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Autore: suni    26/08/2006    5 recensioni
Due uomini. Due storici nemici. Perché la Profezia si avveri, uno sta per morire, l’altro presto diventerà l’assassino della persona a lui più cara. Ed entrambi ne sono consapevoli.
Seduti ad tavolo, le maschere, finalmente, cadono.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Severus Piton, Sirius Black
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Che dire… ho sempre avuto in mente che potesse avvenire questo confronto. E ho sempre trovato enormi difficoltà nell’immaginarlo, pensandolo sempre mai sufficiente, mai compiuto. Anche questa volta non l’ho immaginato. Ho lasciato che si formasse da sé,. Non a caso lo inizia Sirius, perché è partendo da lui –il “mio” personaggio più definito- che si sviluppa.

Probabilmente lo riscriverò altre cento volte prima di cominciare  trovarlo passabile.

Per ora, è questo.

Spero possa risultare interessante.

Al prossimo –e credo ultimo- capitolo.

suni

 

 

 

ONE: Evening around the table

 

 

Severus Piton entrò in casa chiudendosi silenziosamente la porta alle spalle. L’atrio era buio, intravedeva appena il disgustoso ritratto coperto dalla pesante tenda.

Non si udiva nessuna voce, né movimenti. Soltanto tintinnio leggero di piatti e stoviglie, proveniente dalla cucina. Gettò uno sguardo alla pendola: a giudicare dall’ora, probabilmente Black stava cenando.

Corrugò impercettibilmente la fronte: ma non c’era Lupin? O quell’idiota di Fletcher?

Scrollando con rigidezza la testa, raggiunse la porta della stanza attigua, socchiusa, e si affacciò.

No, non c’era nessuno. Solo lui, seduto a tavola con un piatto ricolmo di qualcosa di estremamente poco invitante davanti, intendo a mangiare lentamente strappando grossi mozzichi di pane con un certo accanimento.

Piton lo osservò attraverso la porta semichiusa e assottigliò gli occhi, con fastidio.

Aveva uno ragione in più di odiarlo, adesso, per provare fastidio nel posare gli occhi su quella figura che nonostante gli anni passati, gli era rimasta familiare per la vivezza dell’odio che aveva nutrito nei suoi confronti.

Proprio quella vivezza era la ragione. Mentalmente rivedeva ancora con estremo nitore il Malandrino, luminoso, ridente, bellissimo, perennemente immerso in una vivace, spesso maligna risata. L’immagine che contemporaneamente gli rimandavano i suoi occhi, però, non corrispondeva nemmeno in minima parte. Seduto a tavola c’era un uomo consunto, di una magrezza scheletrica e malsana, arruffato e spento, quasi opaco. Un volto troppo prematuramente invecchiato, vuoto di ogni energia e su cui si potevano percepire solo amarezza e una spossatezza che implorava pace.

Per questo Severus Piton lo odiava ancora di più di un tempo, perché in quello sfacelo leggeva anche il proprio. Arrivava a provare pena di se stesso, e questo gli era inaccettabile. Immaginò che anche Black non riuscisse a far collimare l’immagine di Snivellus con quella del deprimente professor Piton.

“Non hai perso quella sgradevole abitudine di spiare, vedo”

Black non aveva nemmeno alzato lo sguardo dal piatto, ed aveva parlato con una provocazione di facciata che mal nascondeva la sua apatia di fondo.

Piton spalancò la porta con stizza a arricciò le labbra guardandolo con ira. Per qualche istante frugò alla ricerca di una risposta adeguata da fornire all’irritante interlocutore, ma mantenne il volto impassibile e rimase immobile.

“Mi manda Silente, Black” annunciò indifferente.

Finalmente, gli occhi grigi di Sirius si sollevarono su di lui per qualche istante, maledettamente sarcastici.

“Si ostina a costringerci a frequentarci. Disdicevole” osservò ingollando un altro boccone.

“Molto divertente, Black. Sei ancora spassoso come ti ricordavo” ribattè Piton senza muovere un solo muscolo del viso, assolutamente atono.

Sirius sbuffò annoiato.

“Ti manda a dirmi quando andiamo al Ministero?” chiese con calma.

Severus lo guardò corrugando le sopracciglia. Non sembrava aver molto bisogno di essere quietato né controllato, pareva perfettamente a suo agio.

“Non lo sappiamo ancora. Nei prossimi giorni” ribattè a voce bassa.

Sirius strappò un altro pezzo di pane, fissando assente un punto del tavolo. Annuì lentamente, mordicchiandosi l’interno della guancia.

“Nei prossimi giorni…” ripetè tra sé, con mitezza.

Severus stiracchiò un sorriso mellifluo.

“Cambiato idea?” domandò ironico, appoggiandosi allo stipite.

Gli occhi grigi di Sirius tornarono a lui, sfolgorando indignazione e anche una certa condiscendente superiorità.

“Tu credi?” domandò sottovoce.

Severus dondolò la testa.

“Beh, Black, sei sempre stato bravo tu, quando avevi le spalle coperte dagli amici. Ma stavolta-…” iniziò con noncuranza.

