Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: ferao    10/01/2012    11 recensioni
- Cos’è quello, Bunbury? - domandò a bassa voce Evangeline, vedendo arrivare Percy.
Bunbury smise di osservare un gruppo di maghi e puntò gli occhi da avvoltoio sul ragazzo. - Temo sia lo sposo, Evangeline.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Percy Weasley | Coppie: Audrey/Percy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Una brezza lieve'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
… l’avete vista? Avete visto la scrittina in grassetto, proprio lì, sotto alla tendina dell’elenco dei capitoli?
Quella che dice che questa storia è tra le Scelte del sito?
Ebbene sì. È reale, dal 20 dicembre 2011.
E ancora non me ne capacito.
Grazie ancora – e non solo per questo – a Fata Blu, che ha avuto il coraggio di segnalare la mia storia. Percy ed io te ne saremo grati in eterno.
(Perché Percy? Perché finora questa è l’unica, tra le Scelte, che lo veda figurare come protagonista! Se non sono soddisfazioni queste…)
E grazie a tutti voi, lettori, che inconsapevolmente o no mi avete spinta a continuare questa storia.


Poi: sì, c'è molto buonismo e molta filosofia spicciola in questo capitolo. Lo so.
Poi: niente, se volete altre note andate in fondo ^^






Riempire i vuoti

 

 
Il motivo per cui la signora Weasley, per la vigilia di Natale del millenovecentonovantotto, avesse deciso di invitare alla Tana molte più persone di quante la Tana stessa riuscisse a contenere, rimase per qualche tempo un mistero. Nemmeno Arthur, all’inizio, era riuscito a scucirle una parola in proposito; tutto ciò che Molly aveva detto al riguardo era che “il Natale va passato con le persone importanti della nostra vita, non tra i soliti quattro gatti”.
- Beh, cara - obiettò Arthur quando venne il venti dicembre, - “quattro gatti” non mi sembra proprio il modo giusto di descrivere la nostra famiglia…
Molly non lo stava ascoltando, intenta com’era a sorvegliare la ripulitura del vasto calderone di rame che doveva servire per la più colossale zuppa di pesce della sua vita. Il signor Weasley insistette, un po’ nervoso.
- Insomma, siamo già tanti di nostro! Voglio dire, hai provato a contarci? - Alzò la mano destra e iniziò lui stesso a farlo. - Io e te, Bill e Fleur, Charlie – viene persino Charlie, ti rendi conto? Percy, Audrey e la bambina, Ron, Hermione…
- E i signori Granger.
Arthur sospirò. - Che bisogno c’era di invitare anche loro?
Molly sollevò un attimo gli occhi dal pentolone. - Te l’ho detto: sono importanti.
- Va bene, va bene… Comunque, così siamo già a dodici persone. Se poi consideri che ci sarà anche Harry, tredici. E infine Ginny, George e F…
Il signor Weasley si zittì di botto, colpito da una fitta alla bocca dello stomaco. Sua moglie non parve accorgersene: osservò attentamente la pentola lucidata a dovere, poi, con un colpo di bacchetta, la mise tra quelle che intendeva usare per la sera della vigilia.
- Adesso hai capito perché voglio avere tante persone in casa, a Natale - mormorò dopo qualche secondo, con un sorriso che proprio non riusciva a celare ciò che provava davvero. Arthur annuì, col cuore che batteva a mille.
- Sì, ho capito - rispose, la voce malferma.
Fecero silenzio, guardandosi dritti negli occhi. Non c’era mai stato tanto imbarazzo e al contempo tanta comprensione tra loro, mai.
- Credo che quel pentolone sia troppo piccolo per tutti quanti - disse poi Arthur, piano. - Vado a cercarne uno più grande in soffitta…
E si dileguò, dando modo alla moglie di asciugarsi, non vista, una lacrima solitaria apparsa sul bordo di una palpebra.
 
 
 
 
 
 
Audrey era rimasta assai sorpresa dal fatto che la sua futura suocera avesse davvero invitato i Bennet per la vigilia di Natale; la sorpresa più grande, però, l’ebbe quando scoprì che tutti i suoi parenti avevano accettato l’invito con piacere.
Non ci fu neanche bisogno di insistenze da parte di Lucy: le bastò annunciare con voce forte e chiara, durante il pranzo che si tenne domenica venti dicembre da Roman, che la madre di Percy desiderava che tutti loro fossero ospiti a casa Weasley per la sera della vigilia.
- Ovviamente non ci presenteremo a mani vuote - aggiunse poi minacciosa, squadrando i nipoti. - Saremo una trentina di persone, contando anche i bambini, quindi levatevi dalla testa che la mia consuocera cucini per tutti quanti voi! È chiaro?
La successiva reazione delle donne Bennet fece capire quanto quella precisazione fosse inutile: tutte quante si produssero in un acutissimo ed entusiasta “SÌÌÌÌ!”, prima di iniziare a parlottare eccitate circa le cibarie e i regali che avrebbero portato. Ad esse fecero subito coro gli uomini, che sembravano persino più contenti delle loro mogli e ci tenevano a sottolinearlo con esclamazioni molto più rumorose.
Nessuno – nessuno – pensò di chiedersi perché una perfetta sconosciuta avesse voluto invitarli a Natale: quello, anzi, sembrava un dettaglio del tutto trascurabile. I Bennet, originari e acquisiti, erano gente socievole, allegra e festaiola, e qualsiasi occasione di farsi due risate e incontrare gente nuova era sempre ben accetta.
I soli a non spiccicare parola furono Percy e Audrey; osservarono la scena ammutoliti, e alla fine riuscirono solo a scambiarsi uno sguardo d’intesa.
Sono… sono impazziti! I tuoi parenti sono impazziti!
Vogliono davvero andare tutti da tua madre? TUTTI?!
No, è inconcepibile.
Sono d’accordo. Follia.
Quel raro istante di telepatia durò, appunto, solo un istante; a riscuotere i due fidanzati bastò un’esclamazione di Inge, che col suo potente vocione stava annunciando che avrebbe portato alla signora Weasley dei knödel fatti in casa.
- Mit fero speck von Südtirol, come mia tradizione vuole!
- Ma Inge, tu sei bavarese! Cosa c’entra il…
- Saul, vedi di non portare di nuovo quello schifo di whiskey che ci hai propinato la scorsa volta. Ho vomitato anche l’anima per colpa tua…
- Non l’ho portato io, è stato Jar!
- Cosa?! Non insinuare…
- Non insinuo, è andata così! Me lo ricordo bene!
- Tu, brutto…
Incredula, Audrey si coprì il volto con le mani. Sapeva che sarebbe successo; l’intuito femminile si era risvegliato in lei nel momento stesso in cui sua madre, con la sua solita delicatezza, le aveva schiaffato quella terribile notizia in faccia: la signora Weasley li voleva tutti alla Tana. Tutti.
Quella donna non si rendeva forse conto di quanti fossero i Bennet e di quanto potessero essere esplosivi? In effetti, nessuno avrebbe potuto sospettare la vera natura di quella famiglia, se non conoscendola da vicino. Generalmente, l’idea che si facevano coloro che sentivano solo parlare del clan era: “Ah, beh, sono mezzi nordici, quindi sono di certo altezzosi, freddi e riservati. È ovvio, tutti gli scandinavi sono così: lo sanno anche i bambini!”
Bah; inglesi. Se sapessero invece quanto possono essere pazzoidi i norvegesi, non si fermerebbero a simili sciocchi pregiudizi.
Questioni di sangue a parte, Audrey sentiva che non era decisamente il caso di far conoscere così presto la sua famiglia ai Weasley. Non sapeva esattamente perché, ma… no. Meglio di no.
Per questo, da quando aveva sentito la madre parlare dell’invito alla Tana come se fosse la cosa più figa del mondo, non aveva smesso di sperare che un qualche motivo avrebbe impedito la grande riunione: che so, magari uno dei suoi cugini (insieme alla rispettiva moglie e ai rispettivi marmocchi) poteva essere già impegnato per la sera del ventiquattro dicembre e non sarebbe – purtroppo! – intervenuto.
O magari due cugini. O magari tutti. Non poniamo limiti alla speranza.
Insomma, fino all’ultimo si era augurata di non dover davvero presentare tutti i suoi parenti alla famiglia di Percy, non subito almeno. Non perché si vergognasse di loro, ovvio… ma non si sa mai.
Non si sa mai quello che possono combinarti dieci adulti e sei minorenni tutti assieme. Soprattutto se sanno essere così imbarazzanti.
Tuttavia, nel vedere i suoi zii e i suoi cugini (nonché le loro mogli e figli) felici ed elettrizzati per quella festa improvvisata, Audrey realizzò finalmente quello che avrebbe dovuto capire almeno vent’anni prima: i Bennet non erano una famiglia, ma un’orda; e, da che mondo è mondo, le orde si muovono sempre in massa.
Sempre.
Anche a costo di trasformare una cena di vigilia da quindici persone in una da trenta.
Ma se fossero trecento sarebbe la stessa cosa, per loro.
Oh, santo cielo.
(C’è da dire, ora come ora, che, se davvero Audrey avesse conosciuto la famiglia di Percy quando era ancora completa e al massimo del suo splendore, la semplice preoccupazione che provava in quel momento sarebbe stata sostituita da un vivo terrore, e la ragazza si sarebbe di certo impegnata al massimo per impedire quel cenone.)
 
