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Autore: Laura Sparrow    05/08/2011    2 recensioni
Quarto capitolo della saga di Caribbean Tales. - Tortuga. La roccaforte dei pirati, il porto preferito di ogni bucaniere sta radicalmente cambiando, trasformata nel rifugio ideale per gli intrighi di un uomo infido e spietato: Robert Silehard. E, quando anche l'ultimo porto franco non è più sicuro per un pirata, nessuno può più sfuggire alla mano di Silehard. Nemmeno capitan Jack Sparrow e la sua ciurma.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 9
Tradimento.


La nostalgia di casa mi coglieva a tarda sera, quando il rollio delle onde mi cullava in una delle amache di sottocoperta. Durante il giorno non avevo tempo di pensarci, ma di notte qualcosa riusciva ad avere il sopravvento sulla stanchezza, e rimanevo sveglia per ore, rigirandomi e tormentandomi con la sensazione di avere fatto un grosso errore ad aver lasciato la Perla.
Mi mancava molto la compagnia di Faith e Valerie, e naturalmente mi mancava Jack. Tuttavia, l'attività della giornata mi assorbiva completamente e per un bel pezzo riuscivo a dimenticarmi della Perla e della ciurma lasciata a Tortuga, godendomi quanto c'era da godere sul mare aperto e sulle isole. Negli ultimi giorni, William trovò anche il tempo di prendere accordi con un fabbro locale e installarsi nella sua fucina per un po', forgiando una decina di spade ad una velocità mai vista. Io ed Elizabeth assistemmo quando le portò via dall'armeria per caricarle a bordo, mentre le deponeva una ad una sopra un panno di tela, ciascuna lucida e brillante nella sua perfezione. - C'è sempre stato un solo, vero fabbro a Port Royal!- commentò Elizabeth mentre, con uno slancio di orgoglio, gettava le braccia attorno al marito e gli schioccava un bacio sulla guancia.
L'ultimata forgiatura della spade sancì definitivamente l'ora del nostro ritorno a Tortuga.
Sotto il sole del pomeriggio, nel nostro undicesimo giorno di viaggio, arrivammo in vista dell'isola. C'erano poche navi, in porto, e non ci fu difficile individuare la Perla Nera, anche se notai che era ormeggiata in un punto diverso di quando l'avevamo lasciata. A bordo della Perla, la notizia del nostro avvistamento volò rapida di bocca in bocca, tanto che, quando le navi furono di nuovo fianco a fianco, la ciurma di entrambe era assiepata sulla murata e sulle sartie, gridando e applaudendo in segno di saluto. Fu gettata la passerella ed io, Elizabeth, William e David facemmo il nostro ingresso a bordo da trionfatori, con tutta la ciurma che faceva un gran fracasso perfino battendo tra loro le spade. Le prime a corrermi incontro furono Faith e Valerie, con le quali mi strinsi in abbraccio collettivo, ridendo e gridando di contentezza.
Jack mi comparve davanti come sciolsi l'abbraccio da Faith: per un istante restammo a guardarci senza dire niente, poi lui abbozzò un sorrisetto. - Sei in ritardo. - commentò, con leggerezza. - Bel cappello. - aggiunse poi, adocchiando il mio bicorno.
- Grazie. - sorrisi. - A quanto pare te ne sei andato a zonzo, mentre io non c'ero. -
- Questioni di forza maggiore, gioia. - con aria noncurante si appoggiò col gomito alla murata. - Come sta Connor?-
- Come sta Silehard?- lo rimbeccai. Lui quasi rise alla mia provocazione, poi mi scoccò un'occhiata molto significativa.
- Stiamo perdendo un sacco di tempo in futili chiacchiere... non trovi?-
- Decisamente sì. - mi feci avanti e lo abbracciai forte, felice di poter sentire di nuovo le sue braccia che mi stringevano.
Neanche due minuti dopo caracollammo in cabina, talmente avvinghiati che Jack ebbe dei seri problemi anche solo a chiudere la porta dietro di noi. Rotolammo sul letto, incapaci di tenere mani, bocche e gambe l'una lontani dall'altro: tutti i nostri battibecchi e la nostra reticenza vennero istantaneamente dimenticati nel momento in cui fummo l'uno nelle braccia dell'altra, baciandoci, ansimando, mormorando e chiamandoci a vicenda senza sosta, finché non ci fummo rifatti del tempo perduto.
Dopo mi distesi soddisfatta sotto le lenzuola, felice di sentirmi di nuovo a casa. Jack era seduto sul bordo del letto, impegnato ad abbottonarsi con calma i pantaloni: come si accorse che lo guardavo, si voltò per scoccarmi un'occhiata intenerita. - Goccetto?- propose, accennando col capo alle bottiglie sul tavolo della cabina.
- Dammi solo dell'acqua, al momento dubito che potrei reggere altro. - replicai, sorridendogli. Jack fece finta di sbuffare con aria di sufficienza, mentre si alzava e andava a raggiungere il tavolo, ma poi tornò con due calici pieni fino all'orlo e si sedette sul materasso, porgendomi il mio.
- Allora... - commentò, mentre si stendeva languidamente al mio fianco e si portava il calice alle labbra per prenderne un sorso. - Ti sei goduta la tua uscita fuori porta?-
Vuotai il mio boccale in un sorso, godendomi la frescura dell'acqua, quindi mi rigirai prona sul materasso. - Sì, molto. E tu dove sei stato, nel frattempo?-
- Avevo bisogno dei segreti di una vecchia amica. Oh, non preoccuparti: suddetta amica ci ha lasciati da un pezzo... la sua vecchia casa, invece, aveva ancora diversi gioiellini nascosti. Può raccontartelo Faith. -
Alzai il capo a guardarlo, incrociando le braccia. - Insomma, cosa sei andato a cercare?-
- Ho solo pensato che, essendo una strega quella con cui ho a che fare, mi sarebbero venute utili le conoscenze di una dea. -
Sussultai, sbarrando gli occhi. - Calypso? Stai parlando di Calypso?-
- Proprio lei. -
- Continui ad avere gli incubi, vero?- domandai, anche se ormai non c'era bisogno di chiedergli conferma. - E la colpa è di quella strega, che vuole qualcosa da te. -
Jack sorseggiò lentamente dal suo boccale, cercando di eludere la mia domanda. - Ti tranquillizzerebbe sapere che, grazie a Calypso, potrei anche riuscire a tenere la strega lontana dai miei sogni?-
- E come?-
- Sto ancora limando i dettagli. -
- Al diavolo, allora. - sbottai, gettandomi dietro le spalle il boccale vuoto che andò a rimbalzare sul pavimento con un clangore metallico. Jack si limitò a seguirlo con lo sguardo, inarcando un sopracciglio. - Ehi, non la regalano, l'argenteria. - commentò, pigramente, poi allungò una mano verso di me e mi scompigliò i capelli. A quel gesto affettuoso non potei fare a meno di sorridergli ancora, e mi appoggiai contro la sua spalla.
