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Autore: L_Fy    12/07/2011    2 recensioni
....Per me, le vacanze estive erano semplicemente Cresta del Gallo, con le sue terrazze ripide, con l’odore di bosco che filtrava dalle finestre la mattina, con il blu del lago a salutare in lontananza… e perché no, con la torretta di Villa Lazzari che svettava vicina, complice della mia solitudine poiché solo io potevo vederla e condividerne la solitaria bellezza.
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bene vixit qui bene latuit
 (Detto popolare)

Osservai a lungo il corpo di Saverio, così bello e così tristemente disumano da lasciarmi completamente senza parole. Poi lui iniziò a riallacciarsi la camicia e io uscii finalmente dalla mia trance ipnotica. Saverio aveva confessato di non essere umano e io, invece di darmela a gambe urlando terrorizzata, dimostrai tutta la mia follia nuova di zecca commuovendomi per il fatto che si fosse confidato proprio con me. Da camicia di forza, non c’era nessun dubbio.
“Quindi, tu sei nato da un’ampolla di vetro” motteggiai dopo un po’ con ammirevole calma “Sei sicuro che il letame di cavallo non c’entri?”
Saverio rispose con un sorriso così abbagliante, malizioso e irresistibile che rimasi completamente senza fiato, come in preda a una crisi mistica.
“Ne sono ragionevolmente sicuro” rispose divertito “Anche se i miei primi ricordi risalgono a parecchi anni dopo.”
Meditai attentamente sulla domanda successiva.
“Quand’è che saresti tecnicamente nato?”
Saverio sembrò valutare la possibilità di non rispondermi: forse non voleva spaventarmi…
“Nel 1538.” sospirò alla fine abbassando gli occhi.
Feci un rapido calcolo, sottilmente sorpresa dal fatto di non provare nessun tipo di disagio per l’argomento di cui stavamo parlando.
“Hai quasi cinquecento anni” lo informai spigliata “Li porti piuttosto bene. Ruggero e Tobia?”
“Ruggero è stato il primo a essere creato” rispose Saverio misurando accuratamente le parole “Nel 1521. Tobia è stato l’ultimo, nel 1540.”
“Quindi tu, Ruggero e Tobia siete… ehm… Immortali?” commentai sforzandomi di far apparire la conversazione normale “Highlander come nel film dove si sciabolavano addosso spade di ferro pesanti tonnellate?”
Nemmeno Saverio sembrava a disagio: i suoi occhi brillavano come stelle.
“Non siamo nati propriamente Immortali” annunciò con naturalezza “Lo siamo diventati parecchi anni dopo… più esattamente nel 1557.”
Altro rapido calcolo: il 1557 sembrava essere l’anno esatto per congelare Ruggero a trentasei anni, Saverio a diciannove e Tobia a diciassette.
“I veri Immortali sono una stirpe” continuò Saverio mentre io ancora rimuginavo “La nostra invece è un’Immortalità acquisita tramite un processo alchemico di Paracelso.”
“Immortali di seconda mano” tentai di scherzare “Allora, se non posso chiamarti Highlander, qual è la definizione giusta? Ti prego, dimmi che nel nome non c’entra il letame di cavallo.”
Sorrise di nuovo, sfolgorante e bello da spezzare il cuore: infatti, sentii con chiarezza il mio che scricchiolava.
“Tecnicamente, sono un Homunculus.” rispose poi mentre il sorriso si smorzava.
“Non è molto carino” commentai sinceramente “Sembra avere una vaga connotazione dispregiativa.”
Saverio non si offese, ma il sorriso era sparito anni luce lontano.
“E perché non dovrebbe averla” rispose con sottile amarezza “Noi non siamo persone vere. Non abbiamo sviluppato una coscienza, non distinguiamo il bene dal male.”
L’argomento introdotto dalle parole di Saverio non mi piaceva affatto.
“Volenti o nolenti, alla fine siete anche voi Immortali” buttai lì cambiando discorso “Ho visto il film e mi sono documentata su Internet, quindi ho una discreta infarinata su quella che è la situazione. A quanto mi risulta gli Immortali sono impegnati in una perenne lotta intestina che ha lo scopo di far massacrare a vicenda i componenti finché non ne rimarrà solo uno… o qualche altra stupidaggine del genere.”
