Anime & Manga > Sugar Sugar
Segui la storia  |       
Autore: _morph_    25/07/2011    8 recensioni
sono passati cinque anni da quando Pierre e Chocola stanno insieme, ma qualcosa non va per il verso giusto. qualcosa si insinua nel loro rapporto, in particolar modo, nella vita di Chocola.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Lati Nascosti

Si voltarono tutti nel sentire il rumore ritmato di passi. Distinsero la minuta figura di Chocola dal salotto, che avanzava verso di loro nel corridoio. Vanilla osò tirare un finto sorriso allegro sperando in vano di scorgere anche la minima ombra di sollievo nel suo viso trafitto dall’indifferenza a ciò che la circondava. Si avvicinò cautamente a lei prendendole una mano «vuoi fare colazione?» non desisteva dal curvare gli angoli della bocca verso l’alto, mantenendo a fatica lo sguardo posato su quello, decisamente più forte, della ragazza.

«no, ti ringrazio» si limitò a dire prima sedersi accanto ai due gemelli.

«potremo uscire e andare al luna park, che ne dite?» propose Houx affabile notando Saul cingere fraternamente le spalle dell’amica.

«vi devo chiedere di farmi un favore» esordì la rossa incolore lasciandoli nelle loro espressioni attonite «voglio tornare sul monte roccioso, ma so che da sola non ce la farei, sono stanca e…» prese un respiro come per cercare la forza di sputare l’orribile parola che si prodigava a uscire proprio sulla punta della lingua «debole, impotente» ammise infine stringendo i pugni sulle ginocchia «ho bisogno che ci sia qualcuno accanto a me» rivolse un sorriso supplichevole ai suoi amici scrollando le spalle «ho pensato a voi».

«certo, ma…» cominciò il moro.

«perché proprio sul monte roccioso?» completò la frase il fratello.

«è da lì che sono cominciati gli incubi, e io ho il bisogno fisico, oltre che psicologico, di acquietare le mie maratone notturne. Il mio corpo non regge più, non sto in piedi» annuirono all’unisolo «se non è un problema, vorrei partire al più presto».

«vado a preparare la valigia» gridò Saul già diretto in camera, facendole scappare un sorriso rallegrato dalla sua sola presenza.

«chiamo la scuola per avvisare che farete qualche giorno di assenza» sussurrò Houx componendo il numero, per poi debuttare più rumorosamente «fai anche la mia!» urlò a sua volta al suo gemello con un tono non certamente troppo gentile.

«andiamo a prepararci anche noi» disse in tono flebile la bionda sistemandosi la gonna pervinca. Il viso diafano mostrò tutta la sua compostezza per ciò che succedeva soltanto in quel piccolo gesto di strutturare meglio i suoi abiti. Chocola piegò la testa su di un lato concependo questo misero pensiero, come se improvvisamente, dopo tutto il tempo in cui si conoscevano, si fosse accorta in quell’istante dell’autocontrollo adottato dalla sua amica. Quell’autocontrollo era la sua forza. Si alzò seguendola, assorta nei suoi pensieri «non hai visto Pierre?» le chiese, incuriosita dalla sua assenza, inconsapevole dell’irritazione provocata all’altra.

«perché ti importa tanto?» sbraitò bellicosa, facendola voltare stupita.

«scusami» il suo fu solo un sibilo intimorito.

«non importa, ma non impicciarti» l’incomprensibile comportamento piccato della fanciulla la fece automaticamente azzittire, costruendo una maschera, con il solo fine di nascondere tutto. Finita di prepararsi, raggiunse Chocola, osservando ogni suo minimo movimento, sperando di scovare anche un solo gesto anomalo che spiegasse il suo atteggiamento. Eppure, tutto ciò che vide furono solo movimenti meccanici e fin troppo precisi, come se facendo tutto a comando avesse la certezza di non sbagliare, di fare tutto in modo giusto. Notò il copri-spalle posato sul letto, scivolare a terra, si avvicinò per riprenderlo, ma la mano di Chocola fu ancora una volta più veloce, afferrando l’indumento per prima. In quei pochi attimi, si senti maledettamente inutile nei confronti dell’amica «mi prenderesti il maglione nell’armadio?» nel sentire quelle parole, eseguì come un automa.

Nel partire Chocola riprese, dopo diversi mesi, la sua scopa, per paura di crollare in preda a un attacco di sonno. Il viaggio fu fin troppo tranquillo. Nessuna gara a chi faceva prima, nessuna battuta, nessuno scherzo. Il silenzio regnava trasformando quei movimenti librati nell’aria, i soli suoni presenti. I ragazzi sentirono i brividi solcargli lenti la schiena alla visione del imperioso portone che si stagliava dinnanzi ai loro occhi.