Lo stridio violento della sedia di Sirius che scattava indietro lo interruppe.

L’ex Grifondoro era in piedi, aveva i pugni serrati lungo i fianchi, le braccia irrigidite dalla tensione e la mascella indurita tremante di rabbia.

“Mi stai dando del vigliacco, Mangiamorte?” sibilò sporgendosi in avanti.

 Severus sbuffò.

“Quanta fantasia, Black. Sei sempre più originale” ribattè avanzando silenzioso nella stanza, fino ad arrivare vicino al tavolo.

Non aveva nessuna voglia di litigare, in realtà. Non adesso, non senza una buona ragione. E sentirsi dare del Mangiamorte, per quanto brutto, ingiusto e vergognoso, non lo era.

Era stato un Mangiamorte, in passato. Lo era stato con l’incoscienza e la dedizione di un  povero ragazzino ignorante ed ottuso, lui che invece possedeva un acume fuori dal comune.

Black continuava a fissarlo con astio.

“Buono, buono, a cuccia. –osservò Piton stancamente, con un sogghigno- Prima ti riferisco ciò che ho da dire, prima entrambi ci libereremo di una compagnia spiacevole”

Sirius stiracchiò in qualche modo un condiscendente sorriso.

“Accomodati, allora. Sono –replicò, con un cenno verso la sedia di fronte a sé- … Ansioso di sentire cosa mi devi dire” lo invitò con ironia, riprendendo posto.

Severus si sedette con studiata lentezza, avvolgendosi alle spalle il mantello nero. Gli occhi ostili e cupi di Sirius seguirono ogni suo movimento, anche minimo, con attenta vigilanza.

“Vorrei dell’acqua, Black, se non ti spiace” annunciò come se niente fosse.

Sirius incrociò teatralmente le braccia davanti al petto, appoggiandosi allo schienale.

“Prenditela, Piton” rispose torvo.

Severus sospirò condiscendente.

“Sai, sono le precise parole che mi aspettavo dicessi, Black. –ribattè annoiato, prima di puntare la bacchetta verso il piano della cucina- Lettera per lettera”

“Beh, Piton –aggiunse Sirius ironico- Non era così complicato, sono solo due parole”

Il bicchiere che Severus aveva appellato si depositò davanti a lui.

“Bene, Black. E’ tutto sistemato?” domandò Severus cambiando bruscamente discorso. Improvvisamente sentì di non poter più guardare l’altro in faccia, e abbassò gli occhi sulle proprie mani, fissandole intensamente.

Sirius si stiracchiò sulla sedia, schiudendo le labbra in un sorriso che lui stesso non avrebbe saputo spiegare né classificare.

“Ho fatto testamento, se è quello che intendi. –rispose con mitezza- E qui in casa è tutto a posto. Le mie cose sono in ordine e anche tutte quelle per Harry.” elencò pensoso. Incrociò le braccia sul tavolo e si piegò per appoggiarvi il meno, accovacciandosi quasi.

Severus sollevò appena lo sguardo.

Black fissava distrattamente il vuoto. Non aveva in volto espressioni riconoscibili, e giocherellava appena con una ciocca dei nodosi capelli.

“E quel tuo.. – Piton si schiarì la gola a sottolineare la propria convinzione che solo un pazzo avrebbe tenuto in casa qualcosa di simile- …Ippogrifo, è già sistemato?”

“Beh, sì, pensavo di affidarlo a te” ribattè Sirius sostenuto, guardandolo storto.

“Allora… Sappiamo che cosa avverrà precisamente” iniziò Severus riluttante. Ecco arrivato il momento fatidico, il momento di raccontare ad un uomo come doveva morire.

Sirius Black si era rizzato in posizione eretta sentendo quella frase, gli occhi si erano aperti di più, fatto attenti. Un labbro risucchiato dai denti che lo mordicchiavano.

“Dove devo morire?” chiese irriverente.

“L’Oscuro Signore ha piena fiducia in me, mi ha spiegato tutto. Potter avrà un altro incubo strano, Black. Come ti è stato detto, sognerà te… Torturato a morte nell’Ufficio Misteri. Ed è là che si dirigerà a tutta velocità.” Iniziò confusamente, assumendo un’espressione acida e compita per darsi un tono. Fino ad un istante prima ogni dettaglio si dipanava perfettamente nella sua memoria, ma ora, al momento di ripetere a Black, gli parve che poche, sconnesse parole fossero rimaste impresse nella sua mente.

“Sì. Ma ci ho pensato, Harry cercherà di contattar…mi –obiettò Sirius con serietà, ma subito sorrise amaramente- … Kreacher…” sussurrò tra sé.

“Esattamente. Lascerai che sia l’Elfo a parlare con Potter. Basterà che tu ti chiuda in qualche stanza.” concordò Piton, scrutandolo quasi scientificamente. Black aveva serrato gli occhi, coprendosi la bocca con una mano, ma pareva di vedere ancora il sorriso, attraverso.

Il tradimento era nel destino di quell’uomo, c’era sempre stato. Nel destino di tutti e due, in effetti. Il perenne tradito ed il perenne traditore. Strano che stavolta sarebbero stati una finta, quei tradimenti, costruiti a tavolino per un medesimo scopo.