“Non è una stupidaggine” ribatté severamente Saverio “E’ il Gioco. Fa parte della natura di un Immortale come fa parte della natura di voi umani ammalarvi e morire. Non è una cosa che si possa controllare.”
“Quindi fammi capire” mi accigliai “Ci sono in giro simpatici personaggi, gli Immortali veri e propri, che vanno a caccia di altri Immortali per far loro la pelle?”
“E’ la loro natura.” ribadì Saverio cocciuto.
“E cercano anche voi Immortali di seconda mano?” chiesi preoccupata.
Saverio sospirò, oscurandosi in volto.
“Sì” rispose con voce greve “Anche se noi non sentiamo l’impulso del Gioco come i veri Immortali, emettiamo comunque il Buzz… è una specie di vibrazione, un misto di magnetismo e ronzio che ci rende identificabili.”
“Quindi siete sempre in pericolo di morte?” domandai agghiacciata “Sempre, ogni secondo della vostra vita rischiate di essere decapitati da uno sconosciuto? Deve essere orribile vivere così.”
Saverio mi lanciò uno sguardo triste.
“Non siamo sempre in pericolo” rispose lentamente “Non può capitarci niente di male se rimaniamo in terra consacrata. Dobbiamo proteggere sia noi che la nostra terra, ma per ottenere questo duplice scopo serve un sacrificio.”
Ecco il cerchio che si chiudeva: ecco a cosa serviva il sangue di vergine, il mio sangue. A salvare loro la vita.
“Ma a Cresta del Gallo ci passate solo l’estate” obbiettai speranzosa “E il resto dell’anno dove vivete, dentro una teca di vetro?”
Le labbra di Saverio si curvarono in un sorriso divertito.
“Ogni anno, portiamo in Svizzera un po’ di terra di Cresta del Gallo: è sufficiente per tenerci al sicuro. Ma non possiamo arrischiarci a fare sacrifici lì dove viviamo. Non è prudente… la gente, dopotutto, ricorda.”
“Ora è tutto più chiaro” mormorai con un sorriso tremulo “Cresta del Gallo è praticamente la vostra riserva di caccia.”
La faccia di Saverio si oscurò di colpo ma non abbassò lo sguardo.
“Sì, più o meno è così.” rispose pacatamente. Io rabbrividii.
“E non c’è altra soluzione?” buttai lì sperando chissà quale risposta.
Saverio sembrò vagamente sorpreso dalla mia domanda.
“No” rispose alla fine “A parte quella di morire, naturalmente. Ma morire di nostra volontà è una decisione che non ci è permesso di prendere. Noi Immortali di seconda mano, come dici tu, siamo solo degli schiavi. Siamo stati creati con un solo scopo e quello è l’inizio e la fine del nostro mondo.”
La domanda successiva mi pesava sul cuore, ma sapevo di doverla fare a tutti i costi.
“E qual è lo scopo della vostra esistenza?” chiesi sottovoce.
Saverio allargò le braccia, mostrandosi in tutta la sua mirabile perfezione.
“Servire il padrone” rispose con una voce che voleva essere piatta e che invece risultò feroce “Ma non solo. Guardaci, Lena: siamo esteticamente piacevoli, creati appositamente per solleticare la fantasia di giovani e ingenue ragazze come te. Più precisamente, giovani, ingenue e vergini ragazze come te. Il nostro scopo è trovarvi, convincervi a seguirci e…”
Non riuscì a dirlo: i suoi occhi erano pieni di pena, di rabbia e di disgusto. Io sentivo la faccia insensibile e il cuore pesante come un macigno.
“Margherita è stata l’ultima?” domandai stupita che la voce uscisse comunque dal mio petto trasformato di colpo in un blocco di ghiaccio.
Saverio si passò una mano sul viso: sembrava esausto ma ancora arrabbiato.
