Che dire… ho sempre avuto in mente che
potesse avvenire questo confronto. E ho sempre trovato enormi difficoltà
nell’immaginarlo, pensandolo sempre mai sufficiente, mai compiuto. Anche
questa volta non l’ho immaginato. Ho lasciato che si formasse da sé,.
Non a caso lo inizia Sirius, perché è partendo da lui –il “mio”
personaggio più definito- che si sviluppa.
Probabilmente lo riscriverò altre cento
volte prima di cominciare trovarlo passabile.
Per ora, è questo.
Spero possa risultare interessante.
Al prossimo –e credo ultimo- capitolo.
suni
ONE: Evening
around the table
Severus
Piton entrò in casa chiudendosi silenziosamente la porta alle spalle.
L’atrio era buio, intravedeva appena il disgustoso ritratto coperto dalla
pesante tenda.
Non
si udiva nessuna voce, né movimenti. Soltanto tintinnio leggero di
piatti e stoviglie, proveniente dalla cucina. Gettò uno sguardo alla
pendola: a giudicare dall’ora, probabilmente Black stava cenando.
Corrugò
impercettibilmente la fronte: ma non c’era Lupin?
O quell’idiota di Fletcher?
Scrollando
con rigidezza la testa, raggiunse la porta della stanza attigua, socchiusa, e
si affacciò.
No,
non c’era nessuno. Solo lui, seduto a tavola con un piatto ricolmo di
qualcosa di estremamente poco invitante davanti, intendo a mangiare lentamente
strappando grossi mozzichi di pane con un certo accanimento.
Piton
lo osservò attraverso la porta semichiusa e assottigliò gli
occhi, con fastidio.
Aveva
uno ragione in più di odiarlo, adesso, per provare fastidio nel posare
gli occhi su quella figura che nonostante gli anni passati, gli era rimasta
familiare per la vivezza dell’odio che aveva nutrito nei suoi confronti.
Proprio
quella vivezza era la ragione. Mentalmente rivedeva ancora con estremo nitore
il Malandrino, luminoso, ridente, bellissimo, perennemente immerso in una
vivace, spesso maligna risata. L’immagine che contemporaneamente gli
rimandavano i suoi occhi, però, non corrispondeva nemmeno in minima
parte. Seduto a tavola c’era un uomo consunto, di una magrezza
scheletrica e malsana, arruffato e spento, quasi opaco. Un volto troppo
prematuramente invecchiato, vuoto di ogni energia e su cui si potevano
percepire solo amarezza e una spossatezza che implorava pace.
Per
questo Severus Piton lo odiava ancora di più di un tempo, perché
in quello sfacelo leggeva anche il proprio. Arrivava a provare pena di se
stesso, e questo gli era inaccettabile. Immaginò che anche Black non
riuscisse a far collimare l’immagine di Snivellus
con quella del deprimente professor Piton.
“Non
hai perso quella sgradevole abitudine di spiare, vedo”
Black
non aveva nemmeno alzato lo sguardo dal piatto, ed aveva parlato con una
provocazione di facciata che mal nascondeva la sua apatia di fondo.
Piton
spalancò la porta con stizza a arricciò le labbra guardandolo con
ira. Per qualche istante frugò alla ricerca di una risposta adeguata da
fornire all’irritante interlocutore, ma mantenne il volto impassibile e
rimase immobile.
“Mi
manda Silente, Black” annunciò indifferente.
Finalmente,
gli occhi grigi di Sirius si sollevarono su di lui per qualche istante,
maledettamente sarcastici.
“Si
ostina a costringerci a frequentarci. Disdicevole” osservò
ingollando un altro boccone.
“Molto
divertente, Black. Sei ancora spassoso come ti ricordavo” ribattè Piton senza muovere un solo muscolo del
viso, assolutamente atono.
Sirius
sbuffò annoiato.
“Ti
manda a dirmi quando andiamo al Ministero?” chiese con calma.
Severus
lo guardò corrugando le sopracciglia. Non sembrava aver molto bisogno di
essere quietato né controllato, pareva perfettamente a suo agio.
“Non
lo sappiamo ancora. Nei prossimi giorni” ribattè
a voce bassa.
Sirius
strappò un altro pezzo di pane, fissando assente un punto del tavolo.
Annuì lentamente, mordicchiandosi l’interno della guancia.
“Nei
prossimi giorni…” ripetè tra
sé, con mitezza.
Severus
stiracchiò un sorriso mellifluo.
“Cambiato
idea?” domandò ironico, appoggiandosi allo stipite.
Gli
occhi grigi di Sirius tornarono a lui, sfolgorando indignazione e anche una
certa condiscendente superiorità.
“Tu
credi?” domandò sottovoce.
Severus
dondolò la testa.
“Beh,
Black, sei sempre stato bravo tu, quando avevi le spalle coperte dagli amici.
Ma stavolta-…” iniziò con noncuranza.
Lo
stridio violento della sedia di Sirius che scattava indietro lo interruppe.
L’ex
Grifondoro era in piedi, aveva i pugni serrati lungo i fianchi, le braccia
irrigidite dalla tensione e la mascella indurita tremante di rabbia.
“Mi
stai dando del vigliacco, Mangiamorte?”
sibilò sporgendosi in avanti.
