- Hm, hm. Buondì! :)
- Urca urca, ci ho messo un pochetto a scrivere questo capitolo..ù.u
- Però ora ci sono, e non ho intenzione di fermarmi qui u.u Vi avviso: sarà un capitolo un po' movimentato per Nat...poera stela...**
- Diciamo che capitano tutte a lei ù.u Come una pioggia di meteoriti sulla testa :P Sappiamo tutti che se Natalie Smith non ha un problema, c'è da preoccuparsi, no? xD Nemmeno stavolta si è smentita.
- Chiedo scusa per il ritardo u.u Cercherò di essere un po' più veloce, anche se ho paura che quando ricomincerà la scuola ci saranno un po' di problemi..almeno per i primi di settembre con le prove d'ingresso, per il resto credo che sarò più facilitata. Ma non fasciamoci la testa prima di rompercela! U.U
- Godetevi questo capitolo! Spero che non sia troppo scorretto o così schifido... Vabbè, buona lettura.
- (U.U) Parola chiave: vi ricordate di Rick?
- Capitolo 13. L'ho sempre detto io che la sfiga mi assilla..!
- “Programmi per il pomeriggio?”
così esordì Kim al telefono.
- “Ciao anche a te, amica mia!”
ribattei, divertita, avviandomi in camera di
Rose con un pacchetto di patatine in una mano e il cellulare
nell’altra.
- “Sì certo, ciao. Allora?”
chiese, spazientita. Alzai gli occhi al
cielo.
- “No, niente impegni. Perché?”
dissi, spaparanzandomi sul letto comodamente,
mentre mia sorella era impegnata in una lettura molto interessante di
un
giornaletto per teenager, al mio fianco.
- “Oh bene! Che dici di uscire a
fare una passeggiata e prenderci qualcosa di
caldo, e poi andare a cena nella nuova pizzeria che hanno aperto?”
propose,
eccitata. Mi strinsi nelle spalle. “Okay, penso si possa fare. Tra poco
tornerà
mia madre: le chiederò, e ti avviso.”
- “D’accordo! Un bacione, Nat!”
detto ciò, riattaccò. Scossi la testa,
divertita. Kim era una pazza.
- “Esci?” domandò Rose, allungando
una mano verso il sacchetto e prendendo
qualche patatina.
- “Così pare. Chiedo a mamma
appena torna.”
- Rose scosse la testa,
sgranocchiando tranquillamente, e mi guardò con fare
accorato. “No, chiedi a papà. Lui ti darà il permesso e mamma non lo
contraddirà.” Consigliò, sputacchiando. Ridacchiai, e dopo averle
rubato
qualche altra patatina, me ne uscii della stanza per cercare mio padre
in giro
per la casa.
- Fortunatamente, Richard non ebbe
da ridire sulla mia uscita, perciò, dopo
un pranzo silenzioso e pieno d’imbarazzo, in cui solo nostra madre
blaterò
qualcosa con Melanie -che ancora era arrabbiata per la foto- mi
prodigai a
trovare qualcosa di carino da mettermi sia per il pomeriggio che per la
sera.
- Grazie al cielo, avevo Rosalie
Smith come sorella, il cui nome era
leggenda, che ebbe la geniale idea di darmi una mano con il look, ed
oltre a
prestarmi un paio di suoi jeans stupendi e una maglietta favolosa, mi
aiutò a
sistemare i capelli –diventati una massa informe di paglia sbiadita- e
a
sistemare le mie innumerevoli imperfezioni, rendendomi quasi carina.
- Mentre ammiravo ancora una volta
lo scatto fortuito di stamattina della
faccia verde di Melanie, mi venne un’idea. Scesi quasi di corsa le
scale, con
le lamentele di mia madre a fare da sottofondo, e dopo aver indossato
al volo
il mio giubbotto feci i cinque passi che dividevano casa mia da casa
Brown, e
suonai il campanello. Il caso volle che mi aprisse proprio chi cercavo,
e con
un sorriso largo quanto l’equatore, salutai Adam. Lui sembrava
altrettanto
allegro: evidentemente dormire allacciati come cozze portava buonumore
ad
entrambi.
- “Ehi! Quale buon vento ti porta
qui?” chiese, con un sorriso da infarto. Mi
concessi qualche istante per riprendermi, davanti a quel capolavoro
mozzafiato,
prima di rispondergli. “Ti va di uscire con me e le mie amiche?
