CAPITOLO
NOVE
Era
arrivato anche il fatidico giorno di San
Valentino di quell’anno
e tutte le
ragazze si stavano preparando ad uscire con i loro fidanzati o quelli
che
semplicemente le avevano invitate ad uscire per diventare poi fidanzati.
E
Ariel era una di queste; non era certo la prima
volta che usciva con un ragazzo, però si sentiva agitata lo
stesso. Forse
perché stava per commettere un errore. Forse
perché aveva paura che sarebbe
finita male.
Harry
la stava aspettando davanti alle porte
d’ingresso e, non appena la vide arrivare, un sorriso gli
sorse spontaneo sulle
labbra. Certo che era proprio bella.
“Andiamo?”
Lei
annuì e gli fece un sorriso dolce in risposta e
i due uscirono dal castello come fecero tanti altri giovani.
C’era
ancora parecchia neve per le strade, ma non si
faceva molta fatica a camminare. Quel giorno inoltre c’era
anche un tiepido
sole che cercava di farsi largo tra le nuvole grigie.
“Dove
andiamo?” gli chiese lei.
“Ti
porto in un posto. Credo ti piacerà”. Rispose lui
semplicemente con un sorriso malandrino.
Ariel
sperò che non la volesse portare da Madam
Piediburro, odiava quel posto; troppo sdolcinato, troppo smielato,
così pieno
di zucchero e miele da farle venire il voltastomaco. Aveva sempre
odiato questo
tipo di cose, così zuccherose.
Dopo
che camminarono per circa venti minuti,
finalmente arrivarono in un posto che lasciò la ragazza
leggermente sbigottita.
Era un luna park, tipo quelli babbani, con giostre di tutti i tipi,
quelle
veloci, quelle tranquille, per bambini e per adulti. E sembrava che
fossero
tutte babbane perché non sembrava ci fosse della magia a
farle funzionare.
Quel
luogo le era terribilmente familiare e, quando
capì perché, le si strinse lo stomaco.
Sì, ci era passata spesso con i suoi
amici quando andavano ad Hogsmeade, nel loro mondo, solo che era
completamente
distrutto con i residui dell’incendio. I Mangiamorte
l’avevano distrutto
proprio perché era babbano. Si era spesso chiesta come
doveva essere quando era
ancora intero ed ecco, adesso aveva la risposta. Era semplicemente
bellissimo,
c’erano un sacco di persone che si divertivano un mondo,
spensierati e allegri
completamente ignari della fine che avrebbe fatto quel posto.
“Allora,
ti piace?” le chiese Harry spostando lo
sguardo nei suoi occhi grigi.
“Sì”.
Gli rispose lei a bassa voce ancora incantata
a guardare quel posto; non sapeva bene perché la attirasse
così tanto. Forse
perché sapeva che prima o poi sarebbe stato distrutto e
quindi voleva goderselo
il più possibile, o forse per la strana sensazione che
provava sapendo che fine
avrebbe fatto.
I
due ragazzi cominciarono ad addentrarsi
all’interno del parco, facendosi largo tra la folla e dovendo
parlare parecchio
ad alta voce a causa della musica piuttosto alta, musica babbana
anch’essa.
Prima
salirono sugli autoscontri continuando
a inseguire Dean e un’altra
studentessa di Hogwarts, venuti lì anche loro per
divertirsi. Harry stava al
volante e Ariel continuava a stringerglisi contro tutte le volte che la
macchina sbatteva contro un’altra per smorzare
l’impatto che faceva col sedile.
Poi,
una volta usciti, l’accompagnò per prendere il
zucchero filato e se lo divorarono insieme ed entrarono persino in una
casa
degli orrori.
“Secondo
me non ce la fai”. Commentò Ariel ridendo
mentre si trovava con Harry davanti ad un bancone pieno di barattoli
vuoti che
dovevi far cadere con una cerbottana per vincere un premio.
“Tu
dici?” le chiese lui con un sorrisetto
malizioso, molto vicino al suo naso.
“Sì,
dico, dico”.
“Non
ti conviene metterti contro di me, bionda”.
“E
allora fammi vedere”.
Il
ragazzo preparò la cerbottana e riuscì a colpire
e far cadere tutti i dieci barattoli senza sbagliare un colpo.
“Visto?
Che cosa ti dicevo?” le chiese lui
strafottente.
“Tutta
fortuna”. Rispose lei arricciando il naso.
“Fortuna
o no, sono stato bravo”.
“Tsk!”
“Complimenti!”
si aggiunse una ragazza minuta, con i
capelli neri che sembrava una zingara e che stava dietro il bancone.
“Che
premio vuoi?”
Harry
spostò lo sguardo verso quella marea di
pupazzi che stavano in bella mostra sia dentro che tutto attorno alla
tenda del
gioco.
Poi
spostò gli occhi sulla ragazza e le chiese.
“Allora, che cosa vuoi?”
Ariel
lo guardò stranita. “Come?”
“L’ho
vinto per te questo gioco. Quindi sceglilo tu
il premio”.
La
bionda sorrise allegra.
“Voglio
l’orso gigante”. Rispose alla fine alla
ragazza dietro il bancone, che glielo porse.