Severus sbuffò.
“Quanta
fantasia, Black. Sei sempre più originale” ribattè
avanzando silenzioso nella stanza, fino ad arrivare vicino al tavolo.
Non
aveva nessuna voglia di litigare, in realtà. Non adesso, non senza una
buona ragione. E sentirsi dare del Mangiamorte, per quanto brutto, ingiusto e
vergognoso, non lo era.
Era
stato un Mangiamorte, in passato. Lo era stato con l’incoscienza e la dedizione
di un povero ragazzino ignorante ed
ottuso, lui che invece possedeva un acume fuori dal comune.
Black
continuava a fissarlo con astio.
“Buono,
buono, a cuccia. –osservò Piton stancamente, con un sogghigno-
Prima ti riferisco ciò che ho da dire, prima entrambi ci libereremo di
una compagnia spiacevole”
Sirius
stiracchiò in qualche modo un condiscendente sorriso.
“Accomodati,
allora. Sono –replicò, con un cenno verso la sedia di fronte a
sé- … Ansioso di sentire cosa mi devi dire” lo invitò
con ironia, riprendendo posto.
Severus
si sedette con studiata lentezza, avvolgendosi alle spalle il mantello nero.
Gli occhi ostili e cupi di Sirius seguirono ogni suo movimento, anche minimo,
con attenta vigilanza.
“Vorrei
dell’acqua, Black, se non ti spiace” annunciò come se niente
fosse.
Sirius
incrociò teatralmente le braccia davanti al petto, appoggiandosi allo
schienale.
“Prenditela,
Piton” rispose torvo.
Severus
sospirò condiscendente.
“Sai,
sono le precise parole che mi aspettavo dicessi, Black. –ribattè annoiato, prima di puntare la bacchetta
verso il piano della cucina- Lettera per lettera”
“Beh,
Piton –aggiunse Sirius ironico- Non era così complicato, sono solo
due parole”
Il
bicchiere che Severus aveva appellato si depositò davanti a lui.
“Bene,
Black. E’ tutto sistemato?” domandò Severus cambiando
bruscamente discorso. Improvvisamente sentì di non poter più
guardare l’altro in faccia, e abbassò gli occhi sulle proprie
mani, fissandole intensamente.
Sirius
si stiracchiò sulla sedia, schiudendo le labbra in un sorriso che lui
stesso non avrebbe saputo spiegare né classificare.
“Ho
fatto testamento, se è quello che intendi. –rispose con mitezza- E
qui in casa è tutto a posto. Le mie cose sono in ordine e anche tutte quelle
per Harry.” elencò pensoso. Incrociò
le braccia sul tavolo e si piegò per appoggiarvi il meno,
accovacciandosi quasi.
Severus
sollevò appena lo sguardo.
Black
fissava distrattamente il vuoto. Non aveva in volto espressioni riconoscibili,
e giocherellava appena con una ciocca dei nodosi capelli.
“E
quel tuo.. – Piton si schiarì la gola a sottolineare la propria
convinzione che solo un pazzo avrebbe tenuto in casa qualcosa di simile- …Ippogrifo, è già sistemato?”
“Beh,
sì, pensavo di affidarlo a te” ribattè
Sirius sostenuto, guardandolo storto.
“Allora…
Sappiamo che cosa avverrà precisamente” iniziò Severus
riluttante. Ecco arrivato il momento fatidico, il momento di raccontare ad un
uomo come doveva morire.
Sirius
Black si era rizzato in posizione eretta sentendo quella frase, gli occhi si
erano aperti di più, fatto attenti. Un labbro risucchiato dai denti che
lo mordicchiavano.
“Dove
devo morire?” chiese irriverente.
“L’Oscuro
Signore ha piena fiducia in me, mi ha spiegato tutto. Potter avrà un
altro incubo strano, Black. Come ti è stato detto, sognerà te… Torturato a morte
nell’Ufficio Misteri. Ed è là che si dirigerà a
tutta velocità.” Iniziò confusamente, assumendo
un’espressione acida e compita per darsi un tono. Fino ad un istante
prima ogni dettaglio si dipanava perfettamente nella sua memoria, ma ora, al
momento di ripetere a Black, gli parve che poche, sconnesse parole fossero
rimaste impresse nella sua mente.
“Sì.
Ma ci ho pensato, Harry cercherà di contattar…mi
–obiettò Sirius con serietà, ma subito sorrise amaramente-
… Kreacher…” sussurrò tra
sé.
“Esattamente.
Lascerai che sia l’Elfo a parlare con Potter. Basterà che tu ti
chiuda in qualche stanza.” concordò Piton, scrutandolo quasi
scientificamente. Black aveva serrato gli occhi, coprendosi la bocca con una
mano, ma pareva di vedere ancora il sorriso, attraverso.
Il
tradimento era nel destino di quell’uomo,
c’era sempre stato. Nel destino di tutti e due, in effetti. Il perenne
tradito ed il perenne traditore. Strano che stavolta sarebbero stati una finta,
quei tradimenti, costruiti a tavolino per un medesimo scopo.
Piton
si schiarì la voce e gli occhi di Sirius tornarono su di lui mentre
riprendeva a parlare.