Piton si schiarì la voce e gli occhi di Sirius tornarono su di lui mentre riprendeva a parlare.

“Comunque, Kreacher avrà ordini precisi. Dirà a Potter che sei uscito, gli farà credere che sa che non tornerai. Per lui sarà la conferma che il suo sogno è vero –raccontò, mentre in mente gli tornava chiarezza- e terrorizzato per la tua sorte, cercherà di-…”

“No!” la voce bassa e straziata era come sfuggita dalle labbra di Sirius.

Severus lo guardò rassegnato, come con il più ottuso dei suoi studenti.

Il viso stanco si era come raggrinzito di dolore.

“No cosa, Black?” domandò seccato.

Il pensiero di Sirius correva al figlioccio, appena quindicenne, spaventato, solo. Gli sembrò di provare la sensazione opprimente di panico alle parole di Kreacher, il terrore di perdere la persona cara, e dopo…

“Perché devo fargli questo?” mormorò con accento disperato.

“Perché sì, Black” tagliò corto il professore di Pozioni.

Ma non proseguì.

Eccolo, il Malandrino, Felpato, il persecutore. Ne rimaneva una carcassa con gli occhi gonfi di lacrime di dolore ed impotenza. Severus distolse lo sguardo, avvertendo un freddo che non conosceva percorrergli il midollo osseo su fino al collo.

Udì un lieve singhiozzo.

“Stai toccando il fondo, Black… Dovresti ricomporti, sei ridicolo” sibilò irritato con l’altro e ancor più con se stesso per quell’impressionabilità.

Sirius spostò gli occhi gonfi su di lui.

“Parliamo un po’ di… Albus, vuoi?” ribattè con astio, passandosi la mano sul viso per asciugarlo. Di certo gli bruciava essersi lasciato andare davanti a lui, proprio lui, Snivellus. Ma non era più granchè importante, adesso. Davanti alla morte, un buon numero di cose sbiadivano in importanza e significato. Non gli sembrava certo fondamentale quell’ultimo scherno meschino in tanti anni di miserie reciproche scambiate ad ogni occasione.

Severus aveva sussultato nell’udire il nome di Silente. Era un colpo basso, e se anche l’aveva meritato lo urtò profondamente. Torvo, osservò Black.

“Faccio solo quello che mi dice” ribattè nervosamente.

Sirius sorrise ampiamente, più calmo.

“Ma certo, Piton. Solo quello che ti dice, come me” concordò con finta allegria.

Severus scrollò la testa, preferendo soprassedere. Il pensiero di Silente lo faceva sentire inspiegabilmente vuoto e debole.

“Comunque –riprese, freddo- Potter arriverà all’Ufficio e ci troverà Malfoy e gli altri. E’ importante che a quel punto voi siate molto rapidi, se per caso ne siete in grado –sottolineò sprezzante- Non è bene che vi troviate già nei dintorni, potrebbero anche controllare. E’ chiaro?” domandò con serietà, squadrandolo.

Sirius annuì concentrato.

“Bene. Ci sarà una colluttazione, come persino tu puoi capire. E’ bene che durante quella colluttazione la Profezia vada in pezzi, ma non credo stia a te occupartene. E ora… –prese un lungo respiro, e Sirius poté vedere un brillio rapido d’ansia nei suoi occhi neri d’inchiostro- … Sai cos’è il Velo della Morte, Black?” domandò dopo una lieve esitazione.

Sirius si massaggiò il mento pensieroso, aggrottando gli occhi.

Mmm… Non ricordo precisamente. Ma dal nome –aggiunse ironico- direi che tra qualche giorno lo saprò meglio di chiunque altro, giusto?”

Severus annuì teso.

“E’ una specie di soglia per l’aldilà. Un oggetto magico che ti annullerà” concluse, stranamente a fatica, e a quel punto fu molto grato a se stesso per aver preso l’acqua, che bevve avidamente a rinfrescare la gola secca.

“Come la riconosco?” domandò Sirius quasi sottovoce. Il viso pareva di marmo, cinereo e assorto, la bocca rigida leggermente piegata all’ingiù.

“E’ una tenda consumata nella grande sala che si chiama Sala della Morte.”  spiegò ancora Severus atono, come se il tutto non lo riguardasse.

“Un nome appropriato” osservò Sirius quasi burlesco.

Severus lo osservò: sorrideva di nuovo, gli occhi ancora brillanti di commozione.

“Devi fare in modo di… caderci dentro” concluse ignorando il commento.

Sirius lo guardò stupito.

“Caderci dentro?” ripetè perplesso.

“Abbiamo pensato che sarebbe alquanto… Ad effetto” spiegò ancora Piton rigido.

Come si era aspettato, il volto di Sirius si rabbuiò di nuovo. Quell’uomo a volte era incomprensibile, altre volte assolutamente prevedibile.

“E’ indispensabile che lui… Veda?” domandò Sirius cupo, serrando di nuovo gli occhi.

