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Autore: eldarion    22/12/2011    7 recensioni
Tsubasa e Sanae stanno per sposarsi. Sono felici. Tuttavia, la felicità a lungo sognata viene bruscamente spazzata via da una tragica fatalità.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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I personaggi non sono miei, appartengono a Yoichi Takahashi.
Questa storia non stata scritta a scopo di lucro.
Note personali: non amo scrivere storie con più di un capitolo, perchè ho poca pazienza, ma ho voluto tentare. E' una specie di sfida e spero di fare un buon lavoro!
Ringrazio coloro che dedicheranno del tempo alla lettura della mia storia e coloro che avranno la pazienza di recensirla.

Buona lettura!

 

Il dialogo dei cuori

 
 

Il capitano era lì solo e inaspettatamente ferito. No...In fondo non c'era da stupirsi.
Un lieve mesto sorriso incrinò le labbra della ragazza.
Percepiva chiaramente i pensieri e i sentimenti che la circondavano: quello era davvero uno strano mondo se, persino lei così crudele ed egoista, era riuscita a cambiare.
"Uno strano mondo!" si ripetè.
Un mondo che ti mette faccia a faccia con te stesso e con gli altri, quasi come in uno specchio.
Non fu più la stessa dopo l'incontro con Jerwis. Quelle sue parole, il sorriso dolce, la voce calma e rassicurante avevano, nel tempo, eroso il male che l’avvolgeva.
Era cambiata senza accorgesene. Ora poteva ammetterlo. Non era debole, era solo diversa. Aveva, a torto, sempre scambiato la bontà per debolezza.
Era davvero un mondo fatato, pensò nuovamente. Creava davvero scompiglio nell’anima se Tsubasa, così innamorato, era combattuto sul da farsi, come le aveva raccontato il vento.
Kumiko sospirò.
Era colpa sua. Un rimorso che l’avrebbe rincorsa ovunque, per sempre ma poteva sopportarlo. Non le importava di se stessa, ma Tsubasa no, se ne sarebbe pentito presto, lei ne era certa. Lo ricordava a Barcellona. Aveva ancora nitida in mente l’immmagine di quel suo sorriso sincero che strideva con la malinconia degli occhi.
La ragazza sospirò nuovamente e cominciò a riflettere. Non era un ragazzino, ogni parola poteva sembrare invadente, inutile e stupida. Che diritto aveva lei di dare consigli? Era lei, in fondo, la causa di tutto. Perchè mai il capitano avrebbe dovuto prestarle ascolto, perchè, proprio a lei.
Guardò ancora quel volto: poteva esserle amico? Poteva perdonarla?
Secondo Jerwis sì, non esisteva rancore lì dove si trovavano.
Lei non ci credeva tuttavia, nell'abbraccio del vento, pensò che, se avesse potuto, avrebbe detto a Tsubasa di non andarsene. Lo avrebbe rimproverato dicendogli che si sbagliava, come poteva anche solo aver pensato di stracciare la lettera e lasciare quel mondo e Sanae?
Pensò che il ragazzo che stava guardando fosse un po' come un bambino, questo in fondo era un innamorato respinto: un bambino capriccioso che, offeso, si prende, come può, la sua rivincita.
Il sussurro della brezza le aveva raccontato di Sanae, dell'abbandono, del dolore, dei dubbi e della lettera. Una lettera d’addio. Che farne? Il capitano non sapeva che fare...Doveva gettarla o consegnarla? Doveva restare o fuggire via? Tsubasa non era tipo da addii. Lui diceva sempre arrivederci, non chiudeva mai la porta. C'era sempre un modo, una possibilita per rivedersi...Anche adessso...
"Eri così sicuro. Te lo sei dimenticato com'era senza lei? Non ti piaceva stare con me. Ti ho tenuto compagnia ma non ti piaceva stare con me. Non eri felice. Amavi giocare con quei bambini al parco, io odiavo quelle cose. Ti piaceva stare appartato mentre io volevo divertirmi, ti piaceva il calcio, ti piaceva punta del Fangar ma nulla aveva più lo stesso sapore senza lei...Ricordi? Non rovinare tutto, la rabbia e l'orgoglio sono cattivi consiglieri. Rifletti, apri la mente e anche il cuore. E' stato solo un momento, sono certa che lei è pentita...La conosci no? Ma Tu? Tu Tsubasa cosa vuoi veramente, solo tu puoi rispondere; non io, nessuno lo può, io posso solo dirti che mi dispiace averti costretto a questa scelta. Posso solo dirti di non esssere avventato come fui io nella mia passione oscura verso te. Dammi la lettera, ci penso io! Resta. ...Ma mi ascolti?!"
Kumiko aveva preso a parlare come se lui la stesse realmente ascoltando.
Il ragazzo cominciò ad agitarsi nel sonno e rispose.
"Ti sento, ti sento...E tu?! Che cosa vuoi tu?"
Kumiko trasalì.