- Mi sei mancato. - mormorai, fissando nelle profondità dei suoi occhi neri, che mi scrutavano con dolcezza.
- Anche tu. - rispose Jack nello stesso tono, poi si protese verso di me per rubare un altro bacio, sul quale indugiò a lungo prima di separarci. Per un momento lo vidi gettare uno sguardo fuori dalla finestra della cabina, quindi si alzò dal letto e si mise in cerca del resto dei suoi vestiti.
- Temo di dovere andare, adesso. - annunciò, mentre recuperava la sua camicia dal pavimento.
Mi alzai a sedere, tirandomi attorno le lenzuola, e rimasi a guardarlo finire di rivestirsi. - A parlare con Silehard?-
- Sì. -
- Vai pure. - replicai, alzando gli occhi al cielo in modo evidente. Jack recuperò il tricorno e, prima di andarsene, mi fece con quello una pomposa riverenza dalla soglia della porta per poi metterselo in testa.
- Mi piace molto il tuo nuovo cappello!- commentò a mo' di saluto, accennando col capo al cappello piumato che avevo abbandonato in un angolo della cabina. Senza aggiungere altro, se ne andò.

*

Quello che era stato il cantiere navale dei mercanti era un dedalo di macerie e crateri bruciacchiati causati dalle esplosioni; l'edificio del quartier generale non aveva più il tetto, e ciò che all'interno non era stato divorato dal fuoco, se lo erano ormai portato via i ladri temerari. I ricchi magazzini lasciati incustoditi erano stati depredati peggio che da un esercito di cavallette. In quelle settimane, non era stato fatto alcun tentativo per ricostruire il tutto. La Gilda aveva di che essere soddisfatta.
In quel momento una piccola imbarcazione attraccava al molo deserto, quello situato nella zona più spoglia e solitaria di Tortuga. Un uomo alto, dalle spalle massicce, con una lunga giacca grigia e un largo cappello piumato salì con un balzo sulla banchina e strattonò una cima, per assicurare la barca al pilone d'ormeggio. Sebbene non apparisse certo giovane, i suoi movimenti erano agili e sicuri; i gesti di un esperto.
Mentre era assorto nella sua operazione, tre uomini si avvicinarono alle sue spalle. Uno di loro, il giovane lentigginoso dai capelli rossi, si fece avanti con la spada sguainata e, senza esitare, la premette contro la nuca dell'uomo.
- Questo molo appartiene alla gilda, vecchio. - sibilò, con un sogghigno compiaciuto. Quella era in assoluto una delle cose che gli piacevano di più: sapere di poter dettare legge nel porto era una sensazione inebriante come nient'altro.
Dal canto suo, l'uomo non fece una piega e continuò con calma ad assicurare la cima al pilone. Quando ebbe finito, scostò senza tanti complimenti la spada dal collo come se non fosse stata niente più che una mosca fastidiosa, e si alzò in piedi, voltandosi per guardare in faccia i tre che lo avevano circondato.
- E allora?- replicò, ruvidamente, con una voce rasposa che aveva qualcosa di inquietante. Aveva il viso scavato dalle rughe, dal sole e da vecchie cicatrici, e una folta barba incolta gli copriva il mento. Il giovane ebbe un attimo di esitazione nel vederlo così gelidamente indifferente davanti al nome della gilda, ma riacquistò quasi subito il proprio sangue freddo e puntò di nuovo l'arma contro lo sconosciuto, stavolta al suo petto, al centro della fibbia argentata della cintura che portava a tracolla.
- E allora non dovresti essere qui!- con la consueta arroganza, fece un cenno ai due che erano con lui. - Date un'occhiata alle tasche di questo qua: credo che richiederemo un pedaggio... -
I due uomini si avvicinarono ghignando. Anche lo sconosciuto si concesse una breve risata, come se convenisse con loro che la faccenda era molto divertente. Poi, con una mossa fulminea e del tutto inaspettata, estrasse dalla cintura in un colpo solo spada e pistola. Il primo non ebbe nemmeno il tempo di sgranare gli occhi per la sorpresa, che la pistola fece fuoco. Lo prese in pieno stomaco, buttandolo riverso sulla banchina. Il secondo parò il primo fendente con la spada, ma in un attimo si ritrovò ad indietreggiare senza scampo sotto una raffica di colpi violenti e spietati, che si abbattevano sulla sua lama con tanta veemenza da fargli vibrare il manico sotto le dita.
Il giovane lentigginoso, che all'attacco fulmineo del pirata aveva provvidenzialmente indietreggiato, sbarrò gli occhi davanti al macabro spettacolo: l'ultimo affondo del vecchio lupo di mare era andato a segno; il compagno cacciò un grido di dolore, mentre lo sconosciuto sbottava in una risata cruda e rigirava la lama nelle sue carni. Quando il sangue dell'uomo cominciò a colare in rivoli sottili sulla banchina, l'altro liberò la spada, gli sferrò un calcio al ventre e lo spedì in acqua.
Questo era troppo. Il ragazzo puntò la pistola verso lo sconosciuto, che si era girato di lato rispetto a lui, e fece scattare il cane con le dita che tremavano. Prima che avesse il tempo di premere il grilletto, qualcosa di nero e peloso sbucò dalla barca, attraversò il molo come una furia e gli balzò sulla faccia. Lui urlò, prendendo a dimenarsi come un indemoniato, nel tentativo di togliersi di dosso la piccola, malefica creatura, la quale aveva cominciato a morderlo selvaggiamente sul naso e a cacciargli piccole dita pelose negli occhi. Inciampò malamente e cadde di schiena sul molto: solo a quel punto l'esserino saltò via dalla sua faccia, con uno squittio soddisfatto. Il giovane sentì il legno scricchiolare, e quando voltò la testa si trovò a fissare un paio di stivali di pelle nera.
