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Autore: LaU_U    22/08/2011    7 recensioni
[SPOILER 3x24]
Sembra quasi di vederlo fisicamente il male che senti. Come se lampeggiasse sulla tua testa un segnale luminoso. Quando credi che nessuno ti osservi la maschera di donna forte che indossi tutti i giorni scivola giù dal tuo volto, come sta accadendo ora.
Kate Beckett si sta riprendendo lentamente dalla ferita per la sparatoria al cimitero. E' dolorante e confusa e Castle vuol provare a farla star meglio.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kate, Beckett, Rick, Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Terza stagione, Quarta stagione
- Questa storia fa parte della serie 'Knockout & Rise'
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Questa oneshot è sempre collegata al finale di terza stagione. Segue (ma non sono dipendenti) le mie altre storie: Someone willing to stand with you, Bip. Bip. Bip. e Rise.
Buona lettura!





Merda, quanto fa male!
Quegli antidolorifici durano ogni giorno di meno. E per di più ho quasi finito il barattolo. Dovrò telefonare al dottor Williams per farmene dare degli altri.
 
Ti alzi dal divano, un movimento alla volta. Prima ti giri su un lato, poi afferri lo schienale e ti tiri su a sedere, infine ti spingi in piedi trattenendo un lamento fra i denti. Non devi sforzare troppo il fianco destro o rischi che ti saltino i punti. Raggiungi lentamente la cucina.
 
Infatti, ecco le ultime due.
Ma quando le ho prese tutte le altre? Pensavo mi sarebbero bastate per un paio di giorni. Non posso chiamare il medico di sabato. Ora come ci arrivo fino a lunedì senza pasticche?
 
Ti siedi al tavolo e ingoi le pillole, senza neanche un goccio d’acqua. Chiudi gli occhi e ti massaggi le palpebre in silenzio. Il petto si gonfia per i grossi respiri. Deglutisci e poi corrughi la fronte.
 
Con questo dolore maledetto non riesco neppure a pensare. Che forse è la cosa migliore in questo momento, perché tutto ciò che mi salta in mente sono problemi su problemi. Basterebbe distrarmi con qualcosa, un libro, un film, della musica. Ma non mi sento dell’umore adatto neppure a divertirmi. Sono bloccata in questo circolo di tristezza e stavolta non so proprio come uscirne.
 
Sembra quasi di vederlo fisicamente il male che senti. Come se lampeggiasse sulla tua testa un segnale luminoso. Quando credi che nessuno ti osservi la maschera di donna forte che indossi tutti i giorni scivola giù dal tuo volto, come sta accadendo ora.
Un rumore. Sollevi la testa e ti accorgi che non eri davvero da sola.
 
«Da quanto tempo mi stai fissando?»
«Io… veramente…»
«Lascia stare, non importa.»
 
Quando mai hai liquidato un discorso così? Quando mai non hai insistito per farmi una ramanzina per qualcosa che avevo o non avevo fatto?
Ti alzi. Si vede che i tuoi muscoli si tendono, anche se fai finta di niente perché non vuoi mostrarmi che stai male. Ti avvicini.
 
«Grazie per essere passato, Castle.»
«Io non me ne vado.»
 
Ti prego, non assillarmi ancora. Innanzitutto odio che tu sia rimasto a guardarmi in silenzio mentre pensavo fossi in bagno. Va bene, sei venuto a trovarmi. Mi hai portato dei fiori. Abbiamo chiacchierato un po’. Grazie. Ma in questo momento non ci riesco a stare da sola con te. Ci sono troppe complicazioni.
 
«Mi ha fatto piacere che tu sia venuto, ma non c’è bisogno che resti ancora.»
«Io non me ne vado.»
 
Evidentemente non ti è chiaro, quindi te lo ripeto. Ho mollato troppo spesso con te. Troppo spesso ti ho permesso di tenermi lontano anche se all’interno del tuo mondo c’erano in corso delle battaglie. Forse non me ne sono andato via, ma non ho mai insistito abbastanza per essere al tuo fianco invece che dall’altro lato della città, soprattutto ultimamente. Non puoi farcela da sola, Kate. Forse pensi di sì, ma non ci riuscirai.
 
