Salve, appassionati di
Yugioh!
Questa fanfiction è un
esperimento, una storia che potrebbe far sorridere, ma non sbellicare dalle
risate...
Volevo scrivere una
parodia semiseria...
Perciò non fate commenti
troppo duri...
Spero che vi possa
piacere!
IL GATTO CON GLI
STIVALI
CAPITOLO
I
C'era una volta in un
paese lontano un povero vecchio negoziante. L'uomo aveva tre figli e per farli
crescere aveva ormai speso tutti i suoi risparmi, che se ne erano andati via
anche per mandare avanti il suo negozio di giochi. Gli unici beni di qualche
valore ormai rimasti erano il vecchio negozio, un furgoncino ed un piccolo gatto
dal musetto bianco con grandi occhioni
violetti.
Il negoziante, che tutti
chiamavano simpaticamente “nonno”, era molto vecchio e un giorno, sentendosi
ormai vicino alla sua dipartita, radunò i suoi tre figli. Subito accorsero i tre
fratelli. Il maggiore, Seto, era anche il più alto, un ragazzo bruno e dagli
occhi blu, scorbutico e ambizioso, sempre in lite con il secondogenito, Joey, un
biondino dagli occhi scuri, una vera testa calda. Il più piccolo li seguì subito
dopo, Mokuba, i teneri occhioni azzurri seminascosti dalla folta frangia di
capelli scuri, che gli ricadevano sulle piccole
spalle.
Il nonno si era appisolato
sulla sua sedia a dondolo e non dava segno di aver sentito l’arrivo dei suoi
amati figlioli.
Mokuba guardava
imbronciato i due fratelli che avevano iniziato l’ennesimo litigio: «Tz’, ma tu guarda come mi trattano... Sono il presidente
della KaibaCorp e devo starmene qui in questo negozio puzzolente insieme ad un
perdente di prima categoria...» stava dicendo con aria di sufficienza e noia
Seto.
«Chi sarebbe il perdente di prima categoria?! Kaiba,
vieni qui a ripeterlo!» Joey fece segno di rimboccarsi le maniche, con aria
aggressiva.
Seto, guardandolo
dall’alto in basso, gli rispose: «Non ho la minima intenzione di infangare la mia
reputazione stando ancora un minuto vicino a te! Se questo vecchio non si
sveglia, me ne vado prima di quando dovrei!»
«Vattene pure, razza di...»
«Non dire un’altra
parola!» I tre fratelli si guardano attorno. Tutto si era fermato e c’era un
silenzio innaturale. La sedia del nonno era bloccata a metà di un dondolio,
persino il pulviscolo stava fermo a mezz’aria. In compenso in mezzo alla stanza
si era materializzato un oscuro figuro. Alto e con un mantello nero che lo
ricopriva interamente. «Tu!– esclamò la figura puntando il dito contro Joey
–cuciti la bocca!» come per magia, o forse era proprio magia, ago e filo
eseguirono alacremente l’ordine del tipo, cucendo un bel ricamo sulla bocca di
Joey, che non poté nemmeno urlare di dolore perché aveva le labbra chiuse. «E
tu...– questa volta la figura si rivolse verso Seto –Non ti stai dimenticando
qualcosa, per caso?»
«Chi, io? Da
te?»
«Non esattamente da me... Io sono solo un messaggero, per
servirti». Lo sconosciuto si tolse il mantello, rivelando essere
un bel giovane dalla pelle ambrata e dai lunghi capelli scuri, che indossava una
camicia slacciata di seta nera ed un paio di pantaloni di pelle, neri anch’essi.
I piedi e i polpacci erano cinti da un paio di anfibi neri e nella mano teneva
uno scettro dalla forma inconfondibile: «Mago Nero?!» esclamarono sbalorditi i tre. Lui annuì. «Chi ti ha conciato così???» cercò di mugolare Joey anche
se non riusciva ad emettere nessun suono sensato così che quello che risultò fu
un: «Mhm mi mh mhnmhmmh mhnm?».
Seto guardò Joey,
disgustato: «Beh, che cosa ci fai qui? Come mai sei conciato
così?»
Il Mago Nero sembrava un
po’ imbarazzato: «Beh... Che volete che indossi sempre quella tunica
violetta, che a volte è anche scomoda?! Guardate che posso utilizzare la magia
anche senza quella cosa! Mi basta questo...» Con un leggero movimento del suo fidato bastone, il
filo che univa le labbra di Joey svanì come se non fosse mai
esistito.
Seto alzò un sopracciglio:
«Non hai ancora risposto alla mia domanda».
«Giusto, hai ragione. Dovevo riferirti un messaggio e
pregarti di restare fino alla fine della tua parte, visto che è pure corta! Il
messaggio dice: “Ricordati che la foto e soprattutto i negativi, li ho ancora in
mano mia!”»
«Ehi, Mago Nero! Come mai fai tutto questo?»
esclamò
Joey.
Il Mago si raddrizzò,
guardando il ragazzo dritto negli occhi: «Il Faraone mi ha ordinato di fare tutto ciò che mi
ordina Lei, entro certi limiti».
«Cosa? Yugi
avrebbe fatto una cosa del genere per Lei???» Joey sembrava allibito. Il
Mago si limitò ad annuire.
«E ora lui dov’è?» Chiese Seto, con uno sguardo molto pericoloso.
