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Autore: Athwen    04/10/2011    0 recensioni
Questa è una raccolta di scritti brevi in onore della figura del Licantropo, che amo come fa la luna piena.
Ogni scritto cambierà tono ed ambientazioni, raccontando modi diversi di vedere questa creatura che in fondo è la più umana di tutti i mostri.
Genere: Dark, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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E’ tardi. Questo è l’unico pensiero che mi concedo, concentrato solo sul mantenere il poco autocontrollo che mi sostiene, ormai davvero precario. La luna e già alta in cielo, e non posso permettermi di rallentare, devo raggiungere il branco prima che sia troppo tardi, devo raggiungere un luogo sicuro prima di potermi trasformare, prima di lasciarmi andare.
Giro l’angolo verso una via sperduta, pronto ad aumentare la velocità della mia traversata come solo noi licantropi riusciamo a fare, uno dei pochi lati positivi dell’essere uno di noi.
La puzza di morto mi colpisce improvvisamente, è forte e corrosiva.
Un ringhio mi esce dalla gola, vibrante di rabbia. So a chi appartiene.
Quando giro l’angolo la vedo, in tutta la sua perfezione. E’ immobile, come solo la morte può essere, la pelle candida è del colore della luna, gli occhi lucenti mi fissano lussuriosi e le labbra sono colme di sangue. Per un secondo è come se tutto si fermasse ed io non posso fare a meno di guardare quelle corpose gocce rosse che le colorano le labbra incorniciando una dentatura perfetta fra cui spiccano un paio di canini in tutta la loro splendida ferocia. Il sangue scivola in maniera sensuale sulla sua pelle fino ai seni, che abbracciano il corpo di una ragazza avvolta dal rosso carminio del suo stesso sangue in una scena colma di macabro erotismo.
E’ l’odore a riscuotermi. Un puzzo di morto, un fetore così forte da ricordarmi che non è viva. Potrà essere perfetta alla vista, ma il mio fiuto me la presenta come un cadavere in putrefazione. Il tanfo di morte è antico, probabilmente è sulla terra da molto tempo, quando i miei antenati non erano che un labile pensiero nella mente della loro madre.
Sulle sue guance compare un leggero rossore a darle una parvenza di vita, vita che ha rubato alla preda fra le sue braccia. Quasi sentisse il filo dei miei pensieri lascia la presa sul cadavere dissanguato, che cade a terra come un rifiuto ormai inutilizzabile.
Il mio ringhio aumenta di tono, lo sento vibrare nella cassa toracica e devo utilizzare tutto il mio autocontrollo per non azzannarle la gola.
Lei mi guarda, immobile ed elegante e nonostante questo so che basterebbe un minimo movimento da parte mia per farla scattare con velocità.
Potrei attaccarla, un vampiro in meno su questa terra gioverà sicuramente a molti, al mio umore in primis. Non devo neanche preoccuparmi di un’eventuale compagno, loro sono creature solitarie.
Per loro scelta, certo. Sono convinti che la loro individualità li renda più affascinanti e misteriosi.
Dannati arroganti.
La verità è che un nido di vampiri è peggio di un branco di lupi, la loro malvagità si mescola e cresce rendendoli peggio di noi durante le notti di luna piena. Solo che loro non si limiterebbero ad un giorno al mese.
Sono dei ciechi, a cui non piace ricordargli che sono stati umani, quegli stessi umani di cui si cibano con così tanta noncuranza. Si cullano nel pensiero di essere la razza perfetta, che ha superato la morte mantenendo una bellezza ineguagliabile. Ci disprezzano perché convinti che non abbiamo grazia, che siamo solo un branco di animali schiavi dei loro istinti.
In fondo ci disprezzano per tutto ciò che ci rende umani.
Ma noi riusciamo a vederli per quello che sono: un ammasso di carde morta, che la magia salva dalla putrefazione ma che dovrebbero essere cibo per vermi da ormai molti secoli.
Probabilmente dovrei ricordarglielo che non è altro che cenere.
Un basso ululato mi riscuote dalla mia rabbia. Non ho il tempo per queste cose, non è sicuro trasformarsi in mezzo alla città. La supero, fissandola negli occhi. Lei non sbatte neanche un ciglio, e mi guarda immobile lasciando trapelare disprezzo dalle sue iridi perfette.
Aumento il passo divertito. Potrà vivere per sempre, ma non potrà mai assaporare la vita vera, sarà costretta a rubarla agli umani per l’eternità, perché in fondo loro bramano ciò che più disprezzano.
Mentre io questa notte sarò parte della natura, sarò un tutt’uno con la terra, con la luna e con il mio branco. La vita mi scoppierà nella vene inondando tutto il mio essere in un modo che un cadavere non potrà mai sapere.
Il fetore di morte mi è rimasto sulla pelle, ma sparirà nella mattinata. Rido più forte mentre mi avvicino al mio branco. Che mi disprezzi pure. Io rido al pensiero della sua eterna non vita, che sarà immobile come la morte e che non toccherà mai davvero il mondo.
La vita potrà anche avere paura della morte, ma la morte non potrà fare a meno di bramare la vita.
 
NdA:
In questi giorni, mentre ripulivo il mio computer, mi sono messa a rileggere questa raccolta. Mi è venuta voglia di riprenderla in mano, finendo quegli scritti che avevo iniziato ormai quattro anni fa.
Non sarà una pubblicazione con una continuità regolare, quando avrò voglia ne aggiungerò qualcuna.
Quindi ho deciso di finire questa piccole one shot, che avevo iniziato e mai finito e che mette a confronto licantropi e vampiri, vita e morte.
Spero che vi piaccia. J
Arianrhod
 

  
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