«Non preoccuparti, sto bene. Ora, se non ti…»
«…»
 
Non parli, ma il tuo sguardo lo fa per te. Perché non vuoi credere al fatto che posso cavarmela da me? L’ho sempre fatto, non è cambiato nul…
Non è vero, è cambiato tutto. Da quando sei arrivato tu, niente è come prima. Neanche il mio lavoro. Neanche i miei colleghi. Mi hai stravolto la vita. Ed ora i tuoi occhi mi stanno facendo sentire troppo debole perfino per restare in piedi senza un sostegno.
 
«Uff…»
 
Ti siedi sbuffando. Lo vedi che sei stanca? Può essere che io contribuisca leggermente ad estenuarti, ma non mi convincerai che sono solo io il problema. Tu hai bisogno di vitalità. Di ottimismo. Lo dicono tutti che prima eri musona e poco divertente. E oggi (e sempre) io sono un buffone pronto a farti sorridere. Ma tu devi prendere seriamente questo mio fare il pagliaccio. Perché è vero che io sono un burlone di natura, ma giocare con te è anche una missione. Sono qui per sollevarti. Ma in questo preciso momento come posso rendermi utile?
 
«Facciamo così. Tu adesso resti sdraiata ancora un po’ su questo comodissimo divano…»
«Castle, io…»
«E nel frattempo io do una sistemata a questa stalla che chiami casa. Va bene che sei malata, ma questa non è una scusa per tenere i cartoni della pizza di ieri sulla poltrona.»
«Non sono malata.»
«No, hai ragione. Ti hanno sparato.»
 
Ed è come se mi colpissero una seconda volta. Finora hanno tutti evitato l’argomento. Mi hanno rivolto infinite ed assillanti premure, ma nessuno mi aveva mai riparlato di quel che è successo in maniera così diretta. Non con quel tono determinato. Perché sei così, Castle? Perché è così difficile starti accanto alle volte? Non sai quanto vorrei prenderti a pugni in certi momenti. Sei l’unica persona capace di farmi innervosire tanto. Fai quel che vuoi, Rick, basta che non mi tormenti ancora. Tanto è chiaro che stavolta non c’è spazio per le repliche.
 
«Brava, mettiti comoda. Qui ci pensa Richard Castle!»
«Perfetto. Non è che mi passeresti il telefono?»
«Certo. Perché?»
«Chiamo il 911. Mi è già esploso un appartamento, non vorrei ripetere l’esperienza.»
«Davvero molto, ma molto divertente.»
 
E in effetti lo è. Hai scherzato. E su un evento su cui non tutti sarebbero in grado di farlo. Kate Beckett, entro stasera ti farò scappare una risata come si deve. Che qualcuno lo metta a verbale. Ma ora bando alle ciance! Ho detto che avrei sistemato la casa e così sarà. Questo appartamento brillerà fra non molto. Mi specchierò nella moquette. Solo che… No, qui niente. Qui neppure. Neanche qua. C’è un piccolo problema.
 
«Ehm, Beckett?»
«Hai già finito? Sei stato un fulmine, devo raccomandare la tua ditta di pulizia a tutte le mie amiche.»
«No, è solo che… dove sono i detersivi?»
 
Ma perché mi faccio tutti questi problemi? Per gestire Castle basta pensare di parlare con un bambino. Gli si dice per filo e per segno tutti i passaggi che deve seguire (con la certezza che lui si incastrerà comunque da qualche parte). Lo si ascolta, ogni tanto. Si ride alle sue battute. Gli si compra un gelato e qualche giocattolino ed il gioco è fatto. Ti sarà fedele sempre.
 
«Sotto il lavello, Sherlock.»
 