Facciamo un
giro in città, e poi stiamo fuori a cena alla nuova pizzeria..ti
andrebbe?”
domandai, col cuore in gola, un po’ per la sua presenza, un po’ per la
richiesta. Se non avesse voluto, mi sarei messa il cuore in pace..anche
se
volevo davvero passare altro tempo con lui.
- “Sei sicura che le tue amiche mi
vogliano?” incalzò. Aveva sempre quel
sorrisetto divertito e sereno che rischiava di far andare il mio
cervello in
corto circuito.
- “Mi sembra alquanto superfluo
ricordarti che l’unica volta che sei uscito
con noi, hai stregato le mie amiche, nonostante fossi ancora estremamente
cafone.” domandai, fintamente acida e infastidita.
- “E’ sempre bello ricevere
complimenti da te, Smith.” Ridacchiò. Anzi
ghignò, malizioso e strafottente, quell’idiota. “Va bene.” Concesse
infine.
- “Allora, vatti a preparare, ti
aspetto.” Gli sorrisi. In quel momento, Adam
prese ad analizzarmi, minuziosamente e attentamente, il che mi fece
andare a
fuoco.
- Poi annuì tra sé, con un’aria
compiaciuta e soddisfatta: “Stai una favola,
Nat..” disse, con nonchalance, “Sei davvero bellissima.” Ma altro che
nonchalance! Il suo complimento mi aveva fatto andare in pappa i
neuroni, e il
mio cuore..quello chi lo rivedeva più, aveva preso totalmente il volo,
quel
traditore.
- Mi voltai immediatamente e feci
dietro front, senza più guardarlo in
faccia. Mi sentivo decisamente troppo, troppo esposta, con lui.
Recuperai
dall’attaccapanni la mia borsetta, ci infilai il mio portafoglio, le
chiavi di
casa e il telefonino, poi mi legai al collo la sciarpa e salutai tutti
con uno
strillo che rimbombò per la casa. La risposta echeggiante di mio padre
e Rose
arrivò fino a me dal salotto, e ridacchiando uscii di nuovo di casa.
Adam,
miracolosamente, era lì, già pronto e non doveva legarsi le scarpe:
l’ultima
volta, quell’operazione era durata circa venti minuti, facendoci
tardare e di
conseguenza arrabbiare Kim.
- “Chi non muore si rivede!”
esordì, con un sorrisetto. Fu il mio turno di
fargli la TAC, e il risultato fu assolutamente positivo. Tanto che
spalancai la
bocca e per poco non sbavai; purtroppo Adam se ne accorse, e scoppiò a
ghignare.
- “Beh, diagnosi?” chiese,
facendomi destare dai miei sbavamenti.
- “Mh.” Mi schiarii la gola.
“Anche tu stai molto bene, Addy.” Meglio
smorzare l’imbarazzo. Sì, decisamente.
- Adam continuò a sorridere tra
sé, si infilò le mani nelle tasche dei jeans
scuri, e si avviò verso il centro. Spalla contro spalla, arrivammo al
nostro
punto di ritrovo, dove Kim, Su e Meg ci aspettavano. Anzi, mi
aspettavano. Perciò, alla vista di Adam, rimasero piacevolmente
colpite, se non
addirittura mandate su di giri con un suo sorriso sereno.
- “Ehilà, che sorpresa!” esclamò
Kim, allegra, “Adam Brown ci degna della sua
presenza!”
- Lui ghignò, e fece un profondo
inchino. “Al vostro servizio.”
- In quelle ultime settimane, Kim
e Adam erano entrati veramente in sintonia.
Scherzavano su ogni cosa, ridevano e mi tormentavano. Erano
particolarmente
simili, con i loro ideali, e si trovavano d’accordo su tutto, eccetto
le
squadre di calcio e basket. Ed erano entrambi fissati con la mia
“incolumità”,
qualsiasi cosa intendessero con quella parola. Fatto stava, che erano
diventati
Pappa&Cicca, a discapito delle raccomandazioni di Kim sul “stare
attenta
con Adam”. Alla fine, se non ci cercava lui, lo cercavamo noi. Stava
diventando
un circolo vizioso.
- “Ogni tipo di servizio?” fece,
con un tono lascivo, Kim. Alzai gli occhi al
cielo. MP si era trovato un’abile rivale, Kim sapeva essere perversa e
maliziosa quanto lui, il che era tutto dire. Con i loro commenti
pervertiti e
le battutine sconce, avrebbero potuto scrivere un libro hot/porno, e
conseguire
pure un certo successo tra chi sguazzava in quel genere. Mi astenevo
dal dirlo
ad alta voce, perché avrei dato idee malsane: conoscendoli, si
sarebbero
organizzati per fare una cosa del genere. Con Adam e Kimberly non mi
stupivo più, oramai.