«lugubre» commentò uno di loro spingendo a due mani la porta d’entrata, nel notare l’ingresso spento. Chocola li superò sicura di come muoversi, respingendo anche il minimo pensiero che si presentasse, facendole notare quanto si sarebbe dovuta preoccupare. Raggiunsero il salone centrale, dove accesero i diversi candelabri applicati alle pareti. I gemelli emisero un sospiro di sollievo nel sedersi sul divano posizionato davanti al camino.

«ehi Chocola, quante volte sei venuta qui?» domandò senza accenno di preoccupazione, ma solo totale tranquillità nella sua voce.

«due volte» si limitò a dire tirando fuori dallo zaino una coperta di lana, portandola successivamente sulle esili spalle, rannicchiandosi anche lei di fronte al focolare. Vanilla la seguì a ruota, facendole posare il capo sul braccio.

«Pierre era con te?» sentì una fitta all’altezza del cuore nel sentir pronunciare il suo nome, quella lama che trafiggeva le sue orecchie fino a provare il culmine dell’irritazione, quando il suono arrivò al timpano. Si passò nervosamente una mano tra le lunghe ciocche di n rosso Tiziano, mentendo a se stessa, fingendo di non aver immortalato l’immagine dell’’uomo amato nel cuore, impiantando quella ferita che più passava il tempo, più scavava solchi, fino a cancellare i restii di lucidità presenti nel suo animo. Sospirò pesantemente alla ricerca del buon senso, e cercando quel barlume di nitidezza che la facesse rimanere sveglia.

«solo la prima» sussurrò prima di cadere vittima della stanchezza, presentatasi più volte in quella giornata, pronta a reclamare la sua paga. Chiuse appena le palpebre, constatando quanto piacevole fosse quel silenzio così saturo di parole, che come una spugna assorbiva, senza ascoltarle davvero. Non poteva opporsi a Morfeo, era più forte, e in quel momento cedere le sembrò l’invito più florido che avrebbe potuto ricevere.

Si sentì accarezzare dolcemente dalle sue braccia, come una cantilena. Dilatò leggermente le narici nel percepire l’odore aromatico della cannella. La sensazione che la travolse la fece diventare improvvisamente neonata, piena del suo candore e purezza. Dalla sua culla, il mondo davanti le si stagliava con una semplicità imbarazzante, una semplicità colma dei colori più vividi che illuminavano i suoi occhi smeraldi riscaldandole il cuore. Continuò a sentirsi dondolare dalle braccia forti che l’avvolgevano, avvertì i suoi amici richiamarla, ma quell’invito a lasciarsi andare era più stuzzicante delle stridule voci che la reclamavano come se avessero ancora qualcosa da spartire. Piegò la testa, col fine di appoggiarla, nascondendosi dalle invocazioni lanciate in suo nome. Il soffice appello dell’ombra che la ninnava prendendosi cura di lei, fece apparire quegli attimi di una tragica perfezione, tanto da far invidia ai narcisi in fiore. Quella percezione della realtà, di quella dimensione ovattata e dal sapore soffice la inebriarono. Strofinò la guancia contro quel petto dal manto nero. Non sentiva il bisogno dell’affetto di Vanilla, dell’amore di Pierre. Tutto intorno a lei si offriva con una pienezza tale da essere tonificante. Una pietanza di cui non si può fare a meno di cui non ci si può pentire. In quegli attimi, la sua vita composta da sfumature nascoste, bugie, tradimenti, gelosia, si dissolveva, entrando in quella bolla troppo brillante, così velata nella sua composizione da commuovere il più perfido tra i malfattori. Un sorriso si estese sulle sue labbra. Il mondo aveva di nuovo ripreso i suoi brillanti colori. Come da bambina, nessuna guerra da combattere, neanche l’amore di quel ragazzo –che aveva ritenuto la cosa più importante- non riusciva a raggirarla. Sentì quel dondolio come una rapsodia. Come un aquilone, troppo in alto per tornare a terra, ma legato da un filo, quindi incapace di volare. Ma quel filo si stava rompendo. Respirò ancora una volta a pieni polmoni quel profumo, lasciandosi andare a una risata gioiosa.

I colori non si dissolvevano, e l’unica cosa che riusciva a provare, pensando ai suoi cari, era ripudio. Le fece schifo il movimento delle foglie degli alberi, il sapore del gelato, tutto, messo a confronto con quel magico istante, sembrava di un’importanza nulla.