“Comunque,
Kreacher avrà ordini precisi. Dirà a
Potter che sei uscito, gli farà credere che sa che non tornerai. Per lui
sarà la conferma che il suo sogno è vero –raccontò,
mentre in mente gli tornava chiarezza- e terrorizzato per la tua sorte,
cercherà di-…”
“No!”
la voce bassa e straziata era come sfuggita dalle labbra di Sirius.
Severus
lo guardò rassegnato, come con il più ottuso dei suoi studenti.
Il
viso stanco si era come raggrinzito di dolore.
“No
cosa, Black?” domandò seccato.
Il
pensiero di Sirius correva al figlioccio, appena quindicenne, spaventato, solo.
Gli sembrò di provare la sensazione opprimente di panico alle parole di Kreacher, il terrore di perdere la persona cara, e
dopo…
“Perché
devo fargli questo?” mormorò con accento disperato.
“Perché
sì, Black” tagliò corto il professore di Pozioni.
Ma
non proseguì.
Eccolo,
il Malandrino, Felpato, il persecutore. Ne rimaneva una carcassa con gli occhi
gonfi di lacrime di dolore ed impotenza. Severus distolse lo sguardo,
avvertendo un freddo che non conosceva percorrergli il midollo osseo su fino al
collo.
Udì
un lieve singhiozzo.
“Stai
toccando il fondo, Black… Dovresti ricomporti, sei ridicolo”
sibilò irritato con l’altro e ancor più con se stesso per quell’impressionabilità.
Sirius
spostò gli occhi gonfi su di lui.
“Parliamo
un po’ di… Albus, vuoi?” ribattè
con astio, passandosi la mano sul viso per asciugarlo. Di certo gli bruciava
essersi lasciato andare davanti a lui, proprio lui, Snivellus.
Ma non era più granchè importante,
adesso. Davanti alla morte, un buon numero di cose sbiadivano in importanza e
significato. Non gli sembrava certo fondamentale quell’ultimo
scherno meschino in tanti anni di miserie reciproche scambiate ad ogni
occasione.
Severus
aveva sussultato nell’udire il nome di Silente. Era un colpo basso, e se
anche l’aveva meritato lo urtò profondamente. Torvo,
osservò Black.
“Faccio
solo quello che mi dice” ribattè
nervosamente.
Sirius
sorrise ampiamente, più calmo.
“Ma
certo, Piton. Solo quello che ti dice, come me” concordò con finta
allegria.
Severus
scrollò la testa, preferendo soprassedere. Il pensiero di Silente lo
faceva sentire inspiegabilmente vuoto e debole.
“Comunque
–riprese, freddo- Potter arriverà all’Ufficio e ci
troverà Malfoy e gli altri. E’
importante che a quel punto voi siate molto rapidi, se per caso ne siete in
grado –sottolineò sprezzante- Non è bene che vi troviate
già nei dintorni, potrebbero anche controllare. E’ chiaro?”
domandò con serietà, squadrandolo.
Sirius
annuì concentrato.
“Bene.
Ci sarà una colluttazione, come persino tu puoi capire. E’ bene che
durante quella colluttazione la Profezia vada in pezzi, ma non credo stia a te
occupartene. E ora… –prese un lungo respiro, e Sirius poté
vedere un brillio rapido d’ansia nei suoi occhi neri d’inchiostro-
… Sai cos’è il Velo della Morte, Black?”
domandò dopo una lieve esitazione.
Sirius
si massaggiò il mento pensieroso, aggrottando gli occhi.
“Mmm… Non ricordo precisamente. Ma dal nome
–aggiunse ironico- direi che tra qualche giorno lo saprò meglio di
chiunque altro, giusto?”
Severus
annuì teso.
“E’
una specie di soglia per l’aldilà. Un oggetto magico che ti
annullerà” concluse, stranamente a fatica, e a quel punto fu molto
grato a se stesso per aver preso l’acqua, che bevve avidamente a
rinfrescare la gola secca.
“Come
la riconosco?” domandò Sirius quasi sottovoce. Il viso pareva di
marmo, cinereo e assorto, la bocca rigida leggermente piegata
all’ingiù.
“E’
una tenda consumata nella grande sala che si chiama Sala della
Morte.” spiegò ancora
Severus atono, come se il tutto non lo riguardasse.
“Un
nome appropriato” osservò Sirius quasi burlesco.
Severus
lo osservò: sorrideva di nuovo, gli occhi ancora brillanti di commozione.
“Devi
fare in modo di… caderci dentro” concluse ignorando il commento.
Sirius
lo guardò stupito.
“Caderci
dentro?” ripetè perplesso.
“Abbiamo
pensato che sarebbe alquanto… Ad effetto” spiegò ancora
Piton rigido.
Come
si era aspettato, il volto di Sirius si rabbuiò di nuovo. Quell’uomo a volte era incomprensibile, altre volte
assolutamente prevedibile.
“E’
indispensabile che lui… Veda?” domandò Sirius cupo, serrando
di nuovo gli occhi.
Piton
annuì stancamente e gli scoccò un’occhiata innervosita.
“Deve
vedervi morire tutti e due, sì” rispose controvoglia.
“Quando
saprò che è il momento?” continuò l’altro con
un filo di voce.