“E’
più grande di te, come farai a portarlo?” le
chiese Harry guardando la ragazza che prendeva il peluches con un
po’ di
fatica.
“Per
questo ho un ragazzo molto forte che risponde
ai miei servigi”.
“Oooh,
che ruffiana!”
Harry
le prese il pupazzo e si diressero ad una
panchina, leggermente più lontano dal tumulto del parco per
potersi riposare e
parlare con calma.
Si
stava già facendo buio e presto sarebbe stata
l’ora di tornare ad Hogwarts, alcuni ragazzi già
si affrettavano per andarsene.
“Grazie,
per oggi”. Iniziò Ariel ma senza guardarlo.
“Mi sono veramente divertita ed era da un po’ che
non succedeva”.
“Prego,
sono contento di esserti stato d’aiuto”. Le
rispose lui con un sorriso dolce, spostando poi l’orso
gigante dall’altro lato
dato che era seduto in mezzo a loro, così che potesse
sedersi più vicino alla
ragazza. “E anch’io mi sono divertito”.
Ad
un tratto i loro visi si fecero più vicini, così
vicini che si potevano quasi sfiorare i nasi e sentirsi i reciproci
fiati sul
collo. Alla fine, Harry decise di togliere tutte le distanze e
baciò la
ragazza, dapprima un bacio leggero e casto, per darle il tempo di
schiudere la
bocca e lasciarlo entrare. Ariel non attese molto e si baciarono con
passione,
desiderando non staccarsi più e che quel momento non
passasse mai.
La
ragazza però sgranò gli occhi rendendosi conto di
quello che aveva fatto; no, non era stata per niente una buona idea. Si
staccò
dalle labbra del ragazzo e lo guardò come se avessero appena
fatto una cosa
sconvolgente.
“Io…
io non…”. Cominciò a biascicare la
ragazza.
“Non avremmo dovuto. Mi dispiace”.
“Cosa?”
fece Harry sgranando gli occhi.
“Scusami…
devo andare”.
La
ragazza fece per andarsene, ma Harry la trattenne
per un braccio.
“Aspetta!
Tu… tu non… non mi vuoi?”
Lei
lo guardò con rammarico e dispiacere; le faceva
tanto male dire tutto quello.
“No,
non è quello… non sei tu, sono io
che…”.
“Ma
risparmiami le scuse, Ariel!” le urlò lui; era
proprio incazzato e Ariel si sentì sprofondare.
“Parla chiaro piuttosto. Se non
mi vuoi, dillo chiaramente e ci leviamo il peso di dosso”.
Harry
si alzò e, riservandole un’occhiata di sbieco,
si allontanò da lei in direzione del castello.
Ariel
era rimasta lì, a guardarlo che se ne andava,
se ne andava via da lei. Era stata una giornata stupenda, bellissima,
si era
divertita come non le era successo da un bel po’ e si era
sentita così bene. Ed
era riuscita a rovinare tutto in pochi attimi, con delle semplici e
stupide
parole. E tutto perché questa volta aveva seguito la ragione.
Sì,
adesso aveva l’umore completamente a terra.
Tutti
i ragazzi erano rientrati da poco al castello
dopo la gita ad Hogsmeade e adesso si stavano dirigendo alla Sala
Grande per la
cena.
Ariel
però decise di non seguire gli altri così,
approfittando della stanza vuota, aveva deciso di rimanerci e di
crogiolarsi
nel suo dolore.
Avrebbe
tanto voluto che adesso ci fossero i suoi
amici o i suoi fratelli, loro sì che avrebbero saputo come
consolarla. E
invece… e invece era completamente sola, sola come non lo
era stata da molto
tempo o forse mai.
Adesso
lo doveva ammettere, era innamorata di Harry;
con lui era riuscita a confidarsi, con lui poteva sia ridere che
piangere, lui
era riuscito a farle riprendere in mano la chitarra e a farla cantare
di nuovo.
Vide
la sua chitarra poggiata in un angolo e la
prese; quello era un altro momento da mettere giù, su un
foglio di carta e
trasformarlo in melodia e musica.
I can be tough
I can be strong
But with you, It’s not like that at all
La
canzone le venne così, di getto, in fondo non era difficile,
bastava solo che
ripensasse a quella giornata e a tutti i momenti che aveva vissuto con
lui,
perché con lui tutto le sembrava più semplice
così come coi suoi amici. Lei
odiava essere sola e sentirsi sola, proprio come in quel momento.
Normalmente
era una ragazza forte e dura, ma non in quel momento.
Behind this wall
You just walk through it
And
I remember all those crazy thing you said
You left them running through my head
You’re always there, you’re everywhere
But right now I wish you were here
Damn,
Damn, Damn,
What I’d do to have you
Here, Here, Here
I wish you were here
Dannazione!
Aveva
rovinato tutto. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di averlo
lì con lei ora. Pur
di avere i suoi amici con lei. Pur di non sentirsi così sola.
It’s who I am don’t have to try hard
We always say, Say like it is
And the truth is that I really miss.
Non
bene comunque, o almeno non bene alla fine. Eh, quando si segue la
ragione si
rischia di rovinare sempre tutto.
Milly.
P.S.
com’è andato il compito di letteratura??
P.S.
hai cambiato nick?