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Autore: Ato    13/12/2011    9 recensioni
Blaise dal canto suo riuscì persino a trovare il coraggio di precisare:«non capisco come puoi essere così insensibile, Draco. Vittoria XVII è stata la tua migliore pallina di vetro. Inoltre mi permetto di ricordarti che era anche una delle due uniche sopravvissute al Natale passato».
Tre sopravvissute, pensò Draco, con la rilassatezza tipica di un dorso rugoso a cui era venuto il mal di gola.
Era sopravvissuta anche Hermione.
Ed era lei, quella che gli aveva insegnato a tossire fuoco.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Un paio di parole sul finale, spudoratamente nonsense (meno male che ho già iniziato a pensare a roba Angst per compensare l’indecenza di tutto quello che mi fa fare il natale).

Magari Draco, in un paio di righe verso la fine pensa di aver capito la bellezza del Natale.

Solo in parte, dico io.

Il Natale può essere sacro o un pretesto materialista, ma per me resta la festa dei bambini.

Mi guardo intorno e vedo che a cinque o sei anni già non credono più in Babbo Natale o che vivono in case in cui il Natale arriva solo il 25 dicembre per mangiare e litigare su chi dovrà lavare i piatti.

Se potessi, non vestirei il Natale di altri mille significati sacri, ma lo restituirei ai bambini.

Naturalmente, l’ho fatto in un modo stupido.

Ma io ho la sindrome di Peter Pan, perciò il Natale mi fa uscire di testa.

Sarà per questo che Draco è più bambino che mai, qui dentro?

Non so se riuscirò a pubblicare altro entro la fine del mese.

Se così non fosse Buon Natale a tutti e un brindisi agli istinti bambineschi che ci portiamo dentro.

Grazie dell’anno favoloso che mi avete regalato.

Grazie a tutti e alla prossima

(vai con l’angst!)

Filomena

 

 

Io sono di vetro

“Teco porti lo specchio

di Narciso?

Questo è piombato vetro,

o mascheraio.

Aggiusta le tue maschere

al tuo viso ma pensa che

sei vetro contro acciaio.”

G. D’Annunzio

 

 

 

 

 

Era stato complicato.

Draco sapeva fin da giugno che inducendola a lasciarlo avrebbe dovuto faticare parecchio per riaverla. Spiegarle tutto lo aveva stremato, e l’aveva fatto sentire anche molto stupido.

Sono di vetro, Draco. – Troverai un appiglio.

La legna si era consumata nel camino, mentre le confidava che era stato tanto scorbutico proprio con l’intento di farsi lasciare; che voleva dimostrarle quanto fosse forte. Lei non era di vetro – vetro contro acciaio, vetro piombato. Draco voleva che anche lei si rendesse conto di aver ragione – certo, non lo trovi un appiglio, perché lo cerchi chissà dove.

È dentro di te, Hermione.

Lei gli aveva detto un sacco di volte quanto fosse egoista, ma Draco non riusciva a sentirsi egoista per aver voluto dimostrarle che lui non era il suo appiglio, che lei era forte abbastanza anche da sola. Era la donna più forte che avesse mai incontrato. L’unica che l’aveva salvato con profumi e ricordi così intimi da farlo innamorare prima della memoria, e poi della vita.

Immaginare un futuro in cui lei non si sentiva abbastanza forte da stare in piedi da sola lo distruggeva.

Hermione era forte. Così forte da lasciarlo. Così forte da andare avanti senza di lui.

Perciò, ora che se ne era resa conto perfino lei, Draco sapeva che era arrivato il momento per Hermione di sentirsi ancora più forte – forte abbastanza da perdonarlo, da amarlo ancora, di amore tenacissimo, che non si basa su una fiducia costruita dal nulla, ma su una fiducia costruita sulle macerie.

Ne avevano parlato a lungo, mentre tutta quella forza tratteneva lacrime luminose tra ciglia bellissime.

Hermione aveva accolto la sua confessione un po’ stranita, e non gli aveva dato neppure un bacio, quando aveva fatto da parte le braci nel camino per lasciarlo tornare a casa.