Vedendo il pirata incombere su di lui, rotolò rapido su un fianco e scappò via a gambe levate, mentre alle sue spalle il suo avversario scoppiava in un'ultima, grassa risata: quella se la fece veramente di gusto, scompisciandosi dal ridere nel vedere quanta fretta era riuscito a mettere a quello sciocco rampollo. Distolse lo sguardo dal ragazzotto che fuggiva, e in tutta calma ripulì la spada sugli abiti del morto impallinato che gli giaceva ai piedi.
- Grazie, Jack. - fece capitan Barbossa, rivolto alla scimmietta che, a pochi passi da lui, lo guardava con tutti i dentini scoperti in un sorriso smagliante.

*

Jack posò il calice vuoto sul tavolo e arricciò le labbra, sentendo il gusto sgradevole aggredirgli la gola.
Imogen rimase a fissarlo con pazienza, in perfetto silenzio, finché non lo vide sprofondare nella sedia, in preda al torpore fisico e mentale provocato dall'intruglio.
- Bene, Jack Sparrow, devo ammettere che avete fatto un ottimo lavoro. - proferì, con calma. - Siamo tutti molto soddisfatti di voi. -
Lo sguardo imbambolato di Jack ebbe un unico, lieve guizzo, e lui fece un movimento goffo e pigro che assomigliava ad una scrollata di spalle. Dietro di lui, Silehard sorrise in silenzio. Era molto fiero degli effetti impeccabili che la pozione della sua complice aveva sui suoi sottoposti: nulla era più affidabile di un collaboratore che non riusciva a mentire.
- Perciò, riteniamo che sia il momento di attuare il nostro piano. - la strega tamburellava con le dita sul ripiano del tavolo, con evidente impazienza. - Siete pronto a condurci all'Isla de Muerta?-
- Sì. - rispose Jack, piatto, senza muoversi di un soffio.
Un ghigno scintillò sul viso della donna. - Bene!- esclamò, raddrizzandosi bruscamente. - Ho visto, però, che non siete molto bravo a tenervi vicini i vostri alleati. Il giovane capitano della Sputafuoco vi ha lasciato per diverso tempo, prima di decidersi a tornare. La vostra stessa donna se ne è andata con lui. Queste improvvisate vi tormentano, e ingarbugliano i vostri progetti. -
Il capitano batté le palpebre, domandandosi per un istante come facesse a saperlo, ma poi si ricordò il motivo per cui la strega gli frugava dentro la testa ogni notte. Doveva pur esistere un modo per chiuderla fuori.
- Vero... - borbottò di nuovo, con la mano abbandonata e immobile sulla fiaschetta che portava appesa alla cintura.
- Non va bene. - commentò lei, in tono sbrigativo. - Chi non è con noi è contro di noi... ne convenite?-
- Sì. -
La risposta parve fare esitare Imogen per un breve istante di sorpresa, quindi il suo sogghigno si fece più ampio. - Perfetto... comprendete dunque che è giunto il momento di sottoporvi ad un'altra prova. Quali erano i termini del nostro patto? Volete ricordarmeli?-
Il pirata batté le palpebre un'altra volta, come se fosse l'unico movimento che non gli fosse faticoso compiere. - La mia nave e mia moglie. -
- Giustamente. Allora vi terrete la vostra nave, mentre vostra... moglie, e forse anche la vostra ciurma saranno dichiarati membri ufficiali della gilda, se accetteranno le nostre condizioni e il nostro comando. Sarete messo a capo della spedizione, se rispetterete la vostra parte del patto. -
In quel momento, Silehard si mosse, e appoggiò le mani allo schienale della sedia su cui sedeva Jack per protendersi verso la strega. - Siamo sicuri che sia in grado di farlo?- domandò, a voce bassa, ma senza preoccuparsi di non farsi sentire dal capitano, come se non fosse altro che una cosa inanimata messa per caso tra lui e Imogen. - Non è mai stato quel genere di pirata... -
- Questo si vedrà. - replicò lei in tutta tranquillità, senza smettere di sorridere. - È un uomo che conosce il prezzo delle sue azioni. E poi, ho potuto insinuarmi all'interno della sua mente abbastanza a lungo da condurlo dove vogliamo. - tornò a rivolgersi a Jack come se nulla li avesse interrotti. - Jack Sparrow, siete pronto, dunque, ad eliminare chiunque si metterà sulla nostra strada?-
Innaturalmente impassibile, con lo stesso tono privo di qualsiasi emozione, Jack rispose nuovamente: - Sì. -

*

I boccali cozzarono tra loro, versando rum sui pirati ubriachi; i canti e le risa si levavano al di sopra delle note miagolanti dei violini.
Era scesa la sera, e il ponte della Perla era gremito di gente: uomini della ciurma, ma anche quelli della Sputafuoco. Era la prima sera che le ciurme si trovavano di nuovo insieme, e si era deciso di comune accordo che era il caso di celebrare il ritorno con un festino degno di questo nome.
- Largo, gente, largo!- il signor Gibbs, già discretamente rosso in viso, si fece spazio reggendo tra le mani due enormi boccali di rum pieni fino all'orlo. Subito dietro di lui venne il vecchio Trentacolpi, barcollante sotto il peso di un intero barilotto che si portava sulla schiena. - Alla larga, topi di fogna, questa è una riserva privata!- sbraitò, sghignazzando, mentre caracollava dietro al suo compagno di bevute.
-Abbiamo i nostromi più strani del mondo!- risi allo spettacolo, mentre brindavo insieme a Faith, Valerie ed Elizabeth. Ce ne stavamo sedute sotto all'albero maestro, proprio accanto ai musicanti che, appollaiati sopra l'argano, suonavano i loro violini come indiavolati.
In quel momento un boato di giubilo salutò l'arrivo di Michael, che Ettore si era caricato sulle spalle e portava avanti e indietro per il ponte come un eroe di guerra. - Salutiamo la pancia più dura dei Caraibi!- gridò il pirata, togliendosi senza sforzo il ragazzino dalle spalle e depositandolo in mezzo a noi.