“Sì” rispose truce “Una vergine ogni cinquant’anni. Vuoi sapere quante sono state? Nove, fin’ora. Nove ragazzine, nove creature innocenti che ancora non sapevano niente della vita. Raggirate e blandite da questa bella faccia che guardi con tanto trasporto. Ti potrei raccontare un sacco di cose su di loro, se volessi. Ma in fondo, basterebbe che tu ti guardassi allo specchio per ritrovare ognuna di loro. Forse hai i jeans invece della crinolina, ma il tuo viso liscio, i tuoi occhi fiduciosi… la tua dannatissima cocciutaggine…”
Si interruppe ed era di nuovo furioso. Non sapevo cosa sentissi dentro al cuore, se non tanto bene e tanto male contemporaneamente mentre lui mi fissava con quell’aria corrucciata. Ogni secondo che passavamo a guardarci sembrava soffrire sempre di più.
“Non guardarmi così!” sbottò all’improvviso con autentica sofferenza “Non lo sopporto.”
“Io non ho fatto niente.” protestai con voce flebile.
Lui si girò e si allontanò di un passo.
“E’ incredibile” commentò amaramente tra sé e sé “Non mi disturba il fatto di non essere umano e nemmeno l’idea di passare tutta la mia esistenza da schiavo. Ho ingannato e aggirato, ho persino ucciso delle persone senza nemmeno un alito di colpa… ho passato secoli e secoli a convincermi che essere un assassino non fosse poi così male, che niente in questo mondo potesse toccarmi davvero. E adesso, non riesco nemmeno a sostenere lo sguardo di una mocciosa qualunque.”
Mi guardò negli occhi, di nuovo arrabbiato e di nuovo supplichevole.
“Bastano i tuoi occhi trasparenti da ragazzina e io non capisco più niente” mormorò affranto “Proprio non mi spiego cosa mi stia succedendo.”
Non avevo mai visto una persona così tormentata: seguendo un impulso impossibile da definire, feci un passo verso Saverio e benché mi lanciasse uno sguardo a metà tra il guardingo e il disperato, non mi fermò. Lentamente, con molta cautela, allungai una mano e gliela posai sul petto, leggera e tremante come una foglia d’autunno. La sua pelle sprigionava calore e riuscii a sentire il battito furioso del suo cuore nonostante il mio tocco fosse appena percettibile.
“Il tuo cuore batte” dissi con voce malferma “Il tuo cuore batte fortissimo, adesso, e segue il ritmo dei tuoi pensieri. Tu soffri e cerchi di proteggermi; tu provi pena e schifo per quello che sei costretto a fare; tu sei confuso e non capisci più qual è il tuo posto. Come puoi dire di non essere umano? Vedo più umanità nei tuoi occhi che in quelli di qualsiasi persona io abbia mai conosciuto.”
Man mano che parlavo, sentivo il suo petto alzarsi e abbassarsi in modo discontinuo, come se avesse avuto il respiro interrotto. Dentro di sé era lacerato dal dubbio e questo si rifletteva così chiaramente sul suo viso che mi faceva star male di riflesso. Non potei resistere: appoggiai la guancia sul suo petto chiudendo gli occhi e respirando l’odore inebriante che la sua pelle di seta sprigionava. Lo sentii irrigidirsi e il suo cuore sotto il mio orecchio tamburellò impazzito mentre portava una mano sulla mia spalla per allontanarmi. Fui più veloce di lui: presi la sua mano tra le mie e me la posai sulla guancia libera.
“Tu tremi.” dissi esultando e soffrendo contemporaneamente: sentii il suo pollice muoversi lentamente sul mio viso, cercare le mie labbra e saggiarle delicatamente con esasperante lentezza. Riaprii gli occhi e alzai lo sguardo verso di lui, da sotto in su tra le ciglia. I suoi occhi verdi non erano mai stati così vicini e così splendenti.  
“Oh, Milena” sospirò con una rassegnazione così dolorosa che sentii accartocciarsi il cuore “Cosa mi stai facendo?”
“Non lo so” risposi col suo pollice all’angolo della bocca “Quello che stai facendo tu a me, forse.”