“Non
ti devi preoccupare di questo. Te lo verrò a dire io” ribattè lui seccamente.
Sirius
aggrottò le sopracciglia, sospettoso.
“Un
po’ troppe cose dipendono da te, Piton, l’hai notato? Io
sì” osservò con cautela.
Severus
spostò uno sguardo fiammeggiante su di lui.
“Che
intendi dire, Black?” chiese quasi in un ringhio.
“Beh,
che tutto ti giostra intorno, no? –ribattè
Sirius lentamente, con voce vibrante d’accusa- Tu mi verrai a chiamare… Tu
sei quello a cui Voldemort ha raccontato questo presunto piano, tu sei quello che ha fatto in modo che Harry non potesse imparare a riconoscere le intrusioni di Voldemort
nella sua men-…”
“E’
stato un caso, Black!” lo interruppe furioso.
Black
rise, una risata vuota che Severus odiava. La risata di un uomo finito, come
lui stesso.
“Soltanto
perché ti ha visto a gambe all’aria in uno stupido ricordo
d’infanzia? E’ tutta qui la tua dedizione alla nostra causa?”
domandò sarcastico.
“Infatti
avrei ripreso le lezioni, se Silente non avesse ritenuto che al momento era
meglio per il nostro progetto interrompere l’Occlumanzia”
replicò piccato Piton, sbattendo una mano sul tavolo.
Lo
sguardo penetrante e ostile di Sirius non si staccò da lui.
“Non
ti permettere, Black! –l’aggredì arrossendo di rabbia- Non
ti permettere di accusarmi! Proprio tu…” s’interruppe,
voltando il capo.
Sirius
sgranò gli occhi.
“Proprio
io che cosa? -ripetè allibito, con una
smorfia- Cosa vuoi dire?”
“Beh,
Black, anche tu hai la tua buona lista di errori, no?” mormorò
Piton con ira.
Sirius
scattò in piedi sbattendo i palmi delle mani sul tavolo.
“Io
ho sempre agito con le migliori intenzioni contro i Mangiamorte!”
sibilò indignato e sprezzante.
“Ti
pregustavi il giorno in cui tutti ti avrebbero festeggiato come un eroe, vero
Black? –continuò Severus quietamente, quasi trasognato- Il
salvatore dell’intera Inghilterra, l’ideatore del grande piano che
aveva salvato il Prescelto. Minus era solo un mezzo
per dimostrare il tuo presunto genio, una volta che tutto fosse finito. Potter
stesso ti avrebbe osannato, Silente avrebbe declamato il tuo nome e così
pure tutto il resto dell’Ordine, avresti umiliato i Purosangue, la tua
famiglia, ergendoti al di sopra di tut-…”
“TACI!”
urlò Sirius violaceo, afferrandolo per il bavero.
“…Ti
e di tutto, ricevendo adorazione e stima, era l’unica cosa che ti
importava, l’unica che ti sia mai importata, persino Regulus
lo sapev-…” continuò Severus
malignamente.
“STA’
ZITTO, BASTARDO! –lo aggredì ancora Sirius, e in una manciata di
frenetici secondi Severus si trovò spalle al muro- Proprio tu, verme
schifoso…”
Sirius
lo guardava ora con un disprezzo che andava al di là dell’immaginabile,
e Piton non ebbe bisogno di ascoltare per sapere, incredulo, quali sarebbero
state le frasi seguenti. Si senti spezzare il fiato nel petto e le labbra,
inerti, si socchiusero.
“…
Cosa hai provato, Severus, quando hai saputo di averci condannati tutti e due?
-domandò Sirius con la mano sempre più stretta intorno al suo
collo- E’ stato bello renderti conto che grazie alla tua rivelazione
sulla Profezia Voldemort ti avrebbe liberato dei tuoi nemici
d’infanzia?” continuò tremante.
Piton
lo guardò con sfida.
Ma
non trovò nulla da ribattere. Non una parola gli salì alle
labbra, ma solo un malloppo di colpa e amarezza.
Si
fissarono in silenzio per qualche istante, poi la mano di Black lasciò
la presa, e Severus si riassestò sulle gambe malferme, mentre l’altro
tornava a sedersi voltandogli la testa.
Per
qualche lungo istante la stanza rimase immersa nel silenzio, un silenzio
gravoso come un intero monte sui rispettivi petti.
“Ero
orgoglioso di quell’idea. Perché non
avrei dovuto? –la voce assente, bassa e insolitamente profonda di Sirius,
ancora voltato, giungeva come da una grande distanza- Mi avrebbe permesso di
salvare il mio migliore amico e di dimostrare che non ero l’idiota che
voi tutti avevate sempre pensato, dall’altro lato della barricata.
Sì, ero contento che la salvezza di James sarebbe stata anche la mia
rivalsa. Gioivo nell’immaginare il momento in cui fianco a fianco con lui
avrei sfilato per la mia vittoria davanti ai Black e a tutti gli altri. Volevo
la stima, me la meritavo. Avevo lottato e sofferto, e rischiato. Certo, non ero
l’unico, ma il rischio che stavo per correre era anche ben più
grosso, perché Voldemort, pensavo, mi avrebbe cercato ovunque per
trovare Harry… Oh, è vero!