Piton annuì stancamente e gli scoccò un’occhiata innervosita.

“Deve vedervi morire tutti e due, sì” rispose controvoglia.

“Quando saprò che è il momento?” continuò l’altro con un filo di voce.

“Non ti devi preoccupare di questo. Te lo verrò a dire io” ribattè lui seccamente.

Sirius aggrottò le sopracciglia, sospettoso.

“Un po’ troppe cose dipendono da te, Piton, l’hai notato? Io sì” osservò con cautela.

Severus spostò uno sguardo fiammeggiante su di lui.

“Che intendi dire, Black?” chiese quasi in un ringhio.

“Beh, che tutto ti giostra intorno, no? –ribattè Sirius lentamente, con voce vibrante d’accusa- Tu mi verrai a chiamare… Tu sei quello a cui Voldemort ha raccontato questo presunto piano, tu sei quello che ha fatto in modo che Harry non potesse imparare a riconoscere le intrusioni di Voldemort nella sua men-…”

“E’ stato un caso, Black!” lo interruppe furioso.

Black rise, una risata vuota che Severus odiava. La risata di un uomo finito, come lui stesso.

“Soltanto perché ti ha visto a gambe all’aria in uno stupido ricordo d’infanzia? E’ tutta qui la tua dedizione alla nostra causa?” domandò sarcastico.

“Infatti avrei ripreso le lezioni, se Silente non avesse ritenuto che al momento era meglio per il nostro progetto interrompere l’Occlumanzia” replicò piccato Piton, sbattendo una mano sul tavolo.

Lo sguardo penetrante e ostile di Sirius non si staccò da lui.

“Non ti permettere, Black! –l’aggredì arrossendo di rabbia- Non ti permettere di accusarmi! Proprio tu…” s’interruppe, voltando il capo.

Sirius sgranò gli occhi.

“Proprio io che cosa? -ripetè allibito, con una smorfia- Cosa vuoi dire?”

“Beh, Black, anche tu hai la tua buona lista di errori, no?” mormorò Piton con ira.

Sirius scattò in piedi sbattendo i palmi delle mani sul tavolo.

“Io ho sempre agito con le migliori intenzioni contro i Mangiamorte!” sibilò indignato e sprezzante.

“Ti pregustavi il giorno in cui tutti ti avrebbero festeggiato come un eroe, vero Black? –continuò Severus quietamente, quasi trasognato- Il salvatore dell’intera Inghilterra, l’ideatore del grande piano che aveva salvato il Prescelto. Minus era solo un mezzo per dimostrare il tuo presunto genio, una volta che tutto fosse finito. Potter stesso ti avrebbe osannato, Silente avrebbe declamato il tuo nome e così pure tutto il resto dell’Ordine, avresti umiliato i Purosangue, la tua famiglia, ergendoti al di sopra di tut-…”

“TACI!” urlò Sirius violaceo, afferrandolo per il bavero.

“…Ti e di tutto, ricevendo adorazione e stima, era l’unica cosa che ti importava, l’unica che ti sia mai importata, persino Regulus lo sapev-…” continuò Severus malignamente.

“STA’ ZITTO, BASTARDO! –lo aggredì ancora Sirius, e in una manciata di frenetici secondi Severus si trovò spalle al muro- Proprio tu, verme schifoso…”

Sirius lo guardava ora con un disprezzo che andava al di là dell’immaginabile, e Piton non ebbe bisogno di ascoltare per sapere, incredulo, quali sarebbero state le frasi seguenti. Si senti spezzare il fiato nel petto e le labbra, inerti, si socchiusero.

“… Cosa hai provato, Severus, quando hai saputo di averci condannati tutti e due? -domandò Sirius con la mano sempre più stretta intorno al suo collo- E’ stato bello renderti conto che grazie alla tua rivelazione sulla Profezia Voldemort ti avrebbe liberato dei tuoi nemici d’infanzia?” continuò tremante.

Piton lo guardò con sfida.

Ma non trovò nulla da ribattere. Non una parola gli salì alle labbra, ma solo un malloppo di colpa e amarezza.

Si fissarono in silenzio per qualche istante, poi la mano di Black lasciò la presa, e Severus si riassestò sulle gambe malferme, mentre l’altro tornava a sedersi voltandogli la testa.

Per qualche lungo istante la stanza rimase immersa nel silenzio, un silenzio gravoso come un intero monte sui rispettivi petti.

“Ero orgoglioso di quell’idea. Perché non avrei dovuto? –la voce assente, bassa e insolitamente profonda di Sirius, ancora voltato, giungeva come da una grande distanza- Mi avrebbe permesso di salvare il mio migliore amico e di dimostrare che non ero l’idiota che voi tutti avevate sempre pensato, dall’altro lato della barricata. Sì, ero contento che la salvezza di James sarebbe stata anche la mia rivalsa. Gioivo nell’immaginare il momento in cui fianco a fianco con lui avrei sfilato per la mia vittoria davanti ai Black e a tutti gli altri. Volevo la stima, me la meritavo. Avevo lottato e sofferto, e rischiato. Certo, non ero l’unico, ma il rischio che stavo per correre era anche ben più grosso, perché Voldemort, pensavo, mi avrebbe cercato ovunque per trovare Harry… Oh, è vero! –sbottò stancamente- Sono sempre stato superbo e pieno di me. Volevo la stima in ogni caso. Indipendentemente da quanto la meritassero gli altri. Ma non ho certo ideato quel piano per questo. Io volevo solo aiutare James…” concluse in un soffio, la voce ormai troppo tremante e spezzata per continuare.