- “Qualsiasi.. dicono che
sono piuttosto abile, in quel campo.
Partendo con..” stoppai Adam mettendogli una mano sulla bocca. Una
vecchietta
che stava passando aveva ascoltato il discorso, e ci fissava a bocca
aperta,
divisa in due se denunciarci per atti osceni programmati o scappare a
gambe
levate. “Adam, per cortesia.” Lo ammonii, esasperata. Sentii le
sue
labbra incurvarsi sul palmo della mia mano in un sorriso, e pensai che
non
sarebbe poi stato male se si fosse prodigato a darmi dimostrazione
della sua abilità,
se solo la sua bocca sulla mia mano mi faceva quest’effetto. Avrei
volentieri
continuato a starmene così, la mia mano sulle sue labbra, il suo
respiro sulla
pelle.
- Stupida! Pensai,
togliendo come scottata la mano dal suo viso.
- “Beh. Passando oltre..che
facciamo?” In quel momento, pensai di contruire
un monumento di marmo di qualche centinaio di metri tutto per Megan,
che
intavolò un nuovo discorso. Sarei impazzita, se avessimo continuato a
discutere
delle capacità nascoste di Adam e dei vari servizi che elargiva non
alla luce
del sole. Mh..meglio non pensarci.
- Susan propose di andare, come
previsto, a prenderci qualcosa di caldo.
Quando, per mero scherzo del destino, Megan decise di fermarsi proprio
nel bar
in cui avevo incontrato Rick, l’istinto protettivo di Adam si attivò.
- “Meglio altrove, qui c’è
personale incompetente.” Fu la sua unica
spiegazione, alla quale Meg si strinse nelle spalle e Susan si
accigliò. Al
contrario, Kimberly si scambiò con lui un lungo sguardo d’intesa, per
poi
affiancarsi a me e cominciare a ciarlare delle cose più disparate. Ma
non ero
mica scema, se era quello che pensavano. Non c’era bisogno di trattarmi
come
una bambina. Anche se lo facevano per il mio bene, mi sembrava
esagerato. Me
n’ero accorta che stavamo per entrare lì, mi ricordavo chi
avevo
incontrato, ma non per questo mi sarei rovinata il pomeriggio e la
serata. Non
ci pensavo più nemmeno, ormai. Quel giorno era come un bruttissimo e
sfocatissimo incubo come quelli che facevo da bambina, come se mi fossi
svegliata nel cuore della notte con le lacrime agli occhi, e mio padre
fosse
venuto da me per consolarmi e canticchiarmi la ninna nanna per farmi
calmare e
riaddormentare. Non c’era pericolo che ci stessi male. Avevo imparato a
non
ricordare, a chiudere in un cassettino gli avvenimenti spiacevoli e
lasciarli
marcire col tempo. Certo, se mi fossi ritrovata Rick in carne e ossa di
fronte,
non avrei reagito bene. Sempre che Kim e Adam mi avessero lasciato il
tempo di
reagire, uccidendo (nel vero senso del termine) il problema alla
radice.
- “Nat, sei tra noi?” mi accorsi
in quel momento di trovarmi ad un tavolo in
un bar carino e confortevole, con Susan e Megan di fronte a me che mi
guardavano incuriosite, e Kim che mi sventolava la mano davanti al
naso.
- “Certo!” dissi, sorridendo e
tornando con la mente al mio pomeriggio che non
doveva in nessun modo essere rovinato. “Adam?”
- Kim sospirò. “Natalie Smith, sei
incorreggibile. Non ti sei nemmeno accorta
che è dovuto uscire per telefonare.” Aprii la bocca, stupita. Poi la
tirai in
un sorrisetto imbarazzato. “Ops!”
- La mia migliore amica scosse la
testa, rassegnata.
- Una cameriera, vedendoci, venne
a prendere le ordinazioni e mi presi la
libertà di ordinare per Adam una cioccolata con panna montata: sapevo
che aveva
un debole per quella, ne avevamo parlato la sera prima, mentre ce ne
stavamo
incollati l’una all’altro come sanguisughe a parlare.
- In quel momento, compresi che,
mio malgrado, non fossi così intelligente
come credevo e dicevo di essere. Insomma, okay che Adam era mio amico:
ma era
pur sempre un figo della miseria, ed io una povera adolescente con gli
ormoni
in subbuglio. E avevamo dormito vicini, molto vicini,
abbracciati, molto
abbracciati, in un misero sacco a pelo, molto misero, che
non permetteva
il libero movimento; in sintesi, era una situazione intima, molto
intima.
