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Autore: emmahp7    24/11/2011    11 recensioni
Camminare, correre, seguire, indietreggiare, abbandonare, rincorrere, lasciare, partire, tornare...
Quanti passi sono serviti a Ron e Hermione per raggiungersi? Ve li svelo in questa breve raccolta. Una serie di momenti collegati l'uno all'altro, ambientati tra il sesto anno e l'immediato dopo-guerra, ed ispirati alle note dei Foo Fighters.
A volte basta solo un passo per trovarsi, un passo dietro l'altro...
Il primo capitolo della raccolta si è classificato secondo al "Romione, Dramione, Fremione e Harmony contest" indetto da Alyssia98 sul forum di EFP.
Il quarto capitolo si è classificato al primo posto nei contest: "Lotta contro il tempo" di _Aras_; Het-Flash contest- di Ceci Weasley; [The seven year]La fine di un'era di Lalani, tutti indetti sul forum di EFP.
Genere: Fluff, Slice of life, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Imparando nuovamente a camminare

 

Questa storia è dedicata a Erica Weasley, Sophie85, _Aras_, Ceci Weasley, Sara Marauders e Lalani che l’hanno letta in anteprima. Grazie ad ognuna di loro per aver scritto parole commoventi su questa piccola shot.

 

 

 

 

Learning to walk again

 

 

 

 

A million miles away

Your signal in the distance

To whom it may concern

I think I lost my way

Getting good at starting over

Every time that I return

 

Walk – Foo Fighters –

 

 

 

Tirava sempre vento sulla scogliera.

L’aria sapeva di sale ed il rumore delle onde che s’infrangevano sulla battigia accompagnava incessante l’oscillare degli steli d’erba che crescevano attorno a Villa Conchiglia.

A Ron era sempre piaciuto il vento, il suo soffio gli mordeva le guance e pareva portare via con sé, nel suo viaggio, i pensieri più cupi.

Ricordava di essere salito ogni giorno sulla scogliera durante il suo soggiorno nella casa di Bill e Fleur, quando aveva abbandonato i suoi due migliori amici in mezzo al nulla, in balia di foreste, pioggia e Horcrux da cercare.

Allora il vento non era così mite, gli sferzava gli zigomi con violenza e Ron sentiva la pelle bruciare per il freddo e gli occhi lacrimare.

Bill l’aveva richiamato in casa spesso i primi tempi. Ron rammentava la voce del fratello mischiarsi al suono del mare, diventare una sorta di canzone malinconica con la quale cullava i propri ricordi. Non aveva mai risposto alle preghiere di Bill, così come non aveva voluto dare ascolto ad un’altra voce mentre lo supplicava di tornare indietro durante una notte piovosa in una foresta sconosciuta.

Bill ad un tratto doveva aver capito, aveva intuito il desiderio del fratello minore di rimanere solo; l’altra voce invece aveva proseguito a risuonargli nelle orecchie, perseguitandolo di continuo. E quando quel tormento diventava tanto insopportabile da trasformarsi in dolore fisico, Ron trovava conforto solo sulla scogliera, nel farsi punire dal vento, che lo frustava nel suo incedere, ma che aveva lo straordinario dono di domare il suo strazio interiore, di tacitare, anche solo per poche ore, quella voce.

Finché rimaneva con gli occhi fissi sul moto dell’oceano, Ron stesso si tramutava in vento: s’insinuava tra i granelli di sabbia, ridisegnava i contorni delle colline, scivolava sui tetti delle case, ed arrivava infine ad accarezzare i volti di coloro che amava.

Ma era tutto diverso adesso.

Il vento aveva placato la propria rincorsa, l’aria era meno fredda e Villa Conchiglia non sembrava più così grande ora che era stipata di ospiti.

Ron era di nuovo insieme ai suoi migliori amici, di nuovo uniti nella missione che avevano scelto d’intraprendere. Ogni tassello del puzzle pareva essere stato rimesso a posto, eppure mentre guardava il mare, Ron riscopriva nel suo sbattere inquieto contro la riva, il medesimo turbamento che lo aveva afflitto qualche mese addietro.

Ritrovarsi in quel luogo gli riportava alla mente il senso di colpa che lui credeva di aver messo definitivamente a tacere, e che invece si risvegliava prepotente dal proprio torpore e rivendicava il possesso sui ricordi legati a Villa Conchiglia.

