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Autore: SunriseNina    08/09/2011    1 recensioni
-Luna?-
-Sì?-
-Ma quindi io e te adesso stiamo… stiamo insieme, penso, no?- si dondolò avanti e indietro con le guance di un rosso vivo e quel maledetto nodo alla gola.
-Certo che adesso stiamo insieme, non vedi? Qui ci siamo solo tu ed io!- rispose lei.
-Non intendevo in quel senso!- Neville si tormentò i capelli con aria disperata –Volevo dire insieme inteso come fidanzati! Insieme, stare insieme, capisci? Essere fidanzati, ecco!- si torturava come suo solito le dita tremanti e sudate, spiccicando faticosamente parola.
Gli sorrise. Un sorriso dolce e felice, un sorriso che Neville amava più di qualsiasi altra cosa al mondo:-Sì, penso di sì. Tu che dici?-
-Secondo me sì- rispose, senza capire il senso di quel discorso.
-Allora dev’essere per forza così- affermò lei –Sì, siamo fidanzati. O come dici tu, stiamo insieme-.
-Adoro le tue fossette- disse a un certo punto Luna.
-Me lo avevi già detto- osservò lui, non per questo meno compiaciuto.
-No, quella volta ti ho detto che mi piacciono le fossette, in generale- puntualizzò lei con naturalezza –Ma era una piccola bugia. A me piacciono le tue, e basta-.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Neville Paciock | Coppie: Luna/Neville
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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No one could ever know me, no one could ever see me
Seems you're the only one who knows what it's like to be me...




 