Da parte sua, Percy non sapeva se sentirsi sconvolto, preoccupato o imbarazzato; alla fine optò per una miscela tra i tre sentimenti. Smise di fissare con insistenza Jarne e Saul che rischiavano di strangolarsi a vicenda e iniziò a pensare.
E così, sua madre l’aveva avuta vinta di nuovo. Per motivi noti solo a se stessa aveva deciso che voleva tante persone attorno, a Natale – anzi, strano che non avesse invitato pure i genitori di Fleur! – e non si era fatta problemi a realizzare quel suo desiderio.
La complicità della signora Bennet, poi, l’aveva aiutata moltissimo.
Dannazione.
Provò ad immaginare cosa sarebbe successo la sera del ventiquattro, e rabbrividì: la sola idea di quel numero immane di persone riunite insieme gli fece scorrere tutta la vita davanti agli occhi, facendolo al contempo pentire di non aver indagato sulle origini e sul background familiare di Audrey prima di decidere di corteggiarla.
Esuberanti i Bennet, completamente folli i Weasley. E a quanto ne sapeva, sua madre non aveva limitato gli inviti a loro, oh no. Figuriamoci!
Sarebbe stata una serata pazzesca, pazzesca.
Tra l’altro, a pensarci bene, questa è la stessa identica situazione in cui ci troveremo al matrimonio: famiglia Weasley, famiglia Bennet e altre persone di varia provenienza, tutte assieme.

… oh no! Che cosa ho fatto?! Sarà… un disastro! Un cataclisma! Sarà il trionfo della gazzarra!
Già, la gazzarra.
Oppure no?
E se invece fosse stato il contrario? Se quell’anno la sua famiglia non fosse stata la solita famiglia, se non fosse stata in grado di festeggiare in allegria per quel motivo?
Diamine. Questo sarebbe decisamente peggio. Un milione di volte peggio. Ed è un’ipotesi talmente verosimile che potrebbe realizzarsi davvero.
D’improvviso sentì un gran bisogno di conforto; guardò di nuovo Audrey, ma lei non lo notò: si era tolta le mani dal viso e le aveva messe attorno alla bocca per amplificare la propria voce.
- Zia! - urlò, cercando di superare il cicaleccio di sottofondo. - Zia Maddie!
Magda era concentrata a parlare con Grace, per cui Audrey dovette chiamarla più volte prima di riuscire a catturare la sua attenzione.
- Cosa c’è, Aud? - gridò in risposta.
- Di’, ma volete davvero venire tutti quanti?!
La zia non riuscì a capire le parole di Audrey, e al suo posto rispose Grace.
- Ma certo che vogliamo, sciocchina! - esclamò ridacchiando. - Non ci perderemmo mai un’occasione del genere! E poi siamo contenti di conoscere i tuoi, Percy: devono essere brave persone, e tua madre è stata gentilissima ad invitarci!
Percy non rispose; riuscì solo ad accennare un sorrisino cortese, che tuttavia non cancellò il colorito giallognolo che il suo viso aveva assunto.
Subito dopo, Audrey ricambiò finalmente il suo sguardo; nonostante la confusione che li circondava e i rumori festosi che riempivano le loro orecchie, il pensiero che inconsciamente si scambiarono fu così chiaro e palese che sembrò essere stato pronunciato ad alta voce.
Andrà male. Malissimo.
 
 
 
 
“Oh, io invece mi divertirò un sacco! Finalmente avrò entrambe le nonne a coccolarmi, e tutti gli zii riuniti in un colpo solo! Se poi eviterete di mollarmi con i bambini come al solito, sarò completamente felice! Peccato che zio Ernie non potrà venire, magari lo possiamo invitare a Capodanno, che ne dite? Che bello! Arriva il Natale! Festa! Non siete contenti?”
La scoppiettante allegria che pervadeva la piccola Molly non rese i suoi genitori più ottimisti. Neanche un po’.
Una cosa del genere, se normalissima per uno come Percy, potrà sembrare strana se rapportata ad un tipo solare come Audrey; beh, invece la situazione era proprio questa: mentre la loro figlia si esibiva in gorgoglii incomprensibili ma entusiastici, accucciata sul tappeto di casa loro, i due neofidanzati sedevano l’uno di fronte all’altra sul divano, piuttosto lugubri.
- Quindi… - esordì Percy, dopo essersi schiarito la voce. - Quindi…
- Sì.
- Quindi… verranno tutti.
- Così pare.
Sospirarono.
- Beh, perlomeno tua madre sarà contenta.
- Oh, sì - gemette Percy. - Almeno lei.
Silenzio.
- Sarà…
- … tremendamente imbarazzante, sì.
- I miei si comporteranno malissimo, ne sono sicura.
- Io non ho idea di ciò che faranno i miei, quindi sono in condizioni peggiori delle tue.
- I miei rovineranno tutto.
- Fidati, non ci sarà nulla da rovinare. Sarà già abbastanza rovinoso di per sé.
Ancora silenzio.
- Scusa, ma… - mormorò Audrey. - Posso chiederti una cosa?
- Certo.
- Sinceramente - chiese Audrey, - perché ti stai lamentando?
Percy sgranò gli occhi. - Come, prego?!
Audrey ci pensò su, cercando il modo di spiegarsi meglio. - Sì, insomma… che io abbia delle riserve sul presentare i miei parenti è chiaro, visto come sono fatti e cosa sono capaci di combinare… ma, ora che ci penso, perché tu dovresti sentirti imbarazzato per la tua famiglia? Voglio dire, tuo padre è fantastico, tua madre è adorabile, e i tuoi fratelli sono…
Percy deglutì e smise di ascoltarla. A parte il fatto che a lui non sembrava per nulla chiaro il perché lei dovesse vergognarsi dei Bennet… era davvero possibile che non capisse? Che non fosse evidente il motivo per cui non desiderava quell’incontro?
Come te lo spiego, Bennet? Da dove comincio?
Dal fatto che mia madre non aveva mai preso un’iniziativa del genere, e questo mi rende ancora più preoccupato sulle sue condizioni?
Dal fatto che i miei fratelli saranno anche fantastici, ma non sono più gli stessi, soprattutto uno?
Dal fatto che è il primo Natale senza Fred e senza tanti altri, e nessuno di noi sa che cosa diremo o faremo quando diventerà inevitabile pensare anche a loro?
Come faccio a dirti che questo sarà il nostro Natale peggiore, e che imporremo la nostra tristezza anche alla tua famiglia?
Eh, Audrey, come faccio?
- … se è a questo che pensi, sai che non ci importa.
Si riscosse. - Cosa, Aud?
Lei fece un mezzo sorriso. - Sai, quello. Il fatto che a un certo punto saremo tutti a disagio e non sapremo cosa dire, perché non si può non pensare a chi manca. Ecco… forse non conosci ancora bene i miei cugini, ma posso assicurarti che sanno bene cos’è la comprensione. E poi… scusa, ma magari è proprio questo che tua madre vuole, no? Avere tante persone accanto a sé per… riempire i vuoti.
Non posso crederci. Tu mi leggi nel pensiero.
Giuro che ti sposo, Bennet.
… ah, già, lo sto per fare comunque.
- Secondo te è possibile, Perce?
Audrey attese una risposta che non arrivò. Meno di un istante dopo si ritrovò stretta un improvviso abbraccio, un abbraccio goffo, ossuto e triste, ma anche caldo e amorevole come non ci si aspetterebbe mai da Percy Weasley.
- Sì, è possibile - mormorò lui. - È possibile.
La ragazza non capì quel gesto, ma non le importò; si limitò a ricambiarlo, molto meno pessimista di prima.
Seduta sul tappeto, felice, Molly seguitava i suoi discorsi entusiastici ma incomprensibili.
 