–sbottò stancamente- Sono sempre stato superbo e pieno di me.
Volevo la stima in ogni caso. Indipendentemente da quanto la meritassero gli
altri. Ma non ho certo ideato quel piano per questo. Io volevo solo aiutare
James…” concluse in un soffio, la voce ormai troppo tremante e
spezzata per continuare.
Severus
aveva ascoltato l’intero racconto senza quasi muoversi, ancora appoggiato
al muro della cucina, tenendo lo sguardo fisso sulla cena ormai fredda nel
piatto di Black. Non riusciva nemmeno a spiegarsi ciò che stava
provando. L’amarezza, l’ingiustizia, la colpa e il dolore, la
vergogna e l’indignazione, ma sapeva –sapeva, semplicemente, che
era quella maledetta guerra. Era stata lei a tirare fuori solo il peggio di
ognuno di loro, trasformandoli in marionette dell’orrore pronte a
distruggersi reciprocamente. Era stato Voldemort. Erano i pregiudizi –giusti
o sbagliati che fossero- che animavano la disputa da secoli e che via via si erano fatti più accesi fino ad esplodere nei
deliri di quel folle Serpeverde.
“Molto
commovente, Black” osservò con simulata indifferenza, sistemandosi
il mantello.
Lui,
in quei deliri, ci aveva anche creduto.
Scacciò
il pensiero con una smorfia infastidita.
“Volevo
solo aiutarlo… Solo aiutarlo… James…” mormorò
Black con voce rotta.
“Che
cosa credi, che mi metta anch’io a recitare il mio dispiacere? –lo
interruppe Severus con disprezzo- Che cosa ti aspetti?” ripetè.
Ci
fu qualche istante di silenzio.
“Niente
–rispose Sirius più calmo- Assolutamente niente. Buona notte,
Severus”
Si
alzò, continuando a rimanere voltato. Con passo incerto, quasi malfermo,
fece qualche metro verso la porta opposta, senza curarsi del piatto abbandonato
sul tavolo in cui qualcosa di più o meno commestibile aveva ormai
assunto l’aspetto di un unico, compatto blocco di gomma.
Severus,
con stizza, si voltò a sua volta e mise la mano sulla maniglia, facendo
per aprirla.
“Non
sei l’unico, Black, a rimproverarsi” esclamò seccamente
senza girarsi.
“Non
te ne frega un cazzo, Piton” replicò
Sirius stancamente.
“Non
presumere quello che io posso provare, Black –ringhiò Piton
mollando la maniglia per puntargli la mano contro- Non ne hai idea!”
“Tra
qualche giorno potrai dare una bella festa, Severus. Hai aspettato tanto che
morissi anche io… Chissà che esasperazione, tutto questo
tempo…” continuò Sirius implacabile.
“Mi
sono maledetto e odiato ogni giorno per tutti gli errori che ho commesso tra le
fila dei Mangiamorte. Tu non sai, Black, che cos’è il
rimorso” mormorò stupendosi delle proprie parole.
“Oh,
un’idea me la sono fatta” ribattè
Sirius tristemente.
“Tu
non puoi sapere –continuò Piton guardandolo dall’alto in
basso- Che cosa si sente quando ci si rende conto di aver sbagliato tutto, e di
aver ucciso e fatto uccidere nel frattempo, volontariamente e con convinzione.
Apri gli occhi, capisci, e subito dopo vorresti che qualcuno te li
strappasse”
S’interruppe
di botto.
Mai
nella sua vita si era lasciato andare a confessioni e confidenze, per nessuna
ragione salvo farsi accettare da silente. Mai aveva mostrato i pesi che si
portava dentro. E mai, neppure nei più fervidi e fantasiosi sogni,
avrebbe immaginato di farlo proprio con Sirius Black.
“Non
sei mai stato un santo. Mi hai quasi ammazzato, ti ricordi?”
Non
seppe spiegarsi perché gli fosse uscita quell’osservazione
proprio in quel momento; non centrava nulla. Ma forse perché quella era
stata la prima volta in cui aveva veramente odiato qualcuno di esterno alla sua
stessa famiglia.
Sirius
sorrise stancamente.
“Non
ho mai detto di esserlo. Ma anche quella volta, non ti volevo mica fare fuori,
Piton. Volevo che ti spaventassi, sì, e forse anche che ti facessi male.
Ma ero solo un ragazzino stupido” spiegò sbuffando.
“Balle”
ringhiò Severus.
Sirius
fissò il muro, assorto, quindi assottigliò gli occhi, come
immerso nel tentativo di ricordare.
“E’
vero, l’idea che qualcosa di grave potesse succederti mi era balenata in
mente. –ammise lentamente, pesando le parole- Dopotutto, si trattava pur
sempre di un Licantropo, non di un barboncino. E non mi era dispiaciuta. Ma era
solo un’idea remota e irrealistica, Piton, mi dispiace: se stai cercando
uno che ti voleva morto, non ero io. Era James” concluse, raccogliendo il
piatto dal tavolo e vuotandolo nella spazzatura.
“Potter…
Tutti dicevano che era accorso a salvarmi…” commentò Piton
sarcastico.
“Oh,
ma è vero –replicò Sirius- E’ andata così.