Esercito di Silente.
Che nome improbabile, ma ormai avevano deciso.
Rimase senza compagno, come era prevedibile; Harry si allenò con lui, facendolo letteralmente a pezzi: riuscì a disarmarlo solo quando il ragazzo si voltò da un’altra parte, concentrato su come procedevano gli altri.
Neville non era bravo in qualsiasi caso, con gli incantesimi, ma la sua attenzione era ulteriormente minata da Luna, che si allenava con Justin poco distante da lui.
Aspettò con relativa impazienza che Harry soffiasse nel fischietto e che tutti uscissero dalla Stanza delle Necessità e si fermò affianco ai cardini della porta spalancata; Luna fu una delle ultime ad uscire, con il suo  passo sognante e saltellante.
-Ciao Luna- le fece un timido cenno con la mano.
-Ciao Neville!- esclamò, molto meno titubante dell’ultima volta che si erano visti –Com’è andato l’allenamento?-
-Ecco...- ripensò velocemente all’elenco dei fallimenti che si erano susseguiti poco prima –Non c’è male- mentì –Ehm… che fai?- iniziò a smuoversi con la mano i capelli sulla nuca con visibile imbarazzo: che domanda, stava uscendo dalla Stanza delle Necessità e si dirigeva verso il dormitorio.
-Oh bè, vado alla Sala Comune di Corvonero!- disse entusiasta, come se fosse una novità incredibile –Tu?-
-Io… io vado alla Sala Comune di Grifondoro- cercò di sorridere, facendo solo una buffa smorfia. “Oddio” si disse mentre il cuore iniziava a scalpitare in ansia “Non iniziare a fare brutte figure!”
Luna trattenne il fiato mordendosi le labbra stese in un sorriso felice, come se si trattenesse dal dire un grosso segreto che non vedeva l’ora di urlare a tutto il mondo:-Ho costruito una cosa per la partita di Quidditch! È un cappello a forma di leone, e sto cercando di fare un incantesimo che lo faccia ruggire!- digrignò i denti ed emise un borbottio sommesso, in quella che doveva essere l’imitazione del Re della Savana. Neville non riuscì a trattenere un risolino divertito, e continuò a guardare Luna. Com’era bello vederla felice. Era come se tutto il mondo fosse improvvisamente sparito, le voci degli studenti per le scale erano lontani echi di una realtà che non gli apparteneva; niente gli importava, se non che Luna mantenesse quell’espressione contenta sul viso delicato mentre saltellava accanto a lui.
-Uh, Luna!- esclamò, battendosi la fronte con la mano –Ho nella borsa in dormitorio una cosa che è tua!-
-Hai trovato uno dei vestiti che mi hanno nascosto?-
-No, un’altra cosa… mi accompagni, per favore? Così… così te lo do subito, va bene?-
Lei annuì con foga, e quel semplice scuotersi della sua chioma bionda fece fare una capriola al cuore del ragazzo innamorato; si incamminarono per gli ampi corridoi, diretti verso la Sala Comune.
-Buongiorno!- cinguettò la Signora Grassa, che stava spettegolando con la sua amica nel suo opulento quadro.
-Mimbulus mimbledonia!- disse Neville.
La Signora Grassa fece un risolino dietro la mano lardosa e inanellata, dicendo:-Siamo in affascinante compagnia, caro!- poi si scostò per lasciarlo passare; lui, con le guance calde per il rossore e l’imbarazzo, accennò un sorrisetto compiaciuto ed entrò frettoloso per la Sala, corse per le scale, frugò nella borsa e afferrò la rivista, per poi rigettarsi a capofitto fino in corridoio:-Ecco- disse ansante a Luna –Il… il Cavillo… l’ho trovato il primo giorno, e… ho subito pensato… che fosse tuo-.
-Oh, grazie!- disse Luna con un rapido movimento delle ciglia, un brillio nei grandi occhi cristallini che rimase impresso nella mente di Neville –Devo andare nella mia Sala Comune, ho un po’ di compiti. Ci vediamo!- accennò uno stravagante inchino e se ne andò con il suo incedere sognante e distratto.
-Oh oh!- continuò a ridacchiare la Signora Grassa, facendo sobbalzare le grosse spalle.
Neville la osservò meglio:-È ubriaca, forse?-
-Ma cosa dici!- disse aumentando le risa, mentre il naso le si arrossava ancor di più. Violet scosse la testa, e disse:-Quel tipo lì, sir Cadogan, ha dato fondo alle cantine del quadro del terzo piano…-
-Capisco...- disse Neville perplesso –Posso entrare?-
-Mimbulus mimbletoniaaa…- canterellò la Signora Grassa, facendo passare il giovane.
Neville si ricordò improvvisamente della lettera per lo zio: non l’aveva ancora spedita, e dire che l’aveva scritta da giorni e giorni.
Salì nel dormitorio vuoto e passò in rassegna i libri della borsa con lo sguardo: non la trovava. Rovesciò la borsa sopra il letto, facendo rimbalzare un libro sull’orlo del materasso: ancora nulla.
Cercò nel baule, gettando calzini spaiati e pantaloni troppo larghi per tutto il pavimento, ma quella pergamena non voleva proprio saltar fuori.
