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Autore: ornylumi    23/10/2011    9 recensioni
Undici anni dopo la fine della guerra magica, una Hogwarts ricostruita e leggermente cambiata si prepara ad accogliere i nuovi studenti, senza sapere che un evento senza precedenti sta per segnare la sua storia. E' il primo anno per Teddy Lupin, cresciuto da sua nonna Andromeda e desideroso di scoprire il mondo magico, e per Catherine Scott, una ragazzina proveniente da un orfanotrofio Babbano. Ma lo è anche per Neville Paciock, che per la prima volta si avvicina all'insegnamento dell'Erbologia. La storia di un'amicizia che non avrebbe speranza e che diventa invece possibile, nella generazione di mezzo tra quella di Harry Potter e quella dei suoi figli.
Dal capitolo 8:
Quando il Cappello non aveva più considerazioni da fare, quando Cathy si era arresa alla sua incapacità di scegliere e la curiosità della sala si era trasformata in una noia mortale, lo Smistatore sembrò finalmente decidersi; alzando il tono di voce, in modo che tutti potessero sentirlo, dichiarò: “Non mi lasci altra scelta… Grifondoro e Serpeverde!”
*Attenzione: sono presenti spoiler nelle recensioni*
Genere: Avventura, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Neville Paciock, Nuovo personaggio, Sorpresa, Teddy Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Neville aveva conosciuto Catherine Scott l’estate precedente, durante il suo primo incarico da insegnante. Il nuovo Preside di Hogwarts, nonché suo ex professore di Incantesimi, gli aveva dato il benvenuto nel corpo docenti con una proposta che tutti i suoi colleghi più anziani avevano rifiutato: doveva recarsi a Londra, all’orfanotrofio Babbano di St. George, a spiegare come mai una bambina di undici anni avesse ricevuto una lettera da una Scuola di Magia. Non era un compito particolarmente difficile, eppure Neville lo accettò con un groppo alla gola. Forse era l’idea di presentarsi ai Babbani a renderlo nervoso, o il fatto che se il Direttore avesse opposto resistenza avrebbe dovuto Confonderlo. In ogni caso, non lo rassicurò di certo la reazione della Cooman, che venuta a conoscenza del fatto parlò di “oscuri presagi e tremenda sventura”.

Fu così con una certa ansia e un travestimento poco credibile che il professore si avviò, in una calda giornata di luglio, verso l’edificio che ospitava l’orfanotrofio. Quando fu davanti al cancello, ricontrollò almeno tre volte l’indirizzo prima di bussare: non si aspettava, in effetti, niente di così grande e maestoso.

Al di là del cancello c’era un immenso giardino, ben curato, pieno di fiori e alberi di ogni tipo. Sullo sfondo, un altrettanto immenso edificio bianco brillava alla luce del sole in maniera quasi accecante. Neville pensò che tutto sommato non doveva essere così tremendo vivere lì: anche se orfani, i bambini non potevano che crescere dignitosamente in tutto quello sfarzo.

Si presentò come visitatore a quello strano ingegno chiamato citofono e, dopo pochi minuti, una ragazza vestita di bianco venne ad aprirgli. Gli sorrise cordiale e lo accompagnò fino al portone, fingendo di non badare alla sua giacca passata di moda e ai suoi continui tentativi di fermarsi in giardino, per ammirare l’una o l’altra pianta ornamentale. Neville chiese di parlare al Direttore, così come gli era stato detto di fare, e ben presto si ritrovò in uno studio tirato a lucido, tappezzato di foto di bambini immobili. Dietro la scrivania c’era un uomo anziano e quasi privo di capelli, che si presentò come Ralph Bennett; gli strinse la mano con aria affabile e lo invitò a sedersi. Neville non poteva fare a meno di guardarsi intorno con stupore, data l’enorme quantità di oggetti Babbani e sconosciuti, tuttavia l’espressione perplessa dell’uomo lo convinse a smettere.

“Allora, signor Paciock” cominciò il Direttore, “cosa le pare della nostra struttura?”

Neville capì che il momento temuto non era ancora arrivato e gli si sciolse un po’ di tensione. “Oh, è fantastica direi! C’è moltissimo spazio per far crescere i bambini”.