- Mickey! Allora stai bene!- esclamai, abbracciandolo. Michael appariva ancora un po' provato e decisamente più quieto del solito, ma, a parte l'imbarazzo di trovarsi di colpo al centro dell'attenzione, sembrava anche lui felice di rivederci. Ce lo strapazzammo un po' tutte prima di lasciarlo libero di andare a bersi qualcosa in santa pace; Ettore invece venne a sedersi con noi, e circondò Faith con un braccio.
- Anche i capitani sono più allegri, stasera. - commentò, accennando col capo verso prua. Seguendo il suo sguardo notai William; era sotto il castello di prua, seduto su una cassa, e in piedi di fronte a lui c'era Jack, che aveva tutta l'aria di essere ubriaco fradicio. Mentre li guardavo, Jack fece come un tentativo di sedersi di fianco a lui, ma sbagliò clamorosamente mira e quasi rovinò per terra, salvato solo dall'intervento di Will, che riuscì ad acciuffarlo e sorreggerlo alla meno peggio. Avevo visto entrambi solo di sfuggita durante la serata, e mi chiesi che fine avesse fatto il loro interminabile battibeccare.
- Quei due rinuncio a capirli. Prima che partissimo non si potevano soffrire... - Elizabeth si strinse nelle spalle, prendendo un altro sorso dal boccale.
- Un'intera bottiglia di rum, e Jack è il migliore amico di tutti. - scherzai, però di tanto in tanto tornai a dare un'occhiata incuriosita ai due, attraverso la folla festante. Per qualche momento sembrarono confabulare in tono animato, poi però conclusi che Will si stava probabilmente sorbendo i deliri di Jack, poiché quest'ultimo sembrava ormai talmente brillo da aver perso completamente anche la capacità di stare dritto. Ridacchiai tra me: certo che aveva scelto proprio la sera giusta per prendersi una sbronza coi fiocchi; e io che speravo di trovarmelo ancora in buono stato, per quando fosse stata l'ora di ritirarci in cabina... pazienza.
Al suono dei violini si aggiunsero le chitarre, e uno dei suonatori cominciò a cantare, coinvolgendo in breve tutta la ciurma.
- She was the parson's daughter
with the red and rosy cheeks... -
- Wa-hey-heave-hi-ho!- risposero i pirati in cori stonati.
- She went to church on sunday
and song the anthem sweet,
there's fire down below!-
La ciurma fu presto del tutto intenta a sbraitare il ritornello, agitando a tempo armi e boccali. Ad un certo punto mi voltai e mi trovai accanto Will: quasi sussultai, perché non lo avevo assolutamente visto avvicinarsi.
- Sarà meglio che vada a fare la mia consegna a Tiago Marquina; credo che noi ci salutiamo adesso. - annunciò. Sottobraccio portava un involto di tela cerata dal quale spuntavano le else delle spade che aveva forgiato: ci salutò tutti quanti con un sorriso, baciò Elizabeth, e poi scese a terra, per scomparire nell'oscurità delle strade. Nello stesso momento vidi farsi avanti Jonathan, che si accostò alle spalle di Valerie e la abbracciò, stringendole le braccia attorno alla vita. - Avanti, altro rum, che qui siamo a secco!- rise, agitando in modo eloquente il boccale vuoto che aveva in mano.
Valerie rise di rimando, reclinando il capo all'indietro per premere i lucidi capelli neri contro la guancia del giovane. Doveva essere il primo momento di affettuosità che vedevo tra di loro da settimane intere, ma, vedendo le loro espressioni totalmente rilassate, mi ripetei per l'ennesima volta di non farmi domande. Chissà dov'era il tanto chiacchierato signor Donovan, tra l'altro. Ero sicura di averlo visto prima, in mezzo alle ciurme mescolate della Perla e della Sputafuoco, ma lo avevo perso di vista da un pezzo.
- Aspettatemi, che vado a procurarmene un po'. - mi offrii, alzandomi: comunque andassero le cose, mi era mancata molto la mia vecchia ciurma, e quella notte pareva prospettarsi piacevole. Attraversai il ponte aggirando qua e là pirati ubriachi che cantavano, raggiunsi le botti dalle quali si spillava il rum, e ne avevo quasi riempito una bottiglia intera quando lo sguardo mi cadde su Jack, che trovai ancora stravaccato sulla cassa a prua. Non sembrava essersi accorto che lo stavo guardando, e di punto in bianco lo vidi alzarsi in piedi con sorprendente prontezza.
Sorpresa, continuai a seguirlo con la coda dell'occhio: non sembrava affatto ubriaco. Con cautela, sgattaiolò fra i pirati e scese di buon passo la passerella fino alla banchina. Il rum stava ormai traboccando dalla mia bottiglia, ma di colpo la abbandonai accanto alla botte e quasi d'impulso mi affrettai a seguire Jack mentre scendeva a terra.
Lui era partito a passo svelto, e mi aveva già distanziata, ma lo seguii da lontano. Si infilò nelle tortuose stradine di Tortuga senza un attimo di esitazione, come se sapesse perfettamente dove stava andando. E io dietro. Camminava più silenzioso, più furtivo del solito: fu solo dopo un po' che dovetti ammettere che stava senza dubbio seguendo Will. E io, non vista, seguivo tutti e due.
Da un lato la faccenda mi sembrava così assurda che ero tentata di chiamare Jack ad alta voce e chiedergli di persona che cosa stava succedendo... dall'altro sentivo che c'era qualcosa di molto strano, e che era meglio se continuavo a seguire entrambi nell'ombra. William sapeva di essere seguito? Non avrei saputo dirlo, ma avevo la sensazione che fosse l'unico ad ignorare tutto quello che stava succedendo.
Avevamo raggiunto l'armeria di Tiago Marquina. Vidi Will bussare alla porta, attendere per qualche istante, poi un ometto che riconobbi come Tiago aprì la porta, stagliandosi per un attimo contro il vano illuminato. Poi William entrò nell'armeria, richiudendosi la porta alle spalle.
Jack si era fermato poco lontano dall'armeria, appiattendosi contro il muro di una casupola, rintanato nell'ombra. Io mi inginocchiai dietro ad un grosso barile ad un lato della strada, e rimasi nascosta ad osservare: non facevo il minimo rumore, ma il cuore aveva preso a martellarmi nel petto. L'unico suono reale era lo sciabordio impetuoso dell'acqua in un canale di scolo che scorreva nello spazio scavato tra due case, a pochi passi dal nascondiglio di Jack. C'era qualcosa di profondamente sbagliato in tutto quello che stava accadendo, e ad un tratto la figura appena distinguibile di Jack, nell'ombra, era stranamente minacciosa.