- Ed io mi ero sentita troppo
esposta, ma comunque..ero stata benissimo, tra
le braccia di Adam. Ma non credevo, non ero così fessa da
auto-convincermi di
ciò, che si provassero queste emozioni, con un amico. Certo,
non ero una
grande esperta in amicizie maschili, però ero in grado di distinguere
ancora
l’affetto per attrazione, e..
- Per tutti i cazzi, io ero attratta
da Adam! E non solo in senso
prettamente fisico (perché, ragazze, anche quando lo odiavo, i miei
occhi apprezzavano,
è impossibile non farlo, ma non lo accettavo), benchè la rivelazione
più
traumatizzante fosse quella. Era come se i miei ormoni fossero stati
congelati
per tutto il tempo fino ad ora, dalla rottura con Rick, oppure mi
rifiutavo di ritenere così selvaggiamente intrigante il mio peggior
nemico. Mi rendevo conto che
ero diventata in un certo senso cieca, ed ora..avevo riaperto gli
occhi, e mi
ero accorta che..beh, Adam era un ragazzo, maschio, ovvero
sesso
opposto, innegabilmente messo troppo bene, e che io ero una
povera
cretina.
- E non era il massimo, rendersene
contro proprio in quel momento.
- “Nat, a cosa pensi? Sembra che
tu sia arrivata ad una conclusione mistica!”
con queste parole del diretto interessato, tornato decisamente troppo
presto da
quella cavolo di telefonata, rischiai seriamente di collassare a terra
per..sì,
per quella conclusione mistica, come diceva lui.
- Sbattei un attimo le palpebre, e
lo fissai, sentendo lo sfarfallare del mio
cuore contro il petto. Mh. La situazione stava già degenerando, ed io
ci ero
appena arrivata, a quella dannata e innegabile verità.
- “Io..ti ho preso la cioccolata
con la panna, va bene, vero?” farfugliai,
scuotendo il capo e cercando di non pensarci con tutte le mie
scarse, scarsissime, forze.
- Adam sorrise, e annuì,
mettendosi più comodamente sulla sedia e prese a
chiacchierare tranquillamente con Kim, Su e Meg.
- Okay, ora la domanda sorgeva
spontanea: ma come cacchio avevo fatto ha
ignorare un ragazzo del genere? Fossi stata nei miei ormoni, mi sarei
ribellata
secoli prima, mettendo a tacere quell’odio sconveniente e rimanendo a
sbavare
dietro a quel pezzo di figo.
- Oddio: ma che pensieri facevo?
Mi sentivo una maniaca con una fuga di
pensieri maniaci repressi. Oh santo Cielo, aiutami tu.
- Adam sorrise a Kim per chissà quale sua battuta, e ignorai il groppo all'altezza dello stomaco, presa da ben altre sensazioni. Quel sorriso che aveva fatto era un chiaro invito ad uno stupro seduta stante, lì, e chissene frega del resto. Fortunatamente, la cameriera, ignorata dal figone seduto al mio fianco, mi destò dai miei progetti di violenza su Adam, porgendoci le ordinazioni. "Per qualsiasi altra cosa, chiamate." E riservò al mio amico un'occhiata eloquente da zoccola con la Z maiuscola, e ammiccò. Desiderai prepotentemente prenderla a sberle con tutta la mia forza innata. E, grazie alle risse con Adam per anni, di certo quella non mancava. L'avrei ridotta in poltiglia, così imparava a strizzare quella palpebra multicolor per i troppi ombretti usati verso Adam. Cioè, ci mancava solo la musichetta lugubre e la risata malefica, e sarei diventata la regina della cattiveria. Evvai!
- Oppure, cosa molto più utile, la cugina verde di Hulk: poi, vedevo quante ragazze osavano avvicinarsi al mio sogno proibito. Un attimo...come l'avevo chiamato?
- "Nat, se aspetti ancora un po', la gazzosa non avrà più le bollicine!" scherzò Brown, con un ghignetto. Okay, meglio rivalutare le mie priorità e mettere da parte i pensieri da molestatrice incallita. Afferrai il mio bicchiere, e bevvi un sorso della Sprite, cercando di raffreddare con quel bicchiere i bollenti spiriti.
- Per poco non soffocai dalle risate, quando intorno alle labbra di Adam, la panna gli lasciò i baffi.
