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Autore: Will Turner    20/01/2012    2 recensioni
Cosa succede quando una ragazza scopre la verità che rischia di distruggere la storia d'amore attesa da una vita? Da quando ha incontrato Max, Faith ha imparato a sognare: il suo tormentato passato sembra ormai superato per sempre, ma un tremendo segreto incombe su di lei senza lasciarle alcuna possibilità di fuga e mettendole davanti la scelta più difficile. Un racconto d'amore fatto di romanticismo, passioni, tormenti e lacrime che riuscirà a strappare anche qualche risata.
Aggiornamento periodico mensile.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le Ragioni Del Cuore

R ISPOSTE ALLE RECENSIONI


    Ciao a tutti!
Eccomi qui con il capitolo nuovo, numero 42!
Sarò breve! Ringrazio subito Saty per aver recensito il capitolo precedente (mi fa tanto piacere che mi scrivi sempre qualcosa :)) ,chiunque legge in silenzio e chi inserisce questa storia tra le Preferite o Seguite!

    Durante il capitolo ho inserito una struggente canzone da ascoltare: si tratta di “Angel” di Sarah McLachlan!
Buona lettura e buon  ascolto!
Vi aspetto il mese prossimo con il capitolo 43!
(18 Febbraio 2012)

MM


42. F OTOGRAFIE DI MOMENTI


    Agosto scivolò via in fretta, trascinando con sé ciò che restava del caldo opprimente che aveva caratterizzato l'estate. L'inizio di settembre rendeva le giornate più corte ma meglio sopportabili rispetto alle precedenti, e anche la città sembrava tornare gradualmente alla normalità dopo il consueto afflusso di turisti.
    Dall'ultima conversazione avuta con la madre di Lexie, Faith non aveva più richiamato in Ohio, presa com'era dai problemi di salute di zia Becky che continuavano a peggiorare col passare dei giorni.
    L'anziana aveva sempre meno energie e la gamba ed il braccio sinistri andavano lentamente paralizzandosi.  Anche la parte sinistra del viso stava perdendo mobilità, e ciò le faceva spesso biascicare le parole. Inoltre i suoi sonnellini diventavano sempre più lunghi e, facendosi assalire dal panico ogni volta che la sorprendeva con gli occhi chiusi, Faith le si avvicinava, chiamandola e carezzandole i capelli. Zia Becky li apriva con tutta la calma del mondo e lei tirava un sospiro di sollievo, ma era tristemente consapevole che presto non li avrebbe più riaperti.
    Provava un tale senso di pietà e smarrimento quando in silenzio la osservava mangiare, leggere un libro, o guardare il mare, e desiderava conoscere tutti i suoi pensieri, le sue paure, i suoi rimorsi, sempre ammesso che ne avesse avuti. Tante volte il suo sguardo sembrava fissare tutto e niente: lei era lì con il corpo, ma la sua mente pareva viaggiare per galassie lontane.
    La ragazza allora avvertiva una voragine squarciarle il petto, mentre il cuore e lo stomaco come pugnalati ripetutamente da un gravoso senso di dolore e di inutilità.
- C'è qualcosa che posso fare per te, zia?- Le chiedeva senza nascondere la sua apprensione.
    Ed ogni volta la zia rispondeva in tono paziente e materno, mai stanco: - Resta qui con me, ti va?-
    Potevano trascorrere ore intere a farsi compagnia senza pronunciare una sola parola, semplicemente ascoltando il ritmo regolare dei loro respiri.
    Qualche volta Faith le raccontava di nuove e divertenti situazioni accadute ad Holly, ma anche vicende del passato che le due amiche avevano condiviso e che zia Becky non aveva mai sentito. Oppure le parlava dell'ultima telefonata di Jason, di quanto sentisse la sua mancanza e non avesse mai desiderato qualcuno vicino in vita sua come in quel momento così infelicemente unico da quando era venuta ad abitare a Santa Monica.
    Non aveva trovato il coraggio di accennarle di Lexie e di ciò che era stata in grado di scoprire, un po' perchè non ne era certa del tutto, malgrado gli indizi lo confermassero, e un po' perchè, in fondo, rispetto a  quello che stava accadendo, non lo riteneva poi così importante. L'ultima cosa che Faith voleva era evitare di dare ulteriori dispiaceri a sua zia parlandole del fratello, anche se appariva innocente.
    Aveva riflettuto spesso negli ultimi tempi a quanto la vita di zia Becky e quella di suo padre fossero diverse in ogni loro aspetto, ma entrambe non si potevano dire certo prive di difficoltà.
    Stava di nuovo prendendo in considerazione l'idea di tornare in carcere, almeno per mettere Brian al corrente della situazione fisica della sorella.
- Zia,- Esordì una sera a tavola mentre cenavano in veranda - pensi che... ecco, pensi che papà dovrebbe sapere della tua malattia?-
    Zia Becky smise di mangiare e si asciugò gli angoli della bocca con il tovagliolo. La luce del sole che tramontava metteva in risalto i tratti spigolosi del suo viso nascondendo parzialmente le profonde mezzelune scure che sottolineavano gli occhi. Pareva sempre più magra: il tumore la stava rapidamente consumando.
    Tacque ancora e Faith rimase a fissarla temendo di aver detto qualcosa che potesse averla ferita. Sentì il rapido pulsare della propria gola e si diede mentalmente della stupida per averne parlato.
    Zia Becky esalò un sospiro di rassegnazione.
- Faith, nel corso della mia vita ho imparato a capire cosa è giusto dire e cosa non lo è. Preferisco che tuo padre non sappia niente.- Rispose risoluta.
    La ragazza annuì silenziosamente e riprese a mangiare, in un sottofondo di grilli, mentre del sole non restava che un vivido bagliore rossastro a macchiare la sconfinata tristezza dell'oceano.