Volevo chiamarlo, volevo disperatamente che si voltasse verso di me e mi facesse un cenno, uno qualsiasi, che mi dimostrasse che andava tutto bene. Però tacqui, prudentemente.
William non usciva. Ma quanto tempo ci metteva a vendere a Tiago quelle spade? I secondi diventarono minuti, sempre più lunghi e carichi di tensione. Non fiatai, non mossi un muscolo, e Jack fece altrettanto, ignaro della mia presenza.
L'agitazione sempre più crescente mi fece salire un nodo fastidioso alla gola, mentre nel silenzio udivo un rumore lieve, ma perfettamente riconoscibile, provenire da un punto imprecisato della strada deserta. Passi felpati. C'era qualcun altro nascosto nell'ombra, qualcuno che cercava di non farsi sentire. Non ero la sola a spiare, e la sensazione di essere osservata a mia volta mi fece correre brividi gelidi lungo la schiena.
Doveva essere passata quasi mezz'ora, quando la porta dell'armeria si aprì con uno schianto che mi fece sobbalzare. Distinsi la figura di Will, senza più il carico di spade, che scendeva le scale e si immergeva di nuovo nel buio della strada.
Ero così concentrata su di lui, cercando di vederne il viso o l'espressione nella strada troppo buia, che non vidi subito che Jack si era mosso in fretta e silenziosamente, ed era arrivato ad un passo da lui. Will sembrò non accorgersi di nulla finché non se lo trovò davanti: i due rimasero fermi per un istante appena, Will esitava, forse riconoscendo solo in quel momento la figura che gli stava davanti.
Poi, con un movimento fluido e fulmineo, Jack sguainò la spada, afferrò con la mano libera il braccio di Will per scivolargli alle spalle, e con un unico gesto gli tagliò la gola.
Un grido inarticolato mi uscì dalle labbra, incontrollabile, insieme al lamento strozzato di William che si piegava su sé stesso come un fantoccio, crollando ai piedi di Jack. Quest'ultimo si voltò di scatto nella mia direzione, e per un unico istante io e lui ci fissammo negli occhi: stupore contro orrore.
Ero rimasta paralizzata, aggrappata convulsamente al barile fino a sbiancarmi le nocche: il grido che mi era sfuggito sembrava avermi seccato completamente la lingua. La massa nera e confusa che era stata Will giaceva a terra, sovrastata dall'altra figura nera che riconoscevo come Jack solo dal brillio degli occhi. Quegli occhi erano ancora puntati su di me. Tuttavia, qualcun altro si era allarmato al mio grido: due figure, che fino ad allora erano rimaste nascoste, apparvero come dal nulla dalle ombre della strada.
Spie della gilda, ne ero sicura. Sicari, forse. Anche loro guardavano dritto verso di me. In quel momento Jack si chinò rapidamente sul corpo esanime di William e lo spinse in avanti come un sacco, dritto verso il canale dove l'acqua scorreva impetuosa.
“Oh no, no...” pensai, incapace di fare altro se non sbarrare gli occhi, impotente. Il tonfo del corpo di Will che toccava l'acqua sembrò rimbombarmi nella testa con un'eco infinita.
Reagii per puro istinto, poiché i miei pensieri in quel momento erano completamente annullati: scattai all'indietro, rimettendomi in piedi il più velocemente che potei, e cominciai a correre a rotta di collo. Le due spie della gilda erano dietro di me: sentivo i loro passi di corsa avvicinarsi.
Ero disarmata e priva di qualsiasi pensiero, se non quello di fuggire. Un terrore cieco guidava i miei passi, mentre mi sembrava di avere sul collo il fiato dei due uomini che mi stavano alle calcagna. Non vedevo dove andavo; avevo stampata nella mente l'immagine di Will con la gola tagliata dalla spada di Jack. Non avevo visto in faccia nessuno dei due mentre succedeva, se non Jack quando si era voltato a guardarmi... eppure mi sembrava di rivedere tutta la scena nei suoi minimi particolari, anche quelli che non potevo avere visto.
La faccia di William mi balenava davanti agli occhi, incessantemente. Non aveva avuto nemmeno il tempo di gridare.
I suoni mi si mescolavano nelle orecchie: il mio respiro affannoso, i passi di corsa delle spie, l'orribile ricordo del suono metallico della spada sguainata e lo strappo flaccido del ferro che tagliava la carne.
Terrore, terrore puro. Riuscivo a stento a pensare in quale direzione scappare, e fu solo un miracolo se ad un certo punto, svoltata precipitosamente una curva, mi trovai di fronte ad un edificio conosciuto: la Lanterna Fioca.
L'ingresso era vivacemente illuminato dalle grandi lampade arancioni; sul porticato, numerose donne in abiti succinti facevano moine ai marinai di passaggio, altre si affacciavano alle finestre per ridere alle battute dei passanti. C'era folla, lì, gente, persone. Vidi tutto questo in pochi secondi mentre mi lanciavo di corsa verso l'ingresso, spingendo via senza tanti complimenti prostitute e avventori, che lanciarono grida indignate al mio passaggio. Quasi persi l'equilibrio quando attraversai di slancio il grande portone: l'interno della casa di piaceri mi disorientò; troppa gente, troppe donne e uomini che mi guardavano con aria sbigottita o che erano lenti a togliersi dalla mia strada. Uno spesso tappeto rosso rallentò i miei passi: ero circondata da divanetti occupati dagli avventori e dalle prostitute, e le scale che portavano ai piani superiori erano ugualmente affollate. Non sapevo se le spie della gilda mi avessero seguita fin là dentro, ma avevo l'orrenda sensazione di averli solo a pochi passi.
- Aiuto!- mi trovai a gridare, in preda al panico. - Aiuto, vi prego!-
- Miss Sparrow!- miss Bondies, apparsa da dietro un gruppo di giovani ragazze, mi sembrò un'apparizione benedetta. Mi venne incontro e, vedendomi sconvolta, mi prese le mani. - Mia signora, che vi è successo?-
- Aiutatemi... mi ammazzano... - riuscii a balbettare, col fiato corto e un dolore terribile alla milza. In quel momento si sentì del trambusto di fuori: i guardiani del bordello stavano evidentemente trattenendo qualcuno che cercava di entrare, e avevo idea di chi potesse essere.