Con un sospiro, si disse che doveva essergli caduta da qualche parte, e che gli elfi domestici l’avevano probabilmente buttata durante le loro pulizie notturne: non importava, l’avrebbe scritta di nuovo.
“Anche perché” e, pensandolo, un brivido d’emozione lo invase da capo a piedi come una scossa elettrica lasciandolo inebetito “Ci sarebbe altro da dire, su Luna!”
-Neville, ti vedo bello pimpante!- rise Ginny, vedendolo scrivere il suo tema per Pozioni con aria insolitamente allegra.
-Oh, sì- annuì, intingendo con foga la penna d’aquila nel calamaio –Sto passando delle belle giornate, diciamo!-
-Sono felice per te! Sai chi ho visto passare venendo di qui?- disse con sguardo malizioso –Lunatica Lovegood! Chissà che ci faceva vicino alla Sala Comune di Grifondoro… probabilmente si era persa, sai com’è, per quanto è pazza potrebbe anche essere…- sembrò riflettere divertita su quell’ipotesi.
Sul viso di Neville il sorriso si spense con estrema velocità, il cuore smise di battere con energia e sembrò invece scomparire: in mezzo alle costole sentì crearsi un doloroso vuoto che gli impediva di respirare. Improvvisamente il tema di Pozioni gli sembrò una catastrofe, e tutte le parole che aveva scritto ad inchiostro blu scuro sulla pergamena gli sembravano un’accozzaglia di idiozie.
“Pazza” con un moto di rabbia strinse il pugno intorno alla piuma, facendo cadere alcune gocce d’inchiostro denso sulla pergamena “Non è pazza.”
Alzò lo sguardo, osservando uno ad uno tutti i presenti. Chiunque, da Hermione che studiava immersa in una catasta di libri di ogni materia ai ragazzini del secondo anno che davanti al camino giocavano a scacchi, chiunque gli avrebbe detto con noncuranza che Luna era pazza. O tocca, menomata, deficiente, insomma qualcosa così.
Sentì lo stomaco contorcersi e iniziò a fare grandi respiri, dilatando le narici in maniera innaturale.
Cercava di restare calmo. Non gli interessava cosa pensavano gli altri di lui, non gli interessava.
“Non è vero” disse una voce maligna dentro di lui “In fondo sai che ti importa. Sei sempre vissuto all’ombra degli altri, non sei pronto ad esporti, Neville. Ricorda, ci sono tante bestie, la preda è la stessa, e tu non sei fatto per la guerra ad artigli sguainati”.
Davvero si vergognava?
Davvero si sarebbe vergognato di Luna, si sarebbe vergognato di tenerla per mano per i corridoi e baciarla davanti ai Tre Manici di Scopa?
La scena prese velocemente forma nella mente di Neville: la neve fioccava tranquilla, poggiandosi sui loro vestiti con noncuranza; la luce li inondava di un dolce colorito ocra e miele, passando per le vetrate della locanda. Ogni tanto uno scampanellio e uno sbatter di porta ben riconoscibili anche nel brusio del chiacchiericcio intorno a loro faceva intendere che qualcuno entrava o usciva dai Tre Manici di Scopa. Lui attorcigliava tra le dita i morbidi capelli di Luna, mentre lei si aggrappava con veemenza alla giacca mentre si baciavano con ardore, viso contro viso, le labbra tremanti unite, le lingue che si intrecciavano intervallate da fugaci respiri. Erano corpi alla ricerca del reciproco calore, che cercavano risposte ai loro sentimenti, i petti premuti uno contro l’altro, i battiti cardiaci ovattati dai vestiti pesanti.
Le persone passavano accanto a loro, additandoli; si chiedevano se quel ragazzo corpulento che sovrastava la ragazzina bionda e pallida erano davvero lui e Luna avvinghiati in un bacio. Qualche esclamazione sorpresa, un risolino di cui Neville sentiva solo il lontano eco…
-Neville?!- Ginny gli aveva afferrato il braccio –Riprenditi!-
-Cosa, che c’è?- si risvegliò dalla sua fervida immaginazione.
-Stavi fissando Jimmy Peakes con sguardo semi ebete e alcuni hanno iniziato a notarlo- disse contrariata –Cioè, a me non cambia nulla, ti voglio bene lo stesso, ma non ti conviene dichiararti in questo modo davanti a tutti se … giochi in un’altra squadra, ecco- aveva lo sguardo serio di chi sta dando un saggio consiglio.
-Oh, sì, certo- disse Neville senza essere sicuro di aver capito.
Ginny tornò ai suoi compiti, ma sembrava guardarlo in modo diverso, curioso e insospettito:-Ah, la pergamena-.
Neville guardò il suo compito: aveva tenuto premuta la penna sul foglio per così tanto che si era formata una chiazza blu petrolio intrisa nella carta che dilagava coprendo le parole.
Sbuffò e l’alzò velocemente dal tavolo su cui era rimasta una macchia scura; lesse le prime righe, e si accorse arrossendo di aver scritto tre volte, tra i componenti del Distillato della Pace, “Polvere di Luna”. Strappò frettolosamente il tema e ne iniziò subito un secondo, tenendo il naso a pochi centimetri dalle parole che scriveva veloce e concentrato quasi quanto Hermione.
 
