Quando erano piccoli, Rosso e Blu
giocavano insieme ed erano
l’uno l’opposto dell’altro: il fuoco e
l’acqua, l’istinto e il buonsenso, la
pazzia e la ragione. Rosso era quello avventato, quello dei giochi
esagerati e
delle risate sguaiate, quello che si faceva sempre riprendere, che si
alzava
tardi e mangiava quando capitava. Blu era quello calmo, buono, che
usciva di
casa con la maglietta pulita e si preoccupava di riportarcela tale,
quello che
si lasciava trascinare con un certo riserbo e che urlava poco, che
obbediva ai
suoi genitori con ammirevole celerità. Blu era il tanto
amato nipote del
professor Oak e, spesso e volentieri, portava Rosso a giocare nel
laboratorio
del nonno, in un mondo di Pokémon che scorrazzavano
liberamente senza far loro
alcun male. Stesi a terra nell’erba, i due, stanchi di
giocare, chiacchieravano
a lungo con voci basse, sognando il futuro che li aspettava, i
Pokémon che li
attendevano aldilà dei confini di Biancavilla, le loro mille
avventure, il
vecchio campione… si sognavano, già Campioni, a
riscuotere il frutto del loro
meritato successo, insieme, poiché non conoscevano nulla in
tutto il loro
piccolo mondo che non potessero fare insieme.
Spesso il professor Oak li
sorprendeva nascosti nel parco. Non
si arrabbiava mai, ma, tranquillo, li invitava nel laboratorio, li
faceva
sedere e offriva loro un gelato, oppure una fetta di torta o una tazza
di latte
e li invogliava a chiacchierare, a parlargli dei loro sogni.
“Io voglio diventare un
allenatore e un Maestro di Pokémon e
battere la Lega, anche” diceva Blu in tono solenne.
“Pure! E tu, Rosso? Cosa
vuoi fare da grande?”
“Io voglio diventare il
più grande allenatore di Pokémon del
mondo” replicava Rosso seriamente “Tutti mi
temeranno e a stento mi sfideranno,
e sconfiggerò tutti quanti, anche il Campione!”
Il professor Oak li ascoltava
contento parlare dei loro
sogni, pensava che fossero sogni degni di loro. Quando i piccoli
avevano finito
la merenda, li portava in una stanzetta e li lasciava giocare con
vecchi
strumenti rotti od ormai obsoleti, oppure, se aveva poco da lavorare,
li
portava nel parco e giocava ad insegnare loro le cose. E loro
apprendevano con
avidità, frugando ovunque con occhi e dita curiose. La sera
tornavano a casa,
sazi di novità.
Le loro case erano l’una
dirimpetto all’altra, ma Blu
invitava raramente Rosso da sé, non tanto per una cattiva
volontà propria,
quanto piuttosto per una eccessiva riservatezza della madre. La mamma
di Rosso,
invece, insisteva spesso perché Blu si fermasse da loro,
spesso per più giorni,
cosa che diventava un piacere per i due.
Qualche volta, i genitori di Blu lo
portavano fino a
Smeraldopoli per una gita di un giorno a fare spese. Questo capitava
circa una
volta al mese, ma Blu non lo invitò mai ad accompagnarlo, e
Rosso non glielo
chiedeva.
Crebbero con la vaga sensazione in
fondo al loro animo che
non si sarebbero separati mai, che qualsiasi strada avrebbero scelto,
l’avrebbero
scelta insieme, che mai nulla tra di loro sarebbe cambiato.
Angolo
dell’autrice.
Questa
è la mia storia completa più recente, e anche
quella che ora come ora mi
riflette maggiormente. Occorrono però alcune spiegazioni.
Punto
primo: la Storia di Rosso e di Blu nasce come una spin off di
un’altra mia
storia, molto più ampia, che ho sempre riscritto fin da
quando ero piccola e
che tuttora, pur essendo completa nella mia mente, non lo è
sulla carta. Tale
fanfiction s’incentra però sulla protagonista di
Pokemon Cristallo e sulle sue
proprie avventure. Comparirà anche qui, ma per pochissime
scene. Affronto qui
la storia di Rosso perché, nella storia principale, essa
s’intreccia con quella
della ragazza, il cui nome è Luisa. Non intendo attualmente
postare l’altra mia
storia perché è inconclusa e perché,
comunque, ora come ora è per me solo un
passatempo, in quanto è semplicemente una storia che di
quando in quando mi
diverto a riprendere in mano, essendo relativamente
“infantile”.
Punto
secondo: Storia di Rosso e di Blu e la sua relativa principale sono
scritte su
quelle che erano le mie personali convinzioni sui Pokémon ai
tempi in cui
queste storie sono state ideate. Ossia, le convinzioni di una persona
che non
sia mai andata più in là di Pokémon
Cristallo e che non abbia mai seguito il
manga. Ci potranno essere punti poco chiari, in contrasto col gameplay
o con la
storia ufficiale: sono pronta a dare pronta spiegazione di qualsiasi
punto
oscuro a chiunque voglia chiedere. Giusto per chiarire alcune parole
pronunciate in questo capitolo: si fa riferimento a un
“vecchio Campione”, che
nella mia storia non è affatto Lance ma suo padre.
Vi
lascio dunque al prossimo capitolo, sperando che voglia esserci
qualcuno pronto
a proseguire basandosi su queste poche righe. A presto!
Afaneia.