Poi, come aveva fatto lui con me il giorno prima, catturai il suo pollice tra le labbra e ne assaporai il gusto: era paradisiaco e delizioso, un distillato celestiale del suo profumo. I suoi occhi si intorbidirono di nuovo, famelici e reticenti insieme e io non potei fare a meno di allungare il collo verso le sue labbra, attirata irresistibilmente come dal canto delle sirene. Le sue dita fermarono il mio viso a pochi centimetri dal suo, delicate ma decise.
“No.” disse e il suo alito mi soffiò in viso uno sbuffo incantato.
“Cosa.” sussurrai roca senza nemmeno sapere di parlare.
“Non posso baciarti.” continuò lui senza quasi muovere le labbra.
“Perché?” chiesi, anche se ero così confusa che nemmeno avevo compreso le sue parole.
“Perché saresti segnata” rispose lui con atavica tristezza “Non avresti più accesso alla tua volontà. E io… io non voglio che questo succeda.”
Sospirò e scosse il capo allontanandomi.
“Non hai idea di cosa significhi questo per me.” mormorò quasi con ostilità.
Senza il suo petto a scaldarmi la guancia mi sembrava di patire un freddo polare.
“Ma so cosa significa per me.” risposi cercando di recuperare un minimo di senso della realtà.
Saverio si allontanò di un passo ancora, risoluto: mi sentii più sola e nuda che mai.
“Non voglio che la prossima vergine sia tu” disse con decisione “Non voglio vedere il tuo sangue scorrere… ti prego, torna in paese, accetta la corte di Filippo, torna a Milano… qualsiasi cosa, ma stai lontana da me.”
Perché mi stava dicendo quelle cose? Era ridicolo pensare che potessi rinunciare a lui ora che sapevo tutto.
“Io non vado da nessuna parte” dissi con calma “Rimango qui perché voglio rimanere qui. E perché non rischio niente visto che tu non mi uccideresti mai.”
Mi lanciò uno sguardo fulminante, verdissimo: in un attimo mi fu addosso, le mani intorno alla gola in una presa di acciaio mentre il respiro si spezzava a metà sotto la sua presa implacabile.
“Io ti ucciderò” ringhiò così vicino che il suo naso quasi sfiorava il mio “Quando arriverà il momento, dovrò obbedire agli ordini perché è l’unica cosa che mi è concesso di fare. Io non amo, io non decido, io non salvo nemmeno me stesso. Se vuoi vivere, scappa il più lontano possibile da qui.”
Non respiravo altro che panico: avevo la gola chiusa e gli occhi dilatati come un pesciolino preso nella rete e trascinato fuori dall’acqua. Impotente, lasciai che le mie mani artigliassero invano i suoi polsi senza riuscire a scalfirlo minimamente. Quando ormai la vista mi si stava appannando piena di puntini luminosi, Saverio allentò lentamente la presa: ingoiai aria rumorosamente, ma non mi scostai, anche se tremavo come una foglia e le gambe erano deboli e inconsistenti come se fossero fatte di burro. Le sue mani sul mio collo accennarono una carezza, come per scusarsi di avermi quasi uccisa; con gli occhi socchiusi, Saverio posò la fronte contro la mia e io fui di nuovo avvolta dal suo profumo, leggero e lenitivo.
“Scappa via, mocciosa” mormorò con voce rotta “E’ la prima e unica cosa che io abbia mai desiderato in tanti anni di esistenza Immortale. Ti prego.”
Un attimo dopo le sue mani non erano più sul mio collo e Saverio era già lontano, tra il discreto frusciare dell’erba alta.
Rimasi per qualche istante immobile con il viso rivolto verso l’alto mentre il sole batteva feroce, sostenuta da un vento invisibile: poi, mi accasciai in ginocchio con le lacrime che mi riempivano gli occhi ancora pieni di sole.
