meditabonda, poi inaspettatamente sorrise. “Lo so.” Esordì. “Ti conosco da quando eri un bambino … hai sempre fatto la cosa giusta, non hai mai disatteso una regola. A volte, sembrava quasi non ne fossi capace…”
Si strinse nelle spalle: era un’analisi piuttosto veritiera. Aveva sempre seguito le regole perché erano… tranquillizzanti.

Fare ciò che ti viene detto, non disubbidire, è la cosa più semplice del mondo. La più sicura.
Ti fa sentire protetto.
“Mi aspettavo prima o poi che facessi qualcosa di assolutamente insensato.” Soggiunse l’altro professore. Ted alzò la testa, guardandolo confuso. “Andiamo, Teddy!” Rise. “Fare qualche sciocchezza rende umani.” Gli lanciò un’altra occhiata. “Non sono deluso da te, o meglio, lo sono stato, ma poi ci ho riflettuto e…” Sospirò. “In fondo James non era uno studente qualunque di cui ti sei invaghito. Voi due siete sempre stati legati da qualcosa… almeno ora questo qualcosa ha un nome.”
Ted sentì un groppo alla gola e dovette costringersi in silenzio per qualche minuto. L’altro uomo aspettò paziente.
“Come si fa a smettere di aver paura di fare sempre la cosa sbagliata?” Sussurrò infine a mezza bocca, tuffandosi subito dopo in un sorso di the. Era una bevanda terapeutica, l’aveva sempre pensato.
Neville si grattò il collo, pensieroso. “Beh, da buon grifondoro ti direi… si smette di aver paura quando la si fa. Affrontare il problema, di petto.”
“Sono un Tassorosso, Nev…”
“Il Cappello ti mette in una casa, Teddy, ma non dice chi sei a tutto tondo.” Replicò l’uomo, stringendogli appena il braccio. “Affrontare i tuoi sentimenti per James e portarli alla luce del sole è stato coraggioso.”

Teddy sospirò. “Non volevo perderlo. In fondo, anche quella è stata paura.”
“Beh, paura per paura, ne hai vinta una. Consideralo un traguardo!”
Ted sorrise, sentendosi meglio. Parlare con Neville aveva sempre avuto quell’effetto, sin da quando, durante una crisi particolarmente acuta di nostalgia da casa, il buon professore l’aveva invitato ad aiutarlo a travasare dei bubotuberi.

“C’è un’altra cosa che devo affrontare…” Iniziò. “James vuole venire a vivere con me.”
Neville inarcò le sopracciglia in piena sorpresa, ma fu abbastanza cortese da non sembrare troppo sbigottito. “Oh, beh.” Disse schiarendosi la voce. “Il ragazzo ha le idee chiare.”
Ted sbuffò un sorriso. “Puoi giurarci. È sempre stato così, no?”
“E tu non vuoi?” Aggrottò le sopracciglia, e Ted l’avrebbe abbracciato. Nev non commentava mai, molto raramente. Preferiva capire, grazie a Merlino. “Non ti senti pronto?”
“Per quanto sembri assurdo, non è questo. Ho paura…” Si fermò ad un’occhiataccia dell’altro.

“Basta, Teddy.” Lo apostrofò con una certa durezza. “Se lo pensi diventa reale. Ascolta. Dicono che chi è smistato a Grifondoro non rifletta mai… beh, non è vero. Quando arriviamo alle cose importanti, lo facciamo. Eccome. Solo, non rimuginiamo. Capisci la differenza?”
“È cristallina.” Convenne, capendo l’allusione. “Quindi non pensi sia prematuro?”
Neville scrollò le spalle. “Come posso saperlo? È una cosa tra te e James. Quello che posso dirti… consigliarti… è che se è quello che vuoi, dovresti farlo. Ti conosco da una vita, Teddy…” soggiunse affettuoso. “E raramente hai fatto qualcosa che volevi davvero. Hai sempre fatto di tutto per accontentare gli altri. Tua nonna, Harry, gli altri studenti, noi professori… mi sbaglio?” No, per niente – pensò, ma preferì non rispondere. Tanto era una domanda retorica. “Allora Teddy… cos’è che vuoi?”
Ted serrò appena le labbra.

Fregarmene.
In dieci minuti aveva realizzato quello che non era riuscito a fare in una settimana: non tenersi tutto dentro serviva sul serio.
Fece un mezzo sorriso. “Nev… al momento vorrei una cosa.”
“Dimmi pure!”
“Una mano con una certa questione, e penso che solo un residente di Hogsmeade possa aiutarmi…”

 
 
****
 
Note:


E non dite che non è mastodontico! ;D
Qui la canzone.
1 . Durmstrang über alles: Durmstrang al di sopra di tutto, letteralmente. L’originale è riferito alla Germania, ma comunque esprime il concetto della fedeltà a qualcosa. In questo caso, alla scuola.
Per gli occhiali di Malfoy, Qui
2. Schwerin è la capitale del Lander Meclemburgo – Pomerania che si affaccia proprio davanti alla penisola di Rügen. Qui per informazioni.
3. Tom ha diciotto anni. Rispetto ad Al e agli altri ha un anno (in realtà una manciata di mesi) in più. Questo perché, nonostante la sua nascita sia stata registrata nel 2005, è nato a Luglio del 2004. Quando Harry l’ha trovato, infatti, aveva già cinque mesi.
  
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