Mi chiedevo seriamente come avrei fatto a resistere con Adam che sfoggiava sorrisi mozzafiato, neanche stesse pubblicizzando una marca di dentifricio. Se pensavo che prima il suo repertorio consistesse in smorfie disgustate e ghigni malefici al solo scopo di abbindolare, mi stavo ricredendo. Anche se con me non faceva quasi mai quei sorrisi beffardi da dongiovanni, sentivo pian piano le mie forze venir meno, lasciandomi in balia di lui e dell'effetto che mi faceva. Se poi ci aggiungevo quegli occhi così cristallini e sereni, la frittata era fatta.
Il pomeriggio volò in un soffio, e così pure la serata: stavo così bene con le mie amiche e Adam, che non mi resi conto di che ore fossero finchè Rose non mi mandò un messaggio dicendomi che mio padre stava già per avere un attacco di panico perchè non tornavo a casa. Quando lo dissi a Adam, lui scoppiò a ridere, mentre le mie amiche controllarono a loro volta l'ora, decretando che fosse proprio giunto il momento di rientrare.
"Non scherzare, Adam, mio padre è piuttosto pericoloso quando è in crisi." lo ripresi, cercando di apparire seria e accigliata, non riuscendo però a trattenermi dal farmi sfuggire un sorrisetto.
Stavamo passeggiando con calma sulla via del ritorno, dopo aver dato la buonanotte alle mie amiche; inutile dire che Adam si era perso in lusinghe per Susan e Megan, scatenando una battaglia di battutine con Kim, finchè suo padre, che era venuta a prenderla, le aveva suonato il clacson, irritato dal suo trattenersi con noi.
"Ma dai, non riesco a immaginare Richard pericoloso!" esclamò, divertito.
Gonfiai le guance, assumendo un'espressione di chi la sapeva lunga: "Credimi, può diventarlo..!"
Adam ridacchiò. "Adoro tuo padre, è uno forte."
Sorrisi, alzando lo sguardo dall'asfalto per fissarlo in quello smeraldino di Adam. "Sì, è fantastico..ma anche Seth non scherza! L'ho sempre ritenuto un grande, è simpaticissimo"
Adam mi fece una linguaccia: "Ci sarà un motivo perchè sono migliori amici, no?" mi beffeggiò. Che antipatico. E la cosa più antipatica era che trovassi terribilmente bello Adam anche quando mi prendeva in giro. Assurdo.
Calò il silenzio, e sembrò che entrambi sprofondassimo nei nostri pensieri. Furtivamente lanciavo sguardi con la coda dell'occhio a Adam, che corrugava la fronte come una persona afflitta dai più crudeli e immani dubbi.
Anche sotto la luce dei lampioni o nella penombra, i suoi occhi non perdevano quell'intensa bellezza. Sapevano essere profondi come l'oblio e chiari come uno specchio d'acqua poco profondo; in quel momento, oltre al tormento, non riuscivo a leggere altro. I suoi pensieri erano come imperscrutabili, e la cosa m'infastidiva. Ero curiosa di capire i suoi pensieri.
Intanto ci avvicinavamo a casa nostra, e desideravo davvero poter fermare il tempo in quell'istante per non interrompere quella pace che c'era. Non avevo voglia di andare a casa. Non avevo voglia di separarmi da lui. Mi venne persino l'idea di chiedergli se gli andasse un'altra serata in campeggio nel rifugio segreto, ma mi sembrava fin troppo eccessivo.
Da quando avevo ammesso a me stessa che Adam mi stava sconvolgendo alla grande, la parte di me che si era congelata, quella che si affezionava morbosamente alle persone(Adam, era quella in questione), ora galoppava fin troppo con la fantasia, e rischiavo di commettere qualche cagata che svelasse ciò che pensavo.
"Sono stato bene oggi.." ruppe così il silenzio, senza però voltarsi verso di me. Si fissava le punte delle sue All Star sgangherate, e non osava alzare la testa e mostrarmi quegli smeraldi che stavo imparando a..adorare.
"Anche io.." soffiai, incapace di usare un tono più alto. Mi ritrovai a pensare che, a differenza mia, se Adam si fosse messo ad ululare in quel momento, quella sensazione di pace e benessere non si sarebbe incrinata. Anzi.
Intanto, eravamo arrivati a casa. "Be', ci vediamo domani." disse Adam sereno, "Mia madre ha telefonato alla tua e l'ha invitata a cena." Inevitabilmente le mie labbra si distesero in un GRANDE sorriso, tanto da oscurare il sole. L'idea che l'indomani avrei rivisto nuovamente Adam stava sminuendo la tristezza che sentivo per la buonanotte che sarebbe arrivata di lì a poco. "Quindi, buonanotte." affermò. Però non si mosse, continuava a guardarmi, e il sorriso era sparito dal suo viso, lasciandolo con un'espressione indecifrabile.