Come aveva progettato sei mesi prima, a giugno, Draco si disse che avrebbe atteso due giorni e poi l’avrebbe invitata a cena.

 

Sventuratamente, il giorno dopo Draco si ritrovava in una caserma babbana con un’accusa di cui non intuiva nemmeno il pretesto. Il paradosso era che quei tipi in divisa sostenevano che lui avesse cercato di prendersi gioco di loro, quando era evidente che gli unici a scherzare non avevano il sangue puro nelle vene e nemmeno un po’ di magia tra le mani.

Draco non riusciva a spiegarsi cosa diavolo volessero da lui. Certo, magari aveva staccato lo specchietto in maniera irruente da quell’ammasso di vetro e metallo rosso; ma non stava lasciando un pezzo di pergamena con l’indirizzo a cui mandare un gufo per il risarcimento?

Quello specchietto per lui era di vitale importanza, e loro invece continuavano a chiedergli documenti – per un momento Draco aveva pensato che volessero vedere la bozza della sua figurina per cioccorane nel mondo  e investirlo della nomina a eroe seduta stante.

Così non era stato, e avevano trascorso il pomeriggio in accuse e insulti poco velati. Quando uno di loro ripeté che forse “il biondo con le occhiaie da drogato” non era del tutto sano di mente, dato che era stato beccato con una piuma e un pezzo di legno tra le mani, Draco decise di arrendersi e invitarli a contattare Hermione: lei avrebbe portato tutti i presunti documenti che volevano e con quelli anche una faccia così incazzata da farli tremare dal primo all’ultimo, compreso lui.

 

çòç

 

«Malfoy, sei vergognosamente imbecille».

«Non ti vergognavi di me quando spiegavi al tipo pelato che sono il tuo ragazzo e sono ancora sotto shock per un incidente… dove?»

«Un incidente d’auto, Malfoy», sbuffò Hermione, guardando stizzita le vetrine della Londra babbana. «Si può sapere che ci facevi qui tra l’altro?»

«Oh», Draco trattenne un ghigno di soddisfazione. Con la sua prossima uscita l’avrebbe quanto meno impressionata. «La tredicesima sorellastra di Blaise e Blaise-sono-troppo-impegnato-per-fingermi-Babbo-Natale mi hanno spedito a cercare Barbie luci di stelle».

«E si può sapere perché invece di entrare in un negozio hai rubato lo specchietto di un’automobile?»

«Ma io non l’ho rubato. Ero disposto a pagarlo un mucchio di galeoni!»

Draco ebbe la conferma che quella non era la risposta giusta quando lo sguardo che lo investì fu talmente sconcertato da farlo sentire vergognosamente imbecille.

«Ho dovuto obliviarli, Malfoy. Sei soddisfatto? Sono stata abbastanza forte da non devastargli la memoria come ho fatto coi miei genitori».

«Hermione, ascolta», Draco le prese la mano, fermandosi su un marciapiede gremito di bambini che in fila aspettavano di salire sulla slitta di Babbo Natale, anche se dal legno rosso ne usciva musica meno delicata de la campanella. «Lo so che in questo momento vorresti prendermi a pugni e andarti a preparare una camomilla per affrontare i relativi sensi di colpa; che poi ti scotteresti la lingua e penseresti che comunque sono più caldo io, che con me sentirsi bruciare era…»

«Malfoy…»

«…era bello», continuò, cercando il suo sguardo. «Ma ti ho spiegato che non mi importa niente se un giorno vorrai trascinarmi a festeggiare il Natale coi tuoi genitori; non mi importava nemmeno a giugno. Probabilmente pure loro litigheranno con mia madre per stabilire se Liszt era babbano o purosangue e tu sentirai ancora il bisogno di prendermi a pugni, perché in qualche modo sarà tutta colpa mia e perché sarò sempre incapace di starmene un minuto tranquillo, ma tutto questo… sono cose a cui non voglio rinunciare».

«Perché così puoi amarti meglio?», ribatté lei, amaramente.