 
 
 
La mattina del ventiquattro dicembre faceva un freddo tremendo, molto più del solito. Girava voce che a Natale avrebbe nevicato, ma i più non ci credevano; pensavano che sarebbe solo venuto giù un po’ di pioggia, che il gelo avrebbe trasformato in ghiaccio giusto per complicare le cose ai poveri inglesi costretti a muoversi in automobile.
Tutto ciò ovviamente non tangeva affatto i maghi, che quindi non si preoccuparono per nulla delle condizioni atmosferiche.
A parte Percy.
- Ma ho freddo! - protestò, quando Audrey, con un gesto poco gentile, gli sfilò un’orribile sciarpa arancione dal collo.
- Non fa niente, tu questa cosa non la metti.
- Ti prego! Congelerò!
Audrey sbuffò, annoiata. - Dobbiamo solo Materializzarci nel cortile della Tana, non morirai per qualche secondo di aria fredda sul collo.
- Come puoi esserne sicura?! - piagnucolò il ragazzo.
Oh Helga, dammi la forza.
- Se proprio devi conciarti come se andassimo in missione in Groenlandia, almeno metti una sciarpa di un colore decente. Non ne hai altre?
- Sì, ma a questa ci tengo! Era un regalo!
- Ah sì? E da parte di chi?
- Di Pen…
Cosastaidicendofermati! Pazzo! Vuoi che Audrey ti uccida per davvero?
In effetti lo sguardo di Audrey emanava tutto tranne che benevolenza e affetto.
- … di… Perkins, un collega di mio padre.
- … Perkins.
- Ehm. Già, proprio lui. Lo conosco da parecchio, e… ehm… Beh, sai com’è…
Audrey alzò un sopracciglio, con un’espressione severa così simile a quella di lui che Percy si spaventò non poco.
No, cavolo, Perce, non puoi passare dei guai per una storia così vecchia. Sei innocente, del tutto innocente, devi solo convincere Bennet di ciò. Respira, non arrossire e andrà tutto bene. Respira e non arrossire. Non. Arrossire.
- Il pensiero di Perkins ti fa arrossire così tanto, Percy?
Dannazione!
- Ehm… ecco…
Deglutì a vuoto e si preparò a confessare di aver commesso l’orrendo crimine di conservare un vecchio regalo della sua ex; in quella, però, il Fato – impersonato da Lucy Bennet – intervenne a salvargli la pelle (e forse qualcos’altro).
Si sentì scampanellare e bussare alla porta in rapida sequenza. Audrey lanciò un’occhiata di fuoco a Percy, poi andò ad aprire, lasciando entrare una specie di turbine con braccia, gambe e cappotto chiaro.
- Ancora qui? È tardi! Molly ha bisogno di noi, e voi ve ne state qui a cincischiare! - esplose la signora Bennet, preda di un’agitazione senza precedenti. - Non siete ancora pronti, vero? Oh, lo sapevo che non dovevo fidarmi di voi! Adesso faremo tardi e…
- Mamma - rispose Audrey, placidamente, - noi siamo pronti. Aspettavamo te.
La signora Bennet si fermò e osservò i due ragazzi: vestiti di tutto punto, cappotti compresi. Persino la sua nipotina era pronta ad uscire.
- Benissimo - fece, senza scomporsi. - Vediamo allora di darci una mossa. Butta via quello straccio, Aud, e andiamo.
Con un sorriso maligno, Audrey gettò lontano la sciarpa arancione e seguì la madre, mentre alle sue spalle Percy non ebbe il coraggio di protestare ancora.
 
 
 
Per preparare gli addobbi di Natale la signora Weasley non aveva voluto nessun aiuto: aveva provveduto da sola a creare le ghirlande e i festoni che abbellivano l’interno e l’esterno della Tana.
Aveva dovuto però cedere alle insistenze di Lucy, che voleva a tutti i costi darle una mano per preparare l’immenso cenone che li aspettava quella sera. - Più di metà degli invitati appartengono alla mia famiglia, - aveva detto, - e il minimo che possa fare è aiutarti.
Naturalmente l’offerta di aiuto coinvolgeva, non si sa bene per quale motivo, anche Audrey; questa però si era rifiutata di andare alla Tana da sola, trascinando quindi con sé futuro marito e figlia verso le ignote attività che avrebbe svolto quella mattina.
Fu così che, verso le nove del mattino di quel ventiquattro dicembre, si presentarono tutti e quattro alla porta della Tana. Non appena l’uscio si aprì, qualcosa di estremamente familiare colpì i sensi di Percy: non era chiaro cosa fosse, forse un odore particolare, o il calore stesso della casa che lo avvolse in modo diverso dal solito… qualcosa di impalpabile, che però c’era.
C’era, e gli fece subito venire in mente un pensiero felice e triste allo stesso tempo: quello era il primo Natale che passava alla Tana da tre anni a quella parte.
Pensiero felice, perché finalmente era lì, di nuovo, come una volta. Pensiero triste, perché se avesse saputo prima come sarebbero andate le cose non avrebbe sprecato tutto quel tempo, tutti quei giorni, tutti quei Natali. E nulla era più come una volta.
Ricacciò indietro quel pensiero quando vide suo padre avvicinarsi a loro, salutarli e prendere in braccio la bambina. Se Arthur riusciva a resistere alla tristezza che lo attanagliava, anche lui doveva farcela.
Lo doveva a tutti quanti.
- Eccovi qui! - fece una voce poco distante. La signora Weasley era apparsa nell’ingresso, un lungo grembiule addosso e le mani sporche di farina. Diede un grosso bacio alla bambina, che espresse il suo gradimento con gridolini festosi, e poi si fiondò a salutare gli altri.
- Lucy, Audrey, mi dispiace avervi scomodate così, ma…
- Poche ciance, vecchia mia - tagliò corto la signora Bennet. Lasciò il cappotto a Percy, imitata dalla figlia, e seguì la donna in cucina. Rimasto indietro con la scusa di posare i soprabiti, Percy si avvicinò ad Arthur.
- Come sta? - chiese a voce bassissima.
- Se ti dicessi che è rimasta in piedi tutta la notte per creare questi addobbi e all’alba si è messa il grembiule per cucinare, cosa ne dedurresti?
Percy sospirò, già scoraggiato in partenza.
- Perché il Natale viene anche quando non deve? - chiese in un gemito.
Arthur alzò un angolo della bocca. - È ovvio: per ricordarci quello che non dobbiamo dimenticare.
- E cioè?
- Che il tempo passa e ogni vuoto si riempie, prima o poi.
Curioso: aveva già sentito parlare di una cosa del genere, di recente; in quel momento però gli sembrava un’idea molto sciocca. Lì per lì non se la sentì di ribattere a suo padre, di dirgli che tutto quel discorso era una stupidaggine, che ci sono vuoti troppo, troppo profondi per sperare di colmarli in qualche modo, che niente avrebbe ridato a Molly il suo Fred; lo sguardo azzurro di suo padre era stanco, ma pieno di una strana fiducia che Percy non si sentì in diritto di mettere in discussione.
Forse era meglio non farlo. Forse era meglio tenere per sé quel pizzicore che gli era sorto nel petto nel momento stesso in cui aveva messo piede nella casa della sua infanzia.
Meglio, sì. Meglio per tutti gli altri.
Appese i soprabiti all’attaccapanni e si avviò verso la cucina a lunghi passi.
 