Ricordò la prima notte trascorsa in quel castello. Il suo modo imbranato di fare, che la fece inciampare e la portò a ferirsi il dito. Scoppiò nuovamente a ridere, divertita da se stessa. Quell’ago… aveva tanto incolpato il suo amore, quando era stato tutto causato da uno stupido ago. La sua gelosia dipesa da un pezzo di legno colmo di veleno, che era andato gettato nelle fiamme. Fiamme che logoravano la sua anima, rendendola schiava della gelosia, del possesso. L’ossessione quasi patologica che ci fosse qualcosa di sbagliato, che alla fine si era rivelato esserci. Rise gioiosamente rannicchiandosi con più attacco a quelle braccia imperiose che determinavano il suo umore. Ripensò alle scenate di pura follia che lo costringeva a subire, a tutti gli affronti immotivati, cui poi Pierre, grazie a Yurika, aveva finalmente dato un senso. Ricordò quei graffi nel cuore che la piegavano in due, e solo allora la risata prese un inclinazione diversa. Aprì appena gli occhi ritrovandosi abbagliata dalla luminosità di quelle tinte brillanti. Gli sembrò tutto dannatamente triste. E una lacrima di malinconia le solcò la guancia. Addio.

 

La malinconia è la tristezza al tramonto. Quando c’è il sintomo di malinconia vuol dire che qualcosa è finito. E in quelle braccia un cuore aveva smesso di battere e il respiro aveva cessato il suo ritmo, concludendo quella tragica avventura.

 

 

∞∞∞∞∞∞

 

«Chocola… Chocola, svegliati» il rimbombare di quelle voci nella testa la costrinse ad aprire gli occhi. Sbatté più volte le palpebre col fine di mettere a fuoco ciò che la circondava. La prima cosa a stagliarsi nella sua visuale era il suo ragazzo, che le teneva una mano sulla guancia, voltò lo sguardo da una parte, riscontrando il volto ansioso della sua amica, poco lontano notò i gemelli, Robin e sua madre. Accanto al poggia-testa del divano su cui era stesa, riscontrò che accostato al suo viso, era seduto perfino Duke, scoprì confortante la sua presenza. Si sentì sollevare e stringere al petto da Pierre. Nonostante le facesse dannatamente piacere poter gustare ancora quel contatto, boccheggiò in preda alla confusione.

«so…sono morta…?» azzardò la ragazza incredula del vedere la presenza di tutte quelle persone così care a lei.

«No. Ma ci sei andata molto vicina» la voce bassa e burbera dell’uomo che l’aveva allevata le giunse alle orecchie, trovandola così distinta e franca, dal fondo della sala, dove era comodamente poggiato sulla soglia della porta che conduceva alla sala da pranzo. Percepì le mani del biondo scorrerle con leggerezza tra i capelli, le sue labbra sfiorarle la fronte. Quei pochi e semplici gesti le scatenarono un irrefrenabile senso di tristezza. Si aggrappò istintivamente alle sue spalle.

«mi dispiace…» mugugnò in preda ai sensi di colpa, rivolgendosi a tutti i presenti «credevo che il problema foste voi, che non riuscivate a comprendermi, quando la prima a sbagliare era io» si passò il dorso della mano sulla guancia indirizzando alla sua amica un sorriso carico di dispiacere «questa mattina me la sono presa con te… ero fuori di testa» ammise emettendo una lieve risata amareggiata, guadagnandosi un’occhiata complice e comprensiva da parte sua. Tornò a posare lo sguardo su Pierre, abbassando lievemente la vista, passando incessantemente un dito sulla sua camicia, come una bambina divorata dai rimorsi «avevi ragione» sussurrò «avrei dovuto accettare l’invito a farmi visitare da mia madre. Ho combinato solo un enorme pasticcio» sentì le dita di lui sfiorarle il mento, fino ad alzarlo, le loro iridi si incastrarono, trovando sollievo le une con le altre.

«tranquilla, sono abituato alla tua pazzia, e poi, ero sicuro di avere ragione, ce l’ho sempre» si meritò un colpetto datogli dalla ragazza, all’altezza della spalla.

«sono stati gli aghi della gelosia, quella sera in cui sono inciampata…» tentò di confessare la sua scoperta.

«lo sappiamo» proruppe sua madre accigliata e anche molto arrabbiata per il comportamento irresponsabile adottato da sua figlia «ti abbiamo ripresa in tempo, stavi per morire soffocata. Ti ho tolto il veleno dal corpo con un incantesimo che mi ha privato di energie, mentre il tuo fidanzato faceva i salti mortali per non far smettere di funzionare i tuoi organi vitali» si sfogò ancora agitata alla sola idea di poter perdere la sua prediletta.