Piuttosto logico in effetti. Va bene, ora diamoci dentro! Cominciamo a cercare qualcosa per lavare le stoviglie. Ma quante bottiglie ci sono? Non agitiamoci. Andiamo con calma, una alla volta. Questo rosso è per… ci sono disegnati dei bicchieri, credo sia per il vetro. Questo... PulitRapid, mah, lasciamolo da parte. Pavibello? Splendaceto? Brillavello? Qualcuno dovrebbe scambiare due parole con gli addetti al marketing di questi prodotti per dare qualche indicazione a proposito del fattore “nome accattivante”. E questa bottiglietta blu che roba è? Scrostaben?
 
«Gialla.»
«Come, scusa?»
«Per i piatti usa quella gialla.»
«Quella gialla? Oh, ma certo. CiotolCandid!»
 
Me lo sento che dovrò darti indicazioni per tutto il pomeriggio. Meno male che eri te a dover aiutare me. Meglio se ti tengo d’occhio, partner dei miei stivali, sennò finisce che mi lavi i vestiti con la birra. Per lo meno la visuale da qui non è male. Ma cosa sto facendo? Adesso mi metto pure a guardare il sedere di Castle?
 
«Dum, da da da, dum, da da da, dum, da da da da da da da da da, dum, pa ra pa, pum, pa ra pa, pum, pa ra pa pa ra pa pa ra pa, pum. Zu za zu, zum, zu za zu, zum, Zu za zu, zu za zu, zu za zu, zum, Tril li bum, bum, tril…»
«Ehi, Doris Day? Ne hai ancora per molto?»
«La detective preferirebbe ascoltare una melodia diversa?»
«Conosci i Black Eyed Peas?»
«Qualcosa. Cosa avevi in mente?»
«È una delle prime, aspetta che non la ricordo bene. Faceva più o meno così: shut up, sh-shut up, shut up.»
«Ricevuto, capo.»
 
Bene! Apparentemente il mio proposito di non farti deprimere troppo sembrerebbe funzionare. Ti sei pure messa a cantare. Credo che quegli antidolorifici ti facciano abbassare un po’ la guardia.
Coi piatti ho finito, li lascio scolare. Direi di fare un po’ d’ordine nel salotto ora, dato che sembra un campo di battaglia. C’era meno confusione al cimit…
Merda. A ripensarci ancora mi fa male. Quel rumore. La confusione. Quanta paura mi sono preso. Ora ti vedo sdraiata sul tuo divano, ma l’immagine dei tuoi occhi persi mentre eri stesa su quel prato ancora mi infesta. Non c’è giorno che passi in cui non sia terrorizzato a quel ricordo.
 
«Che c’è?»
«Cosa?»
«Hai una faccia. Non dirmi che si è rotto qualcosa?»
«Qualcosa, sì.»
«Che hai spaccato?»
«No, niente, non ho spaccato nulla. Non avevo capito. Allora, adesso buttiamo un po’ di queste confezioni di cibo in scatola vuote che ti ostini a tenere come un collezionista.»
 
Non me la mandi a bere, Richard Castle. Che ti stava passando per la testa? Mi fissavi con un’aria. Sembravi davvero spaventato. Ma per quale motivo? Non di certo il detersivo per i piatti. Che fosse lo stesso fantasma che tormenta me? Ancora ripensi a quel giorno? Anche tu non riesci a dimenticarlo?
 
«Cinese, mmm, involtini primavera.  Pizza ai peperoni. Tacos. Qui c’è del giapponese. Beh, direi che hai viaggiato parecchio per il mondo questa settimana.»
«Sì...»
«Ehi? Kate?»
 
Ed ecco che ripiombi nel baratro. È bastato che mi distraessi un istante e hai capito a cosa stavo pensando, ne sono sicuro. Sono il solito stupido. Non sarò mai abbastanza pronto con te.
Non voglio solo tirarti su il morale per una manciata di minuti. Voglio vederti ridere davvero un’altra volta, perché qualche sorrisetto l’hai già fatto, ma era chiaro che non eri serena dentro. Vorrei solo risvegliare il tuo desiderio di divertirti. Non so se ti ricordi come si fa, in questo momento. Forse devo rinsegnartelo io.
 
«Kate?»
«Sì?»
«Questa cosa non funziona.»
 