Draco ne sorrise un po’, aggrottando la fronte.

C’erano stati in giorni in cui era stato sul punto di dirle che l’amava e che per lui ormai darle un bacio era come bere amortentia al sapore di eterno.

Però non l’aveva mai fatto.

Non le aveva mai confessato di amarla, ma solo di amarsi un po’ di più quando era con lei.

«Certo! E poi così diventerò abbastanza eroico da avere una figurina delle cioccorane tutta per me. Non è grandioso?»

«No», precisò Hermione, in tono ragionevole. «È vergognosamente imbecille. Come il fatto che hai cercato di rubare lo specchietto di un’auto babbana. Come ti è saltato in mente?»

«Volevo regalartelo alla cena di domani».

«Quale cena?»

«Quella a cui ti avrei invitato sprezzante del pericolo», la informò lui, in posa casualmente eroica.

Qualcosa però nei suoi gesti non doveva funzionare. Hermione scoppiò a ridere. «E ti sembra un regalo adatto uno specchietto?»

«Più che adatto. Hai detto che non sei stata tu a infilarti nel mio nuovo specchio, no?»

«Infatti».

«Però nel mio specchio ci sei».

«Se lo dici tu…»

«E indovina cosa c’è scritto su questo specchietto babbano

Draco lo cacciò dal taschino. Era rimpicciolito e lo assalì con un engorgio senza farsi troppi problemi, mentre Hermione lo fissava con espressione scandalizzata.

«Non ci posso credere. Te lo sei portato dietro nonostante fossi sul punto di venire arrestato».

«Dai, leggi». Draco glielo porse impaziente, osservando il modo particolare in cui quella scritta scivolava sotto gli occhi di lei.

Objects in the mirror are closer than they appear.

«Malfoy, sei vergognosamente imbecille».

Però era più vicina di quanto sembrasse.

 

Draco ci aveva messo un po’, ad afferrare la spiegazione che Hermione stava infarcendo di troppi particolari. La cosa certa era che ormai tutti complottavano per farlo sentire vergognosamente imbecille, e non era una sensazione tipica degli eroi. Draco ci poteva scommettere, anche se nessuno si prendeva la briga di calarsi a suoi piedi e chiamarlo mio eroe.

Lo specchio in cui lui pensava di aver trovato la sosia di Hermione, in realtà, era uno specchio particolare. Naturalmente, Potter lo avrebbe saputo, gli fu spiegato.

Harry ne aveva trovato uno simile a Hogwarts, il primo anno – guarda caso – e il professor Silente – esimio professor Silente – gli aveva spiegato che rifletteva i desideri più intimi di chi vi si specchiava.

«Davvero?», mormorò Draco, con un filo di voce.

Hermione distolse lo sguardo, un po’ imbarazzata.

Lui non ci mise molto a recuperare la sua esemplare faccia di bronzo. Insomma, quel dannato specchio sapeva quanto la desiderasse. Tanto meglio: così lo sapeva anche lei. «Sai perché sei così bella lì dentro?» chiese, con fare serissimo. «Perché sei di nuovo mia».

«È un po’ egocentrico da parte tua», si accigliò Hermione, pensierosa. «Ma immagino che sia meno egocentrico delle storie che ti sei inventato per mandarmi a monte tutti gli appuntamenti degli ultimi sei mesi».

«Dai, era spassosissimo! Far credere al tipo dell’ufficio misteri che si era preso il vaiolo di drago per impedirgli di uscire con te è stato un colpo di genio» Draco fu sicuro di avere gli occhi brillanti di eccitazione al solo ricordo. «Anzi, non capisco perché non mi abbiano nominato eroe proprio per questo».

«Perché gli eroi non abbandonano le proprie ragazze nel momento del bisogno e dopo non passano sei mesi a boicottare pranzi e cene a cui le invita qualcun altro».

«Davvero?» ripeté Draco, con aria confusa.

Hermione annuì, abbassando lo sguardo sulle loro mani, ancora congiunte. Sorprendentemente, ne sorrise. «Quando la smetterai di fare tutte queste assurdità?»