Ron aveva tradito l’amicizia che lo legava a Harry e Hermione.

Li aveva abbandonati nel pericolo perché si sentiva troppo stanco, troppo geloso, troppo invidioso; perché non sopportava più che lei si preoccupasse per Harry invece di occuparsi di lui, perché Harry non aveva un piano e lasciava che brancolassero senza meta alla ricerca dei pezzi dell’anima di Voldemort. Perché protetti dalle mura della Tana, prima di partire, tutto sembrava più semplice, invece la fame, il freddo e la delusione avevano preso il sopravvento sui buoni propositi.

Ron era consapevole di non avere scuse, che tutte le giustificazioni del mondo non avrebbero alleviato la sua angoscia. Anche Harry e Hermione avevano dovuto fare i conti con un incarico molto più gravoso di quanto non si aspettassero, eppure non avevano mollato. Lui sì. Aveva deciso di non voler più resistere, che i suoi migliori amici non valevano i suoi sforzi ed era scappato, anche se sapeva bene che se ne sarebbe pentito una volta lontano.

Non avrebbe mai potuto prevedere che il rimorso gli avrebbe fatto tanto male.

Ron era arrivato ad odiarsi. Si sentiva sporco, indegno addirittura d’indugiare col pensiero su Harry e Hermione sperduti chissà dove. Non riusciva a sopportare di stare con se stesso, si sarebbe strappato la pelle di dosso se avesse potuto. Non la voleva più, non voleva più essere Ron Weasley. Ron Weasley è solo un traditore.

Per questo accettava volentieri l’oblio offertogli dal vento. Nel vento poteva annullarsi. Col vento diventava parte del tutto, dimenticava di essere ancora e sempre, nonostante il suo rifiuto, Ron Weasley. Il traditore.

 

 

I’m learning to walk again

I believe I’ve waited long enough

Where do I begin?

I’m learning to talk again

Can’t you see I’ve waited long enough

Where do I begin?

 

WalkFoo Fighters –

 

 

Ron era seduto sulla scogliera come allora. Gli occhi persi in un punto indefinito all’orizzonte, dove l’oceano ed il cielo sembravano congiungersi e creare un’unica, infinita, distesa azzurra.

Si crogiolava in quei pensieri disperati e malediva mentalmente quel vento, che un tempo era stato suo amico e che ora gli si rivoltava contro, soffiandogli nelle orecchie ricordi di attimi che avrebbe preferito perdere per sempre.

Spostò lo sguardo sulla casa e immaginò le persone all’interno.

Avevano miracolosamente scampato il pericolo d’incontrare Voldemort faccia a faccia dopo essere stati catturati e portati a Villa Malfoy. Grazie al sacrificio di Dobby – l’elfo domestico – erano riusciti a scappare e liberare nella fuga Luna, Dean, Olivander ed il folletto Unci-unci, prigionieri nel covo dei Mangiamorte.

Erano arrivati da tre giorni.

E da tre giorni i pensieri di Ron seguitavano a torturarlo.

Siamo insieme… siamo di nuovo tutti insieme… io sono con loro… continuava a ripetersi; eppure la sua mente non riusciva a trovare pace, insisteva nell’indugiare sul suo abbandono, tanto che, quando gli altri non se ne accorgevano, sgattaiolava fuori dalla villa e saliva sulla scogliera, speranzoso di ritrovare quel conforto che tanto l’aveva aiutato nel precedente soggiorno.

Ma stavolta il mormorio del mare combinato col fischio del vento, gli ribadivano le sue colpe con la stessa intensità con cui una volta lo avevano consolato dal rammarico dei suoi stessi errori. E Ron non riusciva a fare altro che rimanere immobile nello stesso punto in cui aveva deciso che con tutte le sue forze avrebbe rimediato al suo sbaglio, ad ascoltare quel rimprovero muto, ricominciando per l’ennesima volta ad odiare se stesso.

Strinse i pugni e sbuffò.

Sentì ribollire la rabbia in fondo alle viscere. Avrebbe voluto prendersi a schiaffi e poi prendere a schiaffi il vento perché lo aveva illuso, perché gli aveva fatto credere che gli avrebbe concesso il perdono, perché il suo soffio oggi gli rammentava che neanche lei lo aveva ancora perdonato. E forse non sarebbe mai successo.