In un attimo, miss Bondies sembrò avere capito la situazione, e il suo sguardo si fece di nuovo altero e determinato. - Restate qui e non muovetevi. - mi ordinò, prima di uscire dall'ingresso. Attesi col cuore in gola, mentre sentivo la sua voce alzarsi al si sopra delle proteste degli uomini della gilda.
- Che cosa sta succedendo qui fuori? Voi due, cosa credete di fare?-
- Di' alle tue guardie di togliersi di mezzo, donna!- rispose, aspra, una voce che non conoscevo, ma che apparteneva senz'altro ad uno dei miei inseguitori.
- E lasciarvi entrare nella mia casa assetati di sangue e con le spade in mano? Potete scordarvelo, signori! Girate al largo!-
- C'è una schifosa spiona che si è nascosta in questo bordello: lascia solo che la staniamo, e a voi non faremo nulla!- rincarò il secondo uomo.
- Non ho idea di chi diavolo stiate parlando, ma chi entra qui ha il diritto di farlo. E voi due, mi spiace tanto, ma non l'avete!-
Ammirai il sangue freddo di miss Bondies, perché udii i due imprecare e un rapido cozzare di spade: anche gli animi dei guardiani del bordello si stavano surriscaldando. In quel momento ringraziai il cielo che miss Bondies fosse così attenta alle misure di sicurezza per le sue lavoratrici.
- Ti stai mettendo contro la gilda, donna!-
- Niente affatto. Il signor Silehard è il benvenuto, quando vuole mettere piede in questa casa. Se proprio ci tenete ad entrare, sappiate che aprirò soltanto a lui in persona. Non vi permetterò di fare del male alle mie ragazze, né a nessun altro che si trovi sotto la protezione di questa casa. -
Qualcuno mi prese per un braccio e mi tirò gentilmente da una parte. - Venite, presto. -
Voltandomi, riconobbi Dorthy, la giovane dai boccoli castani che aveva incontrato la sera che eravamo approdati a Tortuga. La seguii senza opporre resistenza, e lei mi portò in una camera dove mi venne incontro un'altra faccia conosciuta.
- Laura!- Daphne mi tirò dentro la camera con aria spaventata: era una stanzetta piccola, con un lettuccio e una culla di legno dove dormiva il suo bambino. Daphne e Dorothy mi fecero sedere sul letto e rimasero accanto a me, mentre io mi sforzavo di riprendermi. - Che cos'è successo? Si è scatenato il putiferio, là fuori!-
- Sono due uomini della gilda. Mi stanno inseguendo. - finalmente riuscii a proferire parola.
- Che cosa gli avete fatto?- esclamò Dorothy, spaventata, sgranando gli occhi.
Deglutii a fatica. - Li ho visti. - fu tutto quello che riuscii a risponderle.
Jack aveva ucciso Will. Lo avevo visto con i miei occhi, eppure era sorprendente quanto non riuscissi a credere a quel che era appena accaduto. Jack sapeva che lo avevo visto: mi aveva sentita urlare e, voltandosi, mi aveva notata, nascosta dietro al barile. Però si era girato per finire il suo lavoro, e buttare il corpo privo di vita di Will nel canale...
Improvvisamente mi piegai su me stessa, colta da un accesso di nausea. Non vomitai, ma ci mancò poco. Mi sentivo malissimo, e avevo la sensazione di non riuscire a trattenere abbastanza aria dentro i polmoni.
- Ci ha traditi... - boccheggiai, stranita. In quel momento la porta della camera si aprì, e miss Bondies entrò in tutta fretta, reggendo tra le mani i lembi dell'ingombrante gonna scarlatta.
- Se ne sono andati, grazie al cielo!- borbottò in tono irritato. - Miss Sparrow, non permetterei a nessuno di farvi del male, ma vi siete fatta dei nemici potenti e non so per quanto potrò proteggervi. Per questa notte non avrete nulla da temere, e domani sarete scortata alla vostra nave... -
- No!- quasi gridai: un'improvvisa consapevolezza si era appena accesa nella mia mente in preda alla confusione. - Non posso aspettare. Devo tornare alla Perla stanotte... adesso! Devo dare l'allarme. Lui potrebbe tornare... -
- Calmati, Laura, calmati. - cercò invano di rassicurarmi Daphne. - È pericoloso per te andare là fuori, adesso. Le spie della gilda ti cercano e... -
- Siamo tutti in pericolo!- gridai, balzando in piedi e spaventando ulteriormente le mie già preoccupate soccorritrici. - Jack ci ha traditi, Will è morto... Devo tornare alla Perla, ora!-
Le mie grida avevano svegliato il bambino di Daphne, che ora aveva cominciato a piangere forte, ma il tutto non fece che accrescere il senso d'urgenza che mi opprimeva il petto: ancora una volta fu miss Bondies a prendere in mano la situazione perché, dopo avere riflettuto per un momento, si fece avanti con cipiglio severo e proclamò: - E va bene. Non mi piace per niente che voi torniate in strada con quella gente pronta ad uccidervi, ma vi voglio aiutare. È fondamentale che non vi riconoscano una volta fuori di qui, ma non c'è abbastanza tempo per farvi sembrare una delle ragazze, e soprattutto non ho un uomo da affiancarvi perché possa proteggervi e reggervi il gioco. Però l'uomo potreste essere voi... nessuno farebbe troppo caso ad un pirata e una prostituta in giro per le strade. -
- Mandate me, miss Bondies!- si offrì Dorothy, con una caparbietà che male si accordava alla sua giovane età.
- Potete uscire dal retro: la strada la sapete. -
Annuii bruscamente. - Va bene, basta che facciamo in fretta. -
Mi imbrattai la faccia di fuliggine, mentre Daphne mi legava i capelli in una stretta treccia da uomo: mi diedero una larga giacca e un cappello sotto il quale nascondermi, assieme ad una pistola che fui più che felice di infilare tra la fusciacca e la cintura. Presi Dorothy sottobraccio, mentre miss Bondies ci faceva uscire dalla porta posteriore, augurandoci buona fortuna. Appena mi ritrovai nel buio della strada fui felice di avere Dorothy al mio fianco: mi accorsi di stare tremando come una foglia.