Draco scrollò un po’ le spalle, pensando che non era quello il punto della situazione. «Ti ricordi perché ti ho trascinata a Malfoy Manor con la scusa dell’elfo in crisi di autostima?»

«Dovresti essere più specifico. Hai usato questa scusa un milione di volte».

«Sì», sorrise entusiasta. «La prima volta. Quando volevo un albero di natale con le palline di vetro».

«Come il più viziato dei rampolli».

«Già».

«È stata la prima volta che ho ascoltato La campanella a casa tua. Narcissa aveva un abito verde quasi da opera e gli occhi serratissimi per non perdersi nemmeno una nota. E poi tu mi dicesti che secondo tua madre il virtuosismo non è l’arte di chi esagera, ma l’arte di chi può permettersi tutto. E lei annuiva compiaciuta, sempre a occhi chiusi, mentre dimostrava che Liszt era un purosangue di nobili origini».

Draco non riuscì a trattenere una risatina. Era bello il modo in cui lei si perdeva nei ricordi e parlando ne espandeva la memoria, facendola incanto dolcissimo quando la intrecciava a quel presente che era ancora più dolce, ora che si lasciava prendere di nuovo per mano. «E poi?»

«Poi mi hai trascinata a tradimento nel tuo letto perché dicevi che dovevi provare una cosa».

«Infatti! Che cosa?»

«Sul baldacchino del tuo letto, nella seta, c’è ricamato un planisfero gigante. Basta che ti stendi e vedi tutto il mondo. Se ti concentri o indichi un punto in particolare magari ti spunta davanti la gioconda che ti sorride o una piramide piena di tesori».

Hermione lo abbracciò di slancio, nascondendo il viso contro il colletto della sua camicia.

«E poi?», ripeté lui, impaziente di sentire incantato un ricordo che troppe notti aveva rivisto da solo.

«Poi abbiamo fatto l’amore e io non ti ho quasi mai tolto lo sguardo di dosso. Così alla fine hai detto che era lampante, che ero tutta tua e che avevi vinto contro il mondo intero».

«No. Tu non mi hai mai tolto lo sguardo di dosso. Che momento di gloria».

«E poi ti sei messo a giocare con Vittoria XVII mentre io ti spiegavo perché il Natale è tanto bello», sottolineò lei, smontandolo un po’.

«Hermione

«Sì?»

«Voglio provare una cosa».

 

çòç

 

La superficie dello specchio era gelida sotto i piedi nudi. Draco ci camminava completamente scalzo ed Hermione aveva solo delle calze non molto sottili a ripararla dal freddo.

Abbassando lo sguardo, i loro visi si riflettevano vicinissimi.

«Che cosa vuoi fare?»

«Voglio che ti stendi qui sopra, Hermione».

«Sullo specchio? Per questo l’hai messo a terra?»

«Sì».

«È un’altra assurdità», gli fece presente lei, voltandosi e trattenendo i capelli in una mano.

La risatina di Draco si fermò sul suo collo, bacio di una bocca felicissima. Le allentò il vestito senza fretta, carezzandole la schiena come se fosse stata vetro da modellare con mani bollenti. «È assurdo pensare che Natale sia più bello del mio compleanno».

«Certo che è più bello».

Draco le pizzicò appena la pelle, mentre le sganciava il reggiseno e lo faceva un po’ da parte.

Lei scoppiò a ridere, divertita dalla sua eroica vendetta. «Allora al prossimo compleanno ti regalerò uno specchietto rubato a un’auto babbana».

«Sarebbe inappropriato».

«Perché?»

«Perché quello devo già regalartelo domani!» si indignò lui. «Hermione?», la richiamò, in un momento molto più attento. «Hai le spalle tese».

«Non farci caso. Non è niente».