Non capisco cosa intendi, né perché ti sei fatto serio tutto d’un tratto. È colpa mia? Del fatto che ti sei offerto d’aiutarmi e le uniche cose che ho saputo fare sono state chiederti di andartene e prenderti in giro? Del fatto che c’è un argomento che stiamo… che sto evitando da quel maledetto giorno? Forse vuoi parlarne proprio ora. Ma non so se sono capace di farlo in questo momento.
 
«Questa cosa, cosa?»
«Devo confessarti una cosa.»
«Rick, io…»
«Non sono capace di riordinare una casa se non ho addosso il mio costume da casalinga disperata.»
«Come?»
 
Non volevo spaventarti, Kate, anche se ho capito che l’ho fatto. L’ho intuito dai tuoi occhi e dalle parole che non sei riuscita a dirmi. Solo che una cretinata per avere un effetto migliore deve essere preceduta da un po’ di pathos. Ora sarai sicuramente più contenta di aver sentito una cosa del genere. Più contenta di quanto non sarò io a travestirmi da domestica schizzata. Sia chiaro, lo faccio solo per questa volta perché tu sei triste.
 
«Oh, adesso sì che si ragiona! Hai visto? Un grembiule, due guanti di gomma e uno spolverino piumato e mi sento una donna nuova!»
«Castle, non è che mi ripasseresti di nuovo il telefono?»
«So già cos’hai in mente, ma non ti farò chiamare la neuro.»
«Ma non devo chiamare la neuro. Solo che sono sicura che Ryan ed Esposito gradirebbero molto assistere a questo spettacolo e mi sembra un gesto cortese invitarli.»
 
Tu non sei normale, questa ne è la prova definitiva. E non so se ridere o piangere perché quel grembiule a fiori su di te è una visione… beh… diciamo che lascia senza parole. E davvero non so come reagire a tutto questo perché è… assolutamente una sorpresa. Completamente fuori dai miei schemi. Tu sei l’opposto di ciò che mi sarei mai aspettata di incontrare.
 
«È un sorriso quello, detective?»
«Sai, una volta ho fatto un incubo tremendo. Ero bloccata in una stanza invasa dalle fiamme e c’era una bambina che piangeva disperata perché nessuno riusciva a salvarla. Non era neanche lontanamente spaventoso come ciò che vedo ora.»
«Ma quello resta un sorriso.»
 
Un altro punto per la squadra ospite. Me lo sento, riuscirò a raggiungere il mio obiettivo. Tu riderai. Conviene che prosegua nelle mie faccende in questa mise imbarazzante, ma opterei per rincarare la dose. Il lato positivo delle scope è che sono perfette come sostituti-microfoni. Farò un bell’ingresso in scivolata alla Risky business. Facciamo partire la radio.
 
«The warden threw a party in the county jail // The prison band was there and they began to wail // The band was jumpin' and the joint began to swing // You should've heard those knocked out jailbirds sing // Let's rock // Everybody, let's rock.»
«Castle?»
«Everybody in the whole cell block // Was dancin' to the Jailhouse Rock. Che c’è?»
«Credo che questo sia il effettivamente momento perfetto per chiamare la neuro.»
 
O. Mio. Dio. Ho sempre saputo che l’esistenza di quest’uomo è piuttosto… colorita... Come quando mi sono ritrovata lui e la figlia bardati con giubbetti luminosi per la lotta laser. Solo che non avevo mai assistito così da vicino ad un momento di follia in stile casa-Castle. Per carità, ognuno fa le sue stranezze nei propri appartamenti. Ogni tanto improvviso anche io un concerto con lo spazzolino da denti. Però non lo faccio se c’è qualcuno nei paraggi. La vita della piccola Alexis deve essere così strana con un padre del genere. Così… divertente.
 
«Sei la solita guastafeste. Non si può neanche spazzare creativamente qua dentro.»
 
Questo è stato un po’ troppo forse. Pazienza, ormai è fatta. Continuerò a pulire in giro facendo finta di nulla. Un saltello di qua, una sculettata di là, una cantatina ogni tanto. Questo sì che è il modo di riordinare. Biancaneve mi fa un baffo! Adesso è meglio se inizio a mettere tutte queste cose nel posto che è più congeniale. Riviste da un lato. Elefantini di marmo dall’altro. Il ficus sta meglio vicino alla finestra.
 