Si prese la testa tra le mani, premendo i polsi sulle orecchie.

Era stanco di sentirsi inadeguato, stanco di essere l’unico a sbagliare, stanco che ci fosse sempre qualcuno, qualcosa, pronto a ripeterglielo.

Conosceva bene i suoi errori, se li portava nel cuore, se li sentiva legati alle caviglie come fossero pesanti catene da trascinare; la notte gli serravano la gola, gl’impedivano di respirare. Non aveva bisogno anche di quei ricordi, bastavano i suoi pensieri.

Era tornato, aveva ritrovato i suoi amici, poteva rimediare. Voleva rimediare. Ma come poteva provare a riscattarsi, se il vento stesso si ostinava a sussurrargli che era solo un traditore?

Un tocco leggero lo riscosse dalla disperazione.

Sollevò il viso verso il proprietario della piccola mano che si era posata sulla sua spalla.

Hermione, i capelli ribelli mossi dal vento, gli sorrideva serena.

« Hey, sei qui ».

Era ancora pallida dopo Villa Malfoy, ancora non si era ripresa del tutto dalle torture inflitte da Bellatrix Lestrange; la sua andatura era incerta, come se avesse timore di ogni passo che compiva, ma la paura non era stata in grado di spegnere la scintilla della determinazione dai suoi occhi.

Ron si stupì dell’immensa stima che provava nei riguardi di lei, ed in un attimo non riuscì a non paragonarla alla poca che invece sentiva nei propri confronti.

Abbassò di nuovo la testa e sospirò: « A quanto pare… ».

La presa della mano di lei sulla sua spalla si affievolì.

« Scusa, non pensavo di disturbarti ».

Ron avvertì la tenue speranza, che era germogliata nel suo cuore quando aveva incontrato il sorriso timido di lei, dissolversi nell’aria; si affrettò a riprendere la sua mano ed a stringerla quasi come fosse l’ultimo appiglio a cui poteva afferrarsi prima di affogare.

« No, io non… non… non te ne andare » balbettò a corto di voce, col respiro spezzato dall’ansia di vederla allontanarsi.

Hermione si accigliò, lui tentò di calmarsi accarezzandole il dorso della mano con quella che non le stringeva già le dita.

« Siediti qui, vicino a me ».

L’espressione di Hermione si distese e lei gli si posizionò accanto.

Ron aveva bramato la sua presenza in quello stesso posto così tante volte e con tanta intensità, che quando fu al suo fianco non poté trattenersi dal sollevare un braccio, posarlo attorno alle spalle di lei e portarsela più vicino.

Hermione rispose alla sua stretta passandogli il braccio intorno alla vita e poggiando la testa sul suo petto.

Era magra Hermione, tanto piccola e fragile che pareva fatta di vetro. Ogni volta che la teneva vicino, Ron sentiva l’impulso irrefrenabile di proteggerla. Poggiò il mento sulla sua testa riccioluta ed inspirò il profumo dei suoi capelli.

« Come stai? »

Lo chiedeva spesso, lo chiedeva per tutte le volte in cui non aveva potuto farlo, perché a separarli c’erano miglia di distanza.

« Sto bene, Ron. Il peggio è passato ».

Lui la strinse più forte.

Avrebbe dovuto dirle che il peggio doveva ancora venire, che quello che avevano affrontato non era che l’inizio di un cammino molto più duro e pericoloso, che quella era la via che avevano scelto e ormai non potevano più tornare indietro.

Invece replicò: « Il peggio è passato. Ora siamo insieme ».

Voleva gridarlo a quel vento maledetto. Ora siamo insieme.

Stringeva Hermione tra le braccia e non era un sogno, non sarebbe scomparsa non appena avesse riaperto gli occhi: lei era viva, reale, sentiva il calore del suo corpo, l’odore della sua pelle, il battito del cuore di lei che rincorreva il ritmo del suo.

Eppure quella sensazione sgradevole di non essere degno di quell’abbraccio non se ne andava.