Quando si voltò verso di lui, Hermione aveva le labbra dischiuse e gli occhi lucidi per l’impazienza. Si portò le sue mani ai lati del collo, un po’ incerta mentre gli carezzava le dita e ne traeva carezze ancora più morbide sulla pelle tesa. Con un movimento leggero lo invitò a farle scivolare via le spalline del vestito. L’istante dopo era quasi completamente nuda, mentre entrambi osservavano ai suoi piedi seta blu e pizzo bianco. Draco le sollevò il viso con due dita e un bacio persino più suadente; la fece distendere sulla superficie dello specchio come a trascinarla in un abisso di luce.

Sapeva che se solo lo avesse guardato, sarebbe rimasto ammaliato dall’immagine di loro due uniti, felici.

Si sistemò tra le sue gambe con delicatezza, stringendole le caviglie cinte da calze bianchissime e il ginocchio sempre candido, ma troppo vicino alla completa perdizione. Carezzarle le gambe e sospingerle contro i propri fianchi era come trovare l’appiglio più dolce pur finendo a cadere persino in se stessi.

Per un po’ la scrutò da lì, senza sfiorarle una striscia di pelle che non fosse coperta da seta finissima. Cercò di toccarla più a fondo, ma presto si ritirò.

«Stai tentando di capire se sono riuscita a tenere su le calze con un elastico di vetro?»

Hermione non era imbarazzata, però era colta da un’agitazione che sembrava fermento e violenza e tenerezza di chi si aspetta un abbraccio. Lo tirò su di sé, spingendolo a cadere sul suo ventre nudo e sul suo petto, che non aveva conosciuto altro se non le labbra di Draco o la freschezza di Vittoria XVII, quando mani intraprendenti gliel’avevano legata al collo.

C’era un confine sottilissimo tra la camicia di cui lo spogliava e la nudità che lentamente ne traeva, come se lui non fosse restio a liberarsi degli indumenti, ma a farsi guardare per scoprire che quello sguardo, in un momento di poca lucidità, non gli avrebbe detto le cose di sempre – io sono di vetro, e tu sei fiamma verde.

Draco sentì la testa troppo leggera, e mentre lei liberava l’ultimo bottone dall’asola si rifugiò contro il suo collo, ricordando che profumo aveva per lui l’amortentia. «Pensavo che sarebbe stato facile. Trascinarti a casa con una scusa, spiegarti che non ho mai smesso… Hermione». Lasciarsi stringere dalle sue braccia era più dolce che cedere alla promessa di una tenerezza infinita, come se quelle braccia fossero nastri che lo avrebbero accompagnato per il tempo di una vita. «Pensavo di dimostrarti tutto senza mai guardare lo specchio, guardando solo te. Anche se nello specchio io non ho le occhiaie e tu sembri così perdutamente mia che non la smetti mai di sorridermi».

«Draco…», le mani della ragazza si posarono sulla sua nuca, senza allontanarlo da sé, ricamando tra i suoi capelli tutta la trepidazione dell’attesa.

«Non mi rifugio nei sogni».

«No, hai ragione».

«Ma è difficile. Da quando sono uscito da Azkaban non c’è stato momento in cui non ci fossi anche tu. Mi bastava sentire un profumo e mi ricordavo che un profumo mi aveva salvato la vita; e ogni giorno pensavo che tu avessi un buon profumo e poi… Forse ho fatto in modo che mi lasciassi anche per me».

«Volevi restare da solo?»

Draco la sentì tremare un po’, sotto di sé e nuda come chi si lascia spogliare solo dal tocco dell’amore. Annuì senza molta forza. «Non ero stato più solo da quando sei venuta ad Azkaban. E… come puoi sapere che sei capace di vivere bene con qualcuno quando non sai nemmeno se sei capace di vivere da solo?»

«Avevi paura?»

Hermione non aveva la pelle lisca come il vetro, ma sotto le sue dita sembrava molto più preziosa. Quando lei gli carezzò il ventre, a Draco mancò il fiato. «Mi dispiace».

Mi dispiace – Sei più forte di me, Hermione – Vetro contro acciaio.

 

çòç

 

Lasciarsi toccare da lei e precipitare dentro di lei era stata la conferma che se il Natale era bello, allora c’era anche il modo di farlo durare tutto l’anno.