Il signor Bennett sembrò piacevolmente colpito da tanto entusiasmo. “Bene, sono contento che le piaccia. Il palazzo è stato ristrutturato di recente, sa, e tengo al parere degli ospiti almeno quanto al benessere dei nostri bambini. In questo orfanotrofio” e indicò con la mano le numerose fotografie “sono cresciuti i personaggi più illustri”. Nominò due o tre persone che per lui dovevano significare molto, ma a Neville non ricordarono assolutamente nulla. Per non deluderlo, comunque, annuì fingendo di capire.

“A cosa dobbiamo il piacere di questa visita?” Il cuore di Neville ricominciò a battere furiosamente dopo quella domanda: ora doveva svelarsi.

“Ecco…” iniziò, titubante, lanciando un’occhiata furtiva alla sua pergamena di appunti. “Sono qui per Catherine Scott”.

Il Direttore si accigliò, come se non si aspettasse quella risposta. “Ah. Curioso, la piccola Scott non riceve molte visite”.

“Non sono un familiare. Sono Professore alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, alla quale la bambina è invitata a presentarsi il primo settembre. Dovreste aver ricevuto una lettera”. Neville aveva pronunciato quelle parole tutte d’un fiato, sperando in cuor suo che Bennett fosse una persona comprensiva e di ampie vedute.

“Hogwarts, ha detto?” gli chiese l’uomo, senza mostrarsi poi troppo sorpreso. Neville annuì.

Il Direttore sollevò il telefono, quell’attrezzo che i Babbani utilizzavano per parlare tra loro, e chiese a qualcuno dall’altra parte di mandargli Catherine con la lettera. Ma non fu, come Neville si aspettava, una bambina di undici anni a entrare dopo qualche minuto dalla porta: era una giovane donna, all’incirca coetanea di quella che gli aveva aperto il cancello, e aveva indosso la stessa divisa bianca dell’altra.

“Catherine” le si rivolse il Direttore, “quest’uomo è Neville Paciock, dice di insegnare alla scuola di Hogwarts. Puoi mostrarmi la lettera indirizzata alla Scott?”

La ragazza gli porse la busta ancora intatta e l’uomo la esaminò in silenzio per alcuni secondi. Neville notò che la giovane aveva un’aria sciatta e angosciata.

“Hogwarts…” ripeté ancora Bennett. “È questo il nome?” Si voltò verso la ragazza, che con la sua espressione sconsolata confermò. “Bene. Grazie Catherine, vai a prendere la bambina”.

Quando fu di nuovo solo con il Direttore, Neville capì che le cose stavano prendendo una piega inaspettata. Per qualche strano motivo il Babbano era a conoscenza di Hogwarts e, forse, dell’esistenza dei maghi.

“Signor Paciock” continuò, intrecciando le dita sulla scrivania. “Si dà il caso che questo nome non ci risulti nuovo. Sapevamo che la bambina era stata iscritta alla sua scuola, e non avremo nulla in contrario se deciderà di frequentarla”.

Neville restò a bocca aperta: non si aspettava che sarebbe stato così semplice, tuttavia c’era qualcosa che non tornava. Per quello che ne sapeva non c’erano maghi all’orfanotrofio, e nessuno di Hogwarts era venuto prima di lui ad avvertirli.

“Ah… Ehm, bene. Davvero conoscete Hogwarts? Chi è stato a informarvi?” azzardò.

“Il suo tutore, naturalmente” rispose tranquillo il Direttore.

“La bambina ha un tutore?”

“Certamente. Non lo sapeva?”

“In realtà, no. Mi era stato detto che Catherine Scott non aveva parenti”.

“Le avranno dato un’informazione errata”. Il Direttore alzò le spalle, come rassegnato all’inefficienza di certe istituzioni.

“Come si chiama questa persona?” chiese ancora Neville, incuriosito e stranamente agitato.

“Mi dispiace, ma ha chiesto di rimanere anonima”.

“Sarà necessario metterci in contatto con lui. Sa, per le varie questioni legate alla scuola…” Il professore temeva le reazioni di Vitious, se avesse saputo di tutti quegli inconvenienti legati a una studentessa.