Non si poteva dire che Molly non si fosse data da fare, mentre aspettava Lucy e Audrey: più di una pentola gorgogliava già sul fuoco, nonostante mancassero ancora parecchie ore al cenone. Almeno tre odori diversi, divisi tra carne, pesce e chissà cos’altro, si litigavano il predominio dell’aria nella piccola cucina.
- Sono ricette particolari, vanno cotte molto prima di servirle - spiegava Molly alla signora Bennet. - La maggior parte sono segreti di famiglia; è un peccato che a Ginny non interessi la cucina, magari quando sarà più grande…
- A Audrey interessa molto la cucina! - proclamò la signora Bennet, dando una gomitata alla figlia. - Non è vero che ti interessa, tesoro?
Audrey resistette alla tentazione di accasciarsi a terra e ululare dal dolore – perché rimediava sempre gomitate nelle costole? Perché? – e rispose: - S-sì, a volte…
Molly le rivolse un gran sorriso. - Davvero? Mi fa piacere! Ai miei tempi, le ragazze imparavano a cucinare piuttosto presto… ora invece sembra che non sia più di moda.
- Sciocchezze! Mia figlia cucinava già a otto anni! - la interruppe di nuovo Lucy, gonfiando il petto.
Audrey aggrottò le sopracciglia. - Mamma, a quell’età sapevo fare a malapena l’impasto dei cupcakes! - voleva dire, ma stavolta quello che rimediò fu un pestone sul piede, mentre la signora Weasley era distratta.
- Non sai quanto mi rende felice sentirlo - chiocciò questa, voltandosi di nuovo verso Audrey. - Anzi, che ne dici di darmi una mano a preparare tutto quanto? Sarebbe bello vederti all’opera!
Audrey deglutì a vuoto – brutta abitudine copiata da Percy. L’offerta era gentile, così come il tono di voce con cui era stata espressa; e la signora Weasley non era esattamente il tipo di persona che si vorrebbe rischiare di offendere: farlo sarebbe stato come insultare un tenero, indifeso cucciolo di Puffola Pigmea.
E Audrey adorava i cuccioli di Puffola Pigmea.
- Molto volentieri, signora Weasley - rispose, senza nemmeno riflettere sulle conseguenze di quella frase avventata.
- Oh, meraviglioso! - esclamò la signora Bennet. - Vedrai, Molly, non rimarrai delusa… Audrey se la cava benissimo con gli incantesimi domestici!
L’enormità di quella bugia fu tale che Audrey rischiò di urlare “Cosa?!” in faccia a sua madre, ma fu fermata dalla provvidenziale entrata in cucina di Percy e del signor Weasley.
- Arthur! Dov’è la bambina?
- L’ho lasciata a Ginny, non preoccuparti… i ragazzi sono tornati in un questo momento - spiegò con un sorriso. - Ci siamo persi qualcosa?
- Nulla di che - fece la signora Bennet, - Audrey si è offerta di aiutare Molly a cucinare, visto che sa cavarsela molto bene…
Percy sgranò gli occhi e fissò Audrey, incredulo. Lei alzò le spalle e scosse la testa, come a dire “non sono stata io!”.
- Non c’è nessun dubbio su questo, Lucy. - Molly si guardò attorno, poi prese un grosso sacco di patate dal pavimento e lo appoggiò con un tonfo sul tavolo. - Che ne dici se iniziamo con le patate al burro?
Audrey tirò un sospiro di sollievo.
Patate al burro. Facili. So farle benissimo.
Poi la mamma mi spiegherà che diavolo si è messa in testa oggi. Andare a dire alla madre di Percy che so cucinare, e soprattutto che sono brava negli incantesimi! Dev’essere impazzita in modo definitivo.
Beh, ci penseremo dopo. Patate al burro.
Si avvicinò al tavolo, un po’ incerta.
- Ehm… sì… vanno fatte a fette e messe in casseruola, no? - chiese, cercando di riordinare le idee.
- Credo che prima dovresti pelarle, tesoro - scherzò Lucy; Molly e Arthur risero in risposta, Percy no. Per un momento il ragazzo dimenticò il pizzicore e si concentrò su quanto stava accadendo.
Sapeva benissimo che Audrey non sarebbe stata in grado di aiutare sua madre: era una ragazza sveglia, molto dotata per la Trasfigurazione e persino per le Pozioni, ma uno zero assoluto con gli Incantesimi, a parte alcuni. Le rare volte in cui cucinava lo faceva alla maniera Babbana, completamente senza magia, un po’ perché in questo modo si rilassava di più, un po’ perché con la bacchetta avrebbe potuto provocare danni irreversibili alla casa e ai suoi abitanti.
Per tutta questa serie di motivi, era piuttosto improbabile che Audrey si fosse offerta spontaneamente di aiutare la signora Weasley; quindi – ragionò Percy – doveva essere stata spinta a ciò dalla signora Bennet. E siccome la signora Bennet non faceva mai nulla per nulla, doveva esserci uno scopo nascosto dietro tutto ciò.
Ma quale?
(Percy non poteva arrivarci, ma noi sì. Come sappiamo, la filosofia di vita della signora Bennet comprendeva parecchi principi di vecchio stampo: tra questi c’era l’idea che, quando stava per maritarsi, una ragazza dovesse dimostrare di saper badare ad una famiglia ed essere una brava padrona di casa, soprattutto a sua suocera. La signora Bennet voleva cogliere l’occasione di quel cenone per manifestare alla signora Weasley le capacità di sua figlia, pensando così di far bella figura ai suoi occhi ed aiutare Audrey.
Come però potrete vedere, in tutto ciò Lucy non aveva calcolato il piccolo dettaglio dell’imbranataggine di sua figlia. Anche i migliori sbagliano.)
 
- Pelarle? S-sì, certo, è ovvio… - borbottò Audrey.
- Beh, allora fallo! Le patate non si preparano mica da sole! - fece di nuovo Lucy; mentre i coniugi Weasley si scambiavano un sorriso intenerito, la signora Bennet, non vista, lanciò a sua figlia uno sguardo denso di significati che, tradotto nel linguaggio corrente, equivaleva più o meno a:
 “Aud, tesorino di mamma, dimenticati per un istante di essere una totale incapace e dimostra alla tua futura suocera che ti ho insegnato qualcosa di magia domestica. Ti bastano due minuti per sbucciare quel sacco, suvvia...”
Purtroppo, nella fretta di lodare le abilità domestiche di Audrey, la signora Bennet aveva dimenticato di concordare con lei il linguaggio in codice che le avrebbe permesso di comprendere il senso di quella occhiata e, in generale, di tutto quel teatrino. La ragazza, quindi, ignorò il messaggio nascosto nel volto di sua madre e, dopo averci riflettuto su un istante, obbedì nel modo che le venne più spontaneo: con la bacchetta Evocò dal nulla un pelapatate, poi appoggiò la bacchetta accanto a sé, si sedette al tavolo ed estrasse un tubero dal sacco.
 