Strizzò le palpebre con forza, desiderò che tutto intorno a lui sparisse: il vento, il mare, la scogliera e tutti i suoi ricordi. Voleva ricominciare da capo, voleva cancellare i suoi errori, tramutare i pianti in sorrisi, le grida in sussurri, le ferite in carezze…

« Non sbaglierò più! » mormorò contro il vento, aggrappandosi ad Hermione come se potessero portargliela via. « Non sbaglierò più, non sbaglierò più! » ripeté ancora, ma sempre più piano quasi volesse dirlo a se stesso.

Hermione si scostò un poco per guardarlo negli occhi.

« Come? » sembrava incuriosita e vagamente preoccupata.

« Non me ne vado più. Non ti lascio. Non me ne vado più » farfugliò Ron scuotendo la testa, ansioso di far uscire tutte le parole che gli vorticavano nel cervello. « Io… io… ho perso la strada solo una volta… solo una volta… ».

Era una bugia bella e buona. Aveva deviato dal percorso giusto innumerevoli volte. Aveva sbagliato con lei, con Harry, con la sua famiglia, ma doveva convincerla che non le avrebbe più fatto del male, che ogni volta che la feriva era come colpire se stesso, che voleva imparare a camminare sul tracciato giusto di nuovo.

Lei lo studiò un momento in silenzio.

Ron non aveva la più pallida idea di quali pensieri le passassero per la testa, ma qualsiasi sua reazione sarebbe andata bene. Avrebbe accettato schiaffi, insulti, rimproveri, purché lei gli concedesse il perdono.

Invece Hermione sorrise. « Però sei bravo a tornare… » constatò con leggerezza.

E la voce del vento si spense.

Ron rimase di sasso, il mare si quietò ed il sorriso di Hermione divenne splendente come il sole che vegliava il loro abbraccio.

« Tu torni sempre, Ron, tornerai sempre » continuò lei.

Ron avrebbe voluto ostentare la stessa sicurezza che gli mostrava lei, ma non riuscì a trattenersi dal chiederle: « Come fai ad esserne certa? »

Hermione fece spallucce. « Io ho fiducia in te ».  Poi aggiunse: « Dovresti averne un po’ anche tu in te stesso! »

Ron abbassò il capo e sbuffò. « Ho perso la strada » disse di nuovo, le parole in bocca avevano lo stesso sapore metallico del sangue, come se si fosse aperta una ferita. « E ho perso te… e se non ci fosse stato Silente… » mise una mano in tasca dove si trovava il dono lasciatogli dal professore, non se ne separava mai. « Se non avessi avuto il Deluminatore… » lei non gli lasciò finire la frase, gli prese il mento e riportò gli occhi nei suoi.

« Non mi hai mai perso ».

L’incredulità si disegnò sul volto di Ron, Hermione continuò a parlare: « Non ho mai smesso di sperare in un tuo ritorno. Ogni giorno. Ogni ora. Ho pregato che tu ritrovassi la strada. Ho aspettato. Ed alla fine sei tornato ».

Lui si accigliò. « Ma… ma tu eri arrabbiata… ».

Hermione rise. « Beh, ci hai abbandonato, non potevo fartela passare liscia! »

« E poi, che è successo? Pensavo di averla combinata davvero troppo grossa, che non mi avresti mai perdonato… »

Gli occhi di lei si adombrarono ed in un attimo apparve estremamente stanca. « Diciamo che quando guardi in faccia la morte, rivedi le tue priorità ».  Passò le dita sul proprio collo sottile, dove la ferita procuratale dal pugnale di Bellatrix macchiava la pelle chiara.

Ron notò il suo gesto e rabbrividì nel ricordo di quella notte. « Non abbiamo più molto tempo, vero? »

Hermione sospirò. « No, non ce l’abbiamo, non ne abbiamo mai avuto abbastanza, e ne abbiamo sprecato a sufficienza… » nella sua voce c’era un velo di rimpianto.

Ron allora si mise in ginocchio, la prese per le spalle e la tenne stretta per dare enfasi alle parole: « Non succederà più. Non vi abbandonerò, non ti lascio più, mai più! »

Hermione annuì, il suo sguardo tornò sereno, limpido come il cielo. « Lo so ».

Si alzò in piedi, senza perdere il contatto visivo con gli occhi di lui e sembrò parlare contro il vento, come se stesse pronunciando una promessa: « Ti camminerò accanto, non perderai più la strada. Io non te lo permetterò ».