“Potete fare riferimento a me” rispose prontamente Bennett. Non vedendo via di scampo senza l’uso della bacchetta, Neville restò in silenzio.

Qualche minuto dopo, la porta si aprì una seconda volta ed entrò nuovamente la giovane, accompagnando una ragazzina minuta dagli occhi neri e vivissimi. Catherine spingeva avanti la sua omonima, tenendole protettivamente un braccio attorno alle spalle. La piccola aveva un’aria familiare, notò Neville, come se l’avesse già conosciuta.

“Ciao, Cathy”. Il Direttore aveva salutato la bambina. “Quest’uomo è il professor Paciock. È qui per invitarti a frequentare la sua scuola, Hogwarts. Desideri andarci?”

Senza fare domande e senza mostrare un vero e proprio entusiasmo, Catherine annuì.

“Bene” continuò Bennett. “Adesso ti lascerò con il professore, che potrà spiegarti tutti i dettagli. Vi consiglio una passeggiata in giardino, è splendido in questo periodo dell’anno”.

Neville accettò volentieri la proposta, quei Babbani un po’ troppo informati lo mettevano in difficoltà e preferiva parlare da solo con Catherine. La sua omonima adulta le sussurrò “Ci vediamo dopo” prima di lasciarla andare. Mentre uscivano finalmente dallo studio, Neville sentì il Direttore borbottare: “Scuola di Magia e Stregoneria… Mai sentito niente di più ridicolo! Non sanno davvero più cosa inventarsi per avvicinare i ragazzini allo studio, parola mia!”

*

Si avviarono verso il portone e da lì uscirono in cortile, mentre Cathy sorrideva educatamente senza pronunciare parola. Neville non ricordava di aver mai conosciuto una bambina tanto silenziosa, così decise di interrogarla direttamente per assicurarsi che non fosse muta.

“Allora, Catherine…” cominciò, leggermente in imbarazzo. “Sapevi di essere una strega?”

“Sì” rispose finalmente lei. “Sapevo di riuscire a fare cose che gli altri non possono fare. E poi me l’ha detto il mio tutore”.

“Giusto, il tuo tutore… Cos’è per te, un parente? Uno zio, magari?”

Catherine alzò le spalle. “Non lo so, nessuno lo sa. E se vuole conoscere il suo nome, spreca il suo tempo”.

Neville allora capì che forse la bambina parlava poco, ma era assolutamente perspicace; aveva stroncato sul nascere il suo primo tentativo di interrogarla.

“Capisco. Comunque, se conosce Hogwarts e sa che sei una strega, vuol dire che è un mago anche lui”.

“Sì, lo è. Ed è un uomo buono. Ma non so altro, parla pochissimo di sé”.

Neville annuì, pensando che il misterioso tutore aveva fatto bene i suoi conti, decidendo di non svelare nulla nemmeno alla bambina. Poteva anche essere 'buono' come diceva lei, ma senza dubbio aveva qualcosa da nascondere.

“Com’è vivere qui?” chiese ancora a Cathy, cambiando argomento. “Non è facile cavarsela senza i genitori, in questo posso capirti perché sono cresciuto con mia nonna”.

“Non è così male. Se non li hai mai conosciuti, non puoi sentirne la mancanza”. Il discorso non faceva una piega, ma era strano sentirlo dalla bocca di un’undicenne. “E poi c’è Catherine che si occupa di me”.

“Sì, ho visto che ti è molto affezionata. Ma verrai a trovarla spesso, non preoccuparti. E in estate tornerai qui per le vacanze”.

Tra una parola e l’altra, i due si erano ritrovati in un angolo più isolato del giardino. C’era un piccolo gazebo di ferro, con ramoscelli di vite intrecciati alle travi del tetto, alla cui ombra cresceva un’incredibile varietà di fiori. Entrambi stavano osservando un’aiuola di ortensie, quando Cathy gli fece la sua prima domanda: “Che cosa insegna a Hogwarts?”

“La mia materia è Erbologia!” rispose Neville con entusiasmo. “Nella mia classe, imparerai tutto sulle piante magiche e sul loro trattamento!”