Nella cucina cadde il gelo.
L’improvvisata di Audrey, che evidentemente non aveva intenzione di eseguire nessun incantesimo, diede il via a diverse reazioni tra i presenti, i quali non si aspettavano affatto quella mossa: Arthur sgranò gli occhi, sorpreso e sconcertato, e iniziò a spostare lo sguardo ora sul pelapatate ora sulla ragazza; Percy, il quale iniziava a capire il senso di tutte quelle manovre, si coprì il volto con una mano e sussurrò qualcosa di inintelligibile ma che somigliava moltissimo a un “Cazzo”; la signora Bennet dismise il largo sorriso e lo sostituì con una smorfia tra il basito e l’omicida.
Tutti e tre aspettavano la reazione della signora Weasley; la quale, però, fu l’unica a non fare una piega. Senza smettere di rivolgersi a lei con dolcezza, disse a Audrey: - Cara, sei gentile, ma non c’è bisogno che ci dimostri di saper sbucciare le patate a mano: non voglio che ti affatichi inutilmente! Usa pure la magia!
Tutti tornarono a respirare, sollevati per la pacatezza di Molly. Audrey invece apparve improvvisamente impaurita e consapevole di ciò che l’aspettava.
Cosa dovrei fare?
… oh no. Fermi tutti. Forse ho capito.
- C-con la m-magia?
- Ma certo. Conosci l’incantesimo, vero?
Alle spalle di Molly, non vista, la signora Bennet scagliò a Audrey un’occhiata raggelante. Qui non c’era bisogno di concordare un codice: il significato era già chiarissimo di per sé.
“Brutta disgraziata, fammi fare una cattiva figura e te ne pentirai amaramente. Io ti ho fatta, io ti disfo.”
Audrey deglutì e tornò a guardare Molly.
- Ehm… Uhm… Certo che lo conosco, signora Weasley - mentì, impassibile.
Il sorriso incoraggiante di Molly si allargò. - Bene, allora perché non ci mostri quanto sei brava?
- Ecco…
- Tra l’altro, sono sicura - abbassò la voce e le fece e le fece l’occhiolino - che a Percy interesserebbe molto vedere come cucini.
- Ehm… Io…
Sì, ho capito bene: mia madre cerca di far credere alla signora Weasley che sono una brava massaia, quando invece sa bene che non è vero.
… Mamma, ti odio! Come puoi pensare che io possa farcela?! L’ultima volta che ho provato questo incantesimo, mi sono tagliata via le sopracciglia! Stavolta potrei uccidermi!
- Io… Ehm…
Volse un rapido sguardo verso Percy, disperata e imbarazzata; fu allora che nel ragazzo si risvegliò un istinto cavalleresco nascosto, che gli impose di accorrere in soccorso della sua compagna prima che fosse troppo tardi.
- Mamma! - declamò pomposamente. - Non mi hai ancora mostrato le nuove decorazioni! Perché non me le fai vedere, mentre Audrey prepara le patate? Sono certo che hai fatto un lavoro meraviglioso come al solito!
Non esisteva modo migliore, per distrarre Molly Weasley, che lusingarla per il suo operato. E Percy non aveva lavorato anni al Ministero senza imparare qualcosa sulle lusinghe.
La sua idea, come previsto, funzionò: Molly lo guardò sorpresa, poi fece un sorriso compiaciuto e prese il figlio sottobraccio. - Oh, come sei caro, Perce. - Guardò Lucy e Audrey come per scusarsi. - Ci metteremo solo un secondo: non vi dispiace, vero?
Lucy e Audrey negarono e scossero la testa, forse un po’ troppo in fretta; la signora Weasley però non si accorse della loro ansia e uscì, scortata dal terzogenito.
La porta della cucina si chiuse alle loro spalle. Cinque secondi dopo, si accese la discussione.
- Testa di rapa!- ringhiò la signora Bennet a bassa voce, non appena fu sicura che la signora Weasley fosse lontana a sufficienza. - Si può sapere che diavolo combini?
- Ma che vuoi da me! - sbraitò Audrey. - Ho solo Evocato un pelapatate!
- Hai solo… Cos’è, vuoi che il mondo intero sappia della tua totale imbranataggine?!
- Ho sempre cucinato senza magia, Percy lo sa benissimo! Non vedo il problema, cara mamma!
- Il problema è che queste persone si aspettano di accogliere una vera strega in famiglia, non la pallida e malriuscita imitazione di una Babbana! - Ormai erano entrambe livide e violacee per la rabbia, e il volume delle loro voci si era sensibilmente alzato. - Ora tu sbuccerai quelle patate con la magia, e subito!
- Non se ne parla! Se Percy accetta il fatto che io non conosca alcuni incantesimi domestici, potranno accettarlo anche gli altri!
- Ehm… - fece una vocina.
- Tu non imporrai la tua incapacità alla tua futura famiglia, è chiaro?
- Signore…
- Tu non imporrai a me di fare ciò che non voglio!
- Per favore, signore…
- Cosa c’è?! - ruggirono madre e figlia in coro; poi tacquero, imbarazzate.
Si erano completamente scordate della presenza del povero Arthur.
- Oh, cavolo… - gemette Audrey, mortificata. - M-mi dispiace tanto, signor Weasley… N-non…
- Tranquilla, Audrey. Ho notato la vostra… ehm… agitazione…
Audrey abbassò gli occhi e arrossì, mentre la signora Bennet si guardò attorno, a disagio. Arthur prese fiato, poi si rivolse alla Lucy.
- Dunque, signora Bennet, di certo non posso parlare a nome di mia moglie, ma credo proprio che alla famiglia Weasley non importi se sua figlia è in grado o meno di pelare le patate con la magia. Nessuno criticherà le sue doti culinarie, a meno che non ci avveleni tutti, è ovvio.
A Audrey scappò una risatina, ma la signora Bennet restò seria.
- Ciò premesso - seguitò Arthur, - essendo che casualmente Percy ha allontanato Molly ed io sono rimasto l’unico testimone della scena, posso giurare e spergiurare che Audrey ha sbucciato ogni singola patata con la magia, se me lo permettete e se lo ritenete così importante.
… Merlino, signor Weasley, credo di amarla! Fuggiamo insieme e al diavolo le patate! Percy se ne farà una ragione, non si preoccupi!
Gli occhi di Audrey brillavano di gratitudine, ma sua madre la fece malamente cadere giù dal suo romantico sogno.
- Le siamo molto grate per la sua disponibilità, signor Weasley, ma non sarà necessario - rispose Lucy con fermezza. - Mia figlia è in grado di farlo e lo farà.
Audrey stava per dirle qualcosa, ma Lucy la fermò. - Tesoro, tu sai farlo. Devi solo avere fiducia in te stessa; è per questo che ti ho portata qui oggi, perché voglio che tutti vedano che sei pronta, e anche tu. Coraggio, Aud.
La ragazza guardò supplichevole prima il signor Weasley, che educatamente si tirò fuori da quella discussione, poi sua madre. La signora Bennet però era irremovibile: Audrey non poté far altro che sbuffare con forza, imprecare tra sé e prendere in mano la bacchetta.
Addio, sopracciglia. Addio, mondo crudele.
 