Severus aveva ascoltato l’intero racconto senza quasi muoversi, ancora appoggiato al muro della cucina, tenendo lo sguardo fisso sulla cena ormai fredda nel piatto di Black. Non riusciva nemmeno a spiegarsi ciò che stava provando. L’amarezza, l’ingiustizia, la colpa e il dolore, la vergogna e l’indignazione, ma sapeva –sapeva, semplicemente, che era quella maledetta guerra. Era stata lei a tirare fuori solo il peggio di ognuno di loro, trasformandoli in marionette dell’orrore pronte a distruggersi reciprocamente. Era stato Voldemort. Erano i pregiudizi –giusti o sbagliati che fossero- che animavano la disputa da secoli e che via via si erano fatti più accesi fino ad esplodere nei deliri di quel folle Serpeverde.

“Molto commovente, Black” osservò con simulata indifferenza, sistemandosi il mantello.

Lui, in quei deliri, ci aveva anche creduto.

Scacciò il pensiero con una smorfia infastidita.

“Volevo solo aiutarlo… Solo aiutarlo… James…” mormorò Black con voce rotta.

“Che cosa credi, che mi metta anch’io a recitare il mio dispiacere? –lo interruppe Severus con disprezzo- Che cosa ti aspetti?” ripetè.

Ci fu qualche istante di silenzio.

“Niente –rispose Sirius più calmo- Assolutamente niente. Buona notte, Severus”

Si alzò, continuando a rimanere voltato. Con passo incerto, quasi malfermo, fece qualche metro verso la porta opposta, senza curarsi del piatto abbandonato sul tavolo in cui qualcosa di più o meno commestibile aveva ormai assunto l’aspetto di un unico, compatto blocco di gomma.

Severus, con stizza, si voltò a sua volta e mise la mano sulla maniglia, facendo per aprirla.

“Non sei l’unico, Black, a rimproverarsi” esclamò seccamente senza girarsi.

“Non te ne frega un cazzo, Piton” replicò Sirius stancamente.

“Non presumere quello che io posso provare, Black –ringhiò Piton mollando la maniglia per puntargli la mano contro- Non ne hai idea!”

“Tra qualche giorno potrai dare una bella festa, Severus. Hai aspettato tanto che morissi anche io… Chissà che esasperazione, tutto questo tempo…” continuò Sirius implacabile.

“Mi sono maledetto e odiato ogni giorno per tutti gli errori che ho commesso tra le fila dei Mangiamorte. Tu non sai, Black, che cos’è il rimorso” mormorò stupendosi delle proprie parole.

“Oh, un’idea me la sono fatta” ribattè Sirius tristemente.

“Tu non puoi sapere –continuò Piton guardandolo dall’alto in basso- Che cosa si sente quando ci si rende conto di aver sbagliato tutto, e di aver ucciso e fatto uccidere nel frattempo, volontariamente e con convinzione. Apri gli occhi, capisci, e subito dopo vorresti che qualcuno te li strappasse”

S’interruppe di botto.

Mai nella sua vita si era lasciato andare a confessioni e confidenze, per nessuna ragione salvo farsi accettare da silente. Mai aveva mostrato i pesi che si portava dentro. E mai, neppure nei più fervidi e fantasiosi sogni, avrebbe immaginato di farlo proprio con Sirius Black.

“Non sei mai stato un santo. Mi hai quasi ammazzato, ti ricordi?”

Non seppe spiegarsi perché gli fosse uscita quell’osservazione proprio in quel momento; non centrava nulla. Ma forse perché quella era stata la prima volta in cui aveva veramente odiato qualcuno di esterno alla sua stessa famiglia.

Sirius sorrise stancamente.

“Non ho mai detto di esserlo. Ma anche quella volta, non ti volevo mica fare fuori, Piton. Volevo che ti spaventassi, sì, e forse anche che ti facessi male. Ma ero solo un ragazzino stupido” spiegò sbuffando.

“Balle” ringhiò Severus.

Sirius fissò il muro, assorto, quindi assottigliò gli occhi, come immerso nel tentativo di ricordare.

“E’ vero, l’idea che qualcosa di grave potesse succederti mi era balenata in mente. –ammise lentamente, pesando le parole- Dopotutto, si trattava pur sempre di un Licantropo, non di un barboncino. E non mi era dispiaciuta. Ma era solo un’idea remota e irrealistica, Piton, mi dispiace: se stai cercando uno che ti voleva morto, non ero io. Era James” concluse, raccogliendo il piatto dal tavolo e vuotandolo nella spazzatura.

“Potter… Tutti dicevano che era accorso a salvarmi…” commentò Piton sarcastico.