*    *       *
Il sole era ormai al tramonto, ma non potevo tornare a casa in quello stato: avevo pianto per un tempo lunghissimo e avevo ancora il viso troppo congestionato e chiazzato per presentarlo ai miei familiari senza ripercussioni. L’unica cosa che mi percuoteva ancora i sensi era l’eco della sua voce che ripeteva all’infinito “Io non amo, io non decido, io non salvo nemmeno me stesso…”. Provavo una pena infinita per quelle parole, una pietà così intensa che mi spezzava il cuore. Ero ancora inginocchiata a terra e quando provai ad alzarmi le giunture scricchiolarono come quelle di una vecchia ottantenne. Lentamente, con laboriosa costanza, mi alzai in piedi, mi spazzolai il fondo dei pantaloni tutto pieno di foglie secche e terriccio e mi guardai intorno. Mi sentivo strana, come se fossi arrivata lì da chissà quale dimensione parallela; ero come svuotata dentro, un involucro di carne e ossa senza sentimento. Probabilmente, avevo vissuto le ultime scioccanti scoperte con troppa leggerezza e la portata di quello che mi stava succedendo mi era finita addosso tutta in un colpo, insieme alle mani di Saverio che quasi mi avevano strangolata. Forse quella mezza giornata delirante aveva davvero cambiato le cose: forse avrei dovuto dare retta a Saverio e andarmene via, anche se al solo pensiero di non rivederlo più l’aria si bloccava nei polmoni impedendomi di respirare. Perfetto, pensai in un lampo di isterica ironia: se non mi strozza lui, mi strozzo io da sola… comunque vada, sarà un successo!
Mi resi conto all’improvviso che la gola mi bruciava come il fuoco. Trascinandomi dietro le gambe come se fossero senza ossa, mi diressi verso la fonte. Quando arrivai bevvi a lungo e mi bagnai il viso con diversi spruzzi di acqua gelida, facendo scappare via oltraggiate le raganelle dal loro yachting club. L’acqua mi scorse giù per la scollatura e mi bagnò i capelli, facendomi rabbrividire e riportandomi a una parvenza di sembianze umane. Mi tastai la gola delicatamente, sicura che di lì a poco si sarebbe costellata di vistose ecchimosi e annotai mentalmente di preparare foulard, bandane e finti mal di gola a uso e consumo di nonna Rosa & Co. Alla fine, seduta sul bordo della vasca con gli occhi chiusi e la testa appoggiata al tronco di un albero, pensai a cosa potevo fare per risolvere la situazione. Andarmene sembrava la cosa più semplice e sensata da fare, ovviamente: era quello che Saverio desiderava, ma con un lampo gelido che mi attraversò d’improvviso la spina dorsale, mi resi conto che questo non avrebbe salvato un’altra vergine… e nemmeno Saverio. Rimanere, allora? Avrei potuto cercare una soluzione alternativa insieme a lui… anche se lui non sembrava affatto propenso a cercarne una. Per quanto mi sforzassi, non riuscivo a capacitarmi della sua disumanità; per quanto lui si proclamasse privo di emozioni e di potere decisionale, tutto di lui diceva il contrario, a partire dal quell’ultima struggente carezza con cui mi aveva abbandonata nel bosco. Forse era su quello che dovevo far leva; forse dovevo fargli capire che lui era umano, o almeno molto più umano di quanto credesse. E se non avessi avuto successo? E se lui non mi avesse ascoltata e mi avesse uccisa comunque, per eseguire gli ordini…? Ordini?
Mi rizzai di scatto a sedere spalancando gli occhi, il cuore dolorosamente fermo nel centro del mio petto.
“Ordini di chi?” mormorai con labbra improvvisamente insensibili, come folgorata.
“Ottima domanda.” rispose una voce nota dietro di me facendomi balzare in piedi con un gridolino.
Mi girai di scatto, il cuore che pulsava veloce come le ali di un colibrì e il respiro bloccato nella gola dolorante: davanti a me c’era Tobia, mani in tasca e sorriso timido come da copione.
“Era ora che te la ponessi” disse con scioltezza avvicinandosi a me con la consueta eleganza “Adesso sì che possiamo parlare di cose serie.”
*    *       *
Dovetti attendere dieci secondi buoni perché il cuore ritornasse nella sua sede originale e le gambe la smettessero di tremare dall’impulso di filarsela.
“Ciao Tobia.” dissi infine quando fui certa di aver recuperato la voce.
Non sapevo bene come proseguire: fingere di non sapere niente e cercare di proteggere Saverio o spiattellare la verità e aspettare il conseguente fungo atomico? Il mio sguardo scelse per me: Tobia ridacchiò avvicinandosi con indolenza, lo sguardo non più gentile e guardingo ma apertamente sarcastico.
