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Autore: ornylumi    26/07/2011    14 recensioni
Un immaginario capitolo extra di Harry Potter e i Doni della Morte, posto subito dopo la fine della battaglia di Hogwarts. Un viaggio nei ricordi di Bellatrix, visti attraverso gli occhi di Harry, alla ricerca della vera ragione per cui è diventata quello che era: la più spietata e fedele Mangiamorte.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Harry Potter, Narcissa Malfoy, Rodolphus Lestrange, Voldemort | Coppie: Bellatrix/Voldemort, Rodolphus/Bellatrix
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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“Professore…” Harry non sapeva cosa dire, non voleva spingere Silente a rivelargli più di quanto lui desiderasse. In ogni caso, fu il Preside stesso a toglierlo dall’imbarazzo, interrompendo la sua frase sul nascere.

“Adesso, Harry, credo che dovresti tornare fuori e mantenere la tua promessa”. Certo, Neville… con tutto quello che gli era accaduto nelle ultime ore se n’era quasi dimenticato. Si rialzò dalla sedia un po’ barcollante, riprese la boccetta vuota dalla scrivania e iniziò a riempirla di nuovo.

“Non so se le risposte contenute qui dentro gli sembreranno sufficienti” pensò ad alta voce.

“Questo non sta a te deciderlo. Credo che sarebbe saggio fare ciò che devi e tornare a riposarti, ne hai ancora bisogno”. Silente aveva di nuovo ragione. No, non stava a lui deciderlo e non ci sarebbero stati ripensamenti. Quando l’ultima goccia dei ricordi fu di nuovo al suo posto, Harry salutò il Preside e uscì dallo studio.

Non aveva neppure pensato a indossare il Mantello, ma i corridoi erano deserti quanto la prima volta. Non incontrò nessuno fino alla Sala Grande, che al contrario era gremita di persone. In molti lo salutarono con affetto dandogli pacche sulle spalle, chiamandolo scherzosamente “l’eroe”. Luna gli disse, serissima, che nella Sala dei Trofei sarebbe stato eretto un monumento in suo onore, in memoria della sconfitta di Voldemort. Harry sperò vivamente che fosse soltanto una sua idea, perché la trovava eccessiva e assolutamente fuori luogo.

Neville era ancora accanto al tavolo di Grifondoro, stava chiacchierando con alcuni compagni di Casa. Vicino a lui, le poche boccette non ancora consegnate facevano la loro figura, scintillando sotto il soffitto incantato. Harry si avvicinò cauto, pensando che avrebbe preferito parlargli da solo, ma non ci fu bisogno di stratagemmi: fu Neville a separarsi dagli altri e ad andargli incontro.

“Ehi, Harry!” esclamò. “Hai già…”

Il ragazzo annuì prima che la domanda finisse.

“Oh… e com’è andata? È stato così terribile?” Le parole dell’amico trasudavano ansia.

“No, non così tanto” lo tranquillizzò Harry, con sincerità. “In alcuni tratti è stato quasi avvincente”. Ripensò con un sorriso alla fuga da Azkaban, e Neville lo ricambiò.

“Allora, credi che potrei provarci anch’io?”

Harry rifletté un istante prima di rispondere. Avrebbe dovuto dirgli della Compassio Veraque, metterlo in guardia su quello che gli avrebbe causato? Forse sì. Ma, dopo, Neville avrebbe avuto la stessa forza per affrontare quel viaggio? Forse no. E allora decise che era meglio tacere; tanto più che, come aveva detto Silente, gli effetti sparivano nel giro di un’ora.

“Sì che puoi, Neville. Ne sei perfettamente in grado quanto me”. E allungando la mano verso di lui, in maniera fugace per non dare nell’occhio, gli consegnò la boccetta.

“Grazie. Domani mattina ci saranno i funerali di chi non ce l’ha fatta, e subito dopo inizierà la ricostruzione della scuola. Verrai anche tu, vero?”

“Certo” rispose. Dove altro sarebbe potuto essere, se non accanto alle persone che avevano sacrificato la vita per lui?