L’aveva udita, la ascoltava, il vento, la mente, la magia o cos’altro non avrebbe saputo dirlo, avevano fatto sì che Tsubasa afferrasse i suoi pensieri.
Non solo aveva percepito il flusso dei pensieri, il capitano aveva anche risposto. Già...Che cosa voleva lei? Semplice...Solo una cosa lei voleva: essere perdonata, rimediare, null’altro.
"Voglio che mi perdoni o che mi odi!"
Le scappò detto.
Lui continuò calmo.
"Io non serbo rancore. Non ci riesco, è una perdita di tempo e poi...Fa male alla salute e poi. Sei diversa...Non saresti qui se no, non mi avresti parlato così....Ti darò la lettera. Farai questa cosa per me?"

Kumiko annui.
Un'improvvisa folata di vento la riportò alla realtà, non c'era più tempo.
Guardò Tsubasa e la smorfia di malinconia che, ancora, trasfigurava quel volto. No...Una volta di più, pensò, non era felice dell’ infelicità del capitano.
Lentamente si chinò su di lui. Gli sfiorò delicatamente le mani prendendo la lettera che teneva tra le dita.
La lesse, sorpresa si asciugò una lacrima. Non credeva. Il dolore che lei stessa aveva scatenato andava oltre, ben oltre quel che immaginava. Andava al di là di Sanae e Tsubasa...
Ecco... Lei sapeva e capiva, poteva capire bene cosa volesse Tsubasa. Mai lo aveva capito, ma ora sì, tutto era chiaro, poteva vedere con occhi diversi. Ora anche lei vedeva con gli occhi del cuore.
Il capitano si svegliò.
Sorrise, un po' stralunato, e le strinse le mani.
Non riprese i fogli cui aveva affidato se stesso. In fondo, erano giunti dove dovevano, avrebbero svolto il loro compito.
Ora poteva vedere Kumiko.
Si vedevano.
Si guardavano e si comprendevano. Non ci furono parole tra loro. Forse, complice quel mondo incantato, erano giunti a una tale consapevolezza che le parole non erano più, le menti erano unite in una totale comprensione.
Tsubasa si alzò. La seguì, quasi fosse un sonnambulo, la lettera aveva scelto il suo destino, non doveva lasciarla da nessuna parte. Ora l'aveva lei.
Camminavano l'uno a fianco all'altra, senza sfiorarsi.
Il contatto fisico era superfluo.
Vagavano ognuno perso nel suo mondo a parte, tra fantasmi e ricordi. L'oscuro passato non era più. Non si sarebbero più visti, dovevano separarsi, proprio ora che potevano essere amici.
Erano lontani dal tocco della vita reale.
Si fermarono.
Lei gli passò avanti e lo scrutò seria.
Lo guardava negli occhi, finalmente riusciva a guardarlo negli occhi...Erano bellissimi, scuri, profondi e sinceri. Non avrebbe avuto più paura. Avrebbe voluto entrargli nell'anima e chiedere perdono ancora una volta, voleva scavare nel cuore e sapere di più ma... Non si dissero nulla.
Si erano fermati nell'acqua, immobili e scuri come tronchi antichi.
Il vento li avvolse, i loro pensieri volarono, le ombre che popolavano l'anima si dissolsero. Mai avrebbero dimenticato quel momento, il momento del perdono.
L'acqua lambiva i piedi stanchi.
Parve che il tempo trascorso, le colpe inconfessate che si erano appesantite curvando le spalle, il dolore che aveva minato la volontà e le ferite ancora aperte nell’animo, stessero guarendo pian piano.
L'oscurità si ritirava lavata dai flutti leggeri e spazzata dal vento gentile che li carezzava fuggendo lontano con nuove storie da raccontare.
Racconti di luce, questa volta.
"Non temere!"
Lo consolò lei, non poteva far altro che infondergli fiducia.
Era tempo di andare, per sempre.
L'aveva perdonata. Era solo il primo passo. Strinse la lettera al petto incredula e addolorata. Forse, un giorno, avrebbe potuto anche lei perdonarsi.
Si voltò a guardarlo un'ultima volta, lo salutò con un cenno della mano poi...Non potè evitare di pensare a Sanae. Avrebbe voluto rivederla, questa volta senza secondi fini.
"Chiedile perdono per me..." Implorò.
"Non mancherò ma è di Sanae quella frase sul rancore, e poi qui è tutto diverso, del male rimane solo il ricordo lontano, il resto scivola via, tutto scivola via trasportato dal vento e lavato dall'acqua..." Tsubasa non sapeva come gli venissero quelle parole ma erano spontanee. Forse anche lui era già cambiato e immerso nel mondo fatato di Small River.
Kumiko sorrise. "Senti già la magia di questo luogo...Peccato....Quel giorno io non riuscii. No, per me non è ancora il momento..."
Fu in un soffio, si girò e poi balzò sulla riva correndo via.
Ora erano separati.
Erano rinati.
Erano pronti, pronti per continuare, pronti per una nuova vita.
Era l’alba...

Continua..
(Come capita spesso ultimamente, mi scuso per la lungaggine nei miei ultimi aggiornamenti. Ne approfitto per augurarvi Buone feste! Anche per il prossimo capitolo ci vorrà un po'...credo che le feste non aiuteranno!)

N.B.

Lo spunto per questa storia mi è stato offerto da una novella tedesca “Germelshausen” scritta da Friedrich Gerstacker. Questa storia, nel 1954, ispirò un musical della MGM “Brigadoon”. Dal musical, Vincent Minnelli, trasse l’omonimo film. Fu il suo primo film girato in Cinemascope.

  
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