“Oh, ma è vero –replicò Sirius- E’ andata così. Vedi, Piton, tra il sognare una persona morta e il farla morire davvero ne corre di strada. James era un persona buona, checché tu ne pensi”

Sbadigliò, tornando a sedersi.

Severus si guardò intorno con la coda dell’occhio.

Sembrava improvvisamente più calda, quella stanza. Più comoda, quasi.

Osservò Black riempirsi il bicchiere di whiskey, in silenzio.

“Credo di averlo sempre saputo –mormorò a fatica- La Evans non era così stupida, per una Mezzosangue. “ commentò tristemente.

Sirius sorrise tra sé, riempiendo un secondo bicchiere.

Non rispose.

“Eravate davvero idioti. E perfidi, sì. Ma è come hai detto, Black, tra il sognare una persona morta e il farla morire ne corre di strada. Quando ho capito a cosa avrebbe portato il mio resoconto sulla Profezia, quella è stata la goccia cha ha fatto traboccare il vaso. Sono andato da Silente e ho offerto la mia collaborazione”

Aveva parlato a rilento, pensieroso. Durante il brevissimo monologo, la sua mano si era stretta intorno al bicchiere che Black gli porgeva, per poi farlo dondolare.

Non aveva espressioni riconoscibili.

Sirius lo guardò, chiedendosi se doveva aspettare che proseguisse da solo, ma la sua naturale curiosità ebbe il sopravvento.

“Perché sei diventato un Mangiamorte, Piton?” chiese a bruciapelo.

La domanda urtò il suo suscettibile interlocutore. Ma quando lo guardò, Severus non gli scorse in viso che un forte interesse.

Scrollò lentamente la testa.

“Non lo so più nemmeno io, Black” ammise, incerto se volesse o meno, lui stesso, approfondire la questione.

Sirius scrollò le spalle bevendo un sorso.

“Me lo sono sempre chiesto sai… E poi tu sei un Mezzosangue.” osservò atono.

Piton sbuffò, le labbra serrate.

“Non ha molta importanza, Black. A volte si ha davanti una strada già tracciata” ribattè con ovvietà, come se lui fosse stato un alunno scarso che non capiva una lezione molto semplice.

Ma Sirius diniegò con convinzione.

“Io a questo non ci credo. E se così fosse, allora perché poi hai tradito?” insistette serio.

Piton incrociò le braccia, irrigidito.

“Forse non ho tradito affatto, Black, e tradisco voi” ribattè malignamente.

Sirius si limitò a ridacchiare, spiazzandolo.

“Lo direi anche io, come sempre, sennonché a poche ore dalla mia morte non ho più voglia di essere l’archetipo di me stesso” osservò calmo.

Severus Piton sollevò un sopracciglio, scettico.

“Complimenti Black, vedo che ti stai facendo una cultura nella biblioteca di famiglia… Parli quasi come una persona civile” commentò caustico.

Ma sul viso gli aleggiava qualcosa –fatto assolutamente straordinario per Severus Piton- di vagamente simile ad un sorriso divertito. Oh, certo, ci voleva una grande capacità di immaginazione per individuarlo, perché appunto si trattava di Severus Piton, ma l’angolo delle sue labbra era vagamente arcuato e qualcosa di infinitesimale gli danzava negli occhi neri. Un nonnulla, ma Sirius Black era un uomo fantasioso, e riconobbe la cosa per quello che era.

E ridacchiò di nuovo.

“Non ci tradisci perché non tradiresti Albus. Per questo lo ucciderai” affermò tranquillamente, esponendo quel che pareva per lui essere un dato di fatto.

Piton sussultò, a chinò lo sguardo.

“Non so più se lo farò” ammise scostante.

“Ma certo che lo farai, Snivellus. Per lo stesso motivo per cui io mi suiciderò”

Piton sollevò lo sguardo, irritato sentendogli pronunciare l’odiato soprannome, e scorse l’antico, irriverente brillio in quello sguardo spento. La cosa in qualche modo, invece di urtarlo lo sollevò.

Non erano ancora carcasse. Erano ancora capaci di reagire e combattere.

“E quale sarebbe questo motivo, Black?” domandò incuriosito.

“E’ sempre il solito, dal 1789, Piton… Liberté, egualité, fraternité” canticchiò assorto.

“E ne sai persino di storia… Quante sorprese. Chi l’avrebbe detto che ci stessero tante cose in un cervello di dimensioni tanto esigue…” continuò Severus con un leggero sbadiglio.

“…Perché Mangiamorte, Severus? Un uomo, mi scoccia dirlo, della tua intelligenza…” continuò Sirius con amarezza, perso a seguire il filo dei propri pensieri.

“Ero giovane. Ingenuo. Sfortunato e arrabbiato per le mie disgrazie, avevo fame di rivalsa” rispose Piton con leggerezza, come se tutte quelle informazioni non lo riguardassero affatto.

Sirius scoppiò a ridere.

“Povero, piccolo Snivellus!” esclamò piccato.

Ma Piton, strano a dirsi, non se la prese.