 
- … Percy, sei sicuro di voler vedere di nuovo le ghirlande all’esterno?
- Certo! Non le ho osservate con l’attenzione che meritano!
- Ma… caro, siamo stati quasi dieci minuti lì fuori! E fa freddo!
- Sì, ma vale la pena di sopportare un po’ di bassa temperatura per…
… aiutare la mia ragazza a tirarsi fuori dai guai!
- … ammirare la bellezza del tuo operato!
- Perce… - la signora Weasley si fermò al centro del salotto, davanti alla porta della cucina, e osservò preoccupata suo figlio. - Sono contenta del tuo entusiasmo, davvero, ma…
- Oh, ma è doveroso! Quale figlio non dovrebbe essere entusiasta di una mamma così brava?
Molly lo osservò intenerita. - Non so cosa ti sia preso, Percy, ma oggi sei decisamente più carino del solito. - Gli diede un buffetto sulla guancia, poi mise una mano sulla maniglia della porta della cucina e fece per aprirla.
- Ma figurati! - fece Percy, prendendole entrambe le mani e allontanandola dalla porta. - È sempre un vero, grande piacere per me!
Si rese conto troppo tardi di aver osato più di quanto dovesse. La signora Weasley non era stupida, e soprattutto aveva cresciuto Percy e lo conosceva meglio di molti altri; le ci volle meno di un secondo per collegare gli strani complimenti di suo figlio con il repentino allontanamento dalla cucina… e meno di un secondo per iniziare a subodorare qualcosa.
- Percy Weasley - disse sospettosa, mettendosi le mani sui fianchi e assumendo il suo classico cipiglio, - perché mi stai tenendo lontana dalla mia cucina?
… ma come diamine ha fatto?!
- Cosa dici, mamma? Non ti sto tenendo lontana dalla cucina! - rispose prontamente il ragazzo, sprizzando innocenza da tutti i pori.
Molly lo scrutò torva; se prima si era lasciata adulare con piacere, ora improvvisamente cercava un qualsiasi segno di colpevolezza in Percy.
- Non ti sei mai interessato agli addobbi natalizi, e per di più non passeresti mai più di dieci minuti all’esterno con questo freddo senza iniziare a lamentarti. Perché tutti questi strani comportamenti proprio adesso?
… Perché sto cercando di dare a quella svampita della mia fidanzata un po’ di tempo per inventare qualcosa! Accidenti!
Di certo non poteva risponderle questo, per cui iniziò a fare ciò che sapeva meglio: arrampicarsi sugli specchi.
- N-Non so… sarà l’aria di casa, il fatto di essere stato tanto tempo lontano da voi… Sai, solo ora inizio a rendermi davvero conto di quanto abbia perso negli anni in cui me ne sono andato…
Fu un lodevole tentativo: stava giocando la carta del “figliol prodigo”, ma purtroppo la stava giocando molto male. Nessuno avrebbe mai creduto ad una scusa simile, visto che ormai i legami erano stati del tutto ricuciti da ben sette mesi.
Per questo Molly lo scrutò, se possibile, ancora più torvamente. Percy deglutì rumorosamente – glup! – e sentì scendere una gocciolina di sudore sulla sua fronte, ma restò imperturbabile e composto.
La signora Weasley seguitò ad esaminarlo attentamente, attenta ad ogni singolo movimento che potesse rivelarle qualche losco piano tramato alle sue spalle. Dopo qualche secondo disse: - Sarà meglio per te che tu non stia combinando nulla, giovanotto. Adulto o no, avrò sempre il diritto di rimproverarti quanto voglio.
Altra gocciolina e altro glup! sonoro, ma Percy non si scompose.
Molly gli rivolse un’ultima minacciosa occhiata, poi aprì velocemente la porta e, prima che Percy potesse fermarla o darle qualche spiegazione, vide ciò che vi accadeva dentro.
- Oh, eccovi, iniziavamo a chiederci quanto ci avreste messo! - cinguettò la signora Bennet, deliziata. Lei e il signor Weasley si erano accomodati su due sedie vicine e osservavano con un certo orgoglio Audrey, la quale, circondata da bucce e con un’espressione assolutamente stupefatta in volto, stava pelando le patate con pochi e decisi colpi di bacchetta.
E sì, aveva ancora le sopracciglia.
 
 
Da quel momento in poi, tutta la giornata andò benissimo. Con calma e incoraggiata da Lucy, Audrey rivelò ciò che nessuno tranne sua madre aveva mai sospettato: se si concentrava, riusciva a cavarsela anche con gli incantesimi domestici.
- Che ti avevo detto? - le bisbigliò la signora Bennet quando terminarono di farcire l’enorme tacchino. Si erano fatte, tra una cosa e l’altra, le cinque del pomeriggio: meno tre ore all’inizio del cenone.
- Non so davvero come ringraziarvi! - disse la signora Weasley commossa, abbracciandole entrambe. - Sarei ancora ad un punto morto se non fosse stato per voi…
L’affermazione era pressoché ridicola, visto che Molly si era data da fare forse più di loro due messe assieme, ma le Bennet non discussero e ricambiarono abbracci e ringraziamenti prima di congedarsi.
- Hai visto che cosa ho fatto? Hai visto?! - esultò Audrey tutta eccitata, quando rimase sola con Percy. - Ho cucinato! Con la magia! Non è meraviglioso?
Prima che Percy potesse risponderle, tornò subito a ciarlare. - Non pensavo di esserne capace! Oh, Merlino, mia madre ha sempre maledettamente ragione! Se solo Vitious mi avesse vista adesso… altro che Desolante! AH!
Sentire Audrey così allegra era un conforto per Percy, un vero conforto. Per tutto il giorno aveva lavorato a sua volta, dando una mano a suo padre nella preparazione degli ultimi regali da impacchettare, e aveva persino chiacchierato un po’ con i ragazzi, soprattutto Hermione, tanto per farsi un’idea di che aria avrebbe tirato.
Pessima, ovviamente. Tutti la pensano come me: invitare degli estranei è stato avventato e non ci farà bene. Solo che gli altri sono ottimisti, io non riesco proprio ad esserlo.
Cercò di non pensarci, e si limitò a riempire Audrey di complimenti più che meritati. La ragazza seguitò a ciarlare ancora, finché non furono dentro casa; lì annunciò al fidanzato che aveva intenzione di uscire.
- Di nuovo? Ma… non vuoi farti una doccia, prepararti…
- Dopo; mi sono dimenticata di una cosa importante.
- Cosa?
- Ne parliamo più tardi. - Lo baciò in fretta e uscì di corsa, diretta chissà dove.
Perfetto. Proprio ciò di cui avevo più bisogno: restare solo con i miei deprimenti pensieri.
“Non sei solo, padre: ci sono qui io!”
L’ideale per prepararsi ad affrontare una serata piena di incognite, di dubbi e preoccupazioni.
“Ehi? Mi vedi? Sono qui, seduta sul tuo braccio col viso a pochi centimetri dalla tua spalla!”
Come faremo? Come sarà possibile non pensare a Fred, al professor Lupin e a tutti gli altri? Come?
“Terra chiama Padre! Terra chiama Padre! Smetti di ignorarmi, santo cielo!”
Qui tutti mi parlano di vuoti da riempire! Ma che…
Senza un motivo apparente, la piccola Molly iniziò a frignare e ad agitarsi tra le braccia di Percy.
- Ehi! Che ti prende adesso?
Ci volle un po’ per calmare la bambina, e il motivo per cui si fosse agitata rimase un mistero per Percy.
 
 
 
 
Erano le otto e un quarto del ventiquattro dicembre millenovecentonovantotto, e alla Tana non c’era ancora nessuno.
Nessun estraneo, intendo.
I Weasley erano già tutti lì, eccetto Charlie, che sarebbe arrivato con qualche minuto di ritardo; i signori Granger non avevano ritenuto opportuno festeggiare il Natale con loro, e Hermione si era adeguata decidendo di passare la sera della vigilia a casa sua.
La partecipazione di George costituiva un’incognita, ma tutti speravano che si sarebbe fatto vivo, più tardi.
- Anche perché, in caso contrario, possiamo sempre sfondargli la porta e rapirlo - commentò Bill ridendo. Percy lo scrutò severamente, ma lui fece spallucce. - Che c’è? È Natale, e noi siamo la sua famiglia. È giusto che stia con noi.
- Oui, sono d’acordo con te, Bill - si aggiunse Fleur che arrivò fluttuando (o così parve a Audrey) verso di loro. Erano in piedi, vicino una parete, a chiacchierare nell’attesa degli altri ospiti della Tana.
- Odrì, - disse ancora Fleur, - quando vuoi tornare alla boutique avvisami, così potremo sceliere un autre vestito pour toi…
Nemmeno morta! Nemmeno sotto tortura! Nemmeno se porti i Dissennatori con te!
- Ma certo, Fleur, ne sarei lieta - rispose invece Audrey, con un sorriso stiracchiato. Fleur sembrava contentissima dell’opportunità di passare del tempo con lei, e per i successivi dieci minuti la imbottì di chiacchiere inframezzate di francesismi che fecero sentire Audrey sempre più spaesata e confusa.
Certo, perché tra le tre lingue che parlo manca PROPRIO il francese, maledizione.
Dopo dieci minuti Audrey iniziò a guardarsi attorno, sperando che qualcuno venisse a salvarla. Ginny si aggirava per la stanza, nervosa perché Harry aveva deciso di andare da Andromeda Tonks e non da lei, e a Audrey non sembrò molto intenzionata a compiere opere di bene. Sua madre e i suoi parenti continuavano a non vedersi.
Ma che diamine stanno facendo? Mezz’ora di ritardo!
In quella, dal camino apparve un fuligginoso Charlie, che si spolverò il mantello senza troppi riguardi per le cose e le persone che lo circondavano. Purtroppo nemmeno lui poté soccorrere Audrey dalla chiacchiera implacabile di Fleur, perché fu letteralmente rapito da Molly e Ginny.
Si avvicinavano le otto e quaranta, e nessun Bennet compariva all’orizzonte. Esasperata, Audrey mollò Fleur con una scusa, lasciandole anche la bambina da tenere in braccio – curioso come quella ragazza dall’aria frivola e vanerella sapesse essere così amorevole verso i bambini! – e si avvicinò alla signora Weasley per scusarsi da parte dei suoi.
Riuscì solo ad aprire la bocca, perché fu fermata subito da un bussare leggero alla porta.
Quasi nessuno sembrò essersene accorto, ma evidentemente la signora Weasley aveva un udito fine – o delle forti aspettative.
- Vado io, devono essere i miei - si offrì Audrey, precipitandosi poi verso la porta. Aveva già in mente le parole esatte che avrebbe detto a quel branco di zotici che osavano definirsi “suoi parenti”, ma si trovò costretta a rimandare a più tardi la sessione di insulti.
- Per Merlino, più ti guardo e meno riesco a credere che tu esista davvero, miss fidanzata-di-Percy - disse George, prima di correre ad abbracciare sua madre.
 