“Bene. Allora ci vediamo!” Neville si allontanò, forse per restare solo con i suoi pensieri. La mano che stringeva i ricordi di Bellatrix gli tremava appena.

*

C’era un’altra stanza, molto più piccola e ignorata da tutti i presenti, accanto alla Sala Grande. Non appena rimase solo Harry sentì i propri piedi muoversi di loro iniziativa verso quella porta chiusa, e non poté fare a meno di accontentarli. Il cuore gli batteva in maniera forsennata, anche questo senza un vero perché. La maniglia cedette senza difficoltà al suo tocco, tuttavia il ragazzo non spalancò la porta ma si limitò ad aprirne uno spiraglio, attraverso il quale sbirciare all’interno.

Dopo le luci della Sala Grande, i suoi occhi fecero fatica ad abituarsi alla penombra. Solo dopo diversi secondi riuscì a distinguere tutti quei corpi, ciascuno coperto da un lenzuolo scuro, allineati lungo la parete. Non era il solo a respirare lì dentro: ben presto si accorse che c’era un’altra figura in fondo alla stanza, accovacciata accanto a una delle salme. Non sembrava che piangesse né che si disperasse; era rigida, ferma non meno di coloro che non potevano più muoversi.

Spinto da qualcosa più forte di lui, Harry aprì maggiormente la porta ed entrò. I suoi piedi lo guidarono verso quella persona in maniera silenziosa, per non disturbarla e rispettare il suo dolore, ma lei sembrò non accorgersi di nulla. Quando fu abbastanza vicino capì che era una donna, e non una qualsiasi. Era la stessa che, per qualche altro effetto della Compassio, si aspettava di trovare lì.

Narcissa Malfoy aveva spostato il lenzuolo dal corpo della sorella e le aveva chiuso gli occhi, fermandosi poi a guardarla per chissà quanto tempo. Bellatrix non aveva più nulla del suo aspetto feroce, sembrava semplicemente addormentata. Harry sapeva che non aveva alcun senso restare lì, avrebbe dovuto girarsi e tornare da dove era venuto. Soprattutto, era assolutamente insensata l’idea di dire qualcosa a quella donna che senza dubbio lo detestava; ovviamente le parlò.

“So cosa prova” sentì la propria voce agire da sé, ancora sotto l’effetto di una forza misteriosa. Narcissa si voltò, incredula, e incontrò gli occhi del ragazzo a cui aveva salvato la vita.

“No, non lo sai”. Aveva un tono risoluto, deciso. Anche a quella distanza Harry non notò lacrime sul suo volto, anche se probabilmente era a causa del buio.

“Si sente in colpa” continuò Harry. “Per aver fatto la scelta giusta crede di averla tradita, ma non è così”.

Il volto della donna s’indurì. Come osava quel ragazzino parlarle in quel modo, prendersi tanta confidenza con lei? Harry pensò che era solo questione di tempo, prima che gli intimasse di andare via. E che cosa voleva dirle, poi? Forse rincuorarla, dopo essere stato testimone dei suoi momenti più difficili. Ma Narcissa non gliel’avrebbe lasciato fare.

“Tu non sai niente di me. Credi che stia soffrendo, che mi ritenga responsabile della morte di Bellatrix? No, ti sbagli. Mia sorella era una stupida, una pazza che non si è fermata di fronte a niente pur di seguire i suoi ideali. Sapeva che sarebbe finita così e non si è tirata indietro, dunque è lei stessa ad aver causato la propria morte. L’ha voluto lei, io non c’entro e non provo dolore”.

Il volto di Narcissa era come una maschera, si sarebbe potuto dire che davvero non provava nulla. Questo, però, se Harry non avesse passato le ultime ore a osservare parte della sua vita, se non avesse visto abbastanza per sapere che, al di là di tutti quei discorsi, le due sorelle erano legate da un affetto profondo.

“E allora perché è qui?” le chiese, tirando fuori un coraggio e un’impertinenza che non sapeva di avere.