Vedi, Piton, tra il sognare una persona morta e il farla morire davvero ne
corre di strada. James era un persona buona, checché tu ne pensi”
Sbadigliò,
tornando a sedersi.
Severus
si guardò intorno con la coda dell’occhio.
Sembrava
improvvisamente più calda, quella stanza. Più comoda, quasi.
Osservò
Black riempirsi il bicchiere di whiskey, in silenzio.
“Credo
di averlo sempre saputo –mormorò a fatica- La Evans
non era così stupida, per una Mezzosangue. “ commentò
tristemente.
Sirius
sorrise tra sé, riempiendo un secondo bicchiere.
Non
rispose.
“Eravate
davvero idioti. E perfidi, sì. Ma è come hai detto, Black, tra il
sognare una persona morta e il farla morire ne corre di strada. Quando ho
capito a cosa avrebbe portato il mio resoconto sulla Profezia, quella è
stata la goccia cha ha fatto traboccare il vaso. Sono andato da Silente e ho
offerto la mia collaborazione”
Aveva
parlato a rilento, pensieroso. Durante il brevissimo monologo, la sua mano si
era stretta intorno al bicchiere che Black gli porgeva, per poi farlo
dondolare.
Non
aveva espressioni riconoscibili.
Sirius
lo guardò, chiedendosi se doveva aspettare che proseguisse da solo, ma
la sua naturale curiosità ebbe il sopravvento.
“Perché
sei diventato un Mangiamorte, Piton?” chiese a bruciapelo.
La
domanda urtò il suo suscettibile interlocutore. Ma quando lo
guardò, Severus non gli scorse in viso che un forte interesse.
Scrollò
lentamente la testa.
“Non
lo so più nemmeno io, Black” ammise, incerto se volesse o meno,
lui stesso, approfondire la questione.
Sirius
scrollò le spalle bevendo un sorso.
“Me
lo sono sempre chiesto sai… E poi tu sei un Mezzosangue.”
osservò atono.
Piton
sbuffò, le labbra serrate.
“Non
ha molta importanza, Black. A volte si ha davanti una strada già
tracciata” ribattè con ovvietà,
come se lui fosse stato un alunno scarso che non capiva una lezione molto
semplice.
Ma
Sirius diniegò con convinzione.
“Io
a questo non ci credo. E se così fosse, allora perché poi hai
tradito?” insistette serio.
Piton
incrociò le braccia, irrigidito.
“Forse
non ho tradito affatto, Black, e tradisco voi” ribattè
malignamente.
Sirius
si limitò a ridacchiare, spiazzandolo.
“Lo
direi anche io, come sempre, sennonché a poche ore dalla mia morte non
ho più voglia di essere l’archetipo di me stesso” osservò
calmo.
Severus
Piton sollevò un sopracciglio, scettico.
“Complimenti
Black, vedo che ti stai facendo una cultura nella biblioteca di famiglia…
Parli quasi come una persona civile” commentò caustico.
Ma
sul viso gli aleggiava qualcosa –fatto assolutamente straordinario per
Severus Piton- di vagamente simile ad un sorriso divertito. Oh, certo, ci
voleva una grande capacità di immaginazione per individuarlo,
perché appunto si trattava di Severus Piton, ma l’angolo delle sue
labbra era vagamente arcuato e qualcosa di infinitesimale gli danzava negli
occhi neri. Un nonnulla, ma Sirius Black era un uomo fantasioso, e riconobbe la
cosa per quello che era.
E
ridacchiò di nuovo.
“Non
ci tradisci perché non tradiresti Albus. Per questo lo ucciderai” affermò
tranquillamente, esponendo quel che pareva per lui essere un dato di fatto.
Piton
sussultò, a chinò lo sguardo.
“Non
so più se lo farò” ammise scostante.
“Ma
certo che lo farai, Snivellus. Per lo stesso motivo
per cui io mi suiciderò”
Piton
sollevò lo sguardo, irritato sentendogli pronunciare l’odiato
soprannome, e scorse l’antico, irriverente brillio in quello sguardo
spento. La cosa in qualche modo, invece di urtarlo lo sollevò.
Non
erano ancora carcasse. Erano ancora
capaci di reagire e combattere.
“E
quale sarebbe questo motivo, Black?” domandò incuriosito.
“E’
sempre il solito, dal 1789, Piton… Liberté, egualité,
fraternité…” canticchiò
assorto.
“E
ne sai persino di storia… Quante sorprese. Chi l’avrebbe detto che
ci stessero tante cose in un cervello di dimensioni tanto esigue…”
continuò Severus con un leggero sbadiglio.
“…Perché
Mangiamorte, Severus? Un uomo, mi scoccia dirlo, della tua
intelligenza…” continuò Sirius con amarezza, perso a seguire
il filo dei propri pensieri.
“Ero
giovane. Ingenuo. Sfortunato e arrabbiato per le mie disgrazie, avevo fame di
rivalsa” rispose Piton con leggerezza, come se tutte quelle informazioni
non lo riguardassero affatto.
Sirius
scoppiò a ridere.
“Povero,
piccolo Snivellus!” esclamò piccato.
Ma
Piton, strano a dirsi, non se la prese.