Ron osservò la figura di Hermione fargli ombra, sovrastarlo; nonostante la sua corporatura minuta appariva salda come un scoglio in mezzo al mare in tempesta, decisa, ferma. Nel disordine delle sensazioni che si rincorrevano nel suo animo, Ron scoprì la forza di sorridere. « Detto così suona come una minaccia… »

Allungò un braccio verso di lei affinché gli prendesse la mano e lo aiutasse a raggiungerla.

Quando si ritrovarono uno di fronte l’altra, i palmi delle mani congiunti a suggellare il patto appena espresso, lei confermò: « Oh, lo è, Ronald Weasley, ci puoi scommettere! »

Il cuore di Ron si scaldò, divenne di fuoco, come quando la pallina di luce azzurra uscita dal Deluminatore gli era entrata nel petto e gli aveva mostrato la via del ritorno.

Era Hermione la via del ritorno. Era la sua casa, la sua famiglia, lo aveva accolto con i suoi innumerevoli difetti, gli avrebbe insegnato a non odiarsi, ad accettare i propri errori, a lottare per non ripeterli. Con lei avrebbe imparato ad essere migliore.

La tirò verso di sé e la abbracciò.

Non lo spaventava più il soffio del vento, o le onde del mare che s’infrangevano sulla riva, i ricordi legati a quella scogliera. Si sarebbe tenuto stretto ogni singolo momento, anche quelli dolorosi che rievocavano le sue colpe, perché ciascuno di quegl’istanti costituiva un pezzo della strada che lo aveva portato fino a Hermione.

Lei rispose al suo abbraccio raggomitolandosi contro il suo petto, Ron le baciò i capelli e la fronte, abbandonandosi alla tenerezza di quell’attimo.

Quando si staccarono, Hermione era rossa in viso, e i suoi occhi brillavano così intensamente che Ron dovette resistere all’impulso di abbracciarla di nuovo.

Si frugò nelle tasche e tirò fuori il Deluminatore, lo porse a lei. « Prendilo, a me non serve più ».

Hermione rimase ad osservarlo in silenzio, pensierosa, poi si allontanò di un passo. «No, io… non posso… il regalo di Silente… ».

Lui si riavvicinò. « Voglio che lo tenga tu ».

Hermione deglutì, guardò alternativamente lui e l’oggetto che le stava offrendo.

Ron sapeva che lei stava caricando quel gesto dello stesso significato che gli attribuiva lui: non avrebbe avuto più bisogno dell’aiuto del Deluminatore perché non l’avrebbe più lasciata. Era la sua promessa per lei.

« Ne sei sicuro? »

Ron fece spallucce. « Diciamo che prima sei stata piuttosto convincente... »

Lei alzò gli occhi al cielo e sbuffò, gli rifilò una gomitata nelle costole borbottando un “sempre il solito”. Lui soffocò una risata ed ammise senza pensarci: « Sei tu la mia luce, Hermione, lo sei sempre stata ».

Lei trattenne il respiro ed arrossì. Con profonda soddisfazione, Ron la guardò cercare di dissimulare l’imbarazzo mentre prendeva finalmente il Deluminatore e lo riponeva nella veste, mormorando con un filo di voce: « Sei stato così cieco a volte… ».

Ron fece schioccare la lingua con disappunto. « Oh! Ma non ti limitare, sono stato cieco… e sordo, e… ».

« E un perfetto idiota! » si riprese lei, tornando all’espressione decisa con la quale era arrivata.

Ron finse di rifletterci su. « Ecco, così va meglio! Penso che “perfetto idiota” renda bene l’idea » le concesse. « Però ammettilo, se non ci fossero le mie bravate ad animare la situazione, ti annoieresti a morte! »

Hermione scosse la testa, ma sorrideva, alzò il braccio e gli accarezzò il capo, scostandogli i capelli dalla fronte. « Vuoi smetterla di dire sciocchezze e rientriamo in casa? Fleur ha bisogno di aiuto per la cena ».

Ron attese che la mano di lei gli sfiorasse la guancia, poi la afferrò e le baciò il dorso. « Agli ordini, capo! Ti seguo, fammi strada ».

Lei indicò la discesa dalla scogliera con un cenno della testa. « Bene, restami vicino ».