Il Mago scosse la testa: «Non ne ho idea, subito dopo
aver parlato con Lei, il Faraone è venuto da me e ci siamo messi d’accordo su
alcune cose, poi se n’è andato non so dove. Lei comunque era
soddisfatta».
«Chi è Lei?» chiese la piccola vocina di
Mokuba.
«Tz’, è l’autrice Mokuba, colei che ha riscritto questa
ridicola favola in modo che potessimo recitarla
noi...»
«Beh, io il mio dovere di messaggero l’ho fatto, arrivederci!» Il Mago sparì in un battito di ciglia e tutto tornò come se lui non fosse per niente passato di lì.
«Figli miei, sono contento che siate tutti qui– esclamò il nonno, come se niente fosse –Volevo solo dirvi che sento la morte vicina e voglio esprimere le mie ultime volontà...» Alla parola “ultime volontà” tutti drizzarono le orecchie e si avvicinarono, dimenticando per un momento le loro dispute.
«Bene. Caro Seto, essendo tu il maggiore, lascio a te il mio preziosissimo negozio di giochi. Mokuba, dato che tu sei quello che va più d’accordo con lui, a te lascerò il furgoncino...»
«E io...?» fece Joey, temendo la risposta.
«Tu? A sì! Tu!– esclamò il nonno, come se avesse visto il suo secondogenito proprio in quel momento –A te darò il mio gatto!»
«Coooooosaaaaa?» Ignorando
la faccia assai stupita di Joey e il sorriso soddisfatto degli altri due
fratelli, il nonno si alzò faticosamente e prese in braccio un gatto piuttosto
grosso per essere un felino. «Yugi?!»
Tutti erano stupiti e allibiti. Yugi li osservava con i suoi occhioni violetti
in mezzo al viso, tra i suoi insoliti capelli spuntavano due deliziose orecchie
candide, mentre una codina era arrotolata attorno ad una gamba. Aveva artigli e
zanne, proprio come un gatto. «Miao!»
Esclamò con la sua vocina esitante. «Un momento! Io l’ho letta la favola del
gatto con gli stivali!» Esclamò d’un tratto Joey, spezzando il silenzio stupito
alla vista di Yugi.
«Oh, che
sorpresa, sai anche leggere?!» chiese Seto,
sarcastico.
Ignorando con
una certa difficoltà i commenti del fratello maggiore, il secondogenito si
rivolse al padre: «Ma era il più piccolo che riceveva il gatto! Me lo ricordo
bene! Voglio io il furgone!!!»
«Mio caro
figliolo– disse il nonno –a te spetterà il gatto a Seto il negozio e a Mokuba il
furgoncino, fine! Ed ora andatevene, che voglio riposare!» e alla fine di questa
frase aggiunse anche un paio di colpi di tosse, chiaramente finti. I tre
fratelli uscirono dalla stanza, due felici mentre l’altro con il morale sotto i
piedi. Il gattino, seduto a terra osservava l’anziano: «Nonno, sei
sicuro?»
«Yugi, rispetta
la tua parte per favore! E poi non dovresti chiederlo a me, ma al tuo Alter ego»
Il gattino annuì: «Purtroppo si è chiuso in un silenzio veramente impenetrabile.
La stanza della sua anima è chiusa come una tomba sigillata...» e si diresse su
una poltrona, raggomitolandosi e cadendo in un sonno profondo. Mentre dormiva,
le labbra del gattino si mossero a scatti, come se stesse parlando un’altra
persona: «Tz’ una tomba sigillata?!»
Pochi giorni
dopo il vecchio negoziante morì. Seto vendette subito il negozio ricevuto in
eredità, per comprare, a prezzo stracciato, una fabbrica tecnologica andata in
fallimento, ma che lui riuscì a riportare in auge come presidente dell’azienda,
grazie anche al suo nome accattivante KaibaCorp. Mokuba invece aveva venduto il
furgoncino e si era messo in affari con suo fratello. Ora viveva felice
stressando Roland, il suo nuovo maggiordomo. Il giovane che aveva avuto in
eredità il gatto non era per nulla
soddisfatto.
«Non è giusto!–
si lamentava –i miei fratelli ora sono ricchissimi e non mi danno nemmeno una
fetta di formaggio da mangiare, ma io che ci faccio col gatto? L’unica cosa da
fare sarebbe mangiarselo e poi cucire il suo pelo in un manicotto così in
inverno potrò scaldarmi le mani...» Intanto guardava il micio con uno sguardo
famelico.
Il tenero
gattino lo guardava impaurito, le orecchi drizzate per essere sicuro di aver
sentito bene.
Il giovane aveva
ormai perso la testa e il suo cervello, di per sé già poco sviluppato, tornò
all’età dei dinosauri.
«Cosciotte di
gatto, gatto alle mandorle, alla cacciatora, in salmì, buono gatto!» Ormai il
giovane non aveva più il controllo sulle sue azioni e inseguiva il gatto con la
bava alla bocca. Il micio si fece più veloce della luce e si arrampicò lesto su
un albero, il più in alto possibile, così che Joey non potesse
raggiungerlo.
Come andrà a
finire? Come farà il piccolo Yugi a risolvere la situazione come il gatto che
interpreta?
Beh, spero che
questa storia possa aver destato il vostro
interesse...
Mi raccomando,
se volete darmi dei consigli, recensite!
Un
saluto
KiaeAlterEgo