 
 
 
Cinque minuti dopo l’arrivo di George, anche Percy iniziò a perdere la pazienza. Non riusciva a fare a meno di guardarsi attorno e notare segni di malinconia o di vera e propria tristezza.
Più volte aveva sorpreso suo padre a fissare nel vuoto, e ogni volta si era avvicinato a lui con qualche scusa per dargli chiacchiera (anche se l’avrebbe imitato più che volentieri). Veder arrivare George era stato un sollievo, certo, ma… insomma, non si poteva guardarlo senza pensare “E l’altro dov’è?”.
E sarà sempre così.
Cinque minuti dopo l’arrivo di George, Percy iniziò a sentire su di sé il vuoto, quel vuoto, quello che secondo Audrey e Arthur avrebbero dovuto riempire. Ma riempire di cosa? Come? Come puoi colmare una buca se ci sei caduto dentro?
Cinque minuti dopo Percy avrebbe voluto tanto andarsene.
 
Fu un bene che avesse aspettato, perché sei minuti dopo, finalmente, la Tana fu invasa.
Ci si aspettava – chiunque se lo sarebbe aspettato – che i diciassette Bennet sarebbero arrivati un po’ alla volta, scaglionati. Un nucleo familiare alla volta, insomma.
Questo, tuttavia, sarebbe stato possibile se i Bennet fossero stati una famiglia. Come Audrey ormai sapeva, però, i Bennet erano in realtà un’orda, e le orde si muovono sempre in massa.
Fu così che arrivarono alla Tana: in massa.
Dapprima, dal camino acceso di casa Weasley sbucò fuori la testa di Lucy.
- Aud! Ehi, Aud! - strepitò. La ragazza corse a mettersi in ginocchio sul pavimento.
- Mamma! Dove diamine siete? È tardissimo!
- Stiamo arrivando, abbiamo avuto un problema con la Metropolvere… ho sbagliato indirizzo e siamo finiti in una specie di casa infestata. Per questo adesso ho controllato prima di far spostare di nuovo tutti quanti.
Audrey ebbe la tentazione di chiedere come avessero fatto a finire in una casa infestata, ma lasciò perdere.
- Beh, io sono qui, quindi direi che questo è il camino giusto. Vieni?
- Vengo? Arriviamo, vorrai dire!
Con un balzo la signora Bennet uscì dal camino. Pochi istanti dopo ne vennero fuori tutti gli altri Bennet, uno dopo l’altro, con i bambini per mano o in braccio e panieri pieni di chissà cosa; tutti con un sorriso e un sonoro “Buon Natale!” sulla bocca.
L’atmosfera nella casa cambiò all’istante. Tutti furono subito preda del prevedibile giro di presentazioni; ci furono strette di mano, scambi di nomi e un sacco di confusione. I Bennet sembravano ansiosi di conoscere i loro ospiti, parlavano con tutti e ad alta voce. Ci volle poco perché si formassero gruppi di conversazione; Inge e Fleur si ritrovarono coinvolte in un dialogo di cui capirono solo la metà delle frasi scambiate, e George, che era l’unico ad essere rimasto un po’ in disparte, fu letteralmente preso in ostaggio da un Oleg molto su di giri.
- La tua faccia non mi è nuova… - disse infatti, avvicinandosi a George
- La uso da vent’anni, forse è per quello - fece l’altro prontamente.
- Bella battuta, ma a parte questo… - Oleg lo scrutò meglio, poi schioccò le dita. - Tiri Vispi. Lo sapevo che il Rosso aveva qualcosa da nascondermi. - Si avvicinò come se fossero amici di vecchia data, e stranamente George lo lasciò fare. - Dimmi, ragazzo, tu sei davvero parente di… quello spilungone lì con gli occhiali?
- Vuoi la verità o una bugia pietosa?
- La bugia pietosa.
- No, non lo conosco nemmeno. Dev’essere il cane dei vicini, ogni tanto scappa e viene qui. Lo teniamo perché fa ambiente, sai com’è…
Oleg lo osservò compiaciuto. - Fantastico: ti escono davvero spontanee! Allora sei proprio il genio che pensavo!
- Non so a che pensavi, ma sì, sono un genio.
Oleg si sfregò le mani, e George sogghignò. Si erano trovati.
Non fecero che parlare per tutta la sera.
 
 
 
La vigilia di Natale del millenovecentonovantotto non nevicò, e neppure piovve. Al contrario di ciò che tutti pensavano, la notte fu fredda ma limpida e stellata.
Al contrario di ciò che Percy pensava, tutto andò per il meglio. Tutto.
Non ci furono momenti imbarazzanti, né crolli d’umore. I Weasley e i Bennet erano paralleli e al contempo complementari, riuscirono a parlare di qualunque cosa senza problemi e senza incomprensioni.
Per delicatezza nessuno toccò l’argomento “battaglia”, anche perché c’erano ben altre cose di cui parlare. La cucina, innanzitutto; poi i bambini; poi il futuro matrimonio; poi… tanto, tanto altro. Non si parlava che di futuro, in quella tavolata.
Persino George sembrava un altro. Percy lo osservò di sottecchi mentre ascoltava interessato le proposte folli di Oleg circa nuovi marchingegni da mettere in commercio, e non riuscì a non sorridere tra sé.
Tutti i vuoti si riempiono prima o poi. Lentamente, senza fretta.
Si voltò e vide sua madre sorridere ad una battuta di Roman; suo padre teneva banco presso i bambini, rispondendo a tutte le loro domande circa degli strani oggetti di chiara fattura Babbana che avevano trovato nei loro cracker. Nessuno, almeno per il momento, sembrava triste.
Nessuno pensava al vuoto. Nemmeno Percy, in verità.
È nella tua mente. Ma se la tua mente è piena, come può esserci un vuoto?
Sentì la mano di Audrey sfiorargli un ginocchio sotto il tavolo, e sorrise di nuovo.
- Va tutto bene?
- Sì, tutto bene. Perché?
- Sei pensieroso…
- Penso che sta andando tutto bene.
Anche Audrey sorrise. - Hai ragione. Non credevo che i miei sarebbero stati così tranquilli, sai? Immaginavo già che sarebbe stato il trionfo della gazzarra!
Risero insieme, sollevati. Andava bene. Era Natale, e andava bene.
 