"Sì..'notte." mormorai, annuendo appena.
Prima che me ne rendessi davvero conto, mi ritrovai ancorata al petto di Adam, con lui che mi stringeva delicatamente, il viso completamente appoggiato al suo torace coperto dal pesante piumino. Maledissi quel giubbotto.
Respirava sulla mia fronte,scompigliandomi alcuni ciuffi ribelli, e istintivamente alzai il mento per guardarlo in faccia, trovandomi a due scarsissimi millimetri dal suo viso. Informazione dell'ultimo secondo: avevo una voglia matta di baciarlo, e quella era la situazione ottimale per farlo. Ma cosa avrebbe comportato? Una sicura spaventosa ricaduta nel nostro già precario e strano rapporto d'amicizia.
Già una volta mi ero ritrovata in quella situazione; solo che quello di Adam era un ricatto, io non ero consapevolmente consenziente, per altro ero legata ad un letto d'ospedale e soprattutto l'avevo respinto. Ora come ora, mi sentivo troppo attratta da lui e dalle sue labbra, per formare un pensiero coerente e soprattutto per ragionare sulle conseguenze di un gesto così avventato. L'unica cosa certa era che, stavolta, non l'avrei rifiutato.
Ma quei due miseri millimetri non venivano azzerati; io ero troppo codarda e timorosa di essere respinta per farmi avanti, e Adam sembrava come paralizzato, con quegli occhi verdissimi spalancati e scintillanti.
Avrei dato tutto, tutto per sapere cosa stesse pensando in quel momento.
Finchè non ci fu un versaccio, un soffio di un gatto, e un rumore di bidoni che cadevano e un gnaulio secco, ed entrambi ci scostammo come scottati dal tocco dell'altro.
"Buonanotte." tagliai corto, aprendo il cancelletto e correndo verso la porta di casa, mentre lui ricambiava il saluto con lo stesso urgente e pressante desiderio di non guardarmi più in faccia.
Ero così imbarazzata..se c'era qualcosa peggiore di un bacio, tra due amici, era un non-bacio. Di quelli che, un istante prima, venivano interrotti e lasciavano i due con pensieri particolarmente drammatici e confusi e un groppo allo stomaco. Una situazione degna delle più rinomate soap opere latino-americane. Un classico, quindi.
Maledetto gatto!
Una cosa era certa: avevo bisogno urgentemente di parlare con Rose.
Non persi tempo a togliermi il giubbotto, e salii di fretta e furia le scale, senza nemmeno salutare mio padre che mi aveva fatto un cenno dal divano in salotto.
"Rosalie! Rose, ti prego, ho bisogno di te!" così esordii, entrando nella stanza come un uragano Katrina e urlando a squarciagola per svegliare mia sorella nel caso fosse stata addormentata.Richiusi la porta della stanza alle spalle, mentre lei alzava preoccupata il viso dal suo libro e mi guardava storto.
"Che è successo, Nat? Che ti prende?" Mentre lei si metteva seduta composta sul materasso, io provvedevo a controllare che tutte le porte e le finestre fossero chiuse: quella mattima avevo scoperto che era molto facile sentire ciò che succedeva nelle case vicine come la nostra e quella dei Brown. "Ehi, cacchio, stai urlando come una matta a mezzanotte passata e farfugli cose senza senso, ti degni di darmi una risposta?" sibilò mia sorella, mentre si raccoglieva i capelli in una modica coda di cavallo. Sospirai, e cercai di darmi una calmata.
"Ora, Natalie, ti togli quel giubbotto, lo appoggi alla sedia, e ti siedi a spiegare cosa ti turba.." scandì bene ogni parola, ogni singola sillaba, come se fossi una pazzoide armata pronta a far fuoco. Eseguii gli ordini, e mi sedetti sul mio letto improvvisato, di fronte a lei.
"Bene, sputa il rospo." decretò lei, assumendo l'aria da Sherlock Holmes.
Aprii la bocca per spiegarle, ma non uscì alcun suono.
Per la miseria...stavo per baciare Adam. Oh Dio mio.
"Io.." boccheggia, sbattendo violentemente le palpebre. Mi stavo rendendo ora conto di quello che stavo per fare. E la cosa mi scandalizzava assai. "Io.."