“Questo non ti riguarda. E comunque stavo andando via”. La donna si alzò in tutta fretta, senza preoccuparsi di coprire nuovamente il corpo. Era evidente che stava scappando, pur di non mostrare a Harry quanto reale fosse il suo dolore.

“Tanto per essere chiari” continuò “non m’importa nulla di te. Ti ho salvato solo per tornare da mio figlio. Se mi avessi dato una risposta diversa, forse adesso non saresti qui”.

“Lo so” rispose Harry. Non aveva mai pensato il contrario. “Ma testimonierò comunque in suo favore, se servirà”. L’aveva deciso nello stesso istante in cui lo diceva.

Gli occhi di Narcissa si allargarono per la sorpresa. Per un attimo aprì le labbra e sembrò voler dire qualcosa, forse ringraziarlo, ma alla fine decise che non si sarebbe abbassata a tanto. Lo superò e raggiunse la porta senza voltarsi indietro. Ma un attimo prima che uscisse, Harry notò qualcosa luccicare tra le sue dita e seppe immediatamente cos’era: una catenina d’oro con un ciondolo a forma di B, il ricordo di un momento felice che non sarebbe più tornato.

Harry rimase solo in quella stanza buia e funerea, tuttavia il cuore non gli batteva più così furiosamente e si accorse di non provare alcuna angoscia. Si sentiva sereno, la stessa serenità che traspariva dal volto di Bellatrix, e mentre la guardava capì di non odiarla, non più. L’ironia del destino aveva voluto che giacesse accanto a Voldemort; anche se velato, Harry era sicuro che quel corpo sulla destra fosse il suo, perché l’aveva visto deporre alcune ore prima proprio nello stesso punto. Chiunque l’avesse fatto li aveva resi vicini nella morte come nella vita, a esercitare quel diritto di essere amati.

Chissà dov’era Bellatrix in quel momento, se nello stesso limbo tra l’uno e l’altro mondo in cui era stato anche Harry. La immaginò a King’s Cross – la sua King’s Cross – a girovagare come una belva in gabbia, impotente, distrutta. E immaginò che a un certo punto, proprio come lui, avesse sentito l’agitarsi di una creatura provenire da sotto una sedia. Il resto, più che un’immaginazione era una certezza. Si era avvicinata alla fonte di quei rumori, e accovacciandosi accanto alla sedia aveva scoperto le sembianze di un bambino con la pelle scorticata, fragile e abbandonato. Ma al contrario di Harry, lei non aveva avuto paura; l’aveva accolto tra le braccia senza esitazione, stringendoselo al petto come un figlio, bagnandolo con le proprie lacrime e donandogli tutto il calore di cui era capace. L’aveva preso con sé per non separarsene mai più, dovunque fossero andati, e nonostante il suo aspetto l’aveva guardato senza pena, solo con amore.

Come se fosse la creatura più bella del mondo.

FINE

Note:

Ho voluto concludere questa storia con l'immagine che avevo in mente quando ho iniziato a scriverla: Bella che abbraccia, anche dopo la morte, il suo unico amore. Un piccolo avvicinamento tra Harry e Narcissa era inevitabile, tuttavia egli non è la persona adatta a consolarla e nella shot "Il profumo dell'aria" ho voluto regalare un finale degno (almeno lo spero) anche a Narcissa e Lucius. :)

Ebbene sì, questa volta è davvero finita. Ma non vi lascerò prima di dire, ancora una volta, GRAZIE...

... a chi ha inserito la storia tra le preferite, da ricordare o alle seguite (siete stati più di quanto potessi immaginare!)

...a chi mi ha aggiunto tra gli autori preferiti (un'altra gioia immensa!)

... e soprattutto, a chi ha lasciato recensioni. Scrivere senza il vostro appoggio non sarebbe stata la stessa cosa.

Per chi amava Bellatrix spero di averla resa all'altezza delle aspettative, per chi la odiava spero di avergli fatto cambiare idea almeno un po'. E in tutti i casi, spero che questa storia abbia lasciato a voi un po' di quello che ha lasciato a me. Grazie.

Orny

   
 
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