«scusami» bisbigliò imbronciandosi. La donna la raggiunse a grandi falcate, trovando la sua bambina così tenera e innocente nel suo giovane splendore. Le baciò una guancia, posando il mento sul suo capo, gustandosi la presenza della sua sola erede. La lasciò pochi attimi dopo, ricomponendosi del tutto, e cedendola alle cure di Pierre. Dopo ore di spiegazioni e grandi risa per l’autenticità di quei momenti, si avviarono nelle loro camere, meno ansiosi di sapere se la loro amica era nelle mani di quel mostro nero che attanagliava il suo cuore.

I due fanciulli si rannicchiarono sotto le coperte, stringendosi l’uno all’altra.

«ho creduto di perderti» le bisbigliò all’orecchio accarezzandola come per accertarsi che non scomparisse.

«mi sono sentita bene, quando stavo per morire… come se tutte le sofferenze che avevo vissuto, non fossero mai esistite...» Spiegò lei, guardandolo negli occhi. Notò la calma che ancora aleggiava nel suo sguardo.

«per morire ci vuole un attimo. Un incontro sbagliato, il calcolo errato del tempo, che ti fa attraversare la strada troppo presto, un passo falso o dei semplici medicinali. La vita però va combattuta, Chocola» le passò le dita sulle guance candide «va compresa, accettata, e non sempre è tutto sotto il nostro controllo. Spesso, l’unica cosa che rimane da fare, è lasciarsi travolgere dagli avvenimenti, senza opporre resistenza a ognuno di essi» le spiegò tranquillamente, cosciente che avrebbe compreso ciò che aveva detto.

«perché gli aghi non hanno agito subito, come successe, quando me li iniettasti tu?» il ragazzo si portò un braccio dietro la testa, cercando le parole da dire.

«perché non ti hanno trafitto il cuore, è stato un percorso molto più lento e tortuoso, e quando ci sono arrivati sei stata come inghiottita. Ecco perché avevi gli incubi, era solo un assaggio, e più si avvicinavano, più la situazione peggiorava, condizionata anche dalle circostanze».

«e perché soffocavo?» domandò ancora una volta presa dalla curiosità del momento.

«annegavi nel dolore, nella rabbia» sibilò contrito nel ricordare le sue urla la notte, rimpiangendo di non aver mai capito cosa stesse succedendo.

«se rabbia e dolore compongono i miei sentimenti, mi chiedo cosa ci sia di bello nel vivere» borbottò appoggiando nuovamente la testa sul suo petto. Il giovane le rivolse, con la coda dell’occhio, un’occhiata ironica, sorridendo appena. Le alzò leggermente il viso puntando gli occhi nei suoi. Si avvicinò ancora fino a sentire il suo alito accarezzargli la bocca.

«questo» si limitò a dire prima di congiungere le loro bocche in un unico dolce gesto. Sentì i loro nasi sfiorarsi, finché non si distaccarono appena.

«diventa tutto più interessante» asserì prima di perdersi nuovamente in quel sapore tanto caro ai suoi sensi.

 

Fine.

 

 

Commenti dell’autore:

allora, fine molto diversa da quella che avevo già scritto. E che poi mi si è cancellata -.-” mi auguro ne siate rimasti soddisfatti e che non vi sia preso un mezzo infarto quando ho detto che chocola moriva. Ci tengo a precisare che questa è la terza “fine” che scrivo, nella seconda lei moriva sul serio. Dovreste ringraziarmi di non essere così sadica.

Spero che questa storia sia piaciuta quanto è piaciuta a me, soprattutto perché è stata la mia prima storia da “solista” e per me è stata veramente MOLTO e dico molto importante per lo sviluppo del mio stile, che grazie a questo scritto si è delineato, anche se a me fa un “tantino” schifo, poiché effettivamente non sono brava a scrivere, anche se è quello che mi piace fare. E comunque que sera, sera, infondo ho solo 15 anni :D vorrei ringraziare tutte le persone che hanno letto indipendentemente dalle recensioni e da i preferiti. È bello avere qualcuno che ti sostiene. Un bacio a tutti, e la mia prima storia è conclusa. È stato bello arrivare fin qui da sola.

Marmelade.

 

P.S un ringraziamento veramente speciale a Honey, anzi, Martina, che per me c’è sempre. Credo che questo basti per farle capire. E comunque, congratulazione Honey, superati i quiz della patente! Mi scarrozzerai in giro, yehh!

   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Sugar Sugar / Vai alla pagina dell'autore: _morph_