- Coraggio!- mi bisbigliò la ragazza mentre, di buon passo ma non troppo veloci per non destare sospetti, ci dirigevamo verso la strada del porto.
Per caso o per fortuna non incontrammo neanche uno degli uomini della gilda, e quando fui sulla banchina, in cista delle due navi, avrei tirato un sospiro di sollievo se non avessi saputo di avere ben poco di cui rallegrarmi.
- Tu vai. - dissi a Dorothy, stringendole una spalla. - Torna alla Lanterna Fioca, e stai attenta. -
La ragazza esitò, poi azzardò a farmi una domanda: - Quando avete detto Will... quello che è morto... parlavate di William Turner? Quello che era con voi la notte che siete venuti qui?- mormorò, con espressione mortificata.
Avvertii un'ulteriore morsa allo stomaco mentre, per l'ennesima volta, la scena mi si ripeteva davanti agli occhi, quindi mi limitai ad annuire. Dorothy si morse le labbra, portandosi una mano sulla bocca, e vidi i suoi occhi riempirsi di lacrime.
- Grazie di tutto. - tagliai corto, prima di voltarmi e correre alla Perla. A bordo non si sentivano più canti né risa, ed era un pessimo segno: voleva dire che la maggior parte degli uomini era ubriaca fradicia, proprio quando a me servivano svegli e pronti agli ordini.
- In coperta, uomini!- urlai mentre salivo a bordo, gettando il cappello sul ponte. - In coperta, dannazione, è un'emergenza!-
Il ponte era disseminato di bottiglie e pirati ubriachi, addormentati o mezzi intontiti: l'esasperazione fu tale che sferrai un calcio nella schiena al primo pirata che mi trovai a tiro, strappandogli un lamento di protesta.
- Che cosa succede?!-
Da diversi angoli della nave vidi venirmi incontro Ettore, Faith, Michael, Valerie... ed Elizabeth. Ebbi un colpo al cuore al pensiero di quello che avrei dovuto dirle, ma nel vederli lì tutti quanti mi sentii quasi svenire dal sollievo. Mi trovai a spiegare tutto d'un fiato la situazione, mentre continuavo ad andare da una parte all'altra del ponte, svegliando a calci gli uomini addormentati.
- Siamo stati traditi!- annunciai, scavalcando un pirata troppo ubriaco per badare ai calci che gli avevo sferrato. - Io ero lì, l'ho visto! Jack ha seguito Will mentre lui andava a portare le spade a Tiago, io mi sono nascosta e l'ho visto quando lo ha... Signor Gibbs!- con un calcio fin troppo energico tra le scapole, svegliai il vecchio nostromo, che sobbalzò, gemendo frasi sconclusionate e roteando gli occhi spalancati.
- In piedi, signor Gibbs, e mi ascolti! Jack ci ha traditi. Ha ucciso Will con le sue mani, si è venduto alla Gilda!-
- Laura, fermati!- mi interruppe Elizabeth, parandomisi di fronte e prendendomi per le spalle perché mi calmassi. - Che cosa stai dicendo?-
Ricambiai lo sguardo incredulo di Elizabeth con quanta più fermezza potei, cercando di tirare fuori le parole che ora sembravano pesare come piombo. - Will... è morto. Ho visto Jack ucciderlo davanti all'armeria. C'erano due spie della gilda a controllare quello che faceva... loro hanno cercato di uccidermi quando hanno capito che avevo visto tutto. -
- No... - la mia amica boccheggiò, sconcertata. - Non, non è possibile. Ci deve essere dell'altro. -
- Elizabeth, l'ho visto! - le gridai in faccia. - L'ho visto con i miei occhi, ed è stato Jack... è stato Jack!-
Faith e Valerie dovettero afferrarmi per le braccia perché riuscissi a riacquistare un qualche controllo di me stessa; Elizabeth sembrava scossa, ma non quanto sarebbe stato logico pensare. Invece del mio stesso terrore, sul suo viso vedevo solo sconcerto e dubbio... lo sguardo di chi si arrovellava per cercare una risposta sensata. Solo che non c'era una risposta sensata e, sfortunatamente, io lo sapevo. Quello che era accaduto non aveva senso, lo sapevo benissimo: il Jack che conoscevo non avrebbe mai fatto del male a William. Mai. Tuttavia, ero obbligata a credere a quello che avevo visto.
- Devi dirmi che cosa hai visto. - mi disse Elizabeth. Notai che si sforzava di controllare la voce, ma non riusciva a nascondere un tremito di sconcerto. - Hai visto Jack uccidere qualcuno? Di questo sei sicura?-
Avevo visto Jack uccidere Will, dannazione, non semplicemente “qualcuno”!
- Sì. - risposi, in un sibilo. Lo sguardo di Elizabeth si oscurò.
- Era Will quello nell'armeria?-
- Solo lui è entrato e solo lui è uscito. Jack lo stava aspettando fuori. È stato allora che lo ha... raggiunto. -
Tutti quanti, compreso Gibbs che si era alzato barcollando in quel momento, ci fissavano in attonito silenzio. - Laura... - fece Ettore, esitante. Non lo avevo mai sentito balbettare, e la cosa mi spaventò. - Sei... sei sicura di quello che hai visto?-
- Fin troppo. - annuii in fretta, mentre sentivo che stavo ricominciando a tremare. - Ci ha traditi... ascoltate, dobbiamo allontanarci. Dobbiamo andarcene e impedirgli di tornare a bordo e di portarsi dietro altri di quella maledetta gilda... prima che finisca ucciso qualcun altro... signor Gibbs!-
- Sì, Laura?- rispose lui, disorientato.
- La Perla e la Sputafuoco devono salpare... in un modo o nell'altro. Usciamo dalla baia e mettiamoci alla fonda, basta che ci allontaniamo dal porto. Elizabeth... - fissai negli occhi la mia amica, e pur leggendovi il mio stesso sgomento, capii che non mi credeva. Non ancora. - Liz, ti prego... devi tornare alla Sputafuoco e salpare insieme a noi. Raccogli tutti gli uomini che ancora si reggono in piedi: dobbiamo prendere il largo. -
In un attimo tutti si misero in azione, e in quello stesso istante smisi di mantenermi lucida: mi accasciai contro l'albero maestro, mentre tutti correvano da una parte all'altra, svegliando gli ubriachi, mollando le cime d'ormeggio, mettendo mano ai remi. Non so come ci riuscimmo, solo che le due navi presero finalmente il largo, coi marinai che inciampavano sui compagni addormentati: mentre ci staccavamo dal molo vidi Elizabeth al timone della Sputafuoco, che manovrava senza emettere un suono, con la medesima espressione di prima scolpita sul viso terreo. Ci allontanammo dal porto, uscendo dalla baia di Tortuga sotto un cielo trapuntato di stelle.