«Hai intenzione di riarredarmi casa completamente?»
«Questo appartamento è pieno di onde negative, sto riorganizzando tutto secondo le regole del feng shui.»
«Magari fammi una mappa del tesoro alla fine, così riesco a trovare ancora il letto.»
«Lo vedi, tutto questo tuo sarcasmo è dato dall'influsso della cattiva energia che c’è qui.»
«Sposta quella cassettiera di un altro centimetro e di farò ingoiare un cuscino volante.»
 
Ok, ti tratto male. Ma solo perché devi capire chi comanda. Hai bisogno che qualcuno ti tenga a cuccia. E anche perché quel mobile l’ho messo lì e lì deve rimanere. Però credo che tu lo sappia che ti sono grata per quello che fai. E che ti voglio bene.
No, cosa? Mi ero ripromessa di non pensarci, di rimandare questo argomento a più avanti, a quando mi sarò ripresa davvero. Solo che tu sei qui, ad ancheggiare a due metri di distanza nel mio salotto. Come faccio a non cadere in trappola? Come faccio a non tornare con la mente alle parole che mi hai detto quel giorno. A quel “Ti amo, Kate” che non vedevo l’ora di sentire.
Ancora? Non devo lasciarmi trascinare, per la miseria. Non devo concentrarmi su Richard Castle. Ho già Josh. Un uomo con un ottimo lavoro, una bella personalità, un fisico da urlo. Però… Però non è Richard Castle.
Al diavolo! Perché continuo a prendermi in giro. Lo so benissimo cosa provo e cosa voglio, ma mi sembra tutto così tremendamente difficile e pericoloso. Tutto così rischioso ed incerto che non so se ho il coraggio di fare la mossa che vorrei fare. E ora mi viene pure il mal di testa. E sento che le pastiglie stanno perdendo l’effetto. Eppure le ho prese solo un’ora fa. Non ce la faccio con questo male.
 
«Tutto bene?»
«Eh?»
«Eri tutta imbronciata. Che succede?»
«Niente, solo qualche fitta.»
 
Non ti ho chiesto il permesso, ma sedermi accanto a te mi è sembrata la cosa giusta da fare. Mi sei apparsa così piccola che non ho resistito. Ho tenuto duro fino ad ora. È da quel giorno che non mi avvicino neanche, che ti lascio spazio e tempo. Ma ora mi ritrovo a sfiorarti la mano con la mia. E vorrei che il mio tocco ti facesse passare ogni dolore.
 
«Vuoi che ti porti una pillola?»
«No, sono finite.»
«Non ne hai altre?»
«Non fino a lunedì.»
«Ma come ci arrivi a lunedì senza pillole, non esiste! Ora chiamo il mio dottore.»
«Non preoccuparti, Castle, non devi farlo.»
«Sì che devo.»
 
Mi fissi un’altra volta con la stessa determinazione. Tu devi? No, che non devi. Non per quello che siamo ora noi due. Perché che cosa siamo in questo momento? C'è qualcuno che ce lo può dire? Perché io non lo so e sono sicura neanche tu. Ma almeno tu l'hai ammesso. Quel che senti l'hai capito e l'hai detto anche a me. Ma io sono sempre così confusa.
 
«Dottor Tennant?»
«No, Castle, non...»
«Sì, sono Richard Castle. Mi servirebbe un favore...»
 
Certo che devo, Katherine Beckett. Come è certo che io devo essere qui in questo momento a spolverarti le mensole con un grembiule con stampate sopra delle margherite. Uno dei vantaggi di essere uno scrittore di successo è che si hanno spesso delle scorciatoie che la gente comune non può permettersi. Ma non ha senso essere un privilegiato se non si può condividere la propria fortuna con qualcuno che si ama. Perché lo sai che è questo che provo per te, vero? Te l'ho detto. Ti amo. Ma tu te lo ricordi? Non insisterò su questo adesso, non mi va di metterti in difficoltà più di quanto non sia già. Ma quanto darei per sapere che per te è lo stesso.
 