Ron imitò i suoi passi senza più incertezze. « Sempre! » disse. Per sempre.

 

 

I never wanna leave

I never say goodbye

Forever, whenever

Forever, whenever

 

WalkFoo Fighters

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eccomi, stavolta sono in tempo!

Dopo l’abbandono di Ron, il suo riscatto. Avete letto di un Ron un po’ diverso dal solito: è cresciuto, più maturo e non ha bisogno di nascondersi dietro farfugliamenti ed imbarazzi inutili. Ormai ha capito quello che prova per Hermione e sente la pressione della guerra, ecco il perché delle sue parole decise, non c’è più tempo per gli indugi.

La raccolta potrebbe essere conclusa con questa shot, oppure no, non ho ancora deciso. A dir la verità ho voglia di descrivere ancora qualche momento, soprattutto ho voglia di descrivere qualcosa di veramente romantico, solo che ho ancora le idee confuse. Comunque non vi lascio, leggerete di me molto presto, vi va di aspettarmi un pochino?

Questa storia è arrivata al primo posto nei seguenti contest: “Lotta contro il tempo” di _Aras_; “Het-Flash contest-“ di Ceci Weasley; “[The seven year] La fine di un’era” di Lalani. E’ arrivata al secondo posto nel “Flash contest – L’ennesimo!” di Sophie85 e al terzo posto dell’ “Hermione e Ron contest” di Sara Marauders. Infine si è classificata solo decima nel “Five days” di Erica Weasley. Sono stata immensamente contenta di tutti i premi, ovviamente, ma vi faccio leggere solo il giudizio di Erica Weasley che è stato il primo che ho ricevuto, è anche grazie ai suoi consigli che la storia è diventata così come l’avete letta.

Se anche voi volete farmi sapere cosa ne pensate, sono aperta a qualsiasi commento, anzi ogni vostra parola mi renderà felice.

Grazie a tutti quelli che hanno commentato ed inserito nelle preferite/ricordate/seguite le altre shot della raccolta; grazie anche a tutti i lettori silenziosi.

A presto.

 

Emmahp7

 

 

-         Five Days di Erica Weasley

 

Decima classificata: Learning to walk again di Emmahp7

Totale: 41,05/45

 

Grammatica e sintassi: 8,05/10 (Gli errori sono stati ovviamente corretti, per questo ho lasciato solo il voto)

Lessico e stile: 9/10

Sebbene in shot così lunghe si rischi spesso di incorrere in ripetizioni e banalità del lessico, nel tuo caso questo non è successo. […] Lo stile invece è ottimo. L’introspezione è curata benissimo, in modo eccellente, e lo stile contribuisce a rendere al meglio le emozioni, sfruttando immagini come il vento, la battigia e i ricordi che danno a Ron questi momenti. […]

Caratterizzazione: 10/10

Considerando il modo in cui hai curato l’introspezione di Ron, non è possibile non darti dieci in questo campo, perché il punteggio pieno ci sta tutto. Qui stiamo parlando proprio di Ron Weasley, pieno di rimorso per ciò che ha fatto, che cerca la sua pace e che si sente “sbagliato”. Una caratterizzazione davvero eccellente e ben curata, come se ne possono vedere poche. Anche l’infleunza di Hermione, che fa tacere le onde del mare, è perfetta e adatta alla situazione. Sì, decisamente, punteggio pieno.

Originalità: 9/10

Riprendere il tema di Villa Conchiglia è quasi un clichè, succede veramente molto spesso. Forse perché è un momento essenziale per la vita di Ron, e questo lo rende uno dei più visti e rivalutati dalle fanwriter. Nonostante questo l’originalità non ha perso molti punti, anzi solo uno. Questo considerando tutto ciò che sei riuscita ad inserire in questa situazione: oltre ai pensieri di Ron, si nota quanto l’influenza di Hermione lo risollevi. L’idea poi di donarle il Deluminatore l’ho apprezzata tantissimo, e ti ha sicuramente fornito punti in questo campo.

Gradimento personale: 5/5

Devo spiegare perché 5? Perché hai usato i Foo Fighters. Perché hai descritto un Ron su cui ben pochi sanno davvero scrivere. Perché l’ho adorata, ecco tutto.

 

Premio introspezione: Emmahp7



 

 

   
 
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