“E così, non ha resistito” gorgogliò serafico “Dalla tua espressione e da quei segni sul collo sembra che abbia dovuto insistere parecchio per cercare di salvarti.”
“Di chi parli?” buttai lì, sapendo già quanto fosse inutile la mia manovra diversiva.
“Oh, andiamo” mi schernì infatti Tobia “Pensavo che almeno questa formalità fosse superata!”
Tacqui guardinga, aspettando che fosse lui a scoprirsi per primo.
“E va bene” si imbronciò alla fine “Lo dirò io per te. Saverio ti ha detto di noi e ora sai che non siamo umani e bla bla bla.”
Chissà perché, la sua scioltezza nel parlare dell’argomento mi irritò e finalmente recuperai un po’ del mio coraggio.
“E bla bla bla?” commentai con voce ferma “Scusa Tobia, ma esattamente la mia morte si trova dopo il primo o dopo il secondo bla?”
Tobia sorrise, aperto e scintillante come il solito… bè, più o meno come il solito: niente ormai avrebbe più potuto essere “solito” tra noi.
“Accidenti” gorgheggiò con leggerezza “Chissà come devi essere arrabbiata con me per averti scelta…”
Le sue parole mi sorpresero, ma a ben pensarci era logico che fosse andata così. Saverio non aveva mai nascosto la sua ostilità nei miei confronti, mentre era stato Tobia il primo a cercarmi.
“Non sono arrabbiata” ammisi in uno sprazzo di sincerità “Sono terrorizzata.”
Tobia fece spallucce senza smettere di sorridere.
“Se lo fossi veramente non saresti qui” sentenziò con noncuranza “Comunque, spero che tu non me ne voglia: avrai intuito che è letteralmente una questione di vita o di morte.”
Mi arrabbiai di nuovo: questo giovò al tono della mia voce che risultò decisamente più serio.
“Tobia, che sei venuto a fare?” domandai seccamente “Non crederai sul serio che adesso che so la verità ti seguirò buona buona fino all’ara nel tuo giardino per farmi sgozzare come un galletto in un rito voodoo, spero.”
Un sorriso leonardesco stirò le labbra di Tobia.
“Oh, ma tu non sai la verità” cinguettò ottimista “Non ancora, almeno.”
Di nuovo sentii la frustrante sensazione di vedere solo la piccola punta di un iceberg gigantesco. Facendomi forza, incrociai le braccia sul petto e alzai il mento.
“Sono davvero stufa di tutti i vostri enigmi” berciai con convinzione “Sputa il rospo e smettila di girarci intorno. Anche se qualsiasi scusa tu possa inventare, non potrei crederti adesso. Chi mi assicura che quello che mi dirai è la verità e non una tua subdola manovra per farmi rimanere?”
Tobia sospirò con aria paziente e finalmente tornò semiserio.
“Questo è uno dei problemi” ammise controvoglia “Io… noi… non possiamo parlare apertamente dell’argomento. Ci è stato proibito, e non possiamo trasgredire gli ordini.”
“Perfetto.” grugnii, già smontata.
“C’è di buono che non possiamo nemmeno mentire spudoratamente” si rallegrò Tobia “E possiamo rispondere alle domande dirette. E’ per questo che è fondamentale che tu mi ponga i quesiti giusti.”
“Giusti per cosa?” mi aggrottai “Se credi che io abbia capito qualcosa, ti sbagli di grosso.”
“Eri sulla buona strada” mi incoraggiò Tobia pazientemente “Quando sono arrivato, cosa ti stavi chiedendo?”
Feci mente locale cercando di raccapezzarmi in quell’assurdo brancolare nel buio.
“Mi stavo chiedendo chi ha impartito gli ordini che siete costretti a eseguire.” ricordai cogitabonda.
“Esatto” sorrise Tobia, radioso “Chiedimelo.”
Inspirai a fondo, sentendomi tuttavia confusa e spaventata come uno yak tibetano in autostrada.