C’era
qualcosa di strano nell’aria, intorno a quel tavolo. Di inidentificabile, ma gradevole. Forse era il fatto di
essere seduti lì, due uomini morti in marcia, con angoscianti pesi da
sopportare. Forse, il fatto che non avevano più niente da perdere,
nemmeno la faccia. Ma qualunque cosa fosse, per la prima volta da moltissimo
tempo Severus Piton si sentiva quasi rilassato, ed era un vero controsenso
vista la situazione fosca e dolorosa.
Probabilmente
era inutile cercare di spiegarselo. Niente, nella loro situazione, era normale,
niente andava più secondo natura, perciò non v’era ragione
per cui le loro reazioni dovessero invece farlo.
E
a giudicare dalla totale mancanza di malizia nella sua risata, Sirius Black
doveva pensarla grossomodo come lui.
Gli
prese il bicchiere e li riempì di nuovo entrambi.
“Anche
io ero parte di quelle cose, Piton, ma sono sempre stato da questo
lato…” osservò pensoso.
Severus
scrollò la testa.
“Tu
eri un Grifondoro. Era diverso”
ribattè compito.
Sirius
aggrottò la fronte.
“Io
sono io, non dipendo dalla mia Casa” ribattè
sostenuto, scoccandogli un’occhiataccia.
“Forse
no, Black –rispose Piton seccato- Ma a meno che tu non sia davvero la
creatura superiore che ritieni, e ne dubito, dipendi da chi hai avuto vicino.
–prese fiato- A te Potter, con tutti i suoi chiari limiti, a me Malfoy.” esemplificò, piegando la testa.
“E
i Black, allora? Perché loro non mi hanno segnato?” ribattè Sirius scettico.
Severus
sospirò rassegnato.
“Al
contrario. Sono stati talmente stupidi da esasperarti al punto da spingerti a
detestare tutto ciò che ti poteva accomunare a loro. Esattamente come
mio padre, Black. Il mio padre… Babbano” sibilò irritato
l’ultima parola.
Sirius
gli affisse in faccia lo sguardo, ma questa volta Severus non si sarebbe spinto
oltre.
Tobias
Piton era un ricordo suo, e suo soltanto. Non ne avrebbe parlato nemmeno sul
letto di morte, perché quella ferita bruciava troppo, come se ogni
giorno venisse rinnovata.
Sirius
parve comprenderlo, perché bevve di nuovo fissando l’ora.
“E’
tutta colpa tua, comunque. Tu sei andato a spiattellare a Voldemort della
Profezia- -esclamò risentito- Come si fa ad essere così idioti da
dare retta a uno che vuole distruggere il mondo?” aggiunse con vaga
petulanza.
Severus
sospirò.
“Sei
il solito, Black, tagli tutto con l’accetta. Voi Grifondoro non sapete
cogliere le sfu-…”
“Oh,
Godric, queste sfumature! Che palle!” lo
interruppe Sirius levando gli occhi al cielo.
“Beh,
è così” ribattè Severus
irritato.
“E
le tue stupide sfumature a cosa servivano? Oh,
sì, è un pazzo sanguinario ma mi farà vendicare di
papà?” domandò Sirius canzonatorio.
Piton
lo guardò storto, arricciando le labbra con sdegno.
“Perché
le masse seguono un dittatore, Black, te lo sei mai chiesto? In linea generale,
intendo - Sirius lo guardò vacuo, e annuì- E sei mai stato in
grado di rispondere? Voglio dire –lo anticipò- tralasciando tutte
le spiegazioni sociologiche e psicologiche, tutta la teoria… Hai mai
capito quel’è la scintilla che spinge
migliaia di uomini a seguire un leader indipendentemente
dall’illogicità delle sue idee?”
Sirius
sgranò gli occhi con una smorfia colpita, scuotendo il capo, e diniegò.
“E
allora perché dovrei farlo io?” concluse Severus apparentemente
tediato.
La
pendola suonò le undici.
Tacquero
per qualche istante.
“E’
strano. Mi sembra incredibile che da qui a poco non avrò più
tutto questo” mormorò Sirius soprappensiero.
Piton
gettò intorno uno sguardo perplesso ed esagerato, percorrendo la stanza
antiquata e severa, le pareti scrostate e il corridoio angusto che si
intravedeva dalla porta.
“Non
mi sembra una grave perdita, Black” commentò piatto, per mitigare
la cupezza.
Sirius
rise, una risata sforzata e divertita.
“Sentir
suonare un pendolo… Un urlo per la strada… La sensazione di una
superficie ruvida sulla pelle, o dell’acqua… Una luce forte che fa
male agli occhi… Sono tutte cose scontate, no?” aggiunse, assorto.
Piton
scrollò la testa.
“Ci
ha ripetuto talmente tante volte che è per una giusta causa che forse
abbiamo smesso di pensare a tutto il resto” commentò meditabondo.
Sirius
guardò quel viso, per la prima volta mobile e autentico, stupendosi di
quanto non fosse inumano e sgradevole come aveva sempre professato.
Gli
lanciò contro un mozzico di pane.
“Ma
sei stupido, Black?” sussultò piton.