    Settembre fu per Faith un mese emotivamente spossante. Dormiva pochissimo e le rare volte che riusciva ad addormentarsi gli incubi la risvegliavano bruscamente rendendo vana ogni possibilità di riprendere sonno.
    Una notte, dopo l'ennesimo brutto sogno, scese dal letto con l'intento di andare in cucina e rinfrescarsi la gola con  un bicchiere d'acqua. Lanciò distrattamente un'occhiata in giardino e notò il riflesso di una sagoma bianca accovacciata tra le radici della grande quercia. Inorridì realizzando che si trattava di zia Becky. Senza pensarci gettò il bicchiere nel lavandino e si precipitò fuori sbattendo la porta d'ingresso.
    L'aria della notte era fresca e zia Becky indossava solo una vestaglia leggera.
- Zia!- La chiamò Faith a gran voce avvicinandosi con il cuore che le batteva a mille - Che ci fai qui fuori? Sono le due di notte e...-
   
Sarah McLachlan “Angel”
http://www.youtube.com/watch?v=Hx4RsCfL_fA

    La zia si voltò osservandola con lo sguardo vuoto, privo di qualsiasi espressività, ma Faith intuì che dietro a quegli occhi si celava una paura angosciante. La consapevolezza che ogni cosa stesse ormai giungendo irrimediabilmente al termine.
Lentamente Faith le si sedette vicino e le coprì le spalle con un braccio per tranquillizzarla e riscaldarla. Lei posò la testa sulla sua spalla e fece un profondo respiro.
- Sono qui, zia, sono qui.- Le sussurrò con dolcezza.
    Dovette faticare parecchio per non scoppiare in singhiozzi perchè sapeva a malincuore che momenti come quello sarebbero stati gli ultimi. Si sforzò di catturare ogni singolo ed insignificante particolare affinché potesse restarle impresso nella mente e mantenersi inattaccabile al deteriorante passare del tempo. Le stelle immobili, la luna opaca, il mormorio delle foglie appena sfiorate dal vento, il rumore uniforme dell'oceano. Ogni cosa proseguiva nel suo naturale corso, ma per Faith niente era normale. Le sembrava tutto così irreale e ciò che le restava e si sentiva di fare era pregare perchè un miracolo risparmiasse zia Becky dalla morte. Anche se poteva essere assolutamente illogico credere in una guarigione, Faith non avrebbe smesso di sperare per il semplice fatto che lei era sua zia e le voleva un bene inesauribile,  che andava oltre ogni immaginazione.
- È finita, Faith?- Chiese la zia con un filo di voce, quasi ingenuamente.
    Faith deglutì sentendo gli occhi inumidirsi.
- Perchè io non sono ancora pronta per morire.- Continuò zia Becky in un misto di rassegnazione e speranza di farcela.
    Sollevò la testa per guardare la nipote, e Faith provò un tuffo al cuore.
- No,- La ragazza scosse la testa - non sei pronta, zia.-
    La donna le si strinse al petto e scoppiò a piangere per la prima volta da quando le venne diagnosticato il tumore.