Insieme alla paura, l'unica cosa che mi accorsi di provare in quel momento fu una devastante sensazione di sfinimento. Dopo quello che avevo visto, probabilmente sarebbe stata impensabile anche la sola idea di poter chiudere occhio... e invece mi trovai a desiderare ardentemente di potere sparire nella mia cabina per riemergerne soltanto quando fossi stata sicura che era stato tutto quanto un brutto sogno.
Sapevo di dovere ulteriori spiegazioni alla mia ciurma, di dover organizzare un piano d'azione, o almeno chiedermi che cosa avremmo fatto al sorgere del sole... eppure in quel momento non desiderai altro che dormire e dimenticare tutto quanto.
Ma, naturalmente, i miei amici non me lo avrebbero permesso: specialmente non dopo che ero tornata a bordo in quel modo, e dopo quella partenza che assomigliava molto ad una fuga. Quando fummo a sufficiente distanza dalla baia, nascosti dalle ombre della notte, come era prevedibile, la Sputafuoco si mise alla fonda al fianco della Perla, ed Elizabeth tornò immediatamente a bordo. Peggio ancora, si portò appresso David, così che in pochi minuti mi ritrovai sul ponte, circondata dai miei amici e quasi dall'intera ciurma. Guardavano tutti me, evidentemente aspettandosi che parlassi.
- Ci devi delle spiegazioni. - fu Elizabeth a rompere il silenzio, e quasi non riconobbi la sua voce.
- È vero. - ammisi, cercando di dare alla mia voce una parvenza di calma. Avanzai verso l'albero maestro, coi pirati che mi seguivano con lo sguardo, e Faith, Ettore, Valerie e Gibbs mi si accostarono. - Anche se vi posso dire ben poco di più di quello che ho detto poco fa. -
Circondata dai miei amici e dalla mia ciurma, raccontai per filo e per segno l'accaduto, cercando di non tralasciare nulla: qualsiasi cosa poteva essere importante per decidere come muoverci. Mentre raccontavo dell'assassinio, mi accorsi che mi tremava la voce: per di più, David mi fissava con aria smarrita da dietro le gambe di sua madre. Perché Elizabeth aveva portato anche lui? Non erano cose che un bambino così piccolo avrebbe dovuto sentire, anche se non poteva capirle. Il nodo alla gola si faceva sempre più insopportabile se, per sbaglio, incrociavo lo sguardo di quegli occhi castani sgranati. Non volevo parlare della morte di suo padre davanti a lui. Soprattutto, non dopo che aveva dovuto aspettare il suddetto padre per tre anni.
Ancora peggiore, però, fu il silenzio attonito che calò alla fine del mio racconto, e sentire su di me gli occhi di tutta la ciurma. Sapevo molto bene che cosa si stavano chiedendo. Jack ci aveva traditi... e io, la sua donna, sua moglie, suo capitano in seconda, che cosa avrei fatto?
- Passeremo la notte qui. - mi decisi a dichiarare, infine. - State all'erta. Voglio dei turni di guardia su entrambe le navi, e se qualsiasi imbarcazioni si avvicina a noi voglio essere avvisata all'istante. Non fidatevi di nessuno. Non lasciate salire a bordo nessuno, nemmeno se fosse Jack in persona. - una lunghissima pausa di silenzio, carica di tensione. - Soprattutto se fosse Jack. Qualcuno ha domande?-
Nessuno ne aveva. Le labbra di Elizabeth erano ridotte ad una fessura, e il suo viso si era trasformato in uno scudo impenetrabile: non avrei saputo nemmeno dire se fosse addolorata, sconvolta, o se ce l'avesse con me. Dato che nessuno parlava, mi congedai dalla ciurma e me ne andai verso il cassero di prua, per poi richiudermi pesantemente alle spalle la porta della sala degli ufficiali. Mi ritrovai in cabina, reggendomi in equilibrio precario sulle gambe che non avevano ancora smesso di tremare.
Mi liberai alla rinfusa della giacca e degli stivali, poi mi buttai vestita sul letto. Non riuscivo a cacciare via l'immagine dell'istante in cui Jack, dopo avere tagliato la gola a Will con la sua spada, si era voltato e mi aveva guardata.
Sentii le lacrime superare il livello di guardia. Mi infilai, tremante, sotto le lenzuola, come in cerca di un riparo. Quasi senza farlo apposta, mi ero messa nel lato del letto dove di solito dormiva lui.
Tirai un respiro profondo per calmarmi, ma peggiorai la situazione: c'era il suo odore fra le coperte.
- Perché lo hai fatto?!- urlai, soffocando il grido nel cuscino. Con la nausea alla gola e il petto scosso dai singhiozzi, artigliai le coperte e piansi.




Note dell'autrice:
Ebbene... non sono sparita dalla circolazione, affondata, impiccata, abbandonata su un'isola deserta. Sono solo schifosamente pigra, e il fatto di avere passato a zonzo le ultime settimane decisamente non aiuta a scrivere con regolarità. ^^' Comunque sia, sono tornata con questo bel capitolo bomba: anche lui era già pronto da un po', è il suo fratellino successivo che va a rilento. Grazie come sempre a Fannysparrow per seguirmi con fedeltà impressionante: tra parentesi, spero ti sia piaciuta l'entrata in scena di un certo capitano... Ebbene sì, posso finalmente dire che Barbossa ha fatto ufficialmente il suo ingresso in questa saga! *grida di giubilo*
Di recente, ho ricevuto un commento da parte di Itillis sul primo episodio di Caribbean Tales: è sempre un onore e un piacere sapere che qualcuno legge e apprezza le mie storie, con tutti i loro difetti (e so di averne) e i loro pregi. Quindi grazie. E, come sempre, wind the sails!
PS: Il nuovo cappello di Laura, sottratto al pirata, è quello che compare nel ritratto di lei che Dani ha fatto per me. Consideralo un omaggio al tuo splendido lavoro, matey!

  
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