C’era qualcosa di strano nell’aria, intorno a quel tavolo. Di inidentificabile, ma gradevole. Forse era il fatto di essere seduti lì, due uomini morti in marcia, con angoscianti pesi da sopportare. Forse, il fatto che non avevano più niente da perdere, nemmeno la faccia. Ma qualunque cosa fosse, per la prima volta da moltissimo tempo Severus Piton si sentiva quasi rilassato, ed era un vero controsenso vista la situazione fosca e dolorosa.

Probabilmente era inutile cercare di spiegarselo. Niente, nella loro situazione, era normale, niente andava più secondo natura, perciò non v’era ragione per cui le loro reazioni dovessero invece farlo.

E a giudicare dalla totale mancanza di malizia nella sua risata, Sirius Black doveva pensarla grossomodo come lui.

Gli prese il bicchiere e li riempì di nuovo entrambi.

“Anche io ero parte di quelle cose, Piton, ma sono sempre stato da questo lato…” osservò pensoso.

Severus scrollò la testa.

“Tu eri un Grifondoro. Era diversoribattè compito.

Sirius aggrottò la fronte.

“Io sono io, non dipendo dalla mia Casa” ribattè sostenuto, scoccandogli un’occhiataccia.

“Forse no, Black –rispose Piton seccato- Ma a meno che tu non sia davvero la creatura superiore che ritieni, e ne dubito, dipendi da chi hai avuto vicino. –prese fiato- A te Potter, con tutti i suoi chiari limiti, a me Malfoy.” esemplificò, piegando la testa. 

“E i Black, allora? Perché loro non mi hanno segnato?” ribattè Sirius scettico.

Severus sospirò rassegnato.

“Al contrario. Sono stati talmente stupidi da esasperarti al punto da spingerti a detestare tutto ciò che ti poteva accomunare a loro. Esattamente come mio padre, Black. Il mio padre… Babbano” sibilò irritato l’ultima parola.

Sirius gli affisse in faccia lo sguardo, ma questa volta Severus non si sarebbe spinto oltre.

Tobias Piton era un ricordo suo, e suo soltanto. Non ne avrebbe parlato nemmeno sul letto di morte, perché quella ferita bruciava troppo, come se ogni giorno venisse rinnovata.

Sirius parve comprenderlo, perché bevve di nuovo fissando l’ora.

“E’ tutta colpa tua, comunque. Tu sei andato a spiattellare a Voldemort della Profezia- -esclamò risentito- Come si fa ad essere così idioti da dare retta a uno che vuole distruggere il mondo?” aggiunse con vaga petulanza.

Severus sospirò.

“Sei il solito, Black, tagli tutto con l’accetta. Voi Grifondoro non sapete cogliere le sfu-…”

“Oh, Godric, queste sfumature! Che palle!” lo interruppe Sirius levando gli occhi al cielo.

“Beh, è così” ribattè Severus irritato.

“E le tue stupide sfumature a cosa servivano? Oh, sì, è un pazzo sanguinario ma mi farà vendicare di papà?” domandò Sirius canzonatorio.

Piton lo guardò storto, arricciando le labbra con sdegno.

“Perché le masse seguono un dittatore, Black, te lo sei mai chiesto? In linea generale, intendo - Sirius lo guardò vacuo, e annuì- E sei mai stato in grado di rispondere? Voglio dire –lo anticipò- tralasciando tutte le spiegazioni sociologiche e psicologiche, tutta la teoria… Hai mai capito quel’è la scintilla che spinge migliaia di uomini a seguire un leader indipendentemente dall’illogicità delle sue idee?”

Sirius sgranò gli occhi con una smorfia colpita, scuotendo il capo, e diniegò.

“E allora perché dovrei farlo io?” concluse Severus apparentemente tediato.

La pendola suonò le undici.

Tacquero per qualche istante.

“E’ strano. Mi sembra incredibile che da qui a poco non avrò più tutto questo” mormorò Sirius soprappensiero.

Piton gettò intorno uno sguardo perplesso ed esagerato, percorrendo la stanza antiquata e severa, le pareti scrostate e il corridoio angusto che si intravedeva dalla porta.

“Non mi sembra una grave perdita, Black” commentò piatto, per mitigare la cupezza.

Sirius rise, una risata sforzata e divertita.

“Sentir suonare un pendolo… Un urlo per la strada… La sensazione di una superficie ruvida sulla pelle, o dell’acqua… Una luce forte che fa male agli occhi… Sono tutte cose scontate, no?” aggiunse, assorto.

Piton scrollò la testa.

“Ci ha ripetuto talmente tante volte che è per una giusta causa che forse abbiamo smesso di pensare a tutto il resto” commentò meditabondo.

Sirius guardò quel viso, per la prima volta mobile e autentico, stupendosi di quanto non fosse inumano e sgradevole come aveva sempre professato.

Gli lanciò contro un mozzico di pane.

“Ma sei stupido, Black?” sussultò piton.