Sullo specchio non si scivolava bene e Draco aveva avuto qualche difficoltà nei movimenti più lenti. La pelle accaldata aveva lasciato impronte umide, tutte vicinissime. Però riscoprirsi era stato riconoscersi incantevoli come tutti i ricordi passati.

Il giorno dopo, tuttavia, non erano andati a cena e Draco non le aveva regalato lo specchietto strappato a un’automobile rosso fuoco.

Il ventiquattro dicembre ci aveva messo un po’, a trovarla. Potter lo aveva aperto specificando che la vigilia di Natale le nomine a eroe erano sospese e che poteva anche togliersi dalle pluffe una volta per tutte. Draco aveva risposto qualcosa di poco carino a proposito delle pluffe e si era informato sulla presunta postazione della sua sempre presunta ragazza. Proprio in quel momento fu raggiunto dall’ennesima letterina che invece di arrivare a Babbo Natale trovava il modo di far scongiurare lui. Per risultare più credibile agli occhi di Potter, mentre tentava di dare fuoco alla pergamena, rivangò qualche altro epiteto poco carino, di modo che la rabbia parlasse per lui.

«Hermione è dai suoi».

«Ragiona, Potter: non era stata lei a dirti che i suoi genitori erano scomparsi?»

«Probabilmente ti sfugge che Hermione conosce su per giù un centinaio di incantesimi per rintracciare chiunque nel giro di migliaia di chilometri».

 

Hermione era dai suoi genitori.

Sulle tombe dei suoi genitori, calata su una dedica che lei aveva fatto incidere nel marmo poco prima di affondare nel marasma della guerra.

«Hermione, ti ho mentito».

Lei ne sorrise debolmente, riconoscendo la sua voce in tutta quella neve, senza nemmeno girarsi. «Come mi hai trovata?»

«Dimentichi che io conosco su per giù un centinaio di incantesimi per rintracciare chiunque nel giro di migliaia di chilometri».

«Ma non è vero! Usavi sempre me per rintracciare qualcuno».

«Certo, ma perché sono abituato a importunarti da quando avevo undici anni». Draco osservò le impronte intorno alle tombe. Hermione non aveva i tacchi e non era vestita a festa. «Potter mi ha detto che saresti stata dai tuoi genitori e io mi sono ricordato che una volta mi raccontasti di aver inscenato la loro morte in questo sputo di paese, prima di spedirli in Australia…»

«Prima di privarli di troppi ricordi felici, vorrai dire».

«Puoi sempre riempirli di amortentia…»

«Draco», Hermione si sollevò dalla tomba di marmo umido e alzò gli occhi al cielo, senza guardarlo. «Sono scomparsi e non riesco a trovarli da una settimana. Io… avevo quasi accettato che non sarebbero mai stati in grado di ricordarmi, ma non vederli più…».

«Sarebbe come non avere più il Natale?»

«A te non piace il Natale!»

Draco sorrise, un po’ più rilassato. «Ti ho mentito. Te l’ho detto un minuto fa e mi hai completamente ignorato».

«E sei venuto qui per dirmi che in realtà ti piace il Natale?»

«Salazar, come ti viene in mente? Sono venuto qui per dirti che non era la vera Vittoria XVII quella che si è spaccata sulla testa dell’elfo». Draco le lanciò la pallina originale con un visino impertinente, anche se lei la lasciò cadere inevitabilmente a terra. «Su questa c’è un incantesimo che la rende infrangibile».

Hermione se la rigirò tra le mani fino a trarne una luce fiochissima, che sembrava il raggio della stella più timida. 

Vittoria XVII, tra quelle dita sottili, mostrò la verità che le era stata affidata un anno prima:

Da oggi, in questa casa, il Natale dura tutto l’anno.

 

 

çòç

 

Una volta tanto non aveva dovuto mandare in crisi un elfo per trascinarsela a Malfoy Manor. Draco era enormemente soddisfatto. Certo, se lei gli avesse lasciato via libera…

«La smetti di tormentare la gonna?»