“Uccidilo,
Severus. –bisbigliò, chiamandolo per la primissima volta con il
nome proprio- Uccidilo perché non c’è scelta. Siamo tutti
morti perché tu adesso possa uccidere Albus Silente e portare Harry Potter alla vittoria”
Severus
Piton lo guardò negli occhi. Incerto, contrariato. Ma in quelli grigi di
Black scorse quel che probabilmente giaceva anche in fondo ai suoi. La fermezza
di chi è pronto a tutto per una causa nobile.
“Capirai…
Non sognavo altro che trasformare Potter in un eroe mondiale” ribattè sarcastico.
Ma
tutti e due sapevano che quella risposta era un sì.
La
porta del 12 di Grimmauld Place
si aprì di nuovo, facendoli tacere.
Un
passo strascicato avanzò verso la cucina.
Sirius,
Piton se ne avvide, lo riconobbe dopo un pugno di secondi, senza bisogno di
vedere chi fosse, solo dal modo di camminare.
“Ciao,
Remus” esclamò allegramente.
La
recita incominciava, non c’erano più nessun suicida e nessun
assassino in quella stanza.
“Ciao
Sir-… Oh… Piton, che sorpresa”
Il
tono mansueto del Licantropo si era vagamente tinto di sorpresa. Lo guardava
tranquillamente, aspettando evidentemente una risposta.
“Buonasera
a te, Lupin” rispose tagliente.
Remus
si voltò verso l’amico.
“Ho
portato della torta alle fragole avanzata di Molly.
Ne vuoi una fetta, Severus?” domandò spostando per un istante gli
occhi da Black.
“Sono
un po’ di fretta, Lupin, mi aspettano ad
Hogwarts –rispose lui alzandosi- Grazie lo stesso” concluse acido.
“Certo.
Oh, aspetta –Remus scomparve rapido nella stanza a fianco- Ti devo
dare… Dove l’ho messo?” borbottò tra sé.
In
sua assenza, Sirius aveva afferrato velocemente un coltello e scoperchiato la
teglia. Si accinse velocemente a tagliare una fetta dal rimanente della torta e
la avvolse un grosso tovagliolo.
Gli
fece segno di infilarla nel mantello, e Severus, perplesso, la afferrò e
ve la fece sparire senza quasi rendersene conto.
Lupin rientrava in quel momento con un plico di fogli.
“Di
Kingsley, dal Dipartimento. Sono informazioni che
Albus aveva chiesto” spiegò porgendoglielo.
“Va
bene. Buonanotte, signori” concluse lui secco, avviandosi verso la porta.
“Ah,
aspetta, Piton, Arthur ha dato qualcosa anche a
me!” esclamò Black d’un tratto, seguendolo fuori dalla
cucina.
Balzando
sulle gambe ossute, salì le scale due a due.
Piton
attese nell’atrio, scrutando innervosito la tenda chiusa sul ritratto.
Quando
Sirius riscese, Piton osservò con stupore l’oggetto che
delicatamente impugnava: lo si sarebbe detto… uno specchio, il che era
assurdo.
“Harry ha il gemello. Suo padre e io li usavamo per
comunicare a distanza. Se... quando verrà il momento cercasse di usarlo
per parlarmi, non so se riuscirei a resistere dal rispondere. Tienilo tu. Un
giorno glielo restituirai” raccontò d’un fiato, gli occhi di
nuovo disperati che saettavano da un lato all’altro della stanza.
Severus
tacque per qualche istante.
“Va
bene, Black. Buonanotte” rispose senza inflessione.
“Sirius!
Nei tre secondi in cui ho lasciato la cucina ne hai già mangiato un
pezzo!” li raggiunse la protesta rassegnata di Remus.
Sirius
gli fece un cenno divertito in quella direzione. Un cenno d’intesa, si
trovò a stupirsi Piton. Perfettamente recepito, peraltro.
“Allora
noi ci vediamo ancora una volta, giusto?” chiese con uno sbuffo.
Severus
annuì.
“L’ultima.”
mormorò.
“Buona
fortuna, Severus. E fallo. Fallo e basta” concluse Black, chiudendo la
porta davanti a lui.
Grimmauld Place taceva,
fiocamente illuminata dai lampioni.
Ah… Ho usato Snivellus anziché Mocciosus
perché mi piace di più.
Un’altima
cosa… Sono molto insicura su questa parte, mi piacerebbe davvero che mi
diceste cosa ne pensate.
Grazie
X Mixky:
Geniale addirittura mi sembra un po’ troppo. ^__^ Anche se io sono un
genio, e sono anche molto bella ed interessante. Scherzi a parte, ti ringrazio.
E in cambio aggiorno prima che posso, sperando di incontrare ancora il tuo
favore.
X Morgan
Snape: dal nick direi ceh sei una fan di Severus, il che mi onora doppiamente
visto che dubito i suoi fan mi amino particolarmente –scrivo solo sui marauders- e mi fa molto piacere che ti piaccia il mio
stile.
X maddy91: anche io ho avuto
molte perplessità su Piton. Per quanto mi riguarda attualmente non ho
dubbi che Severus abbia ucciso Silente su commissione di Silente medesimo, ma
è solo una mia idea, eh. Grazie per i complimenti e a presto
X Kerian:
spero di aver soddisfatto la tua curiosità e di aver continuato ad
interessarti. Felice di sapere che la trovi scritta bene, è una cosa
molto importante.
Bye