Rosalie si accigliò, nervosa e curiosamente assetata di spiegazioni. "Tu cosa, Nat?"
"Io..ho quasi baciato Adam.." Lo dissi in un tono così fievole e basso, che dubitai che Rose avesse capito: a malapena mi ero sentita parlare io.
Rosalie mi fissò per un tempo indeterminato, sbattendo le lunghe ciglia e corrugando le sopracciglia in un cruccio confuso. Poi un guizzo di comprensione lampeggiò nei suoi occhi, e arrivò la sorpresa. "COSA?"
Avrei tanto voluto che il pavimento si aprisse e mi inghiottisse seduta stante. Mi sentivo uno schifo.
"TU HAI QUASI BACIATO ADAM E ME LO DICI COSI'?" urlò, e, per preservare la mai sanità psichica e mentale, le coprii la bocca prima che tutto il vicinato sentisse cosa era successo.
"Come avrei dovuto dirtelo, scusa?" blaterai sconnessamente.
Rose continuava a guardarmi sbalordita, ma perlomeno mi fidai a liberarle la bocca.
Anche lei boccheggiò. "Tu..e Adam."
Annuii, perplessa. Quella che doveva essere sconvolta ero io. E lo ero, solo che la reazione di mia sorella mi faceva preoccupare tanto da accantonare in un angolo il mio panico post-comprensione. "Sì, io e Adam." affermai, incerta. "Anch'io fatico a crederci.." mormorai, lasciandomi cadere seduta sul materasso, senza più energie.
Rose si sedette al mio fianco. "Non sei quasi-felice?" se doveva tirarmi su il morale, di certo non lo fece. Anzi.
"No, Rosalie..a parte che ora saremo in imbarazzo a vita..se l'avessi baciato davvero..ora cosa farei?" mi sentivo davvero persa. "Siamo appena diventati amici..non voglio rovinare tutto. "
Mia sorella mi guardò comprensiva. Tutto dei suoi occhi diceva «so come ci si sente, ci sono passata pure io», ma non mi rincuorò.
Come se non bastasse, la sera successiva saremmo stati a casa Brown per cena. Di male in peggio.
Dovevamo davvero sistemare quella situazione; non volevo perdere Adam, questo era certo, ma avevo paura che con quel quasi-bacio avessimo incenerito ogni speranza di un rapporto amichevole. Perchè no, due amici normali non finiscono a due millimetri dal baciarsi. Lo sapevo io, lo sapeva lui, e lo sapeva pure il mio cuore difettoso.
-
Quando mi svegliai, quella mattina, il mio stato d'animo era l'opposto di quello del risveglio del giorno precedente.
Un giorno ero felicissima..e il giorno dopo mi trovavo nella depressione più nera.
Non avevo dormito molto, e quel poco di riposo che ero riuscita a concigliare era stato tormentato e mi aveva stancato ancora di più. Perchè? Perchè avevo sognato Adam, che mi baciava.
Stupido, stupidissimo quasi-bacio.
E stupidissimi occhi meravigliosamente stupendi di Adam.
Controllai la sveglia, che segnava solamente le otto del mattino. Non c'era che dire: ero sconvolta.
Mi feci una doccia veloce, optando per un tentativo di rilassare i muscoli. L'acqua, per pochi istanti, mi liberò la mente. Ma appena pensai alla sera precedente, l'ansia tornò, e pure prepotente, insieme a una morsa allo stomaco. Convinsi me stessa che fosse per la fame, e non per la paura di perdere il mio amico. Perciò mi vestii, e scesi in cucina, trovandoci mamma che armeggiava ai fornelli.
"Ah, buongiorno Natalie. Come mai così mattiniera?" incalzò, lanciandomi uno sguardo curioso. Mi strinsi nelle spalle. "Mi sono svegliata e non riuscivo a prendere sonno." fu la mia spiegazione concisa. Non avevo molta voglia di conversare, quel giorno, specie con Emily. Era la persona più irritabile per me, soprattutto se avevo già un problema di mio. E quella mattina, di problema, ne avevo uno bello grosso. Lei annuì, e non insistette, come sempre. Riprese a fare quello che stava facendo, mentre io prendevo una tazza e i cereali dalla credenza e il bricco del latte dal frigorifero per fare colazione. Mangiai svogliatamente qualche cucchiaio, lasciando che i corn-flakes si ammorbidissero e diventassero una pappetta informe nel latte; a quella vista mi sentii nauseata e buttai via il resto della colazione. Avevo lo stomaco chiuso.