«Perché? Stai insinuando che non mi merito di sapere se le calze hanno un elastico di vetro?»

«Draco…», Hermione prese fiato, con gli occhi serratissimi. «Davvero sono dietro quella porta?»

«Sì».

«E ricordano tutto?»

«Chi altri mi avrebbe detto che a tre anni anche a te piaceva spaccare palline di vetro?»

«Quindi io ora entro lì dentro», ipotizzò Hermione, «mia madre si precipiterà ad abbracciarmi e mio padre le dirà che è la solita esagerata e poi la toglierà di mezzo e mi abbraccerà ancora più forte?»

Draco la fissò un istante, un po’ accigliato. «Non lo so. A quest’ora saranno un po’ nervosi. Mia madre avrà raccontato che è colpa tua se in questa casa ancora non abbiamo un albero di Natale e poi avrà cercato di convincerli che Liszt era un purosangue».

La ragazza sospirò, agitatissima.

Draco le prese il viso tra le mani, mormorando qualcosa di confuso, col respiro che per lei sarebbe stato caldissimo: «Hermione, non sei qualcosa di cui ci si possa dimenticare».

Sei vetro contro acciaio.

 

çòç

 

«Domani mi regali il tuo progetto della mia figurina per cioccorane nel mondo

Draco cercava di starsene calmo nel letto, ma non era semplicissimo. Hermione gli aveva proibito di tormentare Vittoria XVII, così per assicurarsi di essere capace di trascorrere qualche minuto immobile si era poggiato con la schiena contro il suo ventre nudo. Forse sarebbe stato tranquillo anche per un quarto d’ora, bastava concentrarsi sulle braccia che lo tenevano stretto.

Era sopravvissuto ad Azkaban, grazie a lei. Era sopravvissuto alla mancanza di lei. E non c’era più la voce dei dissennatori a tormentarlo, o quella della sua più intima disperazione, che gli sussurrava di non perdersi più nemmeno un pezzo di vita, anche se questo significava essere sempre in movimento e non dormire mai.

Draco ora riusciva a capire che, certe volte, nella quiete di un respiro c’era la parte più bella della vita.

«Prima dovrebbero nominarti eroe».

«Ma io sono un eroe!»

Severus Piton era un eroe, si disse. Non solo morto per amore, ma per far sì che amori grandi come il suo un giorno avrebbero passeggiato mano nella mano tra le vetrine di Diagon Alley.

E poi gli aveva lasciato in dono tutti i suoi studi più preziosi, esperimenti così intelligenti da farlo sentire un fortunato tesoriere. Draco aveva provato molte di quelle pozioni sui genitori di Hermione, fin quando il giorno prima della vigilia una aveva miracolosamente funzionato.

Jane e Matt fino ad allora erano rimasti quasi incoscienti, Draco non era stato capace nemmeno di fissarli troppo a lungo. Gli sembravano spettri come era stato spettro lui ad Azkaban. E che differenza c’era tra il bacio di un dissennatore e un incantesimo che li aveva privati di tutti i ricordi più felici? Del ricordo di Hermione.

Non erano più stati vivi, senza di lei.

Avevano condiviso sensazioni che per ognuno di loro erano intime e uguali alla più tetra delle disperazioni, perciò Draco non si stupì quando notò che la pozione che aveva fatto effetto era quella con tre gocce d’amortentia.

Ricordarsi di ciò che si ama per ricordare una vita intera.

Prima l’aveva capito Severus Piton, poi Hermione, e poi anche Draco.

Quello era il bello.

Ricordarsi di ciò che si ama per ricordare una vita intera.

Ed era, quella, la bellezza stessa del Natale.

«Comunque ho scoperto che menti anche tu, Hermione».

«Stai ancora insinuando che il Natale non sia bello?»

«No, sto dicendo che non avevi fermato le calze con elastici di vetro».

«Certo! Merlino, solo tu puoi essere tanto vergognosamente imbecille da credere che esistano elastici di vetro. Era una scusa».

«Una scusa?»

«Così avevi sempre voglia di spogliarmi».