«Fatto. Più tardi passo a prendere un barattolo e poi te lo porto subito.»
«Non avresti dov... Grazie.»
«Non devi ringraziarmi.»
«Dovrei fare anche di più. Solo che... Rick, io...»
«Shhhht. Non agitarti che non è il caso. Adesso non mi devi niente.»
 
Ti devo tutto più di niente. Ti devo anche la mia vita. Più volte me l'hai salvata in questi anni. E me l'hai salvata anche quando mi hanno sparato, perché sono state le tue parole a darmi la forza di lottare. Il mio mondo era crollato un'altra volta dopo la faccenda di Lockwood e di Roy. Ma tu mi hai dato un motivo per non mollare. Mi hai fatto capire che non tutto era perduto, che c'era qualcosa per cui valeva la pena combattere anche quella battaglia contro la morte. Quel motivo sei tu. Siamo noi. La confusione è ancora tanta, ma c'è una cosa che sono certa di voler fare ora.
 
«Che fai? No, stai giù, sennò ti si riaprono i punti.»
«Oh, sta' zitto, Castle.»
 
Mi baci.
No, non è vero, non è possibile. Eppure il piumino mi è volato a terra e il mio cuore sembra voler esplodere. Quindi forse è la realtà. Mi stai baciando? Kate, tu...? Oh, hai ragione, questo è il momento di far star zitta la mia testa e godere il momento che attendevo da tre anni.
Ti bacio.
 
Mi baci.
Temevo che ti saresti tirato indietro, ma stavolta sono stata io la prima a non farlo. E ora vorrei non aver atteso tanto. Ora mi rendo conto di quanto avessi bisogno di questo. Di quanto avessi bisogno di te. Ed ho il terrore che finirà. Non solo il bacio, ma tutto quanto. Ho paura che te ne andrai e resterò nuovamente sola. E ho così tanta paura che non posso fare a meno che stringerti con tutte le mie forze e trascinarti su di me.
 
Ho il timore che cambierai di nuovo idea, che ti tirerai indietro, spezzandomi il cuore. E così perdo il controllo e ti avvicino a me per non farti scappare via. Voglio sentire le tue labbra e renderle una cosa sola con le mie. È un bacio intenso, disperato, anche da parte tua. A questo punto non saprei dire chi di noi l'abbia sognato di più.
 
E questa unione tormentata si fa pian piano più dolce, quando mi rendo conto che per adesso non c'è pericolo che ci sfuggiamo a vicenda. Forse domani, ma in questo momento è impossibile. Nulla può separarci contro la nostra volontà.
Poi lentamente stacchi la tua bocca. Mi accarezzi il viso e mi guardi. Mi ero scordata di quanto fossero belli i tuoi occhi. E di quanto sia speciale il tuo sorriso. Voglio un tuo abbraccio. Mi sollevo per venire a prendermelo.
 
«Fai piano. Ti fa male?»
«No, ora non più.»
«Oh. Allora quando vado dal dottor Tennant gli dirò di prescriverti anche un po' della medicina miracolosa BaciaKatina di Richard Castle. »
«Ehehe. Beh, ammetto che mi è parso un farmaco niente male.»
«Mi fa piacere che ti abbia fatto stare meglio. Ma sai qual è la cosa migliore?»
«Quale?»
«Ti ho appena fatta ridere.»



 


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Ebbene sì! Avete capito quel era la tentazione a cui ho ceduto? Quella di unire ciò che la serie tiene separati. Rick e Kate si sono baciati! Mai era successo in quel che ho scritto che mi opponessi a ciò che succede nelle puntate. Stavolta ho deciso di farlo, immaginando un momento nel prossimo futuro (-28!). Spero che la cosa non avvenga davvero così perché sarebbe tremenda o.O
Grazie a Francesca che l'ha letta in anteprima. Se il titolo non è il massimo è perché Sara mi ha messo pressione :P
Spero vi sia piaciuta questa storia.
Grazie a lettori e commentatori!

   
 
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