 
Più tardi, Arthur raccolse tutto il coraggio che poteva dagli sguardi contenti dei suoi commensali, si fece forza e dedicò un brindisi agli amici assenti.
Quello fu di certo il momento più difficile; non era possibile pensare a nessuna delle persone che avrebbero dovuto festeggiare con loro e non c’erano senza provare una fitta, un dolore, un vuoto.
Come tutti i momenti, però, era destinato a passare. Certo, nulla e nessuno avrebbe potuto impedire alla signora Weasley di uscire dalla stanza quando si pronunciò il nome di Fred durante quel brindisi; ma tutti – anche lei – sapevano che sarebbe passato, che sarebbe tornata indietro per occuparsi dei suoi ospiti, della sua famiglia, del suo presente.
E in fondo è quello che facciamo, che non dobbiamo mai dimenticare.
Il passato è vuoto, ma è passato. Riempiamolo col presente. Col futuro.
Questo fu il pensiero che aleggiò in quella casa per tutta la durata del lungo cenone. Quello non era un Natale di sola tristezza, un Natale di solo ricordo, ma era un Natale ricco, vivo, di amore nonostante tutto; l’idea provvidenziale di Molly Weasley lo aveva salvato e lo aveva reso pieno, pieno di cose da dire, di persone di cui occuparsi. Pieno di presente e di futuro, invece che di passato.
Arthur aveva ragione: tutti i vuoti si riempiono, prima o poi. Non subito, non in una sola vigilia di Natale, non con una sola risata né con un solo sguardo gentile… ma piano piano succede.
E fidatevi, che succede. Basta incominciare.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Percy pensava ancora ai vuoti e ai pieni, quando lui e Audrey tornarono finalmente a casa loro, un paio d’ore dopo la mezzanotte.
Soli, finalmente. La signora Weasley aveva insistito con calore perché Molly rimanesse a dormire lì da loro, per quella notte; visto che la bambina già ronfava da ore, Percy e Audrey avevano accettato senza problemi.
- Perlomeno domattina potrò svegliarmi quando voglio - annunciò Audrey prima di esibirsi in un colossale sbadiglio. Si strofinò gli occhi stanchi e poi sorrise a Percy. - Dunque, bilancio della serata?
- Piena.
Audrey rise. Sì, una serata piena. Non poteva trovare una definizione migliore.
Represse un altro sbadiglio e si preparò alla sua sorpresa.
- Bene, adesso che siamo qui posso darti il mio regalo.
Percy era seduto sul letto e si stava sfilando le scarpe, ma si fermò. - Regalo? Ma non aspettiamo domattina?
Audrey scosse la testa. - Domattina ti darò il mio regalo di Natale; quello che voglio darti adesso è il regalo per il nostro anniversario.
Percy sgranò gli occhi e spalancò la bocca.
Anniversario?
Ma…
- Se non ricordo male, - seguitò Audrey, - ci siamo messi insieme proprio la notte di Natale di due anni fa. Di conseguenza, oggi è il nostro anniversario.
Percy si grattò il mento, pensieroso – e non era facile pensare a quell’ora, con lo stomaco pieno da scoppiare di cibo e vino elfico. C’era qualche dettaglio che gli sfuggiva.
- Beh… - disse poi. - Non vorrei deluderti, ma… In realtà il nostro anniversario dovrebbe essere il primo gennaio. Quello è stato il momento in cui ci siamo davvero messi insieme.
Stavolta fu Audrey a restare a bocca aperta; si aspettava di fare una sorpresa a Percy, non di sentirsi contraddire in quel modo!
Insolente!
- Ma… ma no, è comunque iniziato tutto a Natale! - insistette, un po’ seccata. Percy però sembrava convinto di ciò che diceva.
- Sì, è vero, però tecnicamente la data giusta è il primo gennaio.
Sono le due di notte, siamo soli, gli ho detto che ho un regalo per lui… e mi viene a dire che tecnicamente sbaglio! Non è possibile!
Audrey sbuffò. - Senti, se non vuoi il mio regalo basta che tu lo dica, perché ci metto pochissimo a restituirlo!
Percy non riuscì a fare a meno di ridere (strano quanto aveva riso, quella sera). - Va bene, ti chiedo scusa. Allora, che cos’è?
Audrey sospirò, poi aprì l’armadio e frugò in un cassetto.
- Visto che te ne ho privato stamattina, ho pensato di farmi perdonare…
Percy aggrottò le sopracciglia, poi scartò il pacchetto che Audrey gli aveva messo tra le mani. Conteneva una sciarpa di lana morbida, beige.
- Non è stato facile trovare un colore decente che non fosse il solito blu o nero; comunque penso che ti sbatta molto meno di… quell’arancione…
Pronunciò quella parola con una tale nota di disgusto che a Percy venne da ridere forte.
Niente da fare. Possono passare due anni o venti, ma non cambierai mai. Per fortuna.
- Va bene, ho imparato la lezione - replicò ridacchiando. - Mai più arancione, promesso.
- Mai più quella sciarpa, piuttosto - puntualizzò Audrey. - Anzi, facciamo mai più regali da “Perkins”, che ne dici? Mi sembra una soluzione perfetta, no?
Non cambierai mai.
Speriamo che nostra figlia prenda da te.
- Promesso anche questo, anzi, soprattutto questo. Grazie, Bennet.
Grazie di tutto.
 
 
 
 
 
 
E la sciarpa arancione?
Venne buttata via, senza il minimo rimpianto. Un altro vuoto che veniva colmato – definitivamente.
E non ce ne sarebbero stati altri nella loro vita.













































... ed eccomi qua!
Anzitutto: BUON ANNO! Spero che vi siate ripresi dai bagordi e dalle vacanze meglio di quanto mi sia ripresa io.
Poi: sì, questa storia è tra le Scelte. E io ancora non ci credo. Voglio dire, sì, okay, è la mia storia e le voglio tanto bene, ma... ma wow.
Tutto ciò, però, non mi porta solo una grande felicità, ma anche una gran paura: se è stata inserita tra le Scelte significa che qualcuno (non solo tra i lettori ma anche nell'Amministrazione) l'ha ritenuta di un livello medio-alto. Ora, il mio timore è quello di non riuscire a mantenere questo livello.
Se ci sono riuscita non lo so, ma spero di sì.

Parlando del capitolo: è stato limato pochissimo, quindi se trovate errori di battitura, ripetizioni, concordanze verbali o qualsiasi altra natura DITEMELO. In recensione, via messaggio, via mail, sul FB... ovunque, ma ditemelo. Ve ne sarò molto grata.
Il finale fa abbastanza schifo, ma amen. Non escludo che tornerò a metterci le mani.

Ultima cosa: questo è - signore e signori - il PENULTIMO capitolo.
Il che fa del prossimo capitolo l'EPILOGO.
E' un passo difficile per me, perché con le idee che ho potrei inserire ancora un capitolo (o due, o tre...) in questa storia, ma DEVO dare un freno alla mia logorroicità.
E poi, al limite scrivo i missing moments ^^
Quindi, insomma, la prossima volta che ci vedremo sarà l'ultima - almeno per quanto riguarda "Una brezza lieve".
Già.

... Ma non parliamone adesso, che è meglio.


Altre note (in)utili:

- No, NON mi andava di descrivere il Natale dei Weasley come triste, doloroso e luttuoso. Non mi andava. Ho bandito la tristezza da questa ff molto tempo fa. Lo so che la descrizione poteva essere fatta molto meglio, più accuratamente, con un'introspezione migliore... ma non ce l'avrei fatta. Non so parlare di dolore, non ai livelli di profondità che il dolore richiede. Per questo ho evitato. So che poteva essere scritto molto meglio, ma... ho preferito parlare della vigilia - e delle sue implicazioni sui personaggi - in questo modo. Spero non ce l'abbiate con me, ma era il meglio che potessi fare.
- i knödel sono delle specie di grossi gnocchi fatti con pane, latte, uova e speck, e si mangiano preferibilmente col brodo. In italiano si chiamano canederli, sono tipici dell'Alto Adige - Südtirol e sono estremamente :Q________________
- I norvegesi SONO pazzoidi. Guardatevi questa immagine e ve ne renderete conto: in pratica qui si prendono bonariamente in giro gli stemmi di Danimarca, Svezia, Norvegia e Finlandia, ed è inutile dire che l'unico che fa bella figura è quello norvegese.
http://a6.sphotos.ak.fbcdn.net/hphotos-ak-ash4/393659_308405839190628_210696842294862_945981_694894648_n.jpg
- Un po' di storie consigliate per voi ^^
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=918830&i=1
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=901771
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=897468
http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=919711 


... bene, direi che basta.
Grazie di aver letto, e scusate per eventuali errori.
Fera



... AH NO!
Sto festeggiando il raggiungimento dei 40 PREFERITORI di questa ff! Grazie a tutti quanti, siete meravigliosi!
E grazie anche agli 81 seguitori e agli 11 ricordatori: amore su di voi.
Di nuovo grazie
Fera
   
 
Leggi le 11 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: ferao