    La settimana seguente zia Becky perse completamente la sensibilità a tutta la parte sinistra del corpo. Faith l'aiutava a mangiare e la sorreggeva negli spostamenti poiché non riusciva più a reggersi in piedi da sola. Al pomeriggio erano solite sedersi in veranda ed ammirare inerti l'autunno che assorbiva i caldi colori dell'estate insieme ad una vita di ricordi che stava terminando.
    Faith cercava ogni volta di imprimersi nella memoria il volto della zia, i precisi lineamenti del suo viso, le labbra scure e tirate, il naso sottile, gli occhi grigi. Temeva che gli anni ne avrebbero sfocato il ricordo e si impose di fotografare mentalmente ogni peculiarità che le apparteneva. Poi però la malinconia dei giorni passati tornava a farsi sentire e lei si perdeva tra centinaia di riflessioni.
    Quasi inaspettatamente, si scoprì più di una volta a pensare a Max. Fantasticava su dove si trovasse e cosa stesse facendo in quel preciso momento, o se il sole che stava tramontando davanti ai suoi occhi era lo stesso che aveva visto lui poche ore prima, con gli stessi colori, le medesime forme. Si chiese che effetto le avrebbe fatto se si fosse ripresentato, e se avrebbe volentieri intrapreso un qualsiasi discorso con lui ignorando lo strascico drammatico di tutto ciò che era accaduto tra di loro. Quell'ultimo periodo aveva cambiato così tante cose della sua vita che le risultava impossibile chiuderle in una scatola e fingere che non fossero mai successe.
     Come sempre, era Jason ad irrompere nella confusione di quei pensieri, per mortificarla e farla sentire in colpa per un sentimento che non riusciva - o non voleva - ammettere e cancellare dal suo cuore. Nella sua testa tutto era in discordanza, tutto non trovava una soluzione. Presto sarebbe giunto un momento critico e allora lei non avrebbe più potuto fuggire. Si trattava di una soluzione che non doveva essere lasciata in sospeso. Non poteva concedersi quel lusso.
    Senza un comprensibile collegamento, tornava ad immaginare come sarebbero stati gli anni a venire, ponendoli a confronto con quelli passati, ed  idealizzava la vita con la mancanza di zia Becky, sentendo  immediatamente montare la tristezza.
    Con l'arrivo di ottobre la malattia si aggravò ulteriormente. La zia non era più in grado di parlare e di camminare. Ormai veniva alimentata soltanto di liquidi ed osservava dalla finestra della sua stanza il mondo tingersi di arancio e di marrone, mentre i suoi periodi di sonno si erano estesi a buona parte della giornata.
    Nonostante fosse stanca ed emotivamente provata, Faith aveva finito per accettare la realtà. Si ritrovava a piangere nei momenti e nelle situazioni più impensati, ma si obbligava a non ostentare la sua afflizione davanti alla zia. Era giusto che lei vivesse con assoluta tranquillità ed apparente normalità ciò che restava del suo tempo.
    Tenuti informati da Faith, Holly e Chris vennero a far visita all'anziana in uno degli ultimi giorni. Desideravano poterla salutare, ma alla fine solo Chris trovò il coraggio di entrare nella stanza dove ormai la zia trascorreva tutto il tempo distesa a letto.
    Per Holly fu più difficile. La conosceva da troppo tempo e questo le impedì di avere la forza di dirle addio.
In procinto di aprire la porta ed entrare, un tormentato ed indomabile dolore le strinse lo stomaco. Si voltò per tornare in cucina e subito si bloccò. Immobile con le braccia conserte, Faith stava in piedi, appoggiata alla colonna, e la osservava. Senza dire nulla, l'abbracciò stretta e Holly scoppiò in lacrime.
- Non posso, Faith.-  Disse piano tra i singhiozzi - Non ce la faccio.-
    Dopo un lungo momento, Faith si staccò da lei e, con gli occhi velati, le sorrise mestamente asciugandole una lacrima con il pollice.
- Non preoccuparti, Holly.-
- Non voglio ricordarla così.- Mormorò l'amica quasi a volersi giustificare.
- Vieni qui.- Le sussurrò Faith stringendola di nuovo tra le braccia.
    L'abbraccio così intimo e sincero di Faith fece liberare la ragazza di tutte le emozioni che albergavano nella sua testa e nella sua anima. Le due amiche piansero insieme, delineate nella sottile striscia di luce, nel familiare e rassicurante silenzio della casa, nel ticchettare monotono dell'orologio. Nella vita che proseguiva felice soltanto nei ricordi.

    Al termine di quella giornata, Faith ricevette una telefonata. Ciò che Lexie aveva da dirle non la sorprese, anzi, non fece che confermare i suoi sospetti: Larry Brice era l'unico colpevole dell'incidente. Lexie le assicurò che avrebbe fatto qualsiasi cosa perchè Brian venisse scarcerato.
    Da tanto tempo la ragazza avrebbe voluto sentirsi dire quelle parole, ma in quel momento non le regalarono alcuna soddisfazione, tanto meno felicità. Erano in totale disaccordo con la sua realtà.

  
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