“Chi è che vi dà gli ordini?” domandai con voce piatta e accademica.
“Paracelso.” rispose prontamente Tobia, facendo subito dopo un gran sorriso allusivo.
Io lo fissai stranita.
“Non è possibile” commentai “Paracelso è morto.”
Tobia fece spallucce.
“Domande dirette.” mi ricordò.
“E va bene” sospirai “Paracelso è morto?”
“No” rispose subito Tobia fluidamente “Ha finto una morte ufficiale solo per poter continuare in pace i suoi esperimenti. Ormai aveva già creato il suo piccolo esercito di aiutanti ed era sulla buona strada con i suoi esperimenti su un potenziale elisir di lunga vita. Trovò la soluzione e la formula per l’immortalità che lo tennero in vita per tutti questi anni anche se non è un gran bel vedere, per un umano qualsiasi. La sua… chiamiamola Immortalità acquisita non ha avuto esattamente gli stessi effetti che ha avuto su Ruggero, Saverio e me. Comunque tecnicamente è vivo, e ben deciso a rimanere tale.”
Sbatté gli occhi allusivo e io intuii che voleva altre domande sull’argomento.
“Vuole rimanere vivo?” domandai e lui annuì entusiasta: in un lampo, compresi molte cose e il cuore prese a battermi come un tamburo “E’ per questo che gli servono le vergini?” domandai precipitosamente.
Tobia sorrise radioso con lo sguardo scintillante di ammirazione.
“Grosso modo hai centrato in pieno” dichiarò sospirando “Anche se il rito fiat vitae è molto più complesso di quanto pensi. E più cruento. Ci sono voluti parecchi anni… e parecchio sangue per trovare la formula giusta.”
Mi sbirciò, incuriosito dalla mia possibile reazione e pronto a rispondere ad altre domande che, forse, non avevo una gran voglia di fare.
“In cosa consiste questo rito fiat vitae?” domandai coraggiosamente, e Tobia partì lancia in resta con la spiegazione.
“Senza dilungarmi in dettagli, il rito necessita dei quattro elementi aristotelici… acqua, aria, terra e fuoco. Questi si combinano al Metallo simbolo di forza eterna, al sangue di vergine simbolo di purezza, al seme Immortale simbolo di vita e alla lapis philosophorum.”
“La pietra filosofale” mormorai, vergognandomi di credere a quella assurdità surreale “Allora esiste davvero!”
“Il rito serve a rigenerare la vita Immortale nostra e del nostro padrone, Paracelso” proseguì Tobia annuendo “Ma serve anche a consacrare il terreno, rendendoci invisibili ai nostri nemici. Senza il rito, ci troverebbero e non avremmo più scampo.”
Questa parte la sapevo già: Saverio me lo aveva confessato solo poche ore prima. Il dubbio che mi tormentava comunque era sempre lo stesso.
“E non si può fare niente di diverso?” domandai pensierosa “Non c’è un’altra soluzione?”
Tobia tacque per un attimo ma guardandolo vidi uno scintillio vittorioso nei suoi occhi.
“Devo ammettere che ho scelto proprio bene” gorgogliò soddisfatto “Sei meravigliosamente intuitiva e sagace… nessuna delle ragazze che ti hanno preceduta è mai arrivata anche solo a intuire quello che tu hai così brillantemente scoperto. Sono letteralmente secoli che aspetto una come te: abbastanza coraggiosa da non tirarsi indietro e abbastanza intelligente da fare le domande giuste.”
Nonché abbastanza scema da perdere completamente la testa per tuo fratello, pensai fuggevolmente, e non potei fare a meno di arrossire.
“Sapendo quello che mi aspetta se rimango, non è che quello che hai detto mi faccia fare i salti di gioia.” grugnii sospettosa.
“Dovrebbe, invece” sentenziò Tobia sorridendo “La speranza che tu sia davvero quella giusta ormai è quasi una certezza.”
Ecco, ero di nuovo in alto mare.
“Giusta per cosa?” domandai allarmata.
Tobia ammiccò con aria complice. 
“Giusta per liberarci.” rispose con leggerezza facendo lampeggiare quei suoi magnetici occhi verdi.
  
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