Decisi di concentrarmi sui compiti, anche se non erano per l'immediato futuro, portandomi avanti. Completai quasi tutti gli esercizi di matematica e stesi una relazione di storia, mettendoci comunque troppo poco tempo e il minimo indispensabile. Una parte della mia testa volava alla casa accanto alla mia, al mio vicino, al mio Adam.
Magari a lui non interessava niente di me, nel senso di ragazza. Magari non gli importava nulla se ci eravamo quasi baciati, magari non avrebbe intaccato il nostro rapporto. Perchè avrebbe dovuto?
Era stato un equivoco; stavamo vicini nel modo sbagliato, nel posto sbagliato al momento sbagliato. Anche la nottata precedente era stato uno sgambetto alla nostra amicizia, dovevo ammetterlo. Dormire così appiccicata a Adam aveva fatto sì che mi rendessi conto di ciò che sentivo. E di certo, non erano cose che si potevano e dovevano sentire per un amico. Bello o brutto che fosse.
Mi riscossi dai pensieri solo quando sentii il campanello suonare. Emily mi mandò ad aprire, troppo impegnata ad impastare la sua torta per quella sera. Come a farmene beffa, ogni cosa era buona per ricordarmi di Adam.
Con uno sbuffo seccato aprii la porta, gelandomi totalmente ritrovandomi davanti lui.
Tutti mi sarei aspettata di ritrovarmi di fronte, ma di certo non Rick. Non lì, non con quell'espressione mortificata, e con quei fiori stretti in pugno. Senza dire niente, stavo per chiudere la porta di nuovo, ma la bloccò prima che potessi farlo.
"Natalie, voglio parlarti." disse, guardandomi intensamente con quegli occhi azzurrissimi.
"Io non ho niente da dire." tagliai corto, tentando nuovamente di sbattere la porta. Se non avesse tolto quel maledetto piede gliel'avrei maciullato. Non scherzavo.
"Io sì, e ti prego di ascoltarmi." fece, con tono implorante, "Magari, senza rompermi il piede.."
Con uno sbuffo aprii la porta, e, afferrato il cappotto di Rose e indossatolo, la richiusi alle mie spalle.
"E' meglio farci un giro." decretai, seccata. Camminammo per qualche isolato, ma Rick non si decideva a parlare, continuando a fissare le punte delle scarpe da ginnastica. Finchè ci fermammo, e mi accorsi solo in quel momento che non eravamo tanto distanti dal punto in cui c'eravamo lasciati. Mi trovavo proprio dove Adam mi aveva bloccato con i suoi amici per irritarmi.
Già..Adam.
"Natalie," Rick cominciò solenne, guardandomi con quei suoi occhi blu zaffiro. "Lo so che sono l'ultima persona che probabilmente ti va di vedere e ascoltare..ma volevo chiederti scusa."
Feci una smorfia. "Un po' tardino, direi.." risposi, acida.
Ma Rick non parve scoraggiato dal mio modo di rivolgermi a lui, anzi, riprese con più zelo. Era molto più combattivo di quanto fosse anni prima;magari era maturato.
"Lo so, credimi. Ma poco tempo fa, quando ti ho rivista..non so, è come se si fosse riaccesa la fiamma, Natalie..mi sono reso conto di quanto io sia stato stupido a farti scappare.." automaticamente fece un passo verso di me, ma prima che potessi indietreggiare afferrò una mia mano. Ero così stupita che rimasi paralizzata e non la scrollai via.
"Sono stato un vero stupido a tradirti, me ne rendo conto." nei suoi occhi ardeva una sincerità senza equali. Mi sentivo totalmente spiazzata, non riuscivo a connettere e realizzare veramente quello che Rick mi diceva. "Poi, per una causa persa come quel bastardo di Brown.."
Il mio cuore perse un battito. Era..tutto sbagliato. Ogni cosa, di questa situazione, mi sembrava un grosso, madornale errore.
Rick fissò i suoi zaffiri nei miei occhi, lasciandomi sempre più incapace di ragionare. Mi sentivo smarrita. Dov'era tutta la mia solita sicurezza?
"..ia ragazza.." a furia di cercare di capire quello che diceva, mi ero persa il suo discorso. E ora?
"Cosa?" blaterai, incapace di formulare una frase un po' più articolata.
Rick mi guardò con un sopracciglio alzato e l'angolo della bocca tirato su in un sorrisetto.
"Ti ho chiesto, se non è troppo tardi, di perdonarmi e di tornare ad essere la mia ragazza."
Oh porca di quella merda..!