Cathy aggrottò le sopracciglia. “Erbologia? È davvero una materia?”

“Certo, e anche importante! Vedi, dalle piante possono essere estratte sostanze molto utili. Le Mandragole, per esempio…”

“Va bene, Professore, non importa” lo interruppe subito la bambina. “Non ho bisogno di una lezione anticipata”.

Adesso, Neville pensò che Catherine parlasse decisamente troppo. “Ok. Allora, su, fammi vedere cosa sai fare” la esortò, un po’ per curiosità e un po’ per metterla alla prova.

“Lo sto già facendo. Non lo sente?” chiese lei, con un sorriso provocatore.

“No. Che cosa dovrei sentire?”

Catherine alzò gli occhi al cielo, verso le foglie della vite che si muovevano nell’aria, nascondendo e mostrando alternativamente i raggi del sole. “Il vento” rispose.

“Oh… Wow”. Neville era senza parole, molto difficilmente la magia infantile raggiungeva un tale livello. “Sei davvero tu?”

Quella brezza leggera si fermò d’improvviso, e Cathy riabbassò lo sguardo.

“Ci riesco quando sono felice o arrabbiata, anche con l’acqua e altre cose. Ma qui nessuno mi crede, solo Catherine. Lei dice che ho un dono speciale”.

“E ha ragione” le disse Neville, rassicurandola. “Presto avrai una bacchetta, in essa potrai incanalare la tua magia e imparare a controllarla, con gli incantesimi che ti insegneremo a scuola. Tutto quello che ti serve è scritto nella lettera, potrai comprarlo a Diagon Alley”.

“So già tutto, grazie. Me l’ha detto…”

“Il tuo tutore” terminò la frase Neville, con un sorriso. Cathy gli sorrise a sua volta.

“Toglimi solo un’altra curiosità…” le chiese il professore. “Prima eri felice o arrabbiata?”

“Felice” rispose lei, senza esitazione. “Sono molto felice di andare a Hogwarts”.

*

Quando Neville tornò nello studio di Vitious, quella strana tensione che aveva addosso si era dissolta del tutto. Era stato più semplice del previsto far accettare la cosa ai Babbani e, quanto a Catherine, non era che una bambina come tante, seppure un po’ troppo sveglia per la sua età. Come aveva previsto, il Preside non fu contento di sapere che c’erano così tanti misteri riguardo al tutore della ragazza, tuttavia si limitò a pensare che forse era un mago un po’ all’antica e che si vergognasse di intrattenere rapporti con i Babbani. In ogni caso, non si lamentò dell’operato di Neville, anzi si complimentò con lui.

“Mi domando” disse infine Paciock, per togliersi un ultimo dubbio “perché nessuno voleva questo incarico… È stato talmente semplice!”

Vitious gli sorrise un po’ incerto, e abbassò gli occhi verso l’alto sgabello che gli permetteva di arrivare alla scrivania. “Eh già, in effetti… Che cosa sciocca dare ascolto alle superstizioni!”

“Superstizioni? Di che tipo?” chiese Neville incredulo.

“Oh, be’… Una sciocchezza, davvero! È solo che… Un altro mago è cresciuto in quello stesso orfanotrofio, tanti anni fa, e il suo nome era…” e lì fece una pausa piuttosto lunga, prima di continuare. “Voldemort”.


Note:

Innanzitutto, perdonatemi per la lunghezza del capitolo che ha decisamente superato i miei standard! Non mi piacciono molto i dialoghi lunghi, ma in questo caso non li ho potuti evitare... spero che non siano stati troppo noiosi da leggere.

Detto ciò, giusto un paio di precisazioni: nella storia il preside è Vitious perché so che secondo la Rowling non sarebbe stata la McGranitt, e da qualche altra fonte ho letto che poteva essere lui, così ho deciso di adottare questa versione. Per quanto riguarda l'orfanotrofio, so che è diverso da com'è descritto nei libri, ma sono passati moltissimi anni ed è naturale che sia cambiato. Tutto quello sfarzo poi ha una ragione precisa, che sarà spiegata nel prossimo capitolo. Alla prossima!

   
 
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