Draco sospirò, salutando avvilito la sua possibilità di beccarsi un bel titolo di eroe. «Non avevi bisogno di nessuna scusa», mormorò, sistemandosi meglio su di lei, mentre fissava il suo stesso punto sul soffitto del baldacchino.

«Nemmeno tu avevi bisogno di una scusa per trascinarmi in questa casa, Draco».

«Però così è stato più divertente», annuì, convintissimo.

«Certo, ma la smetti di agitare le braccia? Se indichi qualche altra città su quel planisfero l’incantesimo salta. Sta impazzendo con tutti i ritratti che ti fai mostrare».

 

«Hermione, dove vorresti andare?»

«In America?»

«No, lì non ci sono le agevolazioni per gli eroi, non mi piace».

«In Francia?»

«Avevi detto che non mi avresti costretto a fare nessuna dichiarazione. Proporre la Francia è un colpo basso».

«Va bene allora… in Norvegia?»

«In Norvegia? Dici sul serio?»

«In Finlandia? In un castello di ghiaccio».

«Salazar, guarda quello… è osceno».

«Che dice il planisfero?»

Draco non riusciva a trattenere una risatina altamente dissacrante. «Anni e anni fa l’Amore bussò alla porta del castello. Chiese: c’è posto? – no, qui siamo pieni – ma se andrò via rimarrete vuoti».

Hermione scoppiò a ridere con lui.

«Aspetta, continua. Dice che da allora qualcuno per non far ripetere mai più l’inconveniente trasformò il castello in un albergo con un numero infinito di stanze».

«Che assurdità».

«Già».

 

«Hermione

«Sei stato fermo per un minuto e trentasette secondi. Fai progressi».

«Sì, certo. Ma mi chiedevo… tu non sei curiosa di sapere se esiste davvero un incantesimo che crea l’infinito?»

«In effetti…»

 

«Hermione

«Un minuto e quindici. Stai peggiorando».

«E certo. Mi è appena caduta in testa la diciassettesima letterina per Babbo Natale della tredicesima sorellastra di Blaise».

«Poverina, si sentirà abbastanza ignorata».

«Io voglio sapere come fa a spedirmi lettere ovunque mi trovi».

«Perché lei crede in te. Ti raggiungerà ovunque».

«Hermione, lei crede in Babbo Natale».

«Appunto. Almeno dovresti comprarle qualcosa di quella lista».

«Ci ho provato. Ma poi i babbani mi hanno trattenuto…»

«Chiama Blaise e trova un negozio aperto di notte, Draco».

«Ma sei impazzita? Non esiste. Tanto la mamma di Blaise ha già trovato il suo prossimo marito. Appena il padre della bambina torna dal suo viaggio d’affari trova pure la lettera per il divorzio».

«Draco…»

«Pensa che Blaise ha già conosciuto il suo quattordicesimo fratellastro».

«Draco…»

«Non ha senso. Non la rivedremo più».

«Ha un padre che l’ha piantata il giorno di Natale con una matrigna che si dimentica sempre il suo nome».

«E allora? Dici che la mamma di Blaise era la proprietaria del castello di ghiaccio?»

«Che c’entra, Malfoy? E poi come puoi saperlo tu che invece di ammettere che mi ami dici che ami un po’ di più te stesso?»

«Certo che lo dico! È la verità».

E a chi serviva parlare d’amore, quando lei stessa era il profumo dell’amore?

Parlare d’amore non era bello come parlare di lei.

Dirle che l’amava era imparare che il Natale è bello, e può durare tutto l’anno.

 

«Hermione?».

«Sì?»

«Magari ci andiamo domani». Draco la guardò speranzoso, al buio della stanza. «Poi Blaise starà già dormendo…», insisté con il suo sguardo spudoratamente indagatore: lei aveva gli occhi chiusi e il viso sereno. Era palese che aveva dovuto arrendersi. «Brava, ti sei convinta. Quanto ti a…»

«Malfoy, datti da fare!»

E quella volta, sulla sua testa, ci finì Vittoria XVII.

 

   
 
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