“Uccidilo, Severus. –bisbigliò, chiamandolo per la primissima volta con il nome proprio- Uccidilo perché non c’è scelta. Siamo tutti morti perché tu adesso possa uccidere Albus Silente e portare Harry Potter alla vittoria”

Severus Piton lo guardò negli occhi. Incerto, contrariato. Ma in quelli grigi di Black scorse quel che probabilmente giaceva anche in fondo ai suoi. La fermezza di chi è pronto a tutto per una causa nobile.

“Capirai… Non sognavo altro che trasformare Potter in un eroe mondiale” ribattè sarcastico.

Ma tutti e due sapevano che quella risposta era un sì.

La porta del 12 di Grimmauld Place si aprì di nuovo, facendoli tacere.

Un passo strascicato avanzò verso la cucina.

Sirius, Piton se ne avvide, lo riconobbe dopo un pugno di secondi, senza bisogno di vedere chi fosse, solo dal modo di camminare.

“Ciao, Remus” esclamò allegramente.

La recita incominciava, non c’erano più nessun suicida e nessun assassino in quella stanza.

“Ciao Sir-… Oh… Piton, che sorpresa”

Il tono mansueto del Licantropo si era vagamente tinto di sorpresa. Lo guardava tranquillamente, aspettando evidentemente una risposta.

“Buonasera a te, Lupin” rispose tagliente.

Remus si voltò verso l’amico.

“Ho portato della torta alle fragole avanzata di Molly. Ne vuoi una fetta, Severus?” domandò spostando per un istante gli occhi da Black.

“Sono un po’ di fretta, Lupin, mi aspettano ad Hogwarts –rispose lui alzandosi- Grazie lo stesso” concluse acido.

“Certo. Oh, aspetta –Remus scomparve rapido nella stanza a fianco- Ti devo dare… Dove l’ho messo?” borbottò tra sé.

In sua assenza, Sirius aveva afferrato velocemente un coltello e scoperchiato la teglia. Si accinse velocemente a tagliare una fetta dal rimanente della torta e la avvolse un grosso tovagliolo.

Gli fece segno di infilarla nel mantello, e Severus, perplesso, la afferrò e ve la fece sparire senza quasi rendersene conto.

Lupin rientrava in quel momento con un plico di fogli.

“Di Kingsley, dal Dipartimento. Sono informazioni che Albus aveva chiesto” spiegò porgendoglielo.

“Va bene. Buonanotte, signori” concluse lui secco, avviandosi verso la porta.

“Ah, aspetta, Piton, Arthur ha dato qualcosa anche a me!” esclamò Black d’un tratto, seguendolo fuori dalla cucina.

Balzando sulle gambe ossute, salì le scale due a due.

Piton attese nell’atrio, scrutando innervosito la tenda chiusa sul ritratto.

Quando Sirius riscese, Piton osservò con stupore l’oggetto che delicatamente impugnava: lo si sarebbe detto… uno specchio, il che era assurdo.

Harry ha il gemello. Suo padre e io li usavamo per comunicare a distanza. Se... quando verrà il momento cercasse di usarlo per parlarmi, non so se riuscirei a resistere dal rispondere. Tienilo tu. Un giorno glielo restituirai” raccontò d’un fiato, gli occhi di nuovo disperati che saettavano da un lato all’altro della stanza.

Severus tacque per qualche istante.

“Va bene, Black. Buonanotte” rispose senza inflessione.

“Sirius! Nei tre secondi in cui ho lasciato la cucina ne hai già mangiato un pezzo!” li raggiunse la protesta rassegnata di Remus.

Sirius gli fece un cenno divertito in quella direzione. Un cenno d’intesa, si trovò a stupirsi Piton. Perfettamente recepito, peraltro.

“Allora noi ci vediamo ancora una volta, giusto?” chiese con uno sbuffo.

Severus annuì.

“L’ultima.” mormorò.

“Buona fortuna, Severus. E fallo. Fallo e basta” concluse Black, chiudendo la porta davanti a lui.

Grimmauld Place taceva, fiocamente illuminata dai lampioni.

 

 

 

 

 

 

 

Ah… Ho usato Snivellus anziché Mocciosus perché mi piace di più.

Un’altima cosa… Sono molto insicura su questa parte, mi piacerebbe davvero che mi diceste cosa ne pensate.

Grazie

 

 

X Mixky: Geniale addirittura mi sembra un po’ troppo. ^__^ Anche se io sono un genio, e sono anche molto bella ed interessante. Scherzi a parte, ti ringrazio. E in cambio aggiorno prima che posso, sperando di incontrare ancora il tuo favore.

X Morgan Snape: dal nick direi ceh sei una fan di Severus, il che mi onora doppiamente visto che dubito i suoi fan mi amino particolarmente –scrivo solo sui marauders- e mi fa molto piacere che ti piaccia il mio stile.

X maddy91: anche io ho avuto molte perplessità su Piton. Per quanto mi riguarda attualmente non ho dubbi che Severus abbia ucciso Silente su commissione di Silente medesimo, ma è solo una mia idea, eh. Grazie per i complimenti e a presto

X Kerian: spero di aver soddisfatto la tua curiosità e di aver continuato ad interessarti. Felice di sapere che la trovi scritta bene, è una cosa molto importante.

 

Bye

   
 
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