 

  All you can do is make the best of it now 
Can't be afraid of the dark 
Just know you're not in this thing alone 
There's always a place in me that you can call home

 



Neville era ancora terrorizzato e sconvolto.
Stringeva tra le mani un lembo del lenzuolo, senza riuscire a chiudere occhio. Il suo sguardo vagava per le tenebre del suo letto senza darsi pace.
-Neville?- sentì una voce sussurrare.
Titubante, rispose:-Harry?-
-Tutto bene? Non stai dormendo-.
-Oh, ecco… è per la lezione di oggi- disse sconsolato.
Li aveva visti, enormi cavalli dalla pelle grinzosa e nera come la pece, che sembravano destrieri carbonizzati dalle grandi ali da pipistrelli coperte di venuzze violacee. Nei loro occhi neri e sporgenti aveva rivisto quella sera tremenda in cui il nonno era morto, tremando febbricitante e con il respiro quasi inesistente, nel suo letto. Non voleva essere curato, diceva. Era vecchio, e diceva che prima o poi sarebbe accaduto: meglio così che in qualche modo più doloroso. Si era spento, come una candela lentamente il suo barlume di vita si era fatto più flebile fino a scomparire.
Neville non sarebbe dovuto entrare, la nonna continuava a spingerlo fuori asciugandosi le guance con un fazzoletto di pizzo consunto; lui però, aiutato dalle tenebre e dal sonno pesante della donna, era entrato nella camera, era inciampato in uno o due oggetti per terra e si era avvicinato al letto su cui il nonno era steso:-Nonno, stai bene?-
Il nonno non rispondeva, se non con alcuni rantoli sommessi che si spensero dopo qualche minuto.
Neville gli asciugò la fronte imperlata di sudore, gli rimboccò le coperte come se fosse un bambino, poi si accovacciò accanto a lui e si addormentò.
Al suo risveglio il corpo era lì, cereo e gelido, con l’espressione di chi si addormenta con ansia, e il piccolo Neville aveva le guance grassocce umide di un pianto notturno di cui non ricordava: un pianto lungo e singhiozzante che si era protratto per tutta la notte.
-Sii forte, Neville- disse la voce di Harry dal suo letto. Lui poteva capirlo, e il ragazzo si sentì piacevolmente compreso, ma quel ricordo non cessò di comparire nella sua mente.
-Pensi… che questi ricordi ci marchino? Che vedere la morte ci renda diversi, o crei qualcosa in noi?- chiese.
-Non lo so- disse Harry –Ognuno reagisce in modo diverso. Io mi sento sempre arrabbiato e in ansia, tu sei malinconico... Luna copre i sentimenti tristi con la stravaganza, penso. Oppure è così di suo-.
-Luna?- Neville si alzò a sedere, cercando di non far trasparire troppo la sua apprensione: com’era possibile? Luna vedeva i Thestral? Sapeva già il perché oppure come lui lo aveva scoperto durante le lezioni?
-Sì, Lovegood. Li vedeva anche lei, quando siamo saliti sulle carrozze, ma non mi ha spiegato perché. Dev’essere morto qualche parente, immagino- disse Harry riflettendoci –Comunque tu resta tranquillo, e dormi. Dormire fa bene- con questa frase da madre premurosa il compagno tornò al suo sonno.
Neville si coricò, ma il peso sul suo stomaco era aumentato, e così il vuoto nel petto si era trasformato in una voragine.
Era come se la Luna che conosceva fosse diventata un’altra persona, come se non fosse più lei. Come poteva portarsi un ricordo tale, dietro i suoi sorrisi frequenti e il suo sguardo sognante?
Non dormì, e se dormì fece sogni così travagliati che gli sembrò di essere sveglio. Quella notte sembrava non finire, e non aver intenzione di terminare ma di lasciarlo in balia dell’ombra e dell’oscurità a chiedersi chi avesse visto morire la giovane Corvonero. Sarebbe stato troppo insensibile a chiederglielo? Avrebbe smesso di parlargli? A questa prospettiva, si disse spaventato che era meglio tenere quel segreto per sé.
Una lacrima gli rigò il volto e si immerse nel cuscino, salata e tiepida. Sentì il tremendo ed impellente desiderio di allungare la mano e incontrare le dita di Luna sotto il lenzuolo, coricata accanto a lui, il suo respiro sospirante a cullarlo.
Era questo che provava la nonna ogni sera, tastando il posto vuoto e freddo del marito defunto?
Si sentì affogare in un’opprimente tristezza, come se tutto il dolore delle persone convergesse su di lui, studente insonne in quella notte scura.








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SPAZIO AUTRICE: Avendo i genitori che mi fanno svegliare all'alba sperando che io possa riabituarmi all'orario scolastico, ho avuto questa prima parte della mattinata libera per scrivere questo capitolo molto particolare: di nuovo entriamo nei ricordi e nei pensieri di Neville. Spero di non avervi annoiato D: ma si rivelerà presto un capitolo importante, e desideravo che il ragazzo riflettesse sui Thestral, dopo averli visti a Cura delle Creature Magiche.
Nel prossimo capitolo, che spero di scrivere quanto prima, ci saranno parecchi cambiamenti radicali nella storia... spero siate impazienti di scoprirli! U__U

Intanto ringrazio chi recensisce e legge la storia *_____*  (e grazie ancor di più a una... accanita lettrice che mi ha convinto a scrivere quanto prima il capitolo xD martaluna555 :3) e auguro a tutti un buon inizio